IL TRIBUNALE

    Rilevato  che  i  concorrenti  hanno  agito in sede cautelare, ex
art. 700  c.p.c.,  al fine di ottenere l'attivazione in via d'urgenza
di una linea telefonica fissa funzionante presso la loro abitazione;
        che  si  e' costituita la Telecom Italia S.p.a., eccependo in
primo  luogo  l'«improponibilita' e/o improcedibilita» dell'azione ai
sensi  dell'art. 1, comma 11 della legge 31 luglio 1997 n. 249, oltre
all'assenza dei presupposti specifici di cui all' art. 700 c.p.c.;
        che  nelle  more  del giudizio le parti hanno dato atto esser
cessata  la  materia  del  contendere  in  quanto  la  linea e' stata
allacciata  il  28  gennaio  2006,  ma  ciascuna  parte ha chiesto la
condanna dell'altra alle spese di lite;
        che  e'  rilevante  ai  fini  del  decidere  la  questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 1,  comma 11 sopra citato, in
quanto  da  tale questione discende la decisione sulle spese di lite,
in base al principio della soccombenza virtuale; ed infatti, posta la
legittimita'  costituzionale  della  disposizione,  le  spese di lite
dovrebbero  essere  poste  a  carico  dei  ricorrenti,  o  al massimo
compensate,    in   quanto   dal   divieto   di   proporre   l'azione
giurisdizionale  se  non dopo aver esperito il tentativo obbligatorio
di  conciliazione,  previsto  da  detta  disposizione, deriverebbe la
soccombenza  virtuale  dei  ricorrenti, che hanno introdotto l'azione
cautelare  senza  aver  prima esperito detto tentativo, mentre, se la
disposizione  stessa fosse dichiarata costituzionalmente illegittima,
le  spese  di  lite  dovrebbero  essere  poste a carico della Telecom
Italia, poiche':
          a)  l'art. 1, comma 11 citato (e la normativa regolamentare
che   ne   deriva,   di   per   se'   non  oggetto  del  giudizio  di
costituzionalita)  costituisce  l'unica  fonte  dell'improcedibilita'
dell'azione  promossa  dai  ricorrenti,  in  quanto  l'art. 35  delle
condizioni  generali  di  contratto  (che  peraltro  i ricorrenti non
risultano   aver  specificamente  approvato),  nel  testo  risultante
(ancorche'   solo   parzialmente  leggibile)  dal  doc.  4  di  parte
resistente,  e'  difforme dal testo riportato tra virgolette a pag. 3
della  comparsa  di  risposta  della  Telecom, e prevede la procedura
conciliativa  come  meramente  facoltativa  («la Telecom Italia ed il
Cliente ... possono adire l'Autorita' ... utilizzando le procedure di
conciliazione stabilite dalla medesima Autorita»);
          b)  il  fumus  boni juris parrebbe sussistere, in quanto le
difficolta'  di  allacciamento addotte dalla resistente non risultano
provate,  e  sembrano  potersi  escludere dalla mancanza di qualsiasi
documento   atto  a  provare  che  la  resistente  abbia  cercato  di
giustificare  con tali difficolta' i ritardi incontrati, informandone
l'utente  (come  pure sarebbe stato suo onere, secondo quanto afferma
la  stessa resistente a pag. 4 della comparsa di risposta), oltre che
dalla  fulminea  attivazione  della linea subito dopo la proposizione
del ricorso che ha dato vita al presente procedimento;
          c)  il  periculum  in  mora  -  anche  a  prescindere dalle
deduzioni  dei  ricorrenti,  secondo cui la Calvi necessita di essere
reperibile  quale  infermiera  professionale,  e  l'abitazione cui si
riferisce  l'utenza non e' raggiungibile dalla telefonia mobile (allo
stato  non  compiutamente provate, ma affermate nei solleciti inviati
alla  Telecom,  sia  direttamente  dai ricorrenti che tramite il loro
conoscente Novellini, titolare di «punto 187», come e' documentato in
atti)  - risulta dal fatto stesso dell'impossibilita' (o dall'estrema
difficolta)   di  risarcire  per  equivalente  monetario  il  disagio
derivante dalla disattivazione dell'utenza telefonica, e di provare i
conseguenti danni;
        che  la suddetta questione pare non manifestamente infondata,
in  quanto,  almeno  nella  parte  in  cui il citato art. 1, comma 11
preclude temporaneamente il ricorso anche alla tutela cautelare, esso
pare  in contrasto con l'art. 24 della Costituzione, che garantisce a
tutti  il  diritto  di  agire  in  giudizio  per la tutela dei propri
diritti  ed  interessi legittimi, diritto cui e' essenziale la tutela
cautelare  (Corte  cost.,  sentenze nn. 336/1998, 249/1996, 253/1994,
190/1995), la cui funzione potrebbe essere frustrata dalla necessita'
di attendere l'esaurimento del procedimento conciliativo;
        che    non   pare   condivisibile   l'interpretazione   della
disposizione   in  questione  nel  senso  di  cui  all'ordinanza  del
Tribunale  di  Siracusa  9 giugno 2005, prodotta da parte ricorrente,
secondo  cui  il  mancato  espletamento  della  previa  procedura  di
conciliazione  non  potrebbe  precludere  la  tutela  cautelare; tale
decisione (non pacifica in giurisprudenza, poiche' contraddetta dalle
numerose decisioni di segno opposto prodotte da parte resistente) non
sembra  conciliabile con l'ampiezza dell'espressione «ricorso in sede
giurisdizionale»  contenuta  nella  disposizione  che  si sospetta di
incostituzionalita',  e  il cui significato non pare potersi limitare
in  via  interpretativa alla sola azione ordinaria, con esclusione di
quella  cautelare;  ne' il criterio della scelta dell'interpretazione
conforme  a  costituzione puo' obliterare la necessita' che si tratti
pur  sempre  di  un'  interpretazione possibile ai sensi dell'art. 12
preleggi,   diversamente  giungendosi  ad  un  sindacato  diffuso  di
costituzionalita'    che    renderebbe    superfluo   quello   voluto
espressamente  dalla Costituzione; inoltre la stessa previsione di un
potere,  in  capo all'Autorita' per le telecomunicazioni, di emettere
provvedimenti   temporanei   diretti   a   garantire  la  continuita'
dell'erogazione   dei   servizi   nell'ambito   della   procedura  di
conciliazione, ai sensi dell'art. 2, comma 20, lettera e) della legge
14  novembre  1995, n. 481, conferma indirettamente l'interpretazione
qui  seguita,  in quanto tale potere risulterebbe superfluo, laddove,
in  mancanza  o in pendenza del procedimento conciliativo, si potesse
proporre  l'azione  cautelare  dinanzi  agli  organi  giurisdizionali
competenti;   ne'   tale   previsione   puo'  eliminare  il  sospetto
d'incostituzionalita',   non   potendo   un  potere  di  un'autorita'
amministrativa (benche' indipendente) supplire alla carenza di tutela
giurisdizionale;
        che  l'ordinanza  della  Corte  costituzionale 24 marzo 2006,
n. 125,  che ha dichiarato inammissibile la questione di legittimita'
costituzionale  dell'art. 1,  comma 11 della legge n. 249/1997 (oltre
che  di atti consequenziali non aventi valore di legge), non preclude
la  riproposizione  della  questione,  che (diversamente che nel caso
allora  deciso)  viene  qui  sollevato con specifico riferimento alla
tutela cautelare;