IL TRIBUNALE

    Letti   gli  atti  del  proc.  n. 92/04  R.G.M.P.,  pendente  nei
confronti  di  Gargiulo  Luciano, nato a Napoli il 10 novembre 1953 e
residente  in  Marano di Napoli alla via Galeota n. 24/D, attualmente
sottoposto  a  misura  di  prevenzione della sorveglianza speciale di
p.s.  con obbligo di soggiorno nel comune di residenza ai sensi della
legge  n. 1423/1956 in forza di decreto emesso da questo tribunale in
data 1° agosto 2006;
    Letta,  in particolare, l'istanza avanzata dal Gargiulo in data 8
settembre  2006  con  la  quale  egli  aveva richiesto al collegio di
pronunciarsi  in  modo  da  consentirgli di ottenere il rinnovo della
patente  di guida, scaduta di validita', avendo gia' interpellato sul
punto la p.a. competente ed avendo ricevuto risposta negativa;
    Fissata   udienza  camerale  per  la  trattazione,  acquisita  la
documentazione depositata dall'istante;
    Rilevato  che  il  collegio, a scioglimento della riserva assunta
all'esito  dell'udienza  del  5  ottobre  2006,  in  cui  il pubblico
ministero aveva chiesto il rigetto dell'istanza, mentre la difesa del
Gargiulo  aveva  insistito  per  l'accoglimento  della  medesima,  ha
disposto  la  rimessione della causa sul ruolo avendo verificato, nel
caso  posto  all'attenzione  del tribunale, la sussistenza di temi di
costituzionalita';
    Considerato  che,  pertanto,  e' stata celebrata l'udienza del 21
novembre  2006, in cui il collegio ha sentito le parti in ordine agli
emergenti profili di costituzionalita';

                            O s s e r v a

    Come  detto,  Gargiulo  Luciano  ha chiesto al collegio di potere
ottenere  il rinnovo della sua patente di guida scaduta di validita',
dopo  aver  ricevuto  dalla p.a. provvedimento negativo in tal senso,
ostando  all'ottenimento del rinnovo proprio l'attuale sottoposizione
del  richiedente  a  misura di prevenzione della sorveglianza di p.s.
con obbligo di soggiorno nel comune di residenza.
    A  sostegno  dell'istanza ha dichiarato di avere assoluto bisogno
dell'abilitazione  alla  guida  in  quanto invalido civile all'80% in
seguito  ad  amputazione  della  coscia sinistra, circostanza che gli
impedisce  di  deambulare  per  lunghi  tratti  (cfr.  documentazione
allegata all'istanza).
    Ha, inoltre, sottolineato che il non poter guidare gli pregiudica
la  possibilita'  di  tenere  una  condotta osservante degli obblighi
imposti   con   il   provvedimento   applicativo  della  misura,  con
particolare  riferimento  alla necessita' di recarsi per la firma due
volte  a settimana presso la p.g. preposta ai controlli, impedendogli
altresi' di darsi ad uno stabile lavoro, come, invece, prescritto nel
decreto emesso da questo tribunale.
    Infine,  il prevenuto ha sostenuto che la patente di guida gli e'
necessaria  per  sopperire attivamente sia alle necessita' quotidiane
dei  due  figli minori (ad esempio accompagnandoli a scuola) sia alle
evenienze    straordinarie   che   potrebbero   riguardarli   e   che
comporterebbero  la  necessita'  da  parte  del  Gargiulo  di  potere
legittimamente condurre un veicolo.
    La  questione  e'  attualmente  disciplinata dagli artt. 120, 130
comma  1,  lett.  b)  e  128  (per quanto attiene specificamente alla
revisione  della  patente di guida) del decreto legislativo 30 aprile
1992,  n. 285  (nuovo codice della strada): l'art. 120 comprende, tra
coloro  che non possono ottenere la patente di guida per mancanza dei
requisiti  morali,  le  persone che sono state o sono sottoposte alle
misure  di  prevenzione  di cui alla legge n. 1423/1956 ed alla legge
n. 575/1965, fatti salvi gli eventuali provvedimenti riabilitativi.
