LA CORTE DI APPELLO Ha emesso la seguente ordinanza. Visti gli atti del procedimento penale iscritto al n. 1790/05 a carico di Cazzato Alessandro ed altri, definito in primo grado con sentenza del g.i.p. del Tribunale di Lecce 19 aprile 2005; Rilevato che, contro la predetta sentenza hanno proposto appello gli imputati in riferimento alle statuizioni di condanna ed il pubblico ministero in riferimento alle statuizioni di proscioglimento; Rilevato che nelle more del giudizio di appello, dopo che e' stata disposta e quasi esaurita la rinnovazione del dibattimento, e' stata promulgata ed e' entrata in vigore la legge 20 febbraio 2006, n. 46, per effetto della quale risultano modificati l'art. 593 c.p.p. (che nel testo ora vigente stabilisce che «l'imputato e il pubblico ministero possono appellare contro le sentenze di proscioglimento nelle ipotesi di cui all'art. 603, comma 2, se la nuova prova e' decisiva»); Rilevato che la citata legge stabilisce all'art. 10 che essa si applica ai procedimenti in corso alla data della sua entrata in vigore e che l'appello proposto contro una sentenza di proscioglimento dall'imputato o dal pubblico ministero prima di tale data viene dichiarato inammissibile con ordinanza non impugnabile, salva la possibilita' per il pubblico ministero e per l'imputato di proporre nei quarantacinque giorni successivi alla comunicazione ricorso per cassazione; Ritenuto che, nel caso di sentenza mista, contenente cioe' statuizioni di condanna e statuizioni di proscioglimento, l'ammissibilita' dell'impugnazione (consentita contro e sentenze di condanna) va verificata non con riferimento alla sentenza nel suo complesso ma con riguardo alle statuizioni che ne costituiscono oggetto e quindi, in questo caso, con riguardo alle statuizioni di proscioglimento; Ritenuto che, a mente dell'ultima disposizione citata, l'appello proposto dal pubblico ministero contro la sentenza in esame dovrebbe essere dichiarato inammissibile in quanto palesemente non ricorre l'ipotesi prevista dall'art. 603, comma 2 c.p.p. di appello cioe' fondato su «prove nuove o scoperte dopo il giudizio di primo grado»; Ritenuto tuttavia, prima di dichiarare l'inammissibilita' delle proposte impugnazioni e sentite le parti, di dover sottoporre al vaglio del Giudice delle leggi i dubbi di legittimita' costituzionale sollevati da piu' parti gia' durante l'iter di approvazione della legge e che non appaiono a questa Corte manifestamente infondati; Considerato che: la Corte costituzionale ha ripetutamente affermato che «il doppio grado di giurisdizione di merito non fonna oggetto di garanzia costituzionale» e neppure puo' essere derivato da convenzioni internazionali con riferimento all'art. 2 del protocollo addizionale n. 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali approvata a Strasburgo il 22 novembre 1984; la Corte ha ritenuto altresi' costituzionalmente legittime le limitazioni, per esempio in materia di giudizio abbreviato, al potere del pubblico ministero di impugnare una sentenza di proscioglimento o di proporre, sempre nel rito abbreviato, appello incidentale quando sia stato proposto appello da parte dell'imputato (Corte cost. n. 98 del 1994) e tuttavia la Corte, in quest'ultima sentenza, non ha mancato di rilevare che «la configurazione dei poteri di impugnazione del pubblico ministero rimane affidata alla legge ordinaria che potrebbe essere censurata per irragionevolezza solo se i poteri stessi, nel loro complesso, dovessero risultare inidonei all'assolvimento dei compiti previsti dall'art. 112 della Costituzione», col principio cioe' dell'obbligatorieta' dell'azione penale; gia' alla stregua della giurisprudenza esistente della Corte costituzionale, anteriore peraltro alle modifiche apportate all'art. 111 della Costituzione dalla legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2, sembrerebbe esclusa la possibilita' di negare in linea generale al pubblico ministero