Ricorso per la Regione Veneto, in persona del presidente pro tempore della giunta regionale, autorizzato mediante deliberazione della giunta stessa n. 765 del 28 marzo 2007, rappresentata e difesa, come da procura speciale a margine del presente atto, dagli avv. prof. Mario Berolissi del Foro di Padova, Franca Caprioglio dell'Avvocatura regionale e Andrea Manzi del Foro di Roma, presso quest'ultimo domiciliata in Roma, via F. Confalonieri n. 5; Contro il Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la quale e' domiciliato ex lege, in Roma, via dei Portoghesi n. 12, per la declaratoria di illegittimita' costituzionale - per violazione degli artt. 117 e 119 Cost. - dell'art. 6-quater della legge 26 febbraio 2007, n. l7 recante «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 dicembre 2006, n. 300, recante proroga dei termini previsti da disposizioni legislative. Disposizioni di delegazione legislativa», pubblicata nel supplemento, ordinario alla Gazzetta Ufficiale, n. 47 del 26 febbraio 2007. F a t t o e d i r i t t o 1. - Con legge 26 febbraio 2007, n. 17, il Parlamento ha convertito in legge con modificazioni il decreto-legge 28 dicembre 2006, n. 300 recante proroga dei termini previsti da disposizioni legislative (meglio conosciuto come decreto «Mille-proroghe»). Tra le modificazioni all'originario testo del predetto decreto, vi e' quella di cui all'art. 6-quater. Rubricato «Partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie», esso prevede, al primo comma, che: «Le disposizioni relative alla quota fissa di cui all'art. 1, comma 796, lettera p), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, si applicano fino al 31 marzo 2007 e comunque fino all'entrata in vigore delle misure o alla stipulazione dell'accordo di cui al comma 2 del presente articolo». Il secondo comma recita, poi, «All'articolo 1, comma 796, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, dopo la lettera p), e' inserita la seguente: "p-bis) per le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale, di cui al primo periodo della lettera p), fermo restando l'importo di manovra pari a 811 milioni di euro per l'anno 2007, 834 milioni di euro per l'anno 2008 e 834 milioni euro per l'anno 2009, le regioni, sulla base della stima degli effetti della complessiva manovra nelle singole regioni, definita dal Ministero della salute di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, anziche' applicare la quota fissa sulla ricetta pari a 10 euro, possono alternativamente: 1) adottare altre misure di partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie, la cui entrata in vigore nella regione interessata e' subordinata alla certificazione del loro effetto di equivalenza per il mantenimento dell'equilibrio economico-finanziario e per il controllo dell'appropriatezza, da parte del Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti di cui all'art. 12 dell'Intesa Stato-regioni del 23 marzo 2005; 2) stipulare con il Ministero della salute e il Ministero dell'economia e delle finanze un accordo per la definizione di altre misure di partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie, equivalenti sotto il profilo del mantenimento dell'equilibrio economico-finanziario e del controllo dell'appropriatezza. Le misure individuate dall'accordo si applicano, nella regione interessata, a decorrere dal giorno successivo alla data di sottoscrizione dell'accordo medesimo». Nella sostanza l'art. 6-quater della legge 26 febbraio 2007, n. 17 ha inciso sulla previsione della lettera p) del comma 796 dell'unico articolo di cui e' composta la legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), disposizione di cui la Regione Veneto ha chiesto sia dichiarata l'illegittimita' costituzionale, limitatamente all'imposizione di una quota fissa sulla ricetta pari a 10 euro per le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale, mediante ricorso in via principale inserito al ruolo con il n. 10/2007, notificato il 23 febbraio 2007 e depositato in data 1° marzo 2007. Poiche' in relazione alla previsione legislativa gia' oggetto di impugnazione cosi' come modificata ed integrata dall'art. 6-quater della legge n. 17 del 2007 permangono i medesimi profili di illegittimita' costituzionale ed, anzi, la violazione del dettato costituzionale appare perfino aggravata dalla recente novella legislativa, - come anticipato nello stesso ricorso n. 10/2007 al punto 6.1.2. - la Regione Veneto si vede costretta a chiedere un ulteriore intervento di codesta ecc.ma Corte sul punto. 