IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso n. 315/06,
proposto  da  Erbetti  Francesca, Chica Quinonez Emma Veronica, SICET
(Sindacato  Inquilini  Casa  e Territorio) territoriale di Milano, in
persona  del  legale  rappresentante  pro  tempore,  SUNIA (Sindacato
Unitario Nazionale Inquilini e Assegnatari) provinciale di Milano, in
persona  del  legale rappresentante pro tempore, CGIL (Confederazione
Generale  Italiana  del  Lavoro)  lombarda,  in  persona  del  legale
rappresentante  pro  tempore,  USR  CISL  (Unione Sindacale Regionale
della  Confederazione  Italiana  Sindacati  Lavoratori)  lombarda, in
persona  del legale rappresentante pro tempore, tutti rappresentati e
difesi  dall'avv.  prof. Vittorio Angiolini e dall'avv. Riccardo Maia
ed  elettivamente  domiciliati  presso  il  loro  studio  in  Milano,
Galleria del Corso, n. 1;
    Contro  Comune  di  Busnago,  non  costituito  in giudizio; e nei
confronti di Regione Lombardia in persona del Presidente della giunta
regionale  pro  tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Maria Lucia
Tamborino  ed elettivamente domiciliata presso l'Avvocatura regionale
in  Milano,  via  Pola  n. 14, per l'annullamento, previa sospensione
degli  atti  del  Comune  di  Busnago  prott. n. 12500 e 12501 del 23
novembre  2005  -  aventi  identico  contenuto  -  con i quali veniva
comunicato  a  Chica Quinonez Emma Veronica e ad Erbetti Francesca il
rigetto  della  domanda  di  assegnazione  di  alloggio  di  edilizia
residenziale   pubblica   poiche'  ai  sensi  della  legge  regionale
Lombardia  n. 7  del  2005  «per  la  presentazione della domanda per
l'assegnazione  degli  alloggi  di  edilizia  residenziale pubblica i
richiedenti devono avere la residenza o svolgere attivita' lavorativa
in  Regione  Lombardia da almeno 5 anni per il periodo immediatamente
precedente alla data di presentazione della domanda».
    Visto  il ricorso notificato in data 19 gennaio 2006 e depositato
in data 1° febbraio 2006;
    Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Lombardia;
    Visto  l'atto  di  motivi  aggiunti  proposto  dai ricorrenti nei
confronti delle altre parti;
    Viste   le  memorie  presentate  dalle  parti  a  sostegno  delle
rispettive difese;
    Uditi alla pubblica udienza del 14 giugno 2006, relatore il dott.
Riccardo  Giani,  l'avv.  V. Angiolini per i ricorrenti e l'avv. M.L.
Tamborino per la Regione Lombardia;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Ritenuto quanto segue in fatto e diritto.

                              F a t t o

    In  data  22  ottobre  2005  le signore Erbetti Francesca e Chica
Quinonez  Emma Veronica presentavano al Comune di Busnago domanda per
l'assegnazione di alloggio di edilizia residenziale pubblica (ERP').
    Il  Comune  di  Busnago,  con atti dello stesso tenore assunti in
data  23 novembre 2005, nn. 12500 e 12501, rigettava tali domande sul
rilievo  che ai sensi della legge regionale lombarda 8 febbraio 2005,
n. 7  «per  la  presentazione  della  domanda  per  l'assegnazione di
alloggi  di edilizia residenziale pubblica i richiedenti devono avete
la  residenza o svolgere attivita' lavorativa in Regione Lombardia da
almeno  5  anni per il periodo immediatamente precedente alla data di
presentazione  della  domanda»  requisito  mancante  ad  entrambe  le
istanti. Il comune faceva riferimento all'art. 1, lett. a) della l.r.
n. 7/2005  che ha introdotto all'art. 3 della l.r. lombarda n. 1/2000
il  comma 41-bis,  che  prevede  il requisito della residenza, ovvero
dello  svolgimento  di  attivita'  lavorativa, in Lombardia da cinque
anni per potere accedere all'assegnazione di alloggi di ERP.
