IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 661/2006, proposto da comune di Cicala, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avv. Gregorio Ferrari ed elettivamente domiciliato in Catanzaro, via F. Crispi n.151, presso lo studio dell' avv. Alessandro Rizzo. Contro il Commissario delegato per l'emergenza ambientale nel territorio della Regione Calabria, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Catanzaro, presso cui e' domiciliato ex lege; Presidenza del Consiglio dei ministri nella persona del rappresentante legale pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Catanzaro, presso cui e' domiciliato ex lege; Ministero dell'interno, non costituito in giudizio; Regione Calabria, nella persona del Presidente pro tempore rappresentata e difesa dall'avv. Antonella Coscarella ed elettivamente domiciliata in viale de Filippis, 280, presso la sede dell'Avvocatura regionale; Pregoni Antonio non costituito in giudizio, per l'annullamento dell'ordinanza n. 4308 del 27 aprile 2006, notificata il 6 maggio 2006, del Commissario delegato per l'emergenza ambientale nel territorio della Regione Calabria, avente ad oggetto: nomina del Commissario ad acta per il recupero della tariffa per il servizio della depurazione delle acque presso il comune di Cicala nonche' di ogni atto presupposto connesso o dipendente. Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Commissario delegato per l'emergenza ambientale nel territorio della Regione Calabria, della Presidenza del Consiglio dei ministri e della Regione Calabria. Visti gli atti tutti di causa; Relatore nella camera di consiglio del 22 giugno 2006 il referendario Giovanni Ruiu; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue. F a t t o e d i r i t t o Con ricorso ritualmente notificato, depositato nella segreteria del Tribunale in data 26 maggio 2006, il comune di Cicala ha impugnato l'ordinanza n. 4308 del 27 aprile 2006 con cui il Commissario delegato per l'emergenza ambientale nel territorio della Regione Calabria ha nomina del Commissario ad acta per il recupero della tariffa per il servizio della depurazione delle acque presso il comune di Cicala. L'impugnazione dei provvedimenti gravati in questa sede e' affidata alla seguenti censure: 1) Eccesso di potere per travisamento dei fatti, per difetto e contraddittorieta' di motivazione, per ingiustizia manifesta, per difetto di istruttoria e dei presupposti. Violazione e falsa applicazione degli artt. 11 e 15, legge 7 agosto 1990, n. 241, come modificati dalla legge 11 febbraio 2005, n. 15, nonche' dall'art. 7, legge 7 agosto 1990, n. 241. La nomina del Commissario ad acta sarebbe avvenuta sull'errato presupposto di una situazione debitoria dell'ente locale, nonostante quest'ultimo avesse stipulato un accordo con l'Ufficio del Commissario delegato per una riduzione della somma dovuta dal comune al 19 maggio 2004, e lo stesso comune abbia gia' versato buona parte di tale somma concordata. Il Commissario delegato non avrebbe potuto recedere da tale accordo e in ogni caso lo avrebbe dovuto fare con provvedimento esplicito preceduto da comunicazione ex art. 7 legge 7 agosto 1990, n. 241. 2) Violazione e falsa applicazione dell'art. 7, legge 7 agosto 1990, n. 241; Il provvedimento impugnato non e' stato preceduto da comunicazione di avvio del procedimento, ne' sono state esposte particolari ragioni di urgenza, tali da giustificarne l'omissione; 3) Eccesso di potere per difetto e contraddittorieta' di motivazione, per difetto di istruttoria e dei presupposti; Difetterebbero i presupposti per l'emanazione del provvedimento sostitutivo del Commissario, considerato che il gestore dell'impianto di depurazione del comune ricorrente si e' reso gravemente inadempiente per cui alcuna somma sarebbe dovuta dal comune ricorrente. Si sono costituiti l'Ufficio del Commissario delegato per l'emergenza ambientale nel territorio della Regione Calabria e la Presidenza del Consiglio dei ministri, con il patrocinio dell'Avvocatura dello Stato, rilevando l'incompetenza dell'adito Tribunale amministrativo della Calabria, in quanto, secondo il disposto dell'art. 3 d.l. 30 gennaio 2005, n. 245, in tutte le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell'art. 