2. - E' necessario, innanzitutto, ancora una volta rilevare che la disciplina che impone, agli assistiti non esentati dalla quota di partecipazione, il pagamento di un ticket fisso di 10 euro sulla ricetta per le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale rappresenta una palese violazione del riparto delle competenze legislative disegnato dall'art. 117 Cost. Infatti, non v'e' dubbio che la materia di riferimento e' quella della «tutela della salute», relativamente alla quale, ai sensi dell'art. 117, terzo comma, Cost., «spetta alle regioni la potesta' legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato». Ora, la disciplina dettata dallo Stato, imponendo un ticket a quota fissa e predeterminata sulle prestazioni ambulatoriali specialistiche, si segnala ictu oculi per il suo carattere dettagliato, autoapplicativo e direttamente operativo nei confronti dei privati interessati (gli assistiti non esentati). Lo dimostra, da ultimo, proprio l'introduzione della norma transitoria qui censurata, estranea alla nozione piu' ampia e finanche lassista di «disciplina di principio». Si e' detto come la novella legislativa debba essere inquadrata nella materia «tutela della salute» di cui all'art. 117, terzo comma, della Costituzione. Si deve chiarire, tuttavia, che, anche nella denegata e non creduta ipotesi in cui la si volesse ritenere afferente alla materia «coordinamento della finanza pubblica», cio' non basterebbe a salvarla dalla censura di violazione del riparto delle competenze legislative di cui all'art. 117 Cost. A questo proposito giova chiarire quali possano essere gli elementi a supporto di una tale qualificazione della disciplina di cui alla lettera p) del comma 796 dell'unico articolo di cui si compone la legge n. 296/2006, cosi' come modificata e integrata dall'art. 6-quater della legge n. 17/2007. Il primo e' rappresentato dall'incipit del citato comma 796 nel quale si richiamano i presupposti cardine delle misure successivamente elencate, tra le quali quella di cui alla lettera p), ossia la garanzia degli obblighi comunitari e - cio' che qui maggiormente interessa - la «realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica». Il secondo elemento eventualmente utilizzabile a sostegno della riconduzione della disciplina impugnata alla materia «coordinamento della finanza pubblica» e' dato dalla funzione stessa della misura «ticket». Come questa ecc.ma Corte ha gia' autorevolmente rilevato (cfr. Corte cost., sent., 23 aprile 1993, n. 184), il ticket, oltre ad una funzione di dissuasione dalla richiesta eccessiva ed inutile di prestazioni sanitarie, risponde ad un'esigenza di finanziamento della spesa sanitaria. La difesa della regione ricorrente ritiene, tuttavia, che l'imposizione di una quota fissa sulle prestazioni ambulatoriali specialistiche resti prevalentemente ed essenzialmente una misura incidente (e, dunque, afferente al)l'ambito di materia «tutela della salute». Ciononostante, ammesso e non concesso che la disciplina vada, invece, sussunta nell'ambito della materia «coordinamento della finanza pubblica», sempre di competenza legislativa concorrente, essa non potrebbe comunque superare la censura relativa alla violazione dell'art. 117 della Costituzione. Questo, nell'ultimo periodo del suo terzo comma, infatti, riserva allo Stato la sola determinazione dei principi fondamentali nelle materie elencate nel medesimo comma, attribuendo per il resto potesta' legislativa piena alle regioni. La ratio sottostante la previsione di cui al nuovo art. 117 Cost., in particolare per la materia «coordinamento della finanza pubblica», e' chiara e con essa il Legislatore statale deve imparare a fare i conti: in un ordinamento decentrato - quale quello disegnato, almeno sulla carta, per l'Italia, dalla riforma del Titolo V della Costituzione - il coordinamento centrale della finanza pubblica, per quanto irrinunciabile, deve tradursi nel solo potere di indicare ai diversi livelli di governo obiettivi generali di stabilita' finanziaria, affinche' questi li perseguano mediante scelte autonome, non solo sul versante della spesa - aspetto di cui codesta Corte si e' piu' volte dovuta occupare - ma anche su quello del reperimento delle risorse. Cosi' certo non e' avvenuto nel caso di specie, dal momento che qui il Legislatore e' intervenuto con una disciplina di dettaglio autoapplicativa - come dimostra la stessa necessita' di una normativa transitoria quale quella di cui all'art. 6-quater oggetto di impugnazione - che in nessun caso sembra potersi definire «principio fondamentale». Ne' una tale normativa di dettaglio potrebbe ritenersi legittima in virtu' di una sua ipotetica «cedevolezza», in quanto l'ecc.ma Corte adita ha gia' statuito l'inammissibilita' di norme statali di dettaglio cedevoli, facendo esclusivamente salvo il caso in cui esse siano necessarie per «assicurare l'immediato svolgersi di funzioni amministrative che lo Stato ha attratto per soddisfare esigenze unitarie e che non possono essere esposte al rischio della ineffettivita» (cfr. Corte cost., sent., 1° ottobre 2003, n. 303 e Corte cost., sent., 26 giugno 2002, n. 282). Infine, per prevenire eventuali capziose censure, si rileva un dato assolutamente scontato: a salvare il ticket di 10 euro sulle prestazioni ambulatoriali specialistiche dalle censure di cui sopra, non basta certamente il rinvio che il comma 796 dell'unico articolo della legge finanziaria per il 2007, che per primo ne ha disposto l'imposizione a tutti i cittadini assistiti non esenti, fa agli obblighi assunti dall'Italia in sede di Unione europea. Non basta, infatti, l'invocazione di astratte finalita' di rispetto degli obblighi comunitari ad esimere il Legislatore dal rispettare il riparto di competenze disegnato dall'art. 117 Cost., dal momento che l'attuazione degli impegni comunitari e' riservata alle regioni, nelle materie di loro competenza, salvo il potere sostitutivo (non preventivo) dello Stato. 