    Erbetti  Francesca  e  Chica Quinonez Emma Veronica, assieme alle
articolazioni  milanesi  dei sindacati SICET, SUNIA, CGIL e USR CISL,
impugnano  i  citati  provvedimenti  comunali,  articolando  nei loro
confronti censure di:
        violazione   e   falsa   applicazione  della  l.r.  Lombardia
8 febbraio 2005, n 7, da riconoscersi costituzionalmente illegittima;
        violazione  e  falsa applicazione delle regole e dei principi
del  diritto  europeo  sulla  libera  circolazione,  con  particolare
riferimento art. 48 (poi 39) del frattato CE.
    Si  e'  costituita in giudizio la Regione Lombardia per resistere
al ricorso.
    Dopo  la  proposizione  del  ricorso  introduttivo  il  Consiglio
regionale  della  Lombardia  ha approvato il regolamento regionale 27
marzo  2006,  n. 5,  il  quale  interviene  a  dare attuazione ad una
seconda  significativa previsione della citata l.r. n. 7/2005, sempre
contenuta  nell'art. 1, lett. a), che ha introdotto nell'art. 3 della
l.r.  n. 1/2000  il comma 41-ter, a mente del quale «la residenza sul
territorio  regionale concorre nella determinazione del punteggio per
la  formazione  della  graduatoria  i cui criteri sono determinati da
apposito regolamento».
    I  ricorrenti  hanno  impugnato,  a  mezzo di motivi aggiunti, il
richiamato   regolamento   regionale   n. 5   del  2006,  ritenendolo
illegittimo  nella  parte in cui inserisce la residenza in Lombardia,
gia' requisito di accesso all'ERP, quale elemento da valutare ai fini
dell'attribuzione  del  punteggio  per  l'assegnazione  degli alloggi
pubblici e chiedendone l'annullamento.
    La  Regione Lombardia ha presentato memorie nelle quali, oltre ad
insistere  per  la l'infondatezza nel merito delle censure sollevate,
eccepisce  il  difetto  di  legittimazione  attiva della Associazioni
sindacali  ricorrenti nonche' delle stesse ricorrenti persone fisiche
per  conflitto  di interesse tra le stesse, dal momento che il Comune
di  Busnago  aveva  previsto  nel  bando  l'assegnazione  di  un solo
alloggio.
    Alla  pubblica  udienza  del  14  giugno  2006, relatore il dott.
Riccardo  Giani,  sentiti i difensori delle parti come da verbale, la
causa e' stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

                               Diritto

    1.  -  Devono  essere  in  primo  luogo esaminate le eccezioni di
inammissibilita' del ricorso avanzate dalla Regione Lombardia.
    1.1.  - Viene eccepita l'inammissibilita' del ricorso per difetto
di legittimazione attiva delle organizzazioni sindacali.
    L'eccezione   formulata   dalla   regione   involge  la  tematica
dell'accesso  alla  tutela  giurisdizionale dei soggetti portatori di
interessi  superindividuali.  E' noto che dopo una iniziale chiusura,
quando  la  giurisprudenza fissava in modo rigido il collegamento tra
azione  giudiziaria  e  natura individuale della posizione soggettiva
dedotta in giudizio, a partire dalla decisone Cons. Stato, Ad. Plen.,
19  ottobre 1979, n. 24, si e' assistito ad un riconoscimento, seppur
a  precise  condizioni,  della legittimazione all'impugnativa di atti
amministrativi   da   parte   di   soggetti  portatori  di  interessi
collettivi,  nel quadro della valorizzazione del disposto dell'art. 2
Cost.   La   giurisprudenza   ha  compiuto  un  significativo  sforzo
ermeneutico  per  individuare,  tra  gli  interessi  superindividuali
perseguiti  dagli  enti esponenziali, quelli che risultino meritevoli
di  ingresso  alla tutela giurisdizionale, tali cioe' da conferire ai
relativi  enti  esponenziali  stessi  la  legittimazione  ad agire in
giudizio.  La  concreta  selezione  e'  operata  con riferimento alla
sussistenza,    nelle   ipotesi   concrete,   dei   requisiti   della
differenziazione   e   della   qualificazione.   Il  requisito  della
differenziazione postula la necessita' che l'ente esponenziale faccia
valere  in  giudizio un interesse specifico del gruppo esponenziato e
allo stesso riferentesi in modo complessivo e unitario.
