ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 52, secondo
comma,  del  regio decreto 23 ottobre 1925, n. 2537 (Approvazione del
regolamento per le professioni d'ingegnere e di architetto), promosso
con  ordinanza  del  28 settembre  2005  dal Tribunale amministrativo
regionale  del  Veneto  sul ricorso proposto da Mosconi Alessandro ed
altro  contro  il  Ministero  per  i Beni e le Attivita' Culturali ed
altri,  iscritta  al  n. 557 del registro ordinanze 2005 e pubblicata
nella  Gazzetta  Ufficiale della Repubblica n. 47, 1ª serie speciale,
dell'anno 2005;
    Visti  gli  atti  di  costituzione  del Consiglio nazionale degli
architetti,  pianificatori,  paesaggisti  e  conservatori, di Mosconi
Alessandro e dell'Ordine degli ingegneri di Verona e provincia (fuori
termine),  del  Consiglio  nazionale degli ingegneri (fuori termine),
nonche'  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri;
    Udito  nella  Camera  di  consiglio  del  7 marzo 2007 il giudice
relatore Giuseppe Tesauro.
    Ritenuto  che  il  Tribunale amministrativo regionale del Veneto,
con  ordinanza  del  28 settembre  2005, ha sollevato, in riferimento
agli  artt. 3  e  41  della  Costituzione,  questione di legittimita'
costituzionale   dell'art. 52,   secondo  comma,  del  regio  decreto
23 ottobre   1925,  n. 2537  (Approvazione  del  regolamento  per  le
professioni  d'ingegnere  e  di  architetto),  nella  parte  in  cui,
stabilendo  che sono di spettanza della professione di architetto «le
opere di edilizia civile che presentano rilevante carattere artistico
ed  il restauro e il ripristino degli edifici contemplati dalla legge
20  giugno 1909, n. 364, per l'antichita' e le belle arti», impedisce
agli  ingegneri  civili  diplomati in Italia l'esercizio di attivita'
professionali,  cui,  invece,  potrebbero  liberamente  accedere  gli
«ingegneri  civili  o  possessori  di  titoli analoghi di altri Stati
membri dell'Unione europea»;
        che  il  rimettente  -  investito dell'impugnativa avverso il
provvedimento   della   Soprintendenza   per  i  beni  ambientali  ed
architettonici   di  Verona  di  diniego  ad  un  «ingegnere  civile»
dell'autorizzazione  al  subentro  nella  direzione  di  lavori su un
immobile  sottoposto  a  vincolo  ai  sensi  del  decreto legislativo
29 ottobre  1999,  n. 490 (Testo unico delle disposizioni legislative
in  materia  di  beni culturali e ambientali, a norma dell'articolo 1
della  legge  8 ottobre  1997,  n. 352)  -  rileva  che  la direttiva
n. 85/384/CEE del 10 giugno 1985 (Direttiva del Consiglio concernente
il  reciproco riconoscimento dei diplomi, certificati ed altri titoli
del  settore  dell'architettura  e  comportante  misure  destinate ad
agevolare  l'esercizio  effettivo  del  diritto  di stabilimento e di
libera  prestazione  di  servizi),  recepita  con decreto legislativo
27 gennaio  1992,  n. 129  (Attuazione delle direttive n. 85/384/CEE,
n. 85/614/CEE   e  n. 86/17/CEE  in  materia  di  riconoscimento  dei
diplomi,   delle   certificazioni   ed   altri   titoli  nel  settore
dell'architettura),  modificato  dall'art. 16  della legge 3 febbraio
2003,  n. 14  (Disposizioni  per  l'adempimento di obblighi derivanti
dall'appartenenza   dell'Italia   alle   Comunita'  europee  -  Legge
comunitaria  2002),  ha  introdotto  norme  dirette  ad assicurare il
reciproco  riconoscimento tra gli Stati membri di diplomi nel settore
dell'architettura,   conseguiti   durante   un  ciclo  di  formazione
rispondente  ai  requisiti di cui agli artt. 3 e 4, e percio' inclusi
nell'elenco  formato  ai  sensi  dell'art. 7,  ovvero,  per  quel che
attiene  al  regime  transitorio,  compresi tra quelli tassativamente
indicati   per   ciascuno  Stato  membro  dall'art. 11  della  stessa
direttiva;
        che,  prosegue  il  giudice  a quo, secondo l'interpretazione
fornita   dalla   Corte   di   giustizia   delle   Comunita'  europee