    L'art.  130,  comma  1,  lett.  b), dello stesso decreto dispone,
invece,  che  la  patente di guida e' revocata quando il titolare non
sia  piu' in possesso dei richiesti requisiti morali e, quindi, anche
nel  caso  che l'applicazione di una misura di prevenzione intervenga
dopo il rilascio della patente.
    Infine,  l'art.  128, in tema di revisione della patente, prevede
che  gli  uffici  della Direzione generale della M.C.T.C., nonche' il
prefetto  nei casi previsti dall'art. 187, possono disporre che siano
sottoposti a visita medica presso la Commissione medica locale di cui
all'art.  119,  comma 4 o ad esame di idoneita' i titolari di patente
di  guida,  qualora  sorgano dubbi sulla persistenza nei medesimi dei
requisiti fisici e psichici prescritti o dell'idoneita' tecnica.
    L'esito  della  visita  medica  o  dell'esame  di  idoneita' sono
comunicati  ai competenti uffici provinciali della Direzione generale
della  M.C.T.C.  per  gli  eventuali  provvedimenti  di sospensione o
revoca della patente.
    A fronte di tale sistema normativo che sancisce, come si vede, la
perdita  della  patente  ovvero l'impossibilita' di un suo rilascio o
rinnovo come conseguenza automatica (e non frutto di discrezionalita'
amministrativa)  dell'applicazione  di  misure di prevenzione, non e'
previsto  alcun  margine  di  valutazione  in  capo  al giudice della
prevenzione,  attraverso  il  quale si possa - ancora durante la fase
giurisdizionale  ed  in  presenza  di  circostanze  straordinarie  ed
eccezionali   tali   da  ipotizzare  una  seria  lesione  di  diritti
costituzionalmente   garantiti   del  sottoposto  e  del  suo  nucleo
familiare  - incidere sull'automatico ritiro della patente, come pure
sull'impossibilita' di ottenerne il rilascio o il rinnovo.
    Nessuna   disposizione  alla  luce  dell'ordinamento  in  vigore,
infatti,  consente  al  giudice  procedente  di  impedire,  ovvero di
attenuare,   tali   conseguenze   accessorie   all'irrogazione  della
sorveglianza speciale di p.s.
    Ed  alcuna  norma  gli  permette  di impedire, qualora sussistano
condizioni  specifiche  particolannente  gravi,  il  contrasto  che a
giudizio  del  collegio  viene  inevitabilmente a determinarsi tra le
esigenze di controllo sociale della persona giudicata pericolosa, cui
e'  sottesa  la  misura  di  prevenzione,  e  la  necessita'  di  non
comprimere diritti costituzionalmente tutelati che vengano in rilievo
in capo al sottoposto ed ai suoi prossimi congiunti.
    Pertanto, in applicazione della normativa vigente questo collegio
avrebbe  dovuto  disattendere  l'istanza di Gargiulo Luciano, essendo
precluso    al    giudice    della    prevenzione    ogni   sindacato
sull'opportunita'  di  consentire  o  meno  alla persona sottoposta a
misura di ottenere ovvero di conservare la patente di guida.
    Cio'   premesso   e   diversamente  opinando,  il  tribunale,  in
applicazione    del    potere   officioso   attribuito   al   giudice
dall'ordinamento,   ritiene   di   dovere   sollevare   eccezione  di
incostituzionalita'  degli artt. 7-bis, legge n. 1423/1956, 10, comma
5, legge n. 575/1965, nonche' del combinato disposto degli artt. 120,
128  e 130, comma 1, lett. b) del decreto n. 285/1992, per violazione
degli artt. 3, 4, 29, 32 e 35 della Costituzione.
    Il  collegio  reputa  il tema posto di assoluta rilevanza ai fini
della  presente  decisione  e  ritiene,  altresi', non manifestamente
infondata la relativa questione.
    In ordine al primo aspetto, infatti, e' di tutta evidenza come la
questione   sia  rilevante  nell'ambito  della  valutazione,  cui  e'
chiamato questo tribunale, dell'istanza avanzata da Gargiulo Luciano:
la  stessa  andrebbe  di  sicuro  rigettata  (quando  non  dichiarata
addirittura  inammissibile)  in  applicazione  della  normativa sopra
citata  non  essendo  consentito  al  giudice  della  prevenzione  di
sindacare  sulla  possibilita'  o  meno  che il sottoposto ottenga il
rinnovo  della patente di guida, atteso che la revoca della stessa (o
l'impossibilita'  di  ottenere  l'abilitazione  o  la  revisione)  e'
configurata    de    jure   condito   come   automatica   conseguenza
dell'applicazione  di  una misura di prevenzione personale, in ordine
alla quale vengono in rilievo esclusivamente le specifiche competenze
(neppure  discrezionali,  si ribadisce) dell'autorita' amministrativa
sul punto.