    Il   carattere   soggettivo  della  giurisdizione  amministrativa
esclude  infatti  che  possano  accedere  alla tutela giurisdizionale
interessi  diffusi  nel corpo sociale, incapaci di appuntarsi in modo
specifico  in  capo  ad  un determinato soggetto dell'ordinamento. La
sussistenza  del requisito della differenziazione passa attraverso la
verifica dei seguenti elementi: a) fine statutario: l'ente deve agire
a  tutela  di  uno  specifico  fine  istituzionale  individuato dallo
Statuto;  b) stabile organizzazione: l'ente deve essere dotato di una
organizzazione  con  la  quale  svolgere in modo effettivo e continuo
l'attivita'   a   tutela   del   fine   statutario;  c)  collegamento
territoriale: deve esistere un nesso di collegamento di tipo spaziale
tra  ambito  di  svolgimento  dell'attivita'  da  parte  del soggetto
portatore  dell'interesse  collettivo e ambito di efficacia dell'atto
amministrativo  considerato  lesivo  e  quindi impugnato. L'interesse
differenziato  in  tal  modo  individuato  deve  per altro, per poter
attribuire   al  soggetto  collettivo  la  legittimazione  ad  agire,
caratterizzarsi  per  essere  un  interesse  giuridicamente protetto,
connotato  cioe' dal requisito della qualificazione da parte di norme
giuridiche.   C'e'   da   aggiungere   che   il   Legislatore  si  e'
successivamente  orientato,  con  riferimento  ai  settori  in cui la
tematica  de  qua  e'  apparsa piu' rilevante, nel senso di prevedere
ipotesi   di   enti   esponenziali  legittimati  ex  lege  all'azione
giurisdizionale amministrativa (si pensi in particolare agli artt. 13
e  18  legge  n. 349/1986  in  materia ambientale). Cio' tuttavia non
esclude che l'indagine sulla sussistenza delle condizioni dell'azione
debba e possa essere effettuata dal giudice caso per caso, secondo la
griglia  concettuale  sopra descritta, con la prudenza necessaria per
evitare di creare spazi di giustiziabilita' di interessi non motivati
da solidi e concreti riferimenti alla realta' sostanziale sottostante
(in  tal  senso Tribunale amministrativo regionale Lombardia, Milano,
2ª sez., 23 ottobre 2002, n. 5093).
    Alla  luce delle svolte considerazioni il Collegio ritiene che le
associazioni  ricorrenti  siano  dotate  dei  requisiti necessari per
agire nel presente ricorso.
    In  relazione  al  SICET  questo  tribunale ha gia' avuto modo di
pronunciarsi  in senso favorevole rispetto alla sua legittimazione ad
impugnare  atti  relativi  all'ERP,  con orientamento che il Collegio
ritiene   di  confermare  (cfr.  Tribunale  amministrativo  regionale
Milano,  1ª  sez., 29 settembre 2004, n. 4196). L'esame dello Statuto
del  SICET  consente  di  evidenziare  che tale sindacato persegue lo
scopo  di «assicurare un'abitazione a tutti coloro che ne sono ancora
privi,  per difficolta' economiche, sociali, sanitarie e/o familiari»
(cfr.  preambolo) e che sua finalita' e' svolgere «una politica della
casa  e  del  territorio  che  assicuri  ai  lavoratori e alle classi
popolari  una  abitazione  dignitosa  ad  un  costo  proporzionato al
reddito  familiare»  (cfr. art. 2), a tutela del «diritto alla casa e
all'abitare  in affitto» (cfr. art 3). D'altra parte che si tratti di
soggetto  che svolge in modo effettivo e stabile attivita' a sostegno
del  fine  statutario,  e  quindi  dotato  della necessaria struttura
organizzativa,  risulta  comprovato  dal  coinvolgimento del SICET da
parte  della  regione  al  fine  della  predisposizione del Programma
regionale  per  l'Edilizia  residenziale pubblica 2002-2004. Ne' puo'
dubitarsi   della   sussistenza   del   requisito   del  collegamento
territoriale,  agendo in giudizio la struttura milanese del sindacato
avverso  un  atto  destinato a produrre i suoi effetti nel territorio
della  Regione  Lombardia. L'interesse a favorire l'accesso alla casa
di  abitazione alle categorie piu' disagiate, infine, e' senza dubbio
interesse  giuridicamente  rilevante,  come  tale  qualificato  sia a
livello  costituzionale  (art. 47 Cost.) sia dalla complessa serie di
norme   emanate  in  tema  di  edilizia  economica  e  popolare  (poi
residenziale  pubblica)  a  partire dal periodo successivo alla prima
guerra mondiale.