il potere di impugnare con appello le sentenze di proscioglimento; una cosi' pesante limitazione ai poteri del pubblico ministero si pone comunque in palese contrasto col disposto dell'art. 111, comma 2 della Costituzione, secondo cui «ogni processo si svolge nel contraddittorio delle parti, in consizioni di parita', davanti a giudice terzo e imparziale»; sembrerebbe evidente infatti che la condizione di parita' delle parti garantita nel processo dal dettato costituzionale sia seriamente compromessa dal fatto che all'una - l'imputato - e' giustamente garantita la possibilita' di un nuovo giudizio di merito nel caso di condanna, mentre, nell'ipotesi speculare di assoluzione dell'imputato, analoga possibilita' non e' data - e senza alcun ragionevole motivo - al pubblico ministero (e neppure, per quanto si dira', alla persona offesa dal reato costituita parte civile, rispetto alla quale non avrebbero giustificazione alcuna le limitazioni pur ipotizzabili nei riguardi del pubblico ministero); questo profilo di possibile illegittimita' costituzionale e' stato gia' rilevato dal Presidente della Repubblica nel suo messaggio alle Camere del 20 gennaio 2006 con cui si chiese un nuovo esame della legge e nel quale si sottolineo' che «la soppressione dell'appello delle sentenze di proscioglimento, a causa della disorganicita' della riforma, fa si' che la stessa posizione delle parti del processo venga ad assumere una condizione di disparita' che supera quella compatibile con la diversita' delle funzioni svolte dalle parti stesse nel processo» mentre «le assimmetrie tra accusa e difesa costituzionalmente compatibili non devono mai travalicare i limiti posti dall'art. 111, secondo comma della Costituzione» e si sottolinea ancora «l'ulteriore incongruenza» derivante dal fatto che il pubblico ministero totalmente soccombente non puo' proporre appello, mentre cio' gli e' consentito quando la sua soccombenza sia solo parziale, avendo ottenuto una condanna diversa da quella richiesta; questi rilievi peraltro furono recepiti dal Parlamento che ritenne di rimediarvi introducendo la possibilita' per il pubblico ministero di impugnare con appello le sentenze di proscioglimento in caso di prove nuove, sopravvenute al giudizio di primo grado, aventi carattere decisivo: ma il carattere assolutamente marginale di tale possibilita' non modifica minimamente i termini del problema e non elimina i dubbi di costituzionalita' della norma in esame; la quale, secondo i rilievi contenuti anche nel messaggio presidenziale, si pone altresi' in contrasto col principio costituzionale affermato dall'art. 111 della durata ragionevole del processo dato che, in caso di esperimento con esito positivo del ricorso per cassazione da parte del pubblico ministero (sostanzialmente consentito oggi, attraverso l'ampliamento dei casi del ricorso previsto dall'art. 8 della legge in esame anche per un motivo di merito) il processo torna irragionevolmente al primo grado, permettendo alle parti tutte le attivita' processuali che la pronuncia di una sentenza di primo grado avrebbe altrimenti precluso con inevitabile negativa incidenza sulla durata del processo; la disposizione transitoria contenuta nell'art. 10 della legge si pone altresi' in contrasto col principio costituzionale affermato dall'art. 97 Costituzione del buon andamento dell'amministrazione, applicabile secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale anche agli organi dell'amministrazione della giustizia, in quanto vanifica, senza un'apparente ragione, il lavoro svolto dal pubblico ministero, costringendolo a rimodulare la sua impugnazione e a trasformarla in ricorso, perfino nel caso in cui il ricorso e' destinato a convertirsi in appello, mentre aggrava di un eccessivo carico di lavoro la Corte di cassazione fmo a comprometterne l'efficienza e la stessa funzionalita', come peraltro pubblicamente denunciato dal primo presidente della stessa Corte;