    Cio'  in  quanto,  come accennato, manca allo stato una specifica
disposizione  che  presti  efficace  tutela in presenza di situazioni
soggettive  straordinarie  che  richiedano  salvaguardia  in  via  di
urgenza  e  mettano  a  repentaglio  la  stessa  affermazione di beni
primari  dell'individuo  -  al  sottoposto  cui sia stata ritirata la
patente  di  guida,  come invece risulta normativamente stabilito sia
nell'art.7-bis  della legge n. 1423/1956 che nell'art. 10 della legge
n. 575/1965.
    Tali argomentazioni saranno illustrate in dettaglio innanzi.
    Ulteriore  valutazione  cui e' chiamato il giudice in questa sede
e'  quella  della  non  manifesta  infondatezza del thema decidendum,
dovendosi  comprendere  se  la normativa citata possa o meno dirsi in
violazione della Carta costituzionale e se il tema all'attenzione del
collegio  sia  o  meno  manifestamente infondato: orbene, anche sotto
questo  profilo,  il  tribunale  ritiene  di potere addivenire ad una
conclusione  positiva  in  merito alla non manifesta infondatezza del
tema,  per  cui  la  questione  va  rimessa  al  giudizio della Corte
costituzionale.
    Viene  in  primo  luogo  in  rilievo la violazione ad opera delle
disposizioni de quibus dell'art. 3 della Costituzione, norma che pone
il  fondamentale principio dell'eguaglianza formale e sostanziale dei
cittadini innanzi alla legge.
    Detta norma, sancendo una regola di parita' non solo apparente ma
anche  effettiva,  si  indirizza  a  tutte le funzioni dello Stato ed
impone  l'imparzialita'  del  legislatore  sotto  due importantissimi
aspetti,  quello del divieto di discriminazione per ragioni di sesso,
razza,  lingua,  religione, opinioni politiche e condizioni sociali e
personali,  e  quello  del  divieto  di  trattare  in  modo  difforme
situazioni  soggettive  riconoscibili come uguali, con il correlativo
divieto  di  trattare  in  modo  eguale situazioni configurabili come
diverse.
    In  particolare,  questo secondo principio comporta l'obbligo del
legislatore  di  non  violare le regole della logica, che costituisce
invalicabile   limite   giuridico  all'esercizio  di  ogni  attivita'
discrezionale:  conseguentemente,  andra' dichiarata l'illegittimita'
delle  norme  che  appaiano prive del carattere imprescindibile della
ragionevolezza, che permea di se' l'intero sistema normativo vigente.
    Nel  caso  in esame il collegio rileva che le disposizioni citate
del  codice  della  strada  realizzano  una  vistosa violazione della
regola  di  eguaglianza  sostanziale  contenuta nel menzionato art. 3
della  Costituzione, con particolare riferimento alla norma contenuta
nell'art. 10, comma 5 della legge n. 575/1965.
    In  altre  parole, si e' di fronte ad una lesione del criterio di
ragionevolezza   derivante   dal  trattamento  completamente  diverso
riservato  dal  Legislatore  a due situazioni soggettive senza dubbio
qualificabii come analoghe.