    Ritiene  il  Collegio  che  analoghe considerazioni quanto a fine
statutario,   stabile   organizzazione  e  collegamento  territoriale
valgano  anche  in  relazione  alle  altre articolazioni locali delle
associazioni  sindacali ricorrenti Sul punto merita qualche ulteriore
considerazione  solo il profilo del fine statutario. Il SUNIA ha come
obiettivo  «il  riconoscimento  del  diritto  alla casa quale bene di
primario  valore  civile  e  sociale  garantito a tutti» (cfr. art. 1
Statuto),   mirando   quindi  alla  «tutela  degli  inquilini,  degli
assegnatari  e  dei  soggetti  che  versano  in condizioni di bisogno
alloggiativi  e,  comunque,  dei diritti degli utenti del bene casa e
degli  aspiranti  ad  esso». Lo statuto della CISL parla di «rispetto
delle esigenze della persona», di «solidarieta» e «giustizia sociale»
e   di  «sviluppo  della  personalita'  umana  attraverso  la  giusta
soddisfazione  dei  suoi  bisogni  materiali, intellettuali e morali,
nell'ordine  individuale, familiare e sociale» (cfr. art. 2). La CGIL
«afferma il valore della solidarieta' in una societa' senza privilegi
e discriminazioni, in cui sia riconosciuto il diritto al lavoro, alla
salute  alla  tutela sociale, il benessere sia equamente distribuito,
la  cultura  arricchisca  la vita di tutte le persone, rimuovendo gli
ostacoli  politici, sociali ed economici che impediscono alle donne e
agli  uomini  native/i  e  immigrate/i  di decidere - su basi di pari
diritti  ed  opportunita', riconoscendo le differenze - della propria
vita e del proprio lavoro».
    L'eccezione   di   difetto   di   legittimazione   attiva   delle
associazioni ricorrenti deve quindi essere rigettata.
    1.2.   -   La   Regione   Lombardia  rileva  quindi  altresi'  la
inammissibilita'  del ricorso delle signore Francesca Erbetti e Chica
Quinonez  Emma  Veronica  in  quanto in conflitto di interessi tra di
loro,  essendo  soltanto  uno l'immobile di ERP da assegnare da parte
del Comune di Busnago.
    L'eccezione e' infondata.
    Le  ricorrenti  hanno presentato domanda al Comune di Busnago per
ottenere  l'assegnazione  di un alloggio di ERP e hanno visto le loro
istanze   rigettate   in   limine  per  difetto  del  presupposto  di
ammissibilita'   delle   stesse,   rappresentato  dalla  residenza  o
attivita'  lavorativa  in  Lombardia  protratta  per  cinque anni nel
periodo  immediatamente precedente la presentazione della domanda. Le
istanti sono sicuramente legittimate ad insorgere contro i richiamati
provvedimenti  di  rigetto,  al  fine  di farne valere in giudizio la
illegittimita',   anche   attraverso   la   previa   verifica   della
legittimita'  costituzionale  della  normativa  applicata.  Ne'  pare
sussistere,  nella presente fattispecie, un conflitto d'interesse tra
le  ricorrenti,  come  ipotesi  paralizzante la loro legittimazione a
ricorrere.  Esse,  al  contrario,  sono  portatrici  di  un interesse
coincidente,  che e' quello a far dichiarare illegittima l'esclusione
dall'accesso  all'edilizia  residenziale  pubblica da parte di coloro
che  non possano vantare cinque anni di residenza o di svolgimento di
attivita'   lavorativa   in  territorio  lombardo.  In  tal  modo  le
ricorrenti  otterrebbero l'inserimento nella graduatoria comunale, la
quale  ha  un'efficacia che va ben oltre l'assegnazione degli alloggi
indicati  nel  bando  in  relazione  al  quale e' stata presentata la
domanda.  Infatti  l'art.  11  del  regolamento regionale 10 febbraio
2004,  n. 1  stabilisce  che  «la graduatoria comunale e' unica ed e'
aggiornata  ed integrata con cadenza semestrale» cosi' che la domanda
ammessa  in  graduatoria  puo'  concorrere  all'assegnazione non solo
degli  alloggi di ERP messi a concorso con il singolo bando, ma anche
di tutti quelli che si rendano successivamente disponibili. Solo dopo
il  sesto  aggiornamento  semestrale  e'  necessaria  una  conferma o
rinnovazione della domanda, pena la decadenza (cfr. art. 11 cit.).
