IL TRIBUNALE

    Ha pronunziato la seguente ordinanza nelle procedure promosse dai
signori:  1) Cembran D. e Zanon D. (fallimento chiuso il 30 settembre
2005);  2) Frei  H.  (fallimento  chiuso il 19 gennaio 2006); 3) Frei
Christof  (fallimento chiuso il 19 gennaio 2006); senza assistenza di
un  legale,  e  da  4) Mattiazzo G. (fallimento chiuso il 19 dicembre
2005) con l'avv. D'Apolito S. di Bolzano e qui riunite per ragioni di
connessione,  al  fine  di ottenere la esdebitazione in base al nuovo
art. 142  della legge fallimentare. Ricorrono tutti i presupposti per
l'accoglimento  della  domanda,  salvo  la  circostanza  che  il loro
fallimento  e'  stato chiuso prima dell'entrata in vigore della nuova
normativa.

                       Motivi della decisione

    La  legge  delega  14  maggio  2005, n. 80, art. 6, lett. a/13 ha
previsto l'istituto della esdebitazione con le seguenti regole:
        introdurre la disciplina dell'esdebitazione e disciplinare il
relativo procedimento, prevedendo che essa consista nella liberazione
del  debitore  persona  fisica  dai  debiti residui nei confronti dei
creditori concorsuali non soddisfatti qualora:
          abbia  cooperato  con  gli  organi della procedura fornendo
tutte  le informazioni e la documentazione utile all'accertamento del
passivo e al proficuo svolgimento delle operazioni;
          non abbia in alcun modo ritardato o contribuito a ritardare
la procedura;
          non  abbia  violato  le  disposizioni  di cui alla gestione
della propria corrispondenza;
          non abbia beneficiato di altra esdebitazione nei dieci anni
precedenti la richiesta;
          non   abbia   distratto   l'attivo   o  esposto  passivita'
insussistenti,  cagionato o aggravato il dissesto rendendo gravemente
difficoltosa  la  ricostruzione  del patrimonio e del movimento degli
affari o fatto ricorso abusivo al credito;
          non  sia  stato condannato per bancarotta fraudolenta o per
delitti  contro  l'economia  pubblica,  l'industria e il commercio, e
altri  delitti compiuti in connessione con l'esercizio dell'attivita'
d'impresa,   salvo   che   per   tali   reati   sia   intervenuta  la
riabilitazione.
    La  nuova  legge  fallimentare  (d.lgs  9 gennaio  2006, n. 5) ha
introdotto  pertanto  con  l'art. 142 l'istituto della esdebitazione,
cosi' regolato:
        Il  fallito  persona  fisica  e'  ammesso  al beneficio della
liberazione   dai   debiti   residui   nei  confronti  dei  creditori
concorsuali non soddisfatti qualora:
          1) abbia cooperato con gli organi della procedura, fornendo
tutte  le informazioni e la documentazione utile all'accertamento del
passivo e adoperandosi per il proficuo svolgimento delle operazioni;
          2) non  abbia  in  alcun  modo  ritardato  o  contributo  a
ritardare lo svolgimento della procedura;
          3) non    abbia    violato    le    disposizioni   di   cui
all'articolo 48,
          4) non  abbia  beneficiato di altra esdebitazione nei dieci
anni precedenti la richiesta;
          5) non   abbia  distratto  l'attivo  o  esposto  passivita'
insussistenti,  cagionato o aggravato il dissesto rendendo gravemente
difficoltosa  la  ricostruzione  del patrimonio e del movimento degli
affari o fatto ricorso abusivo al credito;
          6) non   sia  stato  condannato  con  sentenza  passata  in
giudicato  per bancarotta fraudolenta o per delitti contro l'economia
pubblica,  l'industria  e  il  commercio, e altri delitti compiuti in
connessione  con  l'esercizio dell'attivita' d'impresa, salvo che per
tali  reati  sia  intervenuta  la  riabilitazione.  Se e' in corso il
procedimento  penale  per uno di tali reati, il tribunale sospende il
procedimento fino all'esito di quello penale.
    L'esdebitazione  non puo' essere concessa qualora non siano stati
soddisfatti,  neppure  in  parte,  i  creditori  concorsuali. Restano
esclusi dall'esdebitazione:
        A) gli  obblighi  di  mantenimento e alimentari e comunque le
obbligazioni  derivanti  da  rapporti  non compresi nel fallimento ai
sensi dell'articolo 46;
        B) i  debiti  per il risarcimento dei danni da fatto illecito
extracontrattuale  nonche'  le  sanzioni  penali ed amministrative di
carattere pecuniario che non siano accessorie a debiti estinti.
