ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale degli artt. 159, 160,
420-quater,  comma 1,  e 484 del codice di procedura penale, promosso
dal Tribunale di Pinerolo, nel procedimento penale a carico di V. D.,
con  ordinanza  del  31 gennaio 2006, iscritta al n. 135 del registro
ordinanze 2006 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 19, 1ª serie speciale, dell'anno 2006.
    Udito  nella  Camera  di consiglio del 7 febbraio 2007 il giudice
relatore Francesco Amirante.

                          Ritenuto in fatto

    1.  - Nel corso di un procedimento penale a carico di una persona
irreperibile,  imputata, a titolo di concorso, del delitto di tentata
violazione  di  domicilio,  il Tribunale di Pinerolo ha sollevato, in
riferimento  agli  artt. 3,  10, primo comma, 97, primo comma, e 111,
secondo,  terzo  e  quarto  comma,  della  Costituzione, questione di
legittimita'   costituzionale   degli   artt. 159,  160,  420-quater,
comma 1, e 484 del codice di procedura penale;
    Premette  in fatto il remittente che l'imputata e' stata tratta a
giudizio  con  atto  di  citazione  diretta  da  parte  del  pubblico
ministero,  a  lei  notificato  -  previa  emissione  del  decreto di
irreperibilita' - mediante consegna al difensore d'ufficio designato,
secondo  il  sistema  fissato  dagli  artt. 159  e  160 del codice di
procedura  penale. L'imputata, non comparsa al dibattimento, e' stata
quindi  dichiarata  contumace  ed  il giudizio dovrebbe proseguire in
absentia;  tuttavia  il complesso di norme sopra menzionato appare al
giudice  a quo in contrasto con gli invocati parametri costituzionali
nella  parte  in  cui  impone  la  dichiarazione  di  contumacia e la
conseguente  celebrazione  del  processo nei confronti degli imputati
irreperibili,  anziche'  prevedere  la  sospensione  obbligatoria del
medesimo.
    Il   Tribunale   di   Pinerolo  rammenta  che  una  questione  di
legittimita'  costituzionale degli artt. 159 e 160 cod. proc. pen. e'
stata  gia'  dichiarata  non  fondata da questa Corte con la sentenza
n. 399  del 1998; tuttavia, il mutamento del quadro costituzionale di
riferimento,   rappresentato   dai  profondi  cambiamenti  introdotti
nell'art. 111  Cost.  -  che  «sembra porsi in netto contrasto con la
possibilita'  che  un processo venga celebrato nella totale ignoranza
dell'imputato  irreperibile» - imporrebbe un ripensamento dell'intera
questione.  In  quella  pronuncia la Corte, richiamando anche la nota
sentenza  12 febbraio  1985 della Corte europea dei diritti dell'uomo
(caso  Colozza),  ha  rilevato  che  il  vigente  codice di procedura
penale,   oltre  a  prevedere  una  piu'  rigorosa  disciplina  della
contumacia,  appresta  pure  numerosi  rimedi  per  il  caso  in  cui
l'imputato  non abbia avuto effettiva conoscenza del procedimento. La
menzionata  sentenza  Colozza,  d'altra  parte,  non  impone un unico
modello  processuale, dovendosi ritenere sufficiente che all'imputato
condannato  in  contumacia  sia  assicurata la possibilita' di essere
nuovamente  giudicato  dopo  essere  stato  ascoltato. Nella sentenza
n. 399  del  1998,  in  conclusione, la Corte ha osservato che spetta
soltanto  al  legislatore  la  scelta  tra  il  rimedio «preventivo e
inibitorio,  comportante  l'obbligatoria  sospensione  del processo a
carico   dell'irreperibile-contumace,   ovvero  quello  successivo  e
riparatorio»,   che   prevede   la   celebrazione   del   processo  e
l'introduzione  di  strumenti  per  ottenere  eventualmente una nuova
pronuncia sui medesimi fatti.
    Le  conclusioni  a  suo  tempo  raggiunte  con la citata sentenza
appaiono    al   remittente   superate   dalla   nuova   formulazione
dell'art. 111    Cost.    che,    introducendo   il   principio   del
contraddittorio  tipico  del  processo  accusatorio,  lo  ha reso non
soltanto  una  garanzia  soggettiva  per  l'imputato,  ma  anche  una
garanzia  oggettiva  per  l'ordinamento,  sicche'  puo' ben dirsi che
senza  contraddittorio  non  esista  un processo penale conforme alla
legalita'    costituzionale.    Un    processo    siffatto    postula
inevitabilmente  che  l'imputato sia a conoscenza dell'accusa al fine
di  scegliere  se  essere presente ovvero come difendersi, mentre gli
artt. 159,  160,  420-quater,  comma 1,  e  484  cod.  proc. pen. non
appaiono,  da  questo  punto  di  vista, conformi al secondo, terzo e
quarto  comma  dell'art. 111  della Costituzione. Alla luce di questi
ultimi, infatti, s'imporrebbe, secondo il Tribunale, la scelta per la
soluzione  inibitoria,  consistente nell'obbligatoria sospensione del
processo  penale a carico dell'imputato irreperibile, perche' fino al
momento  in cui l'imputato non e' messo nelle condizioni di conoscere
l'accusa,  ricevendo una citazione, non esiste nemmeno un «simulacro»
di contraddittorio.