    L'art.  10  citato,  infatti,  stabilisce  che le persone cui sia
stata   applicata   con   provvedimento   definitivo  una  misura  di
prevenzione  non possono ottenere licenze o autorizzazioni di polizia
e  commercio, concessioni di acque pubbliche ovvero di beni demaniali
(allorche'    siano    richieste   per   l'esercizio   di   attivita'
imprenditoriali),  concessioni  di  costruzione  e  gestione di opere
riguardanti  la  p.a.  e  concessioni di pubblici servizi, iscrizioni
negli  albi  di  appaltatori  o di fornitori di opere, beni e servizi
riguardanti  la  p.a.  (e  nell'albo  nazionale  dei costruttori, nei
registri  della  Camera  di  commercio  per l'esercizio del commercio
all'ingrosso  e  nei  registri  dei  commissionari  astatori presso i
mercati   all'ingrosso),  ne'  altre  iscrizioni  o  provvedimenti  a
contenuto   autorizzatorio,   concessorio   o   abilitativo   per  lo
svolgimento  di  attivita'  imprenditoriali comunque denominati, ne',
infine,   contributi,   finanziamenti,   mutui   agevolati  ed  altre
erogazioni dello stesso tipo (comunque denominate) concessi o erogati
da  parte  dello  Stato  o  di  altri enti pubblici o delle Comunita'
europee, per lo svolgimento di attivita' imprenditoriali.
    Il  comnia  2  prevede  la  decadenza  di  diritto dalle licenze,
autorizzazioni,  concessioni, iscrizioni, etc. ... nonche' il divieto
di   concludere   contratti   e  subcontratti  (di  appalto,  cottimo
fiduciario,  fornitura  di  opere,  beni  o  servizi) con la pubblica
amministrazione,   come   conseguenza  automatica  del  provvedimento
definitivo di applicazione della misura di prevenzione.
    Il citato comma 5 statuisce tuttavia, a fronte di una cosi' grave
limitazione delle possibilita' personali di lavoro, per le licenze ed
autorizzazioni  di  polizia (ad eccezione di quelle relative ad armi,
munizioni ed esplosivi), come pure per gli altri provvedimenti di cui
al  comma  1, la possibilita' che il giudice escluda le decadenze e i
divieti previsti dal menzionato articolo «nel caso in cui per effetto
degli   stessi   verrebbero   a  mancare  i  mezzi  di  sostentamento
all'interessato ed alla famiglia».
    Si   offre,   in  tal  modo,  al  giudice  della  prevenzione  il
potere-dovere  di  agire  -  in presenza delle condizioni di legge e,
quindi,  di  un  grave rischio di lesione degli interessi primari del
sottoposto  e  dei  congiunti  -  a  tutela proprio di tali interessi
superiori  evitando,  in tal modo, che si determini nel caso concreto
un  contrasto tra le esigenze di controllo che costituiscono la ratio
della normativa di settore e la necessita' di non incidere gravemente
sul soddisfacimento dei bisogni essenziali della persona.
    Questo  collegio,  come  detto, ritiene che le disposizioni sopra
enunciate   tratteggino   situazioni  soggettive  qualificabili  come
analoghe:  il  presupposto  comune e', infatti, l'applicazione di una
misura  di  prevenzione  personale,  ed  in entrambi i casi (ossia in
ipotesi di revoca, mancato rilascio e mancata revisione della patente
di  guida  come  pure  nelle  ipotesi  di decadenza e divieti sanciti
dall'art. 10, comma 1) si e' di fronte all'automatica impossibilita',
per  effetto  del provvedimento giurisdizionale che irroga la misura,
del soggetto di ottenere dalla pubblica amministrazione un titolo che
lo  abiliti  al  compimento  di  specifiche  attivita',  nonche' alla
decadenza  di  diritto (ricostruita come revoca nel caso dellapatente
di guida) delle abilitazioni gia' ottenute dal sottoposto in passato.
    A  fronte  di  tale  identita'  di  presupposti  di partenza e di
conseguenze   giuridiche,   la   legge   consente  al  giudice  della
prevenzione  di  intervenire  -  attraverso una valutazione che tenga
conto  delle  circostanze  specifiche  del  singolo  caso  concreto -
escludendo  in  tutto  o  in parte i divieti e delle decadenze di cui
all'art. 10, comma 1, legge n. 575/1965.
    Cio'  qualora per effetto degli stessi si dovesse determinare una
grave compressione delle quotidiane esigenze di vita del sottoposto e
della  famiglia,  tale da configurarsi come mancanza sopravvenuta dei
mezzi di sostentamento.
