IL TRIBUNALE

    Ha  pronunciato  e pubblicato mediante lettura del dispositivo la
seguente  ordinanza  nel  procedimento in epigrafe a carico di: Rungi
Gianluca  nato  a Colleferro - Roma 8 giugno 1971, imputato dei reati
di cui agli artt. 624-625 n. 4 c.p.
    Preso  atto  dell'eccezione  di incostituzionalita' dell'art. 10,
comma 3, della legge n. 251/2005 sollevata dalla difesa dell'imputato
Rungi  Gianluca,  con  riferimento  agli  artt. 3, 24, 25 e 111 della
Costituzione;
    Sentito il p.m. il quale non si oppone alla eccezione sollevata;
    Visti   gli   atti   del   procedimento  penale  n. 2745/04  dib.
(n. 3182/01  R.G.N.R.)  a carico del predetto imputato e rilevato che
si  procede per i reati di cui agli artt. 624 e 625 n. 4 c.p., che il
dibattimento   e'   stato  aperto  in  data  21 ottobre  2004  e  che
all'odierna udienza il processo veniva rinviato per la discussione;
    Considerato  che  il  termine  di prescrizione ordinaria, in base
all'art. 157  e ss. c.p., prima delle modifiche apportate dall'art. 6
legge  n. 251/2005  nel caso che ci occupa era pari ad anni 10 mentre
quello di prescrizione massima a seguito delle cause interruttive era
di anni 15;
    Considerato   che,   alla   luce   delle   discipline  introdotte
dall'art. 6,  legge  n. 251/2005 il termine di prescrizione ordinaria
sarebbe,   nel  caso  di  specie,  pari  ad  anni  sei  e  quello  di
prescrizione  massima  sarebbe pari ad anni sette e mesi sei, termine
interamente decorso alla data odierna;
    Rilevato  che  la nuova disciplina di cui al citato articolo 6 e'
inapplicabile,  secondo quanto disposto dal successivo art. 10, comma
3, atteso che alla data di entrata in vigore il dibattimento e' stato
gia' dichiarato aperto;
    Preso   atto   della  questione  di  legittimita'  costituzionale
sollevata dalla difesa, alla quale si associa il p.m., e ritenuto che
tale  sollevata  questione debba essere posta d'ufficio per contrasto
con  l'art. 3 della Costituzione, nonche' artt. 24, 25 e 111 Cost. si
osserva quanto segue.
    Premesso che: il principio di irretroattivita' della norma penale
sfavorevole, gia' enunciato in generale dall'art. 11 disp. Prel. («la
legge   non   dispone   che   per  l'avvenire  essa  non  ha  effetto
retroattivo»)  costituisce superiore principio di civilta', come tale
costituzionalizzato,  limitatamente  al diritto penale, dall'art. 25,
secondo comma, della Costituzione («Nessuno puo' essere punito se non
in  forza  di  una  legge  che  sia entrata in vigore prima del fatto
commesso»),  in  armonia  con  le fonti internazionali (artt. 11 n. 2
dichiarazione  universale dei diritti dell'uomo e 7 n. 1 e n. 2 della
Convenzione Europea dei diritti dell'uomo).
    D'altro  canto  se  l'art. 2  c.p.  disciplina le conseguenze del
principio confermando, al primo comma, l'irretroattivita' delle norme
penali incriminatici e sancendo, al secondo e terzo comma, il diverso
principio  del  trattamento  piu'  favorevole  sopravvenuto, cio' non
significa  che il legislatore con legge ordinaria potrebbe derogare a
questo   ultimo   principio.   Nell'avvalersi  di  tale  facolta'  il
legislatore  non  puo'  eludere  il  principio di uguaglianza sancito
dall'art. 3 della Costituzione e negare la parita' di trattamento dei
cittadini, introducendo un regime transitorio che, prescindendo dalla
valutazione  del  fatto,  abbia  come  effetto  di  far  dipendere la
retroattivita'  della  disciplina  piu'  favorevole  sopravvenuta  da
fattori  estranei  alla  logica del trattamento sanzionatorio perche'
commessi  alla  evoluzione  del  processo penale ed allo stato in cui
esso sia pervenuto.
    Emerge pertanto palese disparita' di trattamento tra imputati che
hanno  commesso  il medesimo reato prima dell'entrata in vigore della
nuova  normativa,  alcuni  dei  quali,  solo  perche' processati piu'
rapidamente,  si  trovino ad essere giudicati in base alla disciplina
previgente,  a  differenza  di  altri  che  per le cause piu' diverse
abbiano beneficiato di un iter processuale piu' lento.
    Si  introduce  in  tal modo (applicando retroattivamente la nuova
disciplina  di cui all'art. 6, legge n. 251/2005 solo nel caso in cui
non  sia  stato aperto il dibattimento) un regime differente a fronte
di  situazioni  identiche  in  evidente  violazione di quanto sancito
dall'art. 3 Cost.
    Il  legislatore  sembra  avere  individuato  come  sintomatico un
momento  processuale (l'apertura del dibattimento) privo di qualsiasi
rilievo nella disciplina della causa interruttrice della prescrizione
(la  conseguenza  e'  che  elementi  come  ad  esempio  un  vizio  di
notificazione,  possono  influire  sul  differimento  della  fase  di
apertura  del  dibattimento e possono determinare l'estensione talora
cospicua, dei termini prescrizionali).
    Poiche',   nella   fattispecie   in   esame,  il  reato  ascritto
all'imputato  Rungi  sarebbe  ormai  prescritto, si prende atto della
rilevanza  e  della  non  manifesta  infondatezza  della questione di
legittimita'  costituzionale dell'art. 10, comma 3, legge n. 251/2005
per contrasto con l'art. 3 Cost.