    Osserva  il  Tribunale  di Pinerolo che, al fine di garantire una
piena  attuazione  dei  principi  costituzionali,  appare irrilevante
l'ampliamento  delle  ipotesi di restituzione in termini realizzatosi
con   la   modifica   dell'art. 175  cod.  proc.  pen.  disposta  col
decreto-legge   21 febbraio  2005,  n. 17  (Disposizioni  urgenti  in
materia  di impugnazione delle sentenze contumaciali e dei decreti di
condanna), convertito, con modificazioni, dalla legge 22 aprile 2005,
n. 60.  Tale modifica, introdotta in seguito ad un'ulteriore sentenza
di  condanna  emessa  dalla  Corte  europea dei diritti dell'uomo nei
confronti  dell'Italia  (sentenza  Sejdovic del 10 novembre 2004), e'
comunque  insufficiente  a  sanare  il vizio d'origine di un processo
celebrato  e  concluso  senza  effettivo  contraddittorio, per essere
l'imputato  incolpevolmente  ignaro dell'esistenza di un'accusa a suo
carico.
    Il  combinato  disposto delle norme impugnate appare al giudice a
quo, inoltre, in contrasto anche con gli artt. 10, primo comma, e 97,
primo comma, della Costituzione.
    L'art. 10,   primo   comma,  sarebbe  violato  per  il  contrasto
esistente   fra  le  disposizioni  denunciate  e  l'art. 6,  comma 3,
lettere a)  e  b),  della Convenzione per la salvaguardia dei diritti
dell'uomo  e delle liberta' fondamentali, benche' lo stesso giudice a
quo   osservi   che   tali   disposizioni  internazionali  sono  oggi
«riproposte»    nel   testo   dell'art. 111,   terzo   comma,   della
Costituzione.
    Quanto   al   principio   del   buon   andamento  della  pubblica
amministrazione,    il    remittente    sottolinea   l'illegittimita'
costituzionale   dell'attuale  sistema,  che  prevede  l'obbligo  «di
celebrare   processi  inutili  a  carico  di  imputati  irreperibili»
destinati  a  concludersi  con  sentenze  prive  di  esecuzione,  con
dispendio  di  risorse che potrebbero essere utilizzate per celebrare
processi  nei  confronti  di imputati presenti ovvero colpevolmente o
volontariamente assenti.
    Il  Tribunale remittente aggiunge che la sospensione obbligatoria
del  processo  penale  a  carico degli imputati irreperibili, oltre a
porsi  come  soluzione  «costituzionalmente obbligata», non creerebbe
alcun  problema nell'impianto generale del nostro processo penale. Da
un  lato, infatti, il nuovo testo dell'art. 159 cod. pen., introdotto
dall'art. 6 della legge 5 dicembre 2005, n. 251, prevede l'automatica
sospensione  del  corso  della prescrizione in tutti i casi in cui la
sospensione  del processo penale e' imposta per legge; dall'altro, il
codice  di rito gia' conosce l'ipotesi della sospensione obbligatoria
del  processo  qualora  l'imputato  sia incapace di stare in giudizio
(art. 71  cod.  proc.  pen.),  senza  che  cio' faccia venire meno il
principio  di  obbligatorieta'  dell'azione penale. Alla luce di tale
tertium comparationis, quindi, si riscontrerebbe anche una violazione
dell'art. 3 Cost. inteso come principio di ragionevolezza, posto che,
in  presenza  di  «situazioni  omologhe  (di  totale inconsapevolezza
dell'accusa)  - ed entrambe comportanti l'impossibilita' di garantire
il   contraddittorio   costituzionalmente   obbligatorio   a  livello
oggettivo e soggettivo - viene prevista soltanto nei casi di cui agli
artt. 70 e 71 c.p.p. la sospensione obbligatoria del processo (e, per
l'effetto, del corso della prescrizione)».