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, la competenza di primo grado a conoscere della legittimita' delle ordinanze adottate e dei consequenziali provvedimenti commissariale spetta in via esclusiva, anche per l'emanazione di misure cautelari, al tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma. Tali amministrazioni hanno, comunque, chiesto che il ricorso sia dichiarato irricevibile ed inammissibile o, in subordine, sia rigettato. Si e' altresi' costituita la Regione Calabria, deducendo la propria mancanza di legittimazione passiva. Il tribunale, chiamato a pronunciarsi sull'istanza cautelare proposta dal comune di Cicala, ritiene di dovere esprimere dubbi di conformita' alle norme costituzionali delle norme di cui art. 3, commi 2-bis, 2-te e 2-quater d.l. 30 gennaio 2005, n. 245, introdotti dalla legge di conversione 27 gennaio 2006, n. 21. Dispone il comma 2-bis del menzionato art. 3: In tutte le situazione di emergenza dichiarate ai sensi dell'art. 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, la competenza di primo grado a conoscere della legittimita' delle ordinanze adottate e dei consequenziali provvedimenti commissariali spetta in via esclusiva, anche per l'emanazione di misure cautelari, al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma. In connessione a tale previsione il comma 2-ter dispone: Le questioni di cui al comma 2-bis sono rilevate d'ufficio. Davanti al giudice amministrativo il giudizio e' definito con sentenza succintamente motivata ai sensi dell'art. 26 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, e successive modificazioni, trovando applicazione i commi 2 e seguenti dell'art. 23-bis della stessa legge. Strettamente connessa alle previsioni di cui sopra quelle di cui al comma 2-quater, alla stregua delle quali: le norme di cui ai commi 2-bis e 2-ter si applicano anche ai processi in corso. L'efficacia delle misure cautelari adottate da un tribunale amministrativo diverso da quello di cui al comma 2-bis permane fino alla loro modifica o revoca da parte del tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma, cui la parte interessata puo' riproporre il ricorso. Quanto alla rilevanza delle questioni di illegittimita' costituzionale, va osservato che, nel presente giudizio, proposto in data successiva all'entrata in vigore della legge di conversione 27 gennaio 2006, n. 21, hanno incidenza specifica le norma di cui al comma 2-bis e 2 ter dell'art. 3, che contemplano una deroga al criterio previsto dalla legge 6 dicembre 1971, n. 1034, ai fini della determinazione del tribunale amministrativo regionale territorialmente competente, introducendo un'ipotesi di competenza funzionale del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, inderogabile e rilevabile d'ufficio (comma 2-ter). Ne consegue che, in applicazione di tali norme, questo tribunale dovrebbe limitarsi a declinare la competenza, in favore del Tribunale amministrativo regionale del Lazio. 5. - Cio' premesso in ordine alla rilevanza della questione, il Collegio condivide pienamente i dubbi di costituzionalita', non prettamente attinenti all'ordinamento regionale siciliano, affacciati in ordine alle dette norme dal Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, sede di Palermo, sezione I, con ordinanza n. 67 del 6 marzo 2006 (la questione risulta sollevata anche da Tribunale amministrativo regionale Sicilia, Catania, sez. I, 7 marzo 2006, n. 90). Ed invero, tali dubbi si pongono in primo luogo con riferimento all'art. 3 della Costituzione, per la disparita' di trattamento che la deroga alle ordinarie regole di riparto delle competenze comporta, per la tutela giurisdizionale delle rispettive posizioni giuridiche, tra soggetti in situazioni eguali (destinatari delle ordinanze adottate dagli organi governativi o dai commissari delegati, nelle situazioni di dichiarata emergenza, aventi efficacia limitata al territorio di una regione, rispetto ai destinatari dei provvedimenti, aventi lo stesso ambito di efficacia, adottati, in via ordinaria - in genere dagli organi esponenziali di enti territoriali regionali o sub regionali). Invero la disposizione in esame prevede, in tutte le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell'art. 