ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 3, commi 3, 4,
5,  6  e  7, della legge della Regione Veneto 22 dicembre 2005, n. 26
(Istituzione  dell'Istituto  oncologico veneto), promosso con ricorso
del  Presidente  del Consiglio dei ministri notificato il 27 febbraio
2006,  depositato in cancelleria il 7 marzo 2006 ed iscritto al n. 42
del registro ricorsi 2006.
    Visto l'atto di costituzione della Regione Veneto;
    Udito   nell'udienza   pubblica  dell'8 maggio  2007  il  giudice
relatore Luigi Mazzella;
    Uditi  l'avvocato  dello  Stato Paolo Cosentino per il Presidente
del  Consiglio  dei  ministri e gli avvocati Mario Bertolissi e Luigi
Manzi per la Regione Veneto.

                          Ritenuto in fatto

    1.  - Con ricorso consegnato all'ufficiale giudiziario competente
per  la  notificazione  il 25 febbraio 2006, notificato il successivo
giorno 27  dello  stesso  mese e depositato in cancelleria il 7 marzo
2006,  il  Presidente  del  Consiglio dei ministri ha proposto in via
principale,   in   riferimento   all'art. 117,   terzo  comma,  della
Costituzione ed al principio della leale collaborazione istituzionale
di  cui  agli  artt. 117, 118, primo comma, e 120 Cost., questione di
legittimita'  costituzionale dell'art. 3, commi 3, 4, 5, 6 e 7, della
legge  della  Regione  Veneto  22 dicembre  2005,  n. 26 (Istituzione
dell'Istituto oncologico veneto).
    Il  ricorrente premette che la materia degli Istituti di ricovero
e  cura a carattere scientifico (IRCCS) non trasformati in fondazioni
e'  stata  esaminata  da questa Corte nella sentenza n. 270 del 2005,
nella  quale  e'  stato chiarito che, pur non potendosi ricondurre la
normativa  relativa  agli  IRCCS alla potesta' legislativa statale di
cui  all'art. 117,  secondo  comma,  lett.  g),  Cost.  (essendo tali
istituti non enti nazionali, bensi' enti a mera rilevanza nazionale),
tuttavia l'esigenza di garantire un'adeguata uniformita' al sistema e
la  tutela  degli  interessi  unitari esistenti in materia giustifica
l'attrazione  allo  Stato,  in via di sussidiarieta', di funzioni che
sono di competenza delle Regioni.
    Ad avviso del Presidente del Consiglio dei ministri, pertanto, lo
Stato  sarebbe  legittimamente intervenuto in materia di IRCCS con la
legge 16 gennaio 2003, n. 3 (Disposizioni ordinamentali in materia di
pubblica  amministrazione)  e  con  il decreto legislativo 16 ottobre
2003,  n. 288 (Riordino della disciplina degli Istituti di ricovero e
cura  a  carattere  scientifico,  a  norma dell'articolo 42, comma 1,
della  legge  16 gennaio 2003, n. 3), avocando a se' certi poteri, ma
contemporaneamente  prevedendo  la  necessita'  di  un'intesa  con le
Regioni,  come  risulterebbe  dall'art. 5 del d.lgs. n. 288 del 2003,
nella  parte  in  cui  questo  rimette  ad  un  atto  di  intesa,  da
raggiungere  in  sede  di Conferenza Stato-Regioni, la determinazione
delle  «modalita'  di  organizzazione, di gestione e di funzionamento
degli  Istituti  di  ricovero  e  cura  a  carattere  scientifico non
trasformati   in   Fondazioni»,   intesa   raggiunta   con  l'accordo
Stato-Regioni del 1° luglio 2004.
    Conseguentemente,  secondo il ricorrente, in materia di IRCCS non
trasformati  in  fondazioni,  la  potesta' legislativa regionale deve
rispettare  i  principi  fondamentali contenuti nel d.lgs. n. 288 del
2003  e nel relativo atto d'intesa, che del primo costituirebbe parte
integrante,  profilandosi  altrimenti  la  violazione,  per un verso,
dell'art. 117,  terzo  comma, Cost. e, per altro verso, del principio
della  leale  collaborazione  istituzionale  desumibile dal combinato
disposto  di  cui  agli  artt. 117,  118,  primo  comma,  e 120 della
Costituzione.