    L'ipotizzata  sospensione,  del  resto,  non  andrebbe  ad urtare
contro  il principio di ragionevole durata del processo pure previsto
dall'art. 111 Cost., posto che l'unico modello di processo conforme a
Costituzione e' quello che prevede la presenza dell'imputato.
    Quanto alla rilevanza, il remittente precisa che essa sussiste in
quanto  l'imputata  e'  stata tratta a giudizio, su citazione diretta
del  pubblico  ministero,  col rito degli irreperibili, ossia tramite
consegna  al  difensore d'ufficio all'uopo nominato; ed aggiunge che,
sulla   base   delle   norme   impugnate,   verificata   la  regolare
instaurazione  del  contraddittorio  e  dichiarata  la contumacia, il
processo  dovrebbe  regolarmente  proseguire. Il Tribunale, pertanto,
chiede  che le norme denunciate vengano dichiarate costituzionalmente
illegittime   «nella  parte  in  cui  non  prevedono  la  sospensione
obbligatoria  del  processo  penale  nei  confronti degli imputati ai
quali  il  decreto di citazione a giudizio e' stato notificato previa
emissione di decreto di irreperibilita».

                       Considerato in diritto

    1.  -  Il  Tribunale di Pinerolo, in composizione monocratica, in
sede  di  dibattimento  instaurato con decreto di citazione diretta a
giudizio  notificato  al  difensore dell'imputata dopo l'emissione da
parte  del  pubblico  ministero  del  decreto  di irreperibilita', ha
sollevato,  in  riferimento  agli artt. 3, 10, primo comma, 97, primo
comma  e  111,  secondo,  terzo  e  quarto  comma della Costituzione,
questione   di  legittimita'  costituzionale  degli  artt. 159,  160,
420-quater,  comma 1,  e  484  del codice di procedura penale, «nella
parte  in  cui non prevedono la sospensione obbligatoria del processo
nei  confronti  degli  imputati  ai  quali  il decreto di citazione a
giudizio  sia  stato  notificato  previa  emissione  del  decreto  di
irreperibilita».
    Il  remittente espone di essere consapevole che questa Corte, con
la  sentenza  n. 399 del 1998, ha dichiarato non fondata la questione
di  legittimita' costituzionale degli artt. 159 e 160 cod. proc. pen.
sul rilievo che il legislatore, modificando la previgente disciplina,
aveva  previsto  che fossero svolte piu' rigorose e ripetute ricerche
al  fine di limitare al massimo i processi a carico di irreperibili e
nel  contempo  aveva  anche  regolato, nell'ambito dell'art. 175 cod.
proc. pen., situazioni che consentissero a chi fosse stato giudicato,
a  sua  insaputa,  con il rito degli irreperibili, una volta venuto a
conoscenza  del processo, di esercitare il proprio diritto di difesa.
Con  tali  modifiche il legislatore italiano aveva inteso adeguare la
normativa  interna  alla  Convenzione europea per la salvaguardia dei
diritti   dell'uomo   e  delle  liberta'  fondamentali  (CEDU),  come
interpretata  dalla  Corte  di  Strasburgo,  in  particolare  con  la
sentenza del 12 febbraio 1985 (Colozza c. Italia).
    Il  Tribunale,  tuttavia,  ritiene  che la questione debba essere
riproposta  con  riguardo  alle  modifiche apportate, successivamente
alla  suddetta  pronuncia  di questa Corte, all'art. 111 Cost., i cui
commi  secondo,  terzo  e  quarto  impongono  lo  svolgimento  di  un
effettivo  contraddittorio  come  requisito di qualsiasi processo, in
conformita'   con  le  norme  dell'art. 6,  lettere a)  e  b),  della
menzionata  Convenzione, assicurando all'imputato garanzie non minori
di  quelle in essa previste. L'effettivita' del contraddittorio, alla
stregua  del  novellato  testo  dell'art. 111 Cost., e' richiesta non
soltanto  a  tutela  del  diritto  di difesa, ma anche come «garanzia
oggettiva rispondente a un interesse di rilevanza pubblicistica».
    Le suindicate modifiche costituzionali, ad avviso del remittente,
rendono   irrilevanti   le   misure   cosiddette   ripristinatorie  o
riparatorie,   cioe'   dirette   a  tutelare  il  diritto  di  difesa
dell'imputato  una  volta  che  sia  venuto  a formale conoscenza del
processo svoltosi in sua contumacia.
    Le  disposizioni  suddette  sono censurate, inoltre, con riguardo
all'art. 97,  primo  comma, Cost., perche' un processo svoltosi senza
che  l'imputato  abbia avuto conoscenza dell'accusa e possibilita' di
preparare  la  difesa  sarebbe  un  processo  inutile,  con spreco di
energie  «finanziarie  e  lavorative»  e violazione del principio del
buon andamento della pubblica amministrazione.