    Alla  luce degli svolti rilievi le ricorrenti hanno ben interesse
ad  impugnare  i  provvedimenti di esclusione e le loro posizioni non
sono affatto in conflitto d'interesse, a nulla rilevando il fatto che
il  bando  comunale  preveda,  allo  stato, l'assegnazione di un solo
alloggio.
    2.   -   Nel   merito   il   ricorso   riguarda   la   disciplina
dell'assegnazione  degli  alloggi  di  ERP, tema sul quale la Regione
Lombardia  ha,  in  tempi  recenti,  proceduto ad un'ampia produzione
normativa.
    In  particolare  prima  della  legge  regionale  n. 7/2005  e del
regolamento  n. 5/2006,  la regione si era occupata della materia con
l'emanazione  del  regolamento regionale n. 1/2004, stabilendo che al
fine  dell'assegnazione  degli  alloggi in questione si tenesse conto
non  solo  del  disagio familiare, abitativo ed economico ma altresi'
degli  anni di residenza in Lombardia, con l'attribuzione di punteggi
varianti  da  5  punti  per  un  anno  fino a 90 per oltre 20 anni di
residenza in Lombardia.
    Questo  tribunale, con sentenza della 1ª sez. n. 4196/2004, aveva
annullato  sul  punto  il  regolamento regionale, sul rilievo che una
simile valorizzazione della residenza regionale introduca un elemento
estraneo   alla  ratio  della  normativa  sull'edilizia  residenziale
pubblica,  che ha la finalita' di favorire l'accesso all'abitazione a
condizioni  piu'  favorevoli di quelle di mercato alle categorie meno
abbienti,  con  l'effetto di determinare uno sviamento della funzione
amministrativa dalla finalita' sue proprie.
    La  citata  sentenza  non e' stata appellata dall'amministrazione
regionale.
    La  Regione  Lombardia  ha  tuttavia  provveduto ad effettuare un
nuovo   intervento,  questa  volta  di  rango  legislativo,  a  mezzo
dell'approvazione della piu' volte citata l.r. 8 febbraio 2005, n. 7,
la  quale,  per  i  profili  qui coinvolti, interviene con due norme,
introdotte nell'art. 3 della legge regionale 5 gennaio 2000, n. 1: da
un  lato viene introdotto il comma 41-bis - a mente del quale «per la
presentazione  della  domanda  per  l'assegnazione  degli  alloggi di
edilizia  residenziale pubblica di cui al comma 3 dell'articolo 1 del
regolamento  regionale  10  febbraio 2004, n. 1 (Criteri generali per
l'assegnazione  e  la gestione degli alloggi di edilizia residenziale
pubblica  (art. 3, comma 41, lett. m), l.r. n. 1/2000), i richiedenti
devono  avere la residenza o svolgere attivita' lavorativa in Regione
Lombardia  da  almeno  cinque  anni  per  il  periodo  immediatamente
precedente  alla  data  di  presentazione  della domanda»; dall'altro
viene  introdotto il comma 41-ter, il quale dispone che «la residenza
sul  territorio regionale concorre nella determinazione del punteggio
per  la  formazione della graduatoria i cui criteri sono demandati ad
apposito  regolamento».  L'art. 3, comma 41-ter, della l.r. n. 1/2000
novellato ha poi trovato attuazione con il regolamento regionale n. 5
del 2006.