    In   particolare,   i   menzionati   profili   di  illegittimita'
costituzionale  sarebbero  ravvisabili  nei  commi 3,  4,  5,  6  e 7
dell'art. 3.
    Il  comma 3,  nello  stabilire  che i componenti del consiglio di
indirizzo  e  verifica  dell'Istituto oncologico veneto sono nominati
dal   Consiglio   regionale,   senza  prevedere  alcuna  designazione
ministeriale,   si  porrebbe  in  contrasto  con  l'art. 2,  comma 1,
dell'atto  di intesa del 1° luglio 2004, il quale prevede una diversa
composizione  di  detto consiglio, statuendo che questo sia «composto
da  cinque membri, due dei quali nominati dal Ministro della salute e
due  dal  presidente  della  regione  ed  il  quinto, con funzioni di
presidente, nominato dal Ministro della salute, sentito il presidente
della regione».
    Il  comma 4,  poi,  disponendo che il presidente del consiglio di
indirizzo  e  verifica dell'Istituto e' nominato dal Presidente della
Giunta  regionale  tra  i componenti del consiglio stesso, violerebbe
l'art. 2,  comma 1,  dell'atto di intesa, il quale invece prevede che
esso  sia  nominato  dal Ministro della salute, sentito il Presidente
della Regione.
    Il   comma 5,  che  statuisce  che  il  presidente  del  collegio
sindacale  dell'Istituto e' nominato dal direttore generale tra i tre
componenti  designati  dal  Consiglio  regionale,  confliggerebbe con
l'art. 4,  comma 5,  del d.lgs. n. 288 del 2003, il quale dispone che
il presidente venga eletto dai sindaci all'atto della prima seduta.
    Il   comma 6,   nello   stabilire  che  l'incarico  di  direttore
scientifico  dell'Istituto  non puo' essere rinnovato per piu' di una
volta  consecutiva, sarebbe anch'esso illegittimo, violando l'art. 3,
comma 5,  dell'atto  di  intesa, il quale non pone alcuna limitazione
alla possibilita' di rinnovo del suddetto incarico.
    Infine,   il   comma 7,  che  prevede  che,  sino  alla  data  di
insediamento  degli  organi  ordinari  di  amministrazione, la Giunta
regionale    nomina    un    commissario   straordinario   incaricato
dell'amministrazione  dell'Istituto,  si  porrebbe  in  contrasto con
l'art. 3,  comma 5,  del d.lgs. n. 288 del 2003, il quale attribuisce
al Ministro della salute il potere di nomina del commissario.
    2.  -  La  Regione  Veneto  si  e'  costituita  in giudizio ed ha
concluso   chiedendo   che   la   Corte   confermi   la  legittimita'
costituzionale  delle norme impugnate, eventualmente anche sollevando
previamente davanti a se' la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 4,  comma 5,  del  d.lgs.  n. 288  del 2003, per violazione
degli artt. 117, terzo comma, e 118 della Costituzione.
    Ad  avviso  della  difesa  regionale,  le  questioni proposte dal
ricorrente  dovrebbero  essere  esaminate  e  decise  alla luce della
sentenza n. 270 del 2005 della Corte costituzionale che ha dichiarato
l'illegittimita'  costituzionale della parte della disciplina statale
di  principio  sulla  quale  si  fondano  le  disposizioni  dell'atto
d'intesa del 1° luglio 2004 invocate dal Presidente del Consiglio dei
ministri  come parametro interposto, disposizioni che invece, proprio
a   seguito   della   menzionata   declaratoria   di   illegittimita'
costituzionale,  non  sarebbero  piu' idonee ad integrare i parametri
costituzionali asseritamente violati.
    In  particolare,  rispetto  alle  censure  mosse  ai  commi 3 e 4
dell'art. 3  della  legge regionale n. 26 del 2005, la Regione Veneto
sottolinea  che, con riferimento all'organo di indirizzo degli IRCCS,
la   sentenza   n. 270   del   2005  ha  dichiarato  l'illegittimita'
dell'art. 42,  comma 1,  lettera p),  della legge n. 3 del 2003 nella
parte  in  cui imponeva la composizione paritetica fra rappresentanti
regionali  e  ministeriali del Consiglio di indirizzo degli IRCCS non
trasformati  e  la  nomina  da  parte  dei  Ministro della salute del
presidente   dell'istituto  non  trasformato,  espungendo  dal  testo
originario  le  parole  «designati  per  la  meta' dal Ministro della
salute e per l'altra meta' dal Presidente della Regione» nonche', con
riferimento  al  presidente  dell'istituto,  le  parole «nominato dal
Ministro della salute».