    Nulla di tutto cio' e', invece, previsto in ordine alla revoca ed
al  divieto  di  rilascio e/o rinnovo della patente di guida, laddove
sarebbe  necessario  ed  opportuno,  a  giudizio  di questo collegio,
consentire   anche   in   tali   ipotesi  un  vaglio  giurisdizionale
riconoscendo  al  giudice  procedente  la possibilita' di intervenire
escludendo  -  ovviamente  all'esito  di una attenta ponderazione del
singolo caso e, lo si ripete, in presenza di situazioni straordinarie
tali    da   determinare   una   lesione   inevitabile   di   diritti
costituzionalmente  tutelati  - tali conseguenze dell'applicazione di
misura  di  prevenzione  nel  caso  in cui le stesse comportassero le
menzionate,   gravissime,  difficolta'  al  sottoposto  ed  alla  sua
famiglia.
    E'  di tutta evidenza, infatti, come il giudice della prevenzione
sia  l'unico  soggetto  che  puo'  intervenire  nel  caso concreto ed
evitare,   in   tal  modo,  il  contrasto  tra  gli  interessi  sopra
ricostruiti, entrambi in astratto meritevoli di tutela.
    La  circostanza  che  il  sistema  non  consenta  tale  evenienza
determina,  a  giudizio del collegio, una effettiva lesione di alcuni
dei   diritti   fondamentali   della  persona  tutelati  dalla  Carta
costituzionale.
    La  competenza  del  giudice procedente comporterebbe, invece, la
possibilita'  di  accertare in concreto e sulla base delle specifiche
emergenze  istruttorie in atti, se, ad esempio, gli elementi di fatto
dai   quali   e'   stata   fatta   discendere   l'affermazione  della
pericolosita'  sociale  del soggetto fossero connessi proprio all'uso
della  patente,  o  ancora  se  la  possibilita' di mantenere (ovvero
ottenere)   la  patente  di  guida  si  presenti  semplicemente  come
strumento per la tutela di diritti primari propri e della famiglia.
    In  tal senso, infatti, potrebbe verificarsi che il giudice della
prevenzione  addivenga  ad autorizzare il sottoposto alla guida anche
limitatamente alla tutela di questi diritti.
    E'  di tutta evidenza, infatti, come l'impossibilita' di detenere
una  patente  di guida appaia circostanza tale da incidere in maniera
assai  negativa  sulle quotidiane attivita' del sottoposto, giungendo
in  alcuni  casi  a  pregiudicargli  qualsivoglia  idonea prospettiva
lavorativa  e potendo in ipotesi determinare, in tal modo, l'assoluta
mancanza  dei  mezzi  di  sostentamento  allo stesso ed al suo nucleo
familiare.
    In ultima analisi, se tale evenienza viene ricondotta dalla legge
alle  decadenze  ed  ai  divieti  di  cui all'art. 10, comma 1, legge
n. 575/1965   (riguardanti  situazioni  particolari  di  persone  che
avevano   ottenuto   o   avrebbero   potuto   ottenere  provvedimenti
abilitativi  o  finanziamenti dalla p.a., ovvero ancora stipulare con
la   pubblica   amministrazione  contratti)  non  appare  ragionevole
escluderla  in  modo assoluto come conseguenza della privazione della
patente  di  guida, fatto di per se' assai piu' invasivo e limitante,
oltre  che potenzialmente destinato ad incidere sulla vita quotidiana
di un numero di certo maggiore di soggetti.
    Il  criterio  di  eguaglianza sostanziale di cui all'art. 3 della
Costituzione  subisce,  a  parere  di  questo tribunale, un ulteriore
diretto  vulnus in riferimento al raffronto tra il combinato disposto
delle  norme censurate e l'art. 7-bis della legge n. 1423/1956, nella
parte  in cui prevede che qualora ricorrano gravi e comprovati motivi
di  salute  le  persone  sottoposte  all'obbligo di soggiorno possano
essere autorizzate a recarsi in un luogo determinato fuori del comune
di residenza o di dimora abituale ai fini degli accertamenti sanitari
e delle cure indispensabili.