    Con  il  ricorso introduttivo del giudizio vengono impugnati atti
applicativi  del  disposto di cui al citato art. 3, comma 41-bis, del
quale  si  evidenzia  la  illegittimita'  costituzionale ove pone una
condizione   di  ammissibilita'  della  domanda  di  accesso  all'ERP
rappresentata  dalla  necessita'  che  l'istante vanti cinque anni di
residenza  ovvero di lavoro in Lombardia; con i motivi aggiunti viene
poi  impugnato  il regolamento regionale n. 5 del 2006 che valorizza,
anche ai fini del punteggio, la residenza in territorio regionale.
    3.  -  Ritiene  il  Collegio  di  dover  previamente esaminare le
censure  di  cui  al  ricorso  principale e di dover conseguentemente
valutare  la  questione di legittimita' costituzionale del piu' volte
citato  art. 3,  comma  41-bis, l.r. n. 1/2000, introdotto dalla l.r.
n. 7/2005, sollevata dai ricorrenti.
    Il  Collegio  ritiene rilevante e non manifestamente infondata la
sollevata questione di legittimita' costituzionale.
    4.  -  In  punto  di rilevanza e' sufficiente evidenziare che gli
impugnati   provvedimenti  del  Comune  di  Busnago  fanno  letterale
applicazione,   nei   confronti  delle  istanze  di  accesso  all'ERP
presentate  dalle  signore Erbetti e Chica Quinonez, della previsione
normativa  citata,  rigettando le stesse in quanto le richiedenti non
possono  vantare  il requisito della residenza o lavoro in territorio
regionale  da almeno cinque anni E' di palese evidenza che in caso di
declaratoria di illegittimita' costituzionale della norma, il ricorso
presentato  avverso  gli  atti  di esclusione, disposta in limine per
difetto  di requisito di ammissibilita', potra' trovare accoglimento,
mentre  dovra' essere rigettato in caso contrario, gli atti impugnati
facendo fedele e corretta applicazione del disposto normativo de quo.
    5.  -  La prospettata questione di legittimita' costituzionale e'
altresi'  non  manifestamente  infondata con riferimento ai parametri
costituzionali di seguito indicati.
    5.1.  -  Violazione  dell'art.  117, terzo comma, Cost., anche in
relazione  all'art. 47 Cost., e comunque all'art. 117, secondo comma,
lett. m) Cost.
    Nell'assetto  istituzionale  precedente l'entrata in vigore della
riforma   del   titolo   V  della  Costituzione  di  cui  alla  legge
costituzionale  18  ottobre  2001,  n. 3,  la  materia  dell'edilizia
residenziale  pubblica  -  denominata  edilizia  economica e popolare
prima   della   legge   n. 865/1971   -  rientrava  nella  competenza
legislativa   regionale   concorrente,  essendo  stato  chiarito  che
l'«urbanistica»  si  estendeva  anche  a  tale  settore (cfr., tra le
altre,  Corte cost. 221/1975 e 347/1993). Ad analoga conclusione deve
giungersi   nel   nuovo  assetto  istituzionale,  dovendo  l'edilizia
residenziale  pubblica  essere collocata nell'ambito del «governo del
territorio»,  locuzione  piu'  ampia  di  quella di «urbanistica» che
abbraccia  e  supera  l'insieme  di «urbanistica» ed «edilizia» (cfr.
Corte  cost.  303/2003  e  362/2003  ed  anche 307/2003). In punto di
competenza  concorrente  la riforma del 2001 ribadisce, all'art. 117,
terzo  comma Cost., che la potesta' legislativa compete alle regioni,
salvo   tuttavia   riservare   alla   legislazione  dello  Stato  «la
determinazione dei principi fondamentali».
    Ritiene  il  Collegio  che  la  legge regionale lombarda n. 7 del
2005,   con   l'introduzione   del   requisito   di  accesso  all'ERP
rappresentato  dalla  residenza  o  comunque  dal lavoro in Lombardia
protratto  per  cinque anni, violi i principi fondamentali in materia
di  edilizia  residenziale  pubblica fissati dalle leggi dello Stato.