    Il  Tribunale di Pinerolo ritiene che, per eliminare i suindicati
profili  di  illegittimita'  costituzionale,  si  dovrebbe imporre la
sospensione  del  processo  nei confronti degli irreperibili e, a tal
proposito,  nel  rammentare  che l'art. 71 cod. proc. pen. prevede la
sospensione del processo qualora l'imputato sia incapace, osserva che
la  situazione  di  colui che ignora la pendenza di un processo a suo
carico  perche' irreperibile e' assimilabile a quella di chi, essendo
incapace,  non  e'  in  grado di conoscere e valutare la pendenza del
processo  e  difendersi.  La  mancata estensione all'irreperibile del
trattamento   processuale   previsto   per  l'incapace  costituirebbe
violazione dell'art. 3 della Costituzione.
    2. - Nessuna delle censure proposte e' fondata.
    Il  giudice  remittente  afferma che, a seguito delle innovazioni
apportate  all'art. 111  Cost. dalla legge costituzionale 23 novembre
1999,  n. 2, l'esigenza del contraddittorio trascende la tutela delle
posizioni  soggettive  delle  parti  e  costituisce  un'indefettibile
connotazione  del  processo,  sicche',  ove questo si svolgesse senza
effettivo contraddittorio, sarebbe un «simulacro» di processo. Ora, a
prescindere   da   qualsiasi  considerazione  sulla  validita'  della
concezione oggettiva del contraddittorio, da essa non possono trarsi,
ai  fini  della  presente  questione,  le conseguenze prospettate con
l'ordinanza di rimessione.
    L'enunciazione  del quarto comma dell'art. 111 Cost., secondo cui
nel  processo  penale  «la  formazione  della  prova  e' regolata dal
principio  del  contraddittorio»,  non  comporta  che  il  cosiddetto
profilo   oggettivo   del  medesimo  non  sia  correlato  con  quello
soggettivo  e  non  costituisca  comunque  un  aspetto del diritto di
difesa.  Mentre, infatti, il remittente non chiarisce se l'inutilita'
dei   processi  svoltisi  senza  effettivo  contraddittorio  sia,  in
ipotesi,  tale  da  riguardare  anche quelli definiti con sentenza di
proscioglimento  e non dice a chi dovrebbe competere farla valere, il
comma    quinto    della    medesima   disposizione   costituzionale,
nell'ammettere  la  deroga  al principio, fa riferimento anzitutto al
consenso dell'imputato.
    3. - Si deve ritenere, pertanto, che cio' che conta e' pur sempre
la  tutela  del  diritto  di  difesa,  al  quale,  secondo  lo stesso
remittente,  la  CEDU  non  accorda,  in tema di processo svoltosi in
absentia,  garanzie  maggiori di quelle previste dall'art. 111 Cost.,
tanto  che  egli  la  evoca  piu'  come fonte ispiratrice del diritto
interno  in materia e dei criteri per interpretarlo che come autonomo
parametro di costituzionalita'.
    A  tal  proposito  e'  opportuno  rilevare che la stessa Corte di
Strasburgo,  ancora  di  recente,  con la seconda sentenza emessa nel
caso  Sejdovic  (sentenza della Grande Camera del 1° marzo 2006), non
ha  negato  in  linea  di  principio  il rilievo che possono assumere
idonee misure ripristinatorie.
    4. - La censura proposta in riferimento all'art. 97, primo comma,
Cost. non e' fondata alla stregua del principio, piu' volte affermato
da  questa  Corte, secondo il quale l'invocato parametro non riguarda
la   disciplina   dell'attivita'   giurisdizionale  (v.,  da  ultimo,
ordinanze n. 462 del 2006 e n. 27 del 2007).
    5.  -  Per  quanto  concerne  la  asserita violazione dell'art. 3
Cost.,  prospettata  sotto il profilo della disparita' di trattamento
dell'irreperibile  rispetto  all'incapace,  disparita'  asseritamente
ingiustificata,  si rileva che la situazione di quest'ultimo non puo'
fungere da tertium comparationis. E' sufficiente, infatti, osservare,
da  una  parte,  che  l'incapace  puo'  essere  fisicamente presente,
rendendo  possibili  le prove sulla sua persona, dall'altra (art. 71,
comma 4,  cod.  proc.  pen.) che e' prevista la nomina di un curatore
speciale,  cui  la  legge demanda l'esercizio di facolta' processuali
nell'interesse  dell'incapace  stesso. Cio' rende non adattabile alla
situazione  dell'irreperibile  la  sospensione del processo stabilita
per l'imputato incapace.