nell'ordinanza  del 5 aprile 2004 (causa C-3/02), il regime giuridico
di  accesso all'attivita' propria del settore dell'architettura resta
estraneo   alla   citata   direttiva,   ricadendo  nell'ambito  della
legislazione  nazionale  degli  Stati  membri, e, tuttavia, l'accesso
all'attivita'  di  cui all'art. 52 del r.d. n. 2537 del 1925 non puo'
essere  negato  alle persone in possesso di un diploma, certificato o
altro titolo rientrante nella sfera di applicazione della direttiva;
        che,   secondo   il   rimettente,   quale  effetto  indiretto
dell'applicazione   del   diritto   comunitario,   sussisterebbe  una
situazione   di  disparita'  di  trattamento  tra  coloro  che  hanno
conseguito  il  titolo di ingegnere civile in Italia e «gli ingegneri
civili  o  possessori  di un titolo analogo rilasciato in altro Stato
membro,  qualora  tale  titolo  sia menzionato nell'elenco redatto ai
sensi  dell'art. 7  o  in quello di cui all'art. 11 della direttiva»,
soltanto  ai  primi  essendo  precluso  l'esercizio  delle  succitate
attivita', in contrasto con gli artt. 3 e 41 della Costituzione;
        che si e' costituito in giudizio il Consiglio Nazionale degli
architetti,  pianificatori, paesaggisti e conservatori, interveniente
nel procedimento a quo, chiedendo, anche nelle due memorie depositate
in  prossimita' della camera di consiglio, l'ultima delle quali fuori
termine, che la questione sia dichiarata manifestamente inammissibile
ovvero infondata;
        che  si  sono  altresi'  costituiti in giudizio, con separati
atti,   depositati  fuori  termine,  i  ricorrenti  del  procedimento
principale  Mosconi  Alessandro  e Ordine degli ingegneri di Verona e
provincia, nonche' il Consiglio nazionale degli ingegneri;
        che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,  il  quale ha concluso per l'infondatezza della questione, ma,
successivamente, ha depositato atto di rinuncia all'intervento.
    Considerato  che il Tribunale amministrativo regionale del Veneto
dubita,  in  riferimento  agli artt. 3 e 41 della Costituzione, della
legittimita'  costituzionale  dell'art. 52,  secondo comma, del regio
decreto 23 ottobre 1925, n. 2537 (Approvazione del regolamento per le
professioni  d'ingegnere  e  di  architetto),  nella  parte  in  cui,
definendo  l'ambito  delle  competenze  riservate alla professione di
architetto,   esclude  l'accesso  alle  attivita'  ivi  indicate  dei
titolari  di  un  diploma di laurea di ingegnere civile conseguito in
Italia,  laddove  lo  stesso limite non opererebbe per gli «ingegneri
civili  o  possessori  di un titolo analogo rilasciato in altro Stato
membro,  qualora  tale  titolo  sia menzionato nell'elenco redatto ai
sensi  dell'art. 7 o in quello di cui all'art. 11» della direttiva 10
giugno 1985,  n. 85/384/CEE  (Direttiva  del Consiglio concernente il
reciproco riconoscimento dei diplomi, certificati ed altri titoli del
settore dell'architettura e comportante misure destinate ad agevolare
l'esercizio  effettivo  del  diritto  di  stabilimento  e  di  libera
prestazione di servizi);
        che, preliminarmente, devono essere dichiarati inammissibili,
poiche'  depositati  oltre  il termine stabilito dagli artt. 25 della
legge 11 marzo 1953, n. 87, e 3 delle norme integrative per i giudizi
davanti  alla  Corte  costituzionale,  gli  atti  di  costituzione di
Mosconi  Alessandro  e dell'Ordine degli ingegneri di Verona, nonche'
del Consiglio nazionale degli ingegneri;
        che,  a  prescindere  da  ogni  considerazione in ordine alla
idoneita'   dei  tertia  comparationis  evocati  dal  rimettente,  la
questione  deve  essere  dichiarata  manifestamente inammissibile, in
quanto il r.d. n. 2537 del 1925 ha natura regolamentare e, come tale,
e'  sottratto  al  giudizio  di legittimita' costituzionale (sentenza
n. 324 del 1983, ordinanze n. 952 del 1988 e n. 488 del 1987).
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.