    La disposizione, peraltro interpretata dai giudici e dalla stessa
Corte  costituzionale  con una certa ampiezza (tanto da ricomprendere
ormai  non  solo  gli  stringenti  e  testuali  motivi  di salute del
sottoposto,  ma  anche  di  stretti  congiunti,  oltre che comprovate
esigenze  familiari,  latu sensu affettive, professionali e di tutela
del  diritto  di  difesa  mediante  la  partecipazione  ad  udienze),
consente  al giudice della prevenzione di autorizzare il sottoposto a
lasciare   il  comune  di  soggiorno  obbligato  per  sopperire  alle
menzionate  esigenze;  orbene,  l'impossibilita'  del  sottoposto  di
condurre un veicolo non puo' che incidere negativamente sul contenuto
di   tale   autorizzazione,  rendendola  in  alcuni  casi  del  tutto
inattuabile.
    Non  sorretto  da  ragionevolezza  appare, quindi, l'aver, per un
verso,  attribuito  al  giudice  il  potere-dovere  di  consentire al
sottoposto,  in  presenza  delle condizioni di legge, di allontanarsi
dal   luogo   di   soggiorno   obbligato  per  soddisfare  necessita'
evidentemente   ritenute   dal  Legislatore  di  assoluta  rilevanza,
precludendogli,  per  altro verso, ogni sindacato sull'opportunita' o
meno nel singolo caso della privazione della patente di guida. Che si
presenta  come  fatto  idoneo  ad  incidere  significativamente sulla
concreta  possibilita'  di  fruizione  di  detta  autorizzazione, con
correlativo  sacrificio delle esigenze alla cui salvaguardia e' stato
dettato l'art. 7-bis.
    Il   tema  ora  posto  involge  necessariamente  la  disamina  di
ulteriori  profili  di  violazione  dei  principi sanciti dalla Carta
costituzionale.
    L'art.  4 della Costituzione sancisce, infatti, il riconoscimento
da parte della Repubblica del diritto al lavoro, promuovendo altresi'
le  condizioni che rendano effettivo tale diritto; ogni cittadino ha,
inoltre,  il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilita' e la
propria  scelta, un'attivita' che contribuisca al progresso materiale
e spirituale della societa'.
    Quello  al  lavoro  e'  stato, dunque, individuato come un vero e
proprio   diritto,  per  sottolineare  l'imperativita'  dell'esigenza
costituzionale,  morale  e  civile,  connessa  sia  alla  pretesa del
cittadino alla creazione da parte dello Stato di occasioni di lavoro,
sia  alla  eliminazione  di  qualsivoglia  interferenza nella scelta,
nelle  modalita'  di  esercizio  e  nello  svolgimento dell'attivita'
lavorativa.
    La  disposizione  e'  attuata  dall'art. 35 della Costituzione, a
norma  del quale la Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme
ed applicazioni.
    Corollario  ed  applicazione di tali principi e' proprio il fatto
che  la  legge  n. 1423/1956  all'art.  5, comma 2, nell'ambito delle
prescrizioni  che  il  giudice  della  prevenzione  puo' applicare al
sottoposto, preveda anche quella di darsi alla ricerca di una stabile
occupazione.
    Cio'  dimostra  la  forte  valenza  risocializzatrice  del lavoro
individuata  dal  Legislatore  del  1956  e  rende,  per altro verso,
contraddittorio   precludere   -   automaticamente   e  senza  alcuna
possibilita'   di   un  vaglio  giurisdizionale -  al  sottoposto  lo
svolgimento  di  tutte le attivita' professionali che necessitino del
possesso  della  patente di guida, allorche', come nel caso in esame,
cio' comporti, per la specifica condizione fisica del richiedente, la
pratica  impossibilita'  di  lavorare  e  determini  conseguentemente
l'incapacita'  di  fare  fronte  ai lisogni essenziali del suo nucleo
familiare.
    E'  evidente che la revoca ed il diniego automatico di rilascio o
rinnovo  della  patente  di  guida, per tutte le considerazioni sopra
enunciate,   comprimono   in   maniera   significativa   il   diritto
costituzionalmente   tutelato   al   lavoro,   impedendo  sovente  al
sottoposto di svolgere qualsiasi attivita' professionale che richieda
l'abilitazione  alla  guida,  ovvero  anche  solo  la  necessita'  di
spostarsi celermente da un luogo ad un altro.
    Gli   artt.   29  e  ss.  della  Carta  costituzionale,  inoltre,
riconoscendo  i  diritti  della  famiglia e tracciando per i genitori
l'obbligo  di  mantenere,  istruire  ed  educare  i figli, pongono la
questione  della  compatibilita'  tra  la situazione soggettiva della
persona   sottoposta   a   misura  di  prevenzione  perche'  ritenuta
socialmente  pericolosa e l'esercizio del complesso di diritti-doveri
riconducibii alla potesta' genitoriale.