3. - Come codesto ecc.mo Collegio ha autorevolmente rilevato, e' necessario limitare il potere statale di coordinamento affinche' questo non si trasformi in un'«attivita' di direzione o in indebito condizionamento dell'attivita' degli enti autonomi», escludendo la possibilita' di «incidere sulle scelte autonome degli enti quanto alla provvista o all'impiego delle loro risorse» (cfr. Corte cost., sent., 30 dicembre 2003, n. 376) ed ha correttamente riconosciuto che, piu' in generale, la violazione del sistema di riparto delle competenze legislative disegnato dall'art. 117 Cost. e' suscettibile di riverberarsi in modo significativo ed estremamente negativo sull'autonomia riconosciuta alle regioni dall'art. 119, Cost. Cosi', purtroppo, e' avvenuto e avviene anche nel caso di specie, dal momento che con la disciplina statale di imposizione di un ticket fisso sulle prestazioni ambulatoriali, le regioni hanno visto compressa significativamente (e per di piu' in modo assolutamente irragionevole, giacche' l'imposizione di un ticket fisso di dieci euro su tutte le prestazioni ambulatoriali specialistiche non consente alle regioni di graduare la partecipazione alla spesa pubblica sanitaria con i costi effettivamente sostenuti per ciascuna delle suddette prestazioni a detrimento anche, di conseguenza, del diritto fondamentale di cui all'art. 32 Cost.) la loro autonomia finanziaria relativamente al reperimento di risorse da destinare alla gestione di un settore, quello della tutela della salute, nel quale amplissime sono le competenze legislative e amministrative dell'ente regione. La lesione dell'autonomia finanziaria riconosciuta e tutelata all'art. 119 della Costituzione, gia' lamentata dalla regione ricorrente in sede del ricorso contro la legge finanziaria 2007, non puo' dirsi attenuata dalla novella di cui all'art. 6-quater della legge 26 febbraio 2007, n. 17. E' vero, infatti, che il Legislatore statale, in sede di conversione del decreto-legge 28 dicembre 2006, n. 300, ha inteso limitare l'efficacia temporale dell'imposizione del ticket fisso sulle prestazioni ambulatoriali, ma e' altresi' vero che i termini finali previsti sono viziati sotto numerosi profili da violazioni del dettato costituzionale e sono, comunque, congegnati in modo tale da perpetuare per un tempo attualmente indeterminabile, ma piuttosto consistente, gli effetti dannosi dell'imposizione di cui sopra. Prima di procedere con l'esposizione delle violazioni appena lamentate, sembra opportuno richiamare schematicamente la previsione dell'art. 6-quater. In esso si stabilisce che le disposizioni relative alla quota fissa di cui all'art. 1, comma 796, lettera p) della legge 27 dicembre 2007, n. 296 si applichino: 1) fino al 31 marzo 2007 (art. 6-quater, primo comma); 2) o comunque, fermo restando l'importo di manovra pari a 811 milioni di euro per l'anno in corso e di 834 milioni di euro per l'anno 2008 e, poi, per il 2009, fino all'entrata in vigore delle misure di cui all'art. 6-quater, secondo comma, ossia: 2-a) adozione di misure di partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie, la cui equivalenza per il mantenimento dell'equilibrio economico-finanziario deve essere certificata e la cui appropriatezza e' soggetta a controllo di uno specifico Tavolo tecnico; 2-b) stipulazione di un accordo per la definizione di altre misure di partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie. Quanto al termine del 31 marzo 2007, esso appare manifestamente incongruo: e' irragionevole, infatti, chiedere ad un ente articolato e complesso come quello regionale che, nello stretto termine di tre mesi, adotti misure alternative per la partecipazione alla spesa sanitaria (e per queste ottenga, entro gli stessi termini, una valutazione positiva ai due controlli previsti al numero 1 della nuova lettera p-bis) del comma 796 dell'art. 1 della legge finanziaria per il 2007) o stipuli un accordo con il Ministero, in grado di garantire un importo complessivo inderogabilmente imposto di manovra di oltre 800 milioni di euro. Quanto, poi, piu' specificamente, alle previsioni di cui al nuovo comma p-bis) dell'art. 1, comma 796, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, esse rappresentano in se stesse una macroscopica violazione dell'art. 119 Cost. Il Legislatore statale, infatti, anziche' limitarsi, finalmente, a