Come  la Corte costituzionale ha piu' volte ripetuto, la legislazione
sull'edilizia residenziale pubblica, sin dal r.d. n. 1165/1938 e fino
alla  leggi  statali  piu'  recenti,  ha  la  «finalita'  di favorire
l'accesso all'abitazione, a condizioni inferiori a quelle di mercato,
a categorie di cittadini meno abbienti» (Corte cost., 25 maggio 2004,
n. 150; nello stesso senso anche Corte cost., 7 maggio 2004, n. 135 e
19  luglio  2000,  n. 299)  e  la  correlata funzione amministrativa,
autorevolmente  qualificata  come  servizio  pubblico, deve garantire
tale  finalita'.  Cio'  implica  che  ai fini dell'assegnazione degli
alloggi  di ERP debba tenersi conto delle situazioni di bisogno degli
istanti,  le  quali  vengono  tradizionalmente espresse attraverso il
riferimento   al   «disagio   abitativo»   nonche'   «familiare»   ed
«economico».  Al  contrario  contrasta  con  le  richiamate finalita'
dell'ERP,  che  sono  da  qualificarsi  come principi fondamentali di
legislazione  statale,  la normativa della Regione Lombardia, laddove
introducendo  un requisito di accesso legato alla residenza regionale
o  al  lavoro in regione protratti per almeno cinque anni, rischia di
escludere  dal  servizio pubblico dell'edilizia residenziale le fasce
di  aspiranti  piu'  deboli  e  in  condizioni di maggior bisogno sol
perche' prive del requisito di accesso previsto.
    Per altro la previsione della legge regionale n. 7/2005 contrasta
anche  con  il  disposto dell'art. 117, secondo comma, lett. m) Cost.
che    riserva   alla   legislazione   esclusiva   dello   Stato   la
«determinazione  dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti
i  diritti  civili  e sociali che devono essere garantiti su tutto il
territorio  nazionale».  La  prestazione garantita dalla legislazione
statale,  consistente  nell'accesso  all'ERP  da  parte  delle  fasce
sociali  piu'  disagiate  per  ottenere  alloggi  a  condizioni  piu'
vantaggiose   di   quelle   di  mercato,  viene  infatti  limitata  o
condizionata dalla legge regionale e dal requisito di accesso all'ERP
richiamato.
    5.2. - Violazione dell'art. 3 Cost.
    La    richiamata    norma    regionale   introduce   un   fattore
discriminatorio,  rapporato  alla durata del lavoro o della residenza
in  Lombardia,  che appare irragionevole e ingiustificato e quindi in
contrasto  con  l'art. 3 Cost. A fronte di una finalita' del servizio
di  ERP  che  e'  quella  di  favorire  l'accesso  all'abitazione,  a
condizioni  privilegiate,  per le categorie sociali meno abbienti, si
introduce  il  requisito  della  residenza o del lavoro protratto nel
tempo  in  regione che con tale finalita' non ha alcun rapporto. Anzi
con  la  concreta  possibilita' di escludere dall'accesso al servizio
stesso  coloro  i  quali, proprio perche' non radicati da lungo tempo
sul  territorio  regionale e alla ricerca di un lavoro in regione, si
trovano  in condizioni di maggiore difficolta' e di maggiore disagio.
Appare  infatti  difficile negare che chi da poco si e' trasferito in
Lombardia,  chi  ha  appena trovato un lavoro in regione, o lo cerca,
sia  piu'  bisognoso di aiuto nell'inserimento sociale rispetto a chi
gia'  da  almeno  cinque  anni qui lavora o risiede. Conseguentemente
escludere  dall'accesso  all'ERP  proprio le categorie piu' disagiate
appare  in  palese contrasto con il principio di ragionevolezza e con
il principio di eguaglianza sostanziale di cui all'art. 3 Cost.
    5.3. - Violazione dell'art. 120 Cost.
    Vietare  l'accesso  agli alloggi di ERP a chi risiede o lavora in
Lombardia  da meno di cinque anni si pone in contrasto con l'art. 120
Cost.  a  mente del quale la regione non puo' «adottare provvedimenti
che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone
o  delle cose tra le regioni, ne' limitare l'esercizio del diritto al
lavoro  in  qualunque  parte  del territorio nazionale». La normativa
regionale  censurata rende piu' difficoltosa la mobilita' tra regioni
a  chi  versi  in  stato di bisogno e rende difficile lavorare in una
regione a chi non vi sia da tempo stabilmente insediato.