    Sono  salvi  i  diritti  vantati  dai  creditori nei confronti di
coobbligati, dei fldeiussori del debitore e degli obbligati in via di
regresso.
    Il  testo  della norma corrisponde, con alcune aggiunte, al testo
della legge delega.
    Viene quindi modificato, con norma eccezionale, e solo per alcuni
soggetti,  il  precedente sistema generale per il quale il fallimento
produce  lo  spossessamento  temporaneo  dell'imprenditore fallito al
fine  di  consentire  la liquidazione del suo patrimonio in regime di
par   condicio,  fermo  restando  che,  assicurata  la  par  condicio
temporanea  e chiuso il fallimento, i creditori conservano il diritto
di cercare di riscuotere il loro credito insoluto sui beni futuri del
debitore (guadagni, eredita', vincite, donazioni, ecc.).
    La  norma  sulla esdebitazione e' chiaramente eccezionale perche'
contravviene alla regola generale del nostro diritto civile per cui i
debiti  vanno  pagati  fino a che non vengano evangelicamente rimessi
oppure fino a che non si prescrivano.
    In  linea  di  principio  non vi e' nessuna regola costituzionale
espressa  che  osti  alla  cancellazione  dei debiti e l'amnistia per
debiti  era usuale gia' nel diritto romano; senz'altro rappresenta un
vulnus  piu'  grave  ai principi generali di un ordinamento giuridico
una  amnistia-condono  che  non una remissione dei debiti. Ovviamente
purche' non si leda il principio di eguaglianza, cosa molto difficile
quando  si  pretende di selezionare i cittadini non in base a criteri
matematici  (ad  esempio  il reddito, l'importo del debito, ecc.), ma
soggettivi.
    L'eccezionalita'  di  una  norma,  che  di  per  se'  vulnera  il
principio  di  eguaglianza,  deve essere sorretta da una razionalita'
assoluta  che  consenta  di dare adeguata motivazione alla sua ragion
d'essere;   devono  potersi  individuare  ragioni  da  cui  si  possa
concludere  che dal grande «insieme» dei debitori di somme di danaro,
soggetti  ad  un  comune  destino,  e'  stato  possibile enucleare un
sottoinsieme  di  debitori  per i quali, in forza di loro particolari
caratteristiche, una diversa norma e un diverso trattamento finiscono
per  garantire  ancor  meglio  il  principio di eguaglianza. In altre
parole  una  norma  che  si  pone  apparentemente contro un principio
costituzionale,   si  giustifica  solo  se  cio'  e'  necessario  per
realizzare  ancor  meglio  il  principio  costituzionale  o  per  non
configgere  con  altri  principi  costituzionali  di  pari  grado. E'
inconcepibile una norma eccezionale che crei situazioni di privilegio
(privilegia ne irrogantur, dicevano gia' i latini).
    Questa  regola  non  pare essere stata rispettata dal legislatore
italiano  il  quale  ha  frettolosamente  copiato  istituti stranieri
analoghi,  ma  in  modo  frammentario e senza rendersi conto che essi
operano  in  un contesto normativo diverso. Ad esempio in Germania vi
e'  l'esdebitazione  (Schuldbereinigungsplan),  ma  essa non concerne
solo  i falliti, ma anche soggetti privati. Anche in Francia la legge
31 dicembre 1989, n. 1010, «relative a' la prevention et au reglement
des  dfficultes  liees  au  surendettement  des  particuliers  et des
familles» e' rivolta a tutelare dal sovraindebitamento, con procedure
di   «risanamento   personale»  i  consumatori,  prima  ancora  degli
imprenditori.
    Il  fatto  che  in  Italia  l'esdebitazione  sia  riservata  agli
imprenditori  falliti  pone  una  serie  di  interrogativi a cui pare
difficile dare una risposta razionale (o almeno lo scrivente non l'ha
trovata):
        per  quale  motivo  l'imprenditore,  cioe'  una  persona  che
coscientemente ha assunto dei rischi, e che spesso ha potuto e saputo
premunirsi adeguatamente da rischi personali eccessivi, ha diritto ad
essere  privilegiato rispetto al normale debitore che, ad esempio, ha
fatto  debiti  per  curarsi o per disgrazie varie (ad esempio proprio
per  il  fallimento  dell'imprenditore!)? Perche' l'imprenditore deve
essere tutelato e il suo dipendente, messo sulla strada, no?
        per  quale  motivo  deve  essere  privilegiato l'imprenditore
importante rispetto al piccolo imprenditore il quale non puo' fallire
e  non  puo'  quindi godere dell'esdebitazione? Spesso cio' vuoi dire
favorire  chi  ha fatto il passo piu' lungo della gamba, chi ha fatto
ricorso  ingannevole  al credito, rispetto all'imprenditore prudente.