5, comma 1 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, l'attribuzione di competenza al Tribunale amministrativo regionale del Lazio a conoscere della legittimita' delle ordinanze adottate, nonche' dei provvedimenti dei commissari che agiscano in virtu' della delega prevista dal successivo comma 4, e quindi per atti che possono assumere, e normalmente assumono, un'incidenza limitata a specifici ambiti territoriali. In definitiva, mentre l'impugnazione di provvedimenti adottati nell'esercizio delle ordinarie attribuzioni rientra nella competenza del Tribunale amministrativo regionale del luogo ove i provvedimenti hanno incidenza (art. 3 della legge n. 1034/1971), ove sia stata dichiarata la situazione di emergenza ai sensi dell'art. 5, comma 1 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, l'impugnazione dei provvedimenti volti alla cura dei medesimi interessi, idonei a produrre le medesime conseguenze, ed eventualmente a comprimere uguali posizioni soggettive (quale l'autorizzazione prevista dall'art. 27 del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, che viene in rilievo nella presente controversia, ordinariamente attribuita alla competenza delle regioni, con la partecipazione procedimentale degli enti territoriali locali), adottati dagli organi governativi o dai commissari all'uopo nominati (che peraltro frequentemente coincidono con le medesime persone fisiche titolari degli uffici a cui spetta in via ordinaria la cura dell'interesse preso in considerazione), rientra nella competenza funzionale ed inderogabile del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, in forza della norma di legge in esame. 6. - Tale diversita' non appare giustificabile dalla eventuale maggiore rilevanza dell'interesse sotteso ai provvedimenti adottati dal governo o dai commissari nominati ai sensi dell'art. 5, comma 4 della legge 24 febbraio 1992, n. 225. In primo luogo, nel nostro sistema non esiste una distribuzione di competenza tra i diversi Tribunali amministrativi regionali in dipendenza della maggiore o minore rilevanza dell'interesse sotteso al provvedimento impugnato; ed ove venisse in ipotesi, introdotta apparirebbe in contrasto con le disposizioni costituzionali che pongono su un piano paritario i diversi Tribunali amministrativi regionali, distribuiti su base regionale (art. 125 Cost.). Ma appare decisiva la considerazione che il rilievo dell'interesse preso in considerazione non muta a secondo che venga curato attraverso i normali strumenti ordinamentali, ovvero attraverso strumenti ed organi extra ordinem, che si vengono a sovrapporre alle ordinarie competenze e procedure, per ragioni di particolare urgenza. Invero le situazioni che giustificano lo stato di emergenza, ai sensi dell'art. 5, comma 1 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, non si caratterizzano per il particolare rilievo dell'interesse considerato, ma per l'urgenza di provvedere nei casi «di calamita' naturali, catastrofi o altri eventi che, per intensita' ed estensione, debbono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari», e che difficilmente potrebbero essere adeguatamente affrontati in assenza di agili rimedi, immediatamente efficaci. E se la straordinarieta' degli eventi che devono essere fronteggiati giustifica la straordinarieta' dei mezzi e dei poteri di carattere sostanziale all'uopo previsti, la sottoposizione degli atti adottati, nell'ambito della rilevata situazione di emergenza, a peculiari regimi di impugnazione appare del tutto irragionevole e sembra comportare un'ingiustificata lesione dell'art. 3 della Costituzione. Peraltro, che le disposizioni di legge in esame non possano, neanche in tesi, trovare fondamento in una ipotetica - ma a giudizio del Collegio inesistente - maggiore rilevanza dell'interesse curato, e comprovato dal fatto che il regime derogatorio previsto dal comma 2-bis dell'art. 3 della legge n. 21/2006, quale risulta chiaramente dalla formulazione letterale della norma, riguarda le ordinanze e gli atti commissariali adottati nelle situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell'art. 5, comma 1 della legge 24 febbraio 1992 n. 225, ma non i provvedimenti che tali