    5.4. - Violazione degli artt. 101, 102, 103, 104 e 111 Cost.
    Come  gia'  chiarito  al  precedente  punto  2. prima della legge
regionale  n. 7/2005  la Regione Lombardia si era gia' occupata della
materia   dell'ERP   con   l'emanazione   del  regolamento  regionale
n. 1/2004,  stabilendo che al fine dell'assegnazione degli alloggi in
questione  si tenesse conto non solo del disagio familiare, abitativo
ed  economico  ma  altresi' degli anni di residenza in Lombardia, con
l'attribuzione  di punteggi varianti da 5 punti per un anno fino a 90
per  oltre  20  anni di residenza in Lombardia. Questo tribunale, con
sentenza  della  1ª  sez.  n. 4196/2004, aveva annullato sul punto il
regolamento  regionale,  sul  rilievo  che  una simile valorizzazione
della  residenza  regionale introduca un elemento estraneo alla ratio
della  normativa  sull'edilizia  residenziale  pubblica,  che  ha  la
finalita'  di  favorire  l'accesso  all'abitazione  a condizioni piu'
favorevoli  di  quelle  di  mercato  alle categone meno abbienti, con
l'effetto  di determinare uno sviamento della funzione amministrativa
dalle  finalita'  sue  proprie.  La  citata  sentenza  non  e'  stata
appellata   dall'amministrazione   regionale.   La   regione  e'  poi
intervenuta con le norme di legge qui in esame.
    Cio' induce il Collegio a ritenere che la disciplina in esame sia
stata  ispirata  anche  dall'intento  di  neutralizzare,  mediante la
modifica  formale  della  fonte  normativa, l'orientamento assunto in
materia  da questo Tribunale amministrativo regionale con la sentenza
n. 4196/2004,  il  che  non  puo' non risultare lesivo della funzione
giurisdizionale,  con  conseguente  violazione  degli artt. 101, 102,
103, 104 e 111 Cost.
    5.5.  - Violazione dell'art. 117, primo comma, Cost. in relazione
all'art 48 (poi 39) del Trattato CE.
    L'art. 117, primo comma, Cost., come modificato dalla legge cost.
n. 3/2001,  prevede  che  la potesta' legislativa e' esercitata dallo
Stato  e  dalle  regioni nel rispetto della Costituzione «nonche' dei
vincoli  derivanti  dall'ordinamento  comunitario  e  dagli  obblighi
internazionali».
    L'art.  39,  gia'  48,  del  Trattato  CE  prevede il diritto dei
lavoratori  alla  libera  circolazione  nell'ambito  della comunita',
specificando che lo stesso implica gli ulteriori diritti a rispondere
a  offerte  di  lavoro,  a spostarsi liberamente nel territorio degli
Stati  e  di  prendervi dimora. La Corte di giustizia delle Comunita'
europee  ne  ha  tratto  l'ulteriore  corollario  che  l'utilizzo del
criterio  della  residenza come presupposto dell'accesso a benefici o
servizi  pubblici sia legittimo «purche' tale condizione possa essere
giustificata  sulla  base  di  considerazioni  oggettive indipendenti
dalla   cittadinanza   delle   persone  interessate  e  adeguatamente
commisurate   allo   scopo   legittimamente  perseguito  dal  diritto
nazionale» (sentenza 23 marzo 2004 nel procedimento C-138/02).
    Nel  caso  che  ci occupa il requisito della residenza per cinque
anni (o del lavoro in regione) non risulta commisurato allo scopo del
diritto  nazionale,  avendo  anzi  gia' evidenziato come si tratti di
requisito  in  palese  contrasto  con  la  ratio  sottesa  all'intera
legislazione dell'ERP.
    6.  -  Per  tutte  le considerazioni esposte il Collegio dichiara
rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita'
costituzionale  dell'art.  1,  lett  a)  della  l.r.  della Lombardia
n. 7/2005,  che ha introdotto all'art 3 della l.r. lombarda n. 1/2000
il comma 41-bis.
    Il  giudizio  deve  quindi  essere  sospeso  e  deve  disporsi la
trasmissione  degli  atti alla Corte costituzionale per l'esame della
suindicata questione.