stabilire l'obiettivo finanziario, fissando l'importo di manovra, per lasciare poi all'autonomia regionale il compito di attuare il fine prefissato, continua ad imporre alla regione i mezzi con i quali realizzarlo. Sembra evidente, infatti, che le previsioni di cui ai nn. 1 e 2 del nuovo punto p-bis) del comma 796 delle legge finanziaria per il 2007 altro non fanno che ribadire, certo con una formulazione piu' articolata e per questo potenzialmente ingannevole, che le regioni devono realizzare l'importo di manovra per il triennio 2007-2009 mediante «misure di partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie». Ora, chiarito che l'espressione «misure di partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie» non puo' che riferirsi alla macrocategoria di cui fa certamente parte la misura denominata «ticket», quale strumento di partecipazione alla spesa sanitaria piu' diffuso, e' evidente che lo Stato continua ad obbligare le regioni a realizzare gli obiettivi di finanza con strumenti della stessa natura di quelli - per non dire con i medesimi strumenti - gia' imposti con la legge finanziaria per il 2007. Non e' dato capire, poi, per quale motivo il punto n. 2 stabilisca la necessita' di un accordo Ministeri-regione per la definizione di altre misure di partecipazione al costo della sanita' quando l'autonomia finanziaria, anche di reperimento delle risorse, riconosciuta alle regioni dal nuovo art. 119 Cost., coordinata con il dettato relativo alla competenza legislativa regionale in materia di «tutela della salute», e' tale da consentire alla regione di scegliere liberamente quali strumenti prevedere per realizzare l'obiettivo di bilancio, unico punto sul quale lo Stato conserva integra la sua competenza. Infine, per completezza, si rileva come le previsioni di cui al secondo comma dell'art. 6-quater della legge n. 17/2007, che modificano il portato del comma 796 della legge finanziaria per il 2007, violino palesemente il principio di leale collaborazione quanto meno sotto due differenti profili. In primis, in quanto esse dovrebbero - ai sensi dell'incipit del suddetto comma 796, la cui disciplina vanno a modificare - costituire «attuazione del protocollo di intesa tra il Governo, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano per un patto nazionale per la salute sul quale la Conferenza delle regioni e delle province autonome, nella riunione del 28 settembre 2006, ha espresso la propria condivisione», mentre cio' assolutamente non e'. In particolare, mentre il richiamato protocollo riconosce la necessita' di «combinare la politica di promozione e coordinamento (!) propria del Governo con il rafforzamento dell'autonomia organizzativa e della responsabilita' finanziaria delle regioni» e, ancora, proclama che il Nuovo Patto dovra' puntare a «rafforzare la capacita' programmatoria e organizzativa delle regioni», la sua presunta attuazione si risolve in una disciplina gravemente lesiva delle competenze e delle autonomie riconosciute alle regioni dalla Costituzione. In secundis, la disciplina impugnata con questo ricorso viola il principio di leale collaborazione ove prevede una forma di accordo con le regioni solo successiva all'imposizione del ticket fisso sulle prestazioni ambulatoriali. Da quanto si e' detto, quindi, appare evidente che una norma di transizione della disciplina del ticket cosi' congegnata non puo' che risolversi in un aggravamento della lesione dell'autonomia, in particolar modo finanziaria, delle regioni. 4. - Ferme restando le considerazioni delineate, che identificano censure puntuali nei confronti del dettato normativo impugnato, la difesa regionale osserva che, a ben vedere, qui lo Stato non fa altro che riproporre metodi di intervento gia' visti e stigmatizzati da codesto ecc.mo Collegio in modo per cosi' dire definitivo: nel senso che le massime formulate non lasciano sopravvivere dubbi e perplessita' di sorta. Lo Stato, sul quale ricade la responsabilita' finanziaria della tutela della salute in nome dell'eguaglianza, sottostima le spese e, con cio', altro non fa che riversarle sulla regione, cui finisce per attribuire la responsabilita' politico-istituzionale delle decisioni finali, in particolare quando impone l'assunzione di misure puntuali, oggi escluse, salvo l'obiettivo finale, dalle disposizioni costituzionali regolatrici della materia. Senonche' - come si e' a suo tempo osservato nella sentenza n. 245/1984 (punto 11 del considerato in diritto, in fine) - «non servono allo scopo le leggi finanziarie, ne' gli altri provvedimenti di carattere urgente o comunque contingente: la' dove sono in gioco funzioni e diritti costituzionalmente previsti e garantiti, e' infatti indispensabile superare la prospettiva del puro contenimento della spesa pubblica, per assicurare la certezza del diritto ed il buon andamento delle pubbliche amministrazioni, mediante discipline coerenti e destinate a durare nel tempo».