situazioni di emergenza dichiarino e che, ove si riferiscano a situazioni di limitata estensione territoriale, come sovente accade, continuano a rientrare nella ordinaria competenza del Tribunale amministrativo regionale della regione in cui il provvedimento e' destinato ad avere incidenza. Di tal che, ad esempio, nella fattispecie in esame, mentre il provvedimento governativo (deliberazione del Consiglio dei ministri e successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri: art. 5, comma 1, legge 24 febbraio 1992, n. 225) concernente la dichiarazione dello stato di emergenza nell'ambito della Regione Calabria, nei settori considerati, ed il conseguente atto di nomina del Commissario delegato, rimarrebbero suscettibili di impugnativa nell'ordinaria sede territoriale periferica competente (Tribunale amministrativo regionale Calabria), i provvedimenti adottati dall'autorita' straordinaria per ultimo citata rientrerebbero nella esclusiva cognizione del Tribunale amministrativo regionale Lazio, sede di Roma. L'irragionevolezza del disegno complessivo che ne consegue, oltre ad elidere qualsiasi possibilita' di individuare valide ragioni a supporto della deroga introdotta, tali da non portare alla conclusione che le disposizioni in esame determinano, puramente e semplicemente, un'ingiustificata disparita' di trattamento, non puo' non essere autonomamente valutata anche per la lesione al principio costituzionale di ragionevolezza, che deve presiedere alla redazione dei testi di legge. 7. - Il Collegio ha ben presente la sentenza della Corte costituzionale n. 189/1992, con la quale e' stato ritenuto compatibile con il dettato costituzionale l'art. 4 della legge 12 aprile 1990, n. 74, che attribuisce al Tribunale amministrativo regionale Lazio la competenza esclusiva sull'impugnazione degli atti del C.S.M. Ma in quella circostanza, a giustificazione della deroga alla ordinaria competenza prevista dalla legge n. 1034/1971, e' stata posta in rilievo la particolare posizione che il Consiglio superiore della magistratura occupa nell'ordinamento costituzionale, oltre che la peculiare funzione svolta dai magistrati ordinari, che li rendono non assimilabili o comparabili ad altre categorie di pubblici dipendenti; circostanze del tutto estranee alle vicende per le quali trova applicazione la norma in esame. Peraltro non sembra secondario rilevare che il foro previsto per i pubblici dipendenti dal comma 2 dell'art. 3 della legge n. 1034/1971, costituisce gia' una deroga, seppur di carattere generale, alla prioritaria regola prevista dal medesimo comma, che individua, quale principio cardine della distribuzione di competenza tra i diversi Tribunali amministrativi regionali, l'ambito di efficacia del provvedimento impugnato. Da cio' consegue che, in dipendenza del particolare ruolo costituzionale rivestito dal C.S.M. e della particolare funzione svolta dai magistrati ordinari, non appare irragionevole che, rispetto a provvedimenti che hanno efficacia sull'intero territorio nazionale, il Legislatore ritenga piu' opportuno seguire il criterio prioritario di distribuzione di competenza tra i diversi tribunali, piuttosto che il criterio derogatorio costituito dal foro speciale per i pubblici dipendenti. Ma anche tale linea argomentativa sarebbe del tutto inutilizzabile rispetto alla vicenda in esame, nella quale viene derogato proprio il criterio principale di distribuzione della competenza tra i diversi Tribunali amministrativi regionali, fondato sulla incidenza territoriale del provvedimento impugnato. Invero, la deroga prevista dai commi 2-bis e seguenti dell'art. 3 del d.l. 30 novembre 2005, n. 245, introdotti con la legge di conversione del 27 gennaio 2006, n. 21, rispetto alle regole generali di distribuzione della competenza indicate dall'art. 3 della legge n. 1034/1971, non appare supportata da alcuna plausibile ragione, dotata di copertura costituzionale, idonea a giustificare la disparita' di trattamento che indubbiamente si viene ad operare tra situazioni eguali, con conseguente lesione dei principi desumibili dall'art. 3 della Costituzione. 