L'esperienza  insegna  inoltre  che  l'imprenditore grosso e' proprio
quello  che  ha  la  possibilita' di meglio tutelarsi di fronte ad un
futuro  fallimento  (consulenti,  fondi  esteri,  patrimoni  in altre
societa' o trust, ecc.);
        per  quale motivo il fallito che riesca a rifarsi una fortuna
o  che  eredita deve essere avvantaggiato rispetto ai suoi creditori,
magari  rovinati  piu' di lui dal fallimento? E col sistema creato si
possono   anche  immaginare  comportamenti  truffaldini  preordinati:
l'imprenditore che ha molti debiti e prevede di ereditare a breve, ha
tutto  l'interesse a richiedere il proprio fallimento, a chiuderlo al
piu' presto con un concordato ed a godere dell'esdebitazione!
        se  un  creditore  di un fallimento ha dovuto fare debiti per
sopravvivere,  per  quale  motivo  lui  deve pagarli e il fallito no?
Perche' deve essere favorito chi ha agito in modo temerario nel campo
commerciale,  con  danno di chi ha avuto l'unico torto di credere nel
principio  fondamentale  di ogni economia secondo cui le obbligazioni
vanno adempiute?
        per  quale  motivo  il  fallito  che e' riuscito a convincere
parenti  ed  amici a dargli delle fideiussioni, rimane libero da ogni
obbligo verso i poveretti i quali invece continueranno a dover pagare
per tutta la vita?
    E  si potrebbe continuare con altri esempi altrettanto indicativi
di  una  fondamentale  ingiustizia  giuridica e morale dell'istituto,
cosi' come delineato dalla norma.
    Quanto  sia  anomala la situazione creata risulta evidente ove si
consideri  che  attualmente  e'  possibile per un cittadino italiano,
persona  privata,  residente  in  Germania  o  in Francia (magari ivi
trasferitosi  di  recente,  proprio  per  sfruttare  la  situazione),
chiedere   lo   stato   di   insolvenza   privata  e  la  conseguente
esdebitazione  e  poi  estenderne  le  conseguenze anche ai debiti in
Italia (Regolamento CE n. 1346/2000); cosa non possibile al cittadino
italiano residente in Italia.
    Vi  e'  poi  il  limite  temporale  stabilito  dalla norma che fa
sorgere  egualmente  dubbi  di  costituzionalita';  la norma consente
l'esdebitazione solo per gli imprenditori il cui fallimento si chiuda
dopo  l'entrata  in  vigore  della  legge  e  purche'  la domanda sia
proposta  entro  un anno dalla chiusura. Nulla e' stato stabilito per
il passato e la natura eccezionale della norma impedisce di procedere
ad  interpretazione  analogica.  Per  quale  motivo chi e' fallito in
passato non dovrebbe poter godere dell'esdebitazione?
    Non   e'   quindi   manifestamente   infondato   il   dubbio   di
incostituzionalita'  della  norma  perche'  in contrasto con l'art. 3
della Costituzione sotto i seguenti profili:
        1) Per  irrazionalita'  dello  istituto  della esdebitazione,
cosi'   come   formulato,  perche'  viene  violato  il  principio  di
eguaglianza  senza  alcuna  razionale  giustificazione,  senza che si
possa  individuare un criterio sostanziale che superi il dato formale
costituito dai destinatari quali «imprenditori falliti»;
        2) Per  la  irrazionalita'  di  privilegiare  i  soli  grossi
imprenditori,   ignorando   le   piu'   gravi  esigenze  dei  piccoli
imprenditori e dei debitori non imprenditori;
        3) Per  la  disparita' di trattamento creata fra imprenditori
il cui fallimento si e' chiuso dopo l'entrata in vigore della legge e
gli imprenditori il cui fallimento si e' chiuso anteriormente.
    In  ordine  alla rilevanza della questione essa risiede nel fatto
che a questo Collegio e' stato chiesto di procedere alla applicazione
dell'art. 142  l.  fall.  a  quattro  fattispecie  che sicuramente vi
rientrano,  cosi'  che  questo  Collegio  si  trova a dover applicare
necessariamente una norma che ritiene contraria alla Costituzione.