ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di ammissibilita' del conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sollevato dal Presidente del Consiglio dei ministri nei confronti del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano - in relazione all'attivita' di indagine nei confronti di funzionari del SISMi, tra cui il suo Direttore, di agenti di un servizio straniero e di altri, diretta ad acquisire elementi di conoscenza su circostanze incise dal segreto di Stato, ed alla successiva richiesta di rinvio a giudizio del 5 dicembre 2006 - promosso con ricorso depositato in cancelleria il 15 febbraio 2007 ed iscritto al n. 2 del registro conflitti tra poteri dello Stato 2007, fase di ammissibilita'. Udito nella Camera di consiglio del 18 aprile 2007 il giudice relatore Giovanni Maria Flick. Ritenuto che con ricorso del 14 febbraio 2007, depositato il 15 febbraio 2007, il Presidente del Consiglio dei ministri ha sollevato - previa deliberazione del Consiglio dei ministri, assunta in data 7 febbraio 2007 - conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato «nei confronti del Pubblico Ministero, in persona del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano», in relazione all'attivita' di indagine - ed alla successiva richiesta di rinvio a giudizio del 5 dicembre 2006 - svolta nei confronti di funzionari del SISMi, tra cui il suo Direttore, di agenti di un servizio straniero e di altri, volta ad acquisire elementi di conoscenza su circostanze incise dal segreto di Stato, ritualmente apposto dal Presidente del Consiglio dei ministri ai sensi dell'art. 12 della legge 24 ottobre 1977, n. 801 (Istituzione e ordinamento dei servizi per le informazioni e la sicurezza e disciplina del segreto di Stato); che, in particolare, si assume che la Procura della Repubblica di Milano avrebbe proceduto nelle indagini sul sequestro di persona di Nasr Osama Mustafa Hassan, alias Abu Omar, utilizzando documenti coperti da segreto di Stato, allegati poi alla richiesta di rinvio a giudizio, nonche' adottando specifiche modalita' di esecuzione di atti di indagini - riguardanti intercettazioni telefoniche, interrogatori di indagati e la formulazione di una richiesta di incidente probatorio - comportanti la violazione del segreto di Stato; che, riguardo all'ammissibilita' del ricorso, il Presidente del Consiglio dei ministri, richiamate le sentenze n. 420 del 1995, n. 110 e n. 410 del 1998 e n. 487 del 2000 di questa Corte, evidenzia, sotto il profilo soggettivo, la natura di potere dello Stato del pubblico ministero e la competenza del Procuratore della Repubblica di dichiararne definitivamente la relativa volonta'; che, sempre in punto di ammissibilita' e con riferimento al profilo oggettivo, il ricorrente assume che l'attivita' di indagine del pubblico ministero presso il Tribunale di Milano abbia leso «l'integrita' delle proprie attribuzioni costituzionali nell'esercizio della attivita' politica volta alla tutela della sicurezza dello Stato mediante l'apposizione del segreto di Stato»; che, anche riguardo al merito, il ricorrente, riportandosi alla sentenza n. 86 del 1977 di questa Corte, evidenzia come il livello «supremo» dei valori tutelabili con il presidio del segreto di Stato, postula la resistenza di tale presidio anche rispetto ad altri valori e funzioni, ancorche' costituzionalmente tutelati, tra cui la funzione giurisdizionale; che, sotto tale profilo, l'apposizione del segreto da parte del Presidente del Consiglio su determinate notizie integrerebbe l'esercizio di una potesta' costituente «sbarramento al potere giurisdizionale stesso» (cfr. sentenze n. 86 del 1977 e n. 110 del 1998) e conseguentemente, nella specie, l'attivita' asseritamente posta in essere dal pubblico ministero si presenterebbe «assai poco conforme» al principio di leale cooperazione fra poteri dello Stato; che il Presidente del Consiglio dei ministri ritiene quindi che