    Non  v'e'  dubbio,  infatti,  che  la privazione della patente di
guida  si  manifesti  come  fatto  idoneo  ad  incidere in modo assai
limitante sull'espletamento di tali diritti-doveri.
    Ma,  atteso  che la sottoposizione a misura di prevenzione non e'
prevista  dall'ordinamento  come causa di perdita o sospensione della
potesta'  genitoriale  e  considerato  che  il sottoposto gode di una
certa  liberta' di movimento all'interno del comune di residenza (nel
caso  in  cui  sia  stato applicato anche l'obbligo di soggiorno) nel
rispetto  delle prescrizioni imposte con il provvedimento applicativo
della   misura   appare   necessario  contemperare  efficacemente  la
necessita'  di  controllo  del  sottoposto  ed  il suo diritto-dovere
costituzionalmente sancito di prendersi cura della famiglia.
    Cio'  nei  casi  in cui l'impossibilita' di guidare determini, in
ragione  di  peculiari  situazioni soggettive verificate in concreto,
una grave lesione di tale bene giuridico primario.
    Il   profilo   personale   di   Gargiulo  Luciano,  infine,  pone
all'attenzione   del  collegio  un  ulteriore  profilo  di  rilevanza
costituzionale,   quello   concernente   la   salvaguardia   del  suo
fondamentale diritto alla salute.
    L'art.   32   della  Costituzione  traccia,  infatti,  un  limite
all'inviolabiita'  della persona fisica per ragioni di salute laddove
tutela  la  salute  stessa come fondamentale diritto dell'individuo e
interesse della collettivita' e statuisce che in nessun caso la legge
puo' violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.
    Nel  caso  in  esame  il  tribunale  rileva che il richiedente e'
persona   affetta   da  gravissima  menomazione  fisica,  ascrivibile
all'amputazione di un arto, circostanza che gli preclude una serie di
attivita'  altrimenti  elementari,  come  il  deambulare  per  lunghi
tratti,  e  gli  rende  difficoltoso  anche  l'accesso  ai  mezzi  di
trasporto pubblico.
    Cio'  determina  in  concreto  l'impossibilita' che egli, privato
della   patente   di   guida  sol  perche'  sottoposto  a  misura  di
prevenzione,  goda  di  un'efficace  tutela  del  suo  incomprimibile
diritto  alla salute: egli non puo', infatti, spostarsi autonomamente
qualora  abbia  urgente  bisogno  di  cure mediche e non trovi alcuno
disposto  a  farsi carico del suo accompagnamento e rischia, anzi, di
aggravare il suo quadro clinico dovendosi spostare a piedi.
    In   questi  termini  deve  ritenersi  che  la  mancanza  di  una
disposizione  che  consenta al giudice della prevenzione, in presenza
di  situazioni  straordinarie  come  quella in esame, in cui venga in
rilievo  la  tutela  di  interessi  superiori  della  persona fisica,
costituisca  una  pericolosa  lacuna  del  sistema vigente, capace di
mettere seriamente in pericolo beni di rilevanza primaria.
    Questo  collegio  non  ritiene  che  si  tratti  semplicemente di
ipotesi  in  cui  viene  in  rilievo  una  scelta  discrezionale  del
Legislatore,  in  quanto  a  fronte  della  concreta  possibilita' di
lesione  di  un  bene primario come il diritto alla salute il giudice
procedente  deve  potere  intervenire  e  fornire,  in  tal modo, una
soluzione  specifica  che  impedisca  l'indebita compressione di tali
interessi superindividuali.
    In  conclusione,  il  collegio  dubita  che,  alla  stregua della
normativa  vigente,  i  parametri  costituzionali  innanzi  enunciati
(principio  di  eguaglianza  sostanziale,  diritto al lavoro, diritto
alla salute, tutela della famiglia) siano, in riferimento all'istanza
avanzata da Gargiulo Luciano, rispettati.
    Tale  dubbio  non  puo'  che determinare la rimessione degli atti
alla Corte costituzionale.