8. - Le disposizioni di legge in esame appaiono inoltre in contrasto con l'art. 24 della Costituzione, in quanto l'attrazione delle controversie ivi previste alla competenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio indiscutibilmente comporta un ingiustificato aggravio organizzativo e di costi a cui devono andare incontro i soggetti incisi dai provvedimenti adottati dagli organi governativi e dai commissari, nelle situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell'art. 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, che intendano tutelare in giudizio le loro posizioni soggettive, con riguardo ai provvedimenti localizzati in ambiti territoriali non ricadenti nella Regione Lazio. La lesione al principio desumibile dall'art. 24 della Costituzione risulta ancor piu' significativa se si tiene conto della molteplicita' e della varieta' dei provvedimenti che rientrano nella previsione di legge, tali pertanto da toccare interessi idonei a frazionarsi in molteplici ed eterogenee posizioni soggettive. 9. - Viene altresi' vistosamente conculcato anche il principio, enunciato in Costituzione, del decentramento territoriale della giurisdizione amministrativa, attuato, fin dal 1971 (legge 6 dicembre 1971, n. 1034), con l'attribuire ai Tribunali amministrativi regionali la cognizione di tutte le controversie scaturenti dalla contestazione di atti della p.a. destinati ad esaurire i propri effetti in loco. Sotto questo aspetto, le norme in esame risultano quindi in contrasto anche con l'art. 125, secondo comma, della Costituzione. Ritiene invero questo giudice remittente che, con la previsione di organi di giustizia amministrativa di primo grado in ambito regionale, il Costituente abbia inteso garantire una distribuzione territoriale dei Tribunali amministrativi regionali tale da agevolare il ricorso alla giustizia amministrativa, in sostanziale coerenza e continuita' logica con i principi desumibili dall'art. 24 della Costituzione. Se e' vero che il Tribunale amministrativo regionale del Lazio fa comunque parte del complesso della Giustizia amministrativa di primo grado, articolata su base regionale, e' pur vero che l'attribuzione a tale Tribunale amministrativo regionale di controversie in nessun modo connesse a criteri di distribuzione territoriale, finisce per svuotare di contenuto la previsione dell'art. 125 della Costituzione, violando il senso del principio in esso espresso, e creando una sorta. di gerarchia tra i Tribunale amministrativo regionale territoriali, incompatibile con il dettato e lo spirito della Costituzione e realizzando anche un non irrilevante «vulnus» del principio generale del «giusto processo», quale desumibile dal testo novellato dall'art. 111 della Costituzione. 10. - Detto per inciso, in quanto la questione non ha rilevanza nel presente giudizio, suscita dubbi di costituzionalita' anche il regime transitorio previsto dalle disposizioni di legge in esame, che trova applicazione alla controversia oggetto del presente giudizio. Invero, lo spostamento di competenza che comporta il comma 2-quater dell'art. 3 anche per i giudizi in corso al momento della entrata in vigore delle disposizioni in esame, legittimamente instaurati presso i diversi Tribunale amministrativo regionale territoriali, secondo le disposizioni di legge vigenti al momento della loro proposizione, appare in contrasto con l'art. 25 della Costituzione, determinando la sottrazione del giudizio al «giudice naturale precostituito per legge». 11. - In conclusione, il Collegio ritiene rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale le norme dell'art. 3, commi 2-bis, 2-ter del d.l. 30 novembre 2005, n. 245, introdotti con la legge di conversione del 27 gennaio 2006, n. 21, per contrasto con gli articoli 3, 24, 111 e 125 della Costituzione, nella parte in cui prevedono la competenza in primo grado, esclusiva ed inderogabile, estesa anche ai giudizi in corso, del Tribunale amministrativo regionale del Lazio sui ricorsi giurisdizionali proposti avverso le ordinanze ed i provvedimenti adottati nell'ambito delle situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell'art. 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225. Il giudizio, pertanto, va sospeso e gli atti vanni rimessi alla Corte costituzionale per il giudizio incidentale di costituzionalita'.