l'attivita' di indagine preliminare svolta e l'utilizzazione delle relative risultanze, allegate poi alla richiesta di rinvio a giudizio, abbiano violato le prerogative del Governo nella materia del segreto di Stato; che pertanto il Presidente del Consiglio dei ministri ha proposto conflitto di attribuzione - deducendo la violazione degli artt. 1, 5, 52, 87, 94, 95 e 126 della Costituzione, in relazione agli artt. 12 e 16 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, ed agli artt. 202, 256 e 362 cod. proc. pen. - per sentir dichiarare che «non spetta al Pubblico Ministero in persona del Procuratore della Repubblica di Milano e dei suoi sostituti» procedere nelle indagini utilizzando documenti coperti da segreto di Stato ed allegare tali documenti alla richiesta di rinvio a giudizio nei confronti dei soggetti ritenuti responsabili del sequestro di persona ai danni di Abu Omar; svolgere attivita' di indagine - nella specie, di intercettazioni telefoniche e di interrogatori di indagati - le cui specifiche modalita' risultino lesive del segreto opposto dal Presidente del Consiglio dei ministri; nonche' procedere ad incidente probatorio al fine di accertare circostanze anch'esse oggetto di secretazione: con il conseguente annullamento degli atti di indagine e della «richiesta di rinvio a giudizio (anche) su di essi basata». Considerato che in questa fase del giudizio, a norma dell'art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, la Corte costituzionale e' chiamata a delibare senza contraddittorio in ordine all'ammissibilita' del conflitto di attribuzione, sotto il profilo della sussistenza della «materia di un conflitto la cui risoluzione spetti alla sua competenza»; che il Presidente del Consiglio dei ministri e' legittimato a sollevare il conflitto, in quanto organo competente a dichiarare definitivamente la volonta' del potere cui appartiene in ordine alla tutela, apposizione, opposizione e conferma del segreto di Stato, non solo in base alla legge 24 ottobre 1977, n. 801, ma anche alla stregua delle norme costituzionali che ne definiscono le attribuzioni (sentenze nn. 487 del 2000, 410 e 110 del 1998, 86 del 1977; ordinanze nn. 320 e 321 del 1999, 266 del 1998 e 426 del 1997); che anche la legittimazione del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano a resistere nel conflitto deve essere affermata, in conformita' alla giurisprudenza di questa Corte che riconosce al pubblico ministero la legittimazione ad essere parte di conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato, in quanto, ai sensi dell'art. 112 della Costituzione, e' il titolare diretto ed esclusivo dell'attivita' di indagine finalizzata all'esercizio obbligatorio dell'azione penale (sentenze nn. 487 del 2000, 410 e 110 del 1998; ordinanze nn. 321 del 1999, 266 del 1998 e 426 del 1997; nonche' sentenze nn. 58 del 2004, 345 del 2001, 57 del 2000 ed ordinanze nn. 73 del 2006, 404 del 2005, 232 del 2003 e 521 del 2000); che, quanto al profilo oggettivo del conflitto, e' lamentata dal ricorrente la lesione di attribuzioni costituzionalmente garantite, essendo devoluta alla responsabilita' del Presidente del Consiglio dei ministri, sotto il controllo del Parlamento, la tutela del segreto di Stato quale strumento destinato alla salvaguardia della sicurezza dello Stato medesimo (v. sentenze nn. 487 del 2000, 410 e 110 del 1998, 86 del 1977; ordinanze nn. 321 e 320 del 1999, 266 del 1998 e 426 del 1997); che questa preliminare valutazione, adottata prima facie ed in assenza di contraddittorio, lascia impregiudicata ogni ulteriore e diversa determinazione relativamente anche ai profili attinenti alla stessa ammissibilita' del ricorso, avuto riguardo, fra l'altro, alla diversita' delle condotte assunte come invasive delle attribuzioni del potere ricorrente; che pertanto, allo stato, va dichiarata l'ammissibilita' del ricorso, tanto sotto il profilo oggettivo, che sotto quello soggettivo.