    Le  disposizioni  impugnate,  pertanto,  si  sarebbero limitate a
recepire  le  indicazioni  contenute nella citata sentenza n. 270 del
2005.  Ne'  potrebbe  pervenirsi  a  conclusione  diversa  sulla base
dell'atto  di  intesa del 1° luglio 2004 che, sul punto, riproduce le
prescrizioni legislative dichiarate illegittime da quella sentenza.
    Quanto all'art. 3, comma 5, della legge regionale n. 26 del 2005,
la  Regione  Veneto  afferma  che  la  norma, pur discostandosi dalla
lettera  dell'art. 4, comma 5, del d.lgs. n. 288 del 2003, non eccede
pero'  i  limiti della competenza legislativa regionale, perche', nel
disporre  che  il  presidente  del  collegio  sindacale dell'Istituto
oncologico  veneto  e'  nominato  dal  direttore  generale  tra i tre
componenti  designati  dal  Consiglio  regionale,  si  limiterebbe  a
fissare  norme  di  organizzazione  per  le quali non sussisterebbero
esigenze  di  carattere  unitario  tali  da giustificare l'attrazione
della  relativa disciplina in capo allo Stato. Se, invece, si dovesse
obiettare  che la sentenza n. 270 del 2005 ha formalmente fatto salvo
l'art. 4,  comma 5,  del  d.lgs.  n. 288  del  2003  e non si volesse
accedere   all'idea  della  necessaria  cedevolezza  di  quest'ultima
disposizione  di  fronte  alla diversa determinazione assunta in sede
regionale,  la  conclusione  della legittimita' della legge regionale
presupporrebbe,  ad  avviso della Regione, la previa dichiarazione di
incostituzionalita' della norma statale; a tal fine la Regione chiede
che  la  Corte,  ove  occorra,  sollevi davanti a se' la questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 4, comma 5, del d.lgs. n. 288
del  2003,  in  riferimento agli artt. 117, terzo comma, e 118 Cost.,
perche',   per   un  verso,  la  norma  censurata  introdurrebbe  una
disciplina non limitata alla determinazione dei principi fondamentali
e,  per  altro  verso,  la  Regione (e non lo Stato) costituirebbe il
livello   adeguato  di  amministrazione  e  controllo  sull'attivita'
dell'Istituto oncologico veneto.
    A proposito dell'art. 3, comma 6, della legge regionale n. 26 del
2005  -  nella  parte  in  cui  dispone  che  l'incarico di direttore
scientifico  dell'Istituto  non puo' essere rinnovato per piu' di una
volta  consecutiva,  contrariamente all'art. 3, comma 5, dell'atto di
intesa   del  1° luglio  2004  che  non  prevede  alcun  limite  alla
possibilita' di rinnovo dell'incarico - la Regione Veneto deduce che:
a)  la Regione puo' legittimamente dettare disposizioni organizzative
di  dettaglio,  quale  quella in esame, nelle materie di legislazione
concorrente;  b) non vi e' alcuna esigenza di carattere unitario atta
a giustificare la preferenza per una disciplina centralizzata; c) gli
IRCCS  (anche  quelli  non  trasformati in fondazioni) sono oggi enti
autonomi,   non   piu'   «nazionali»,  ma  «a  rilevanza  nazionale»,
rientranti   nell'ambito   della   legislazione   regionale  di  tipo
concorrente;  d) cosi' come la sentenza n. 270 del 2005 ha sanzionato
l'eccessivo   grado   di   definizione   della  disciplina  di  rango
legislativo,  a  maggior  ragione  si  dovrebbe convenire che neppure
l'intesa  del  2004, nella parte in cui eccede in analiticita', possa
sortire  l'effetto di vincolare la potesta' legislativa regionale; e)
in ogni caso, l'intesa del 2004 (come una qualsiasi altra intesa) non
puo',  in  assenza  di  conformi  disposizioni di legge di principio,
costituire    o   integrare   il   parametro   dello   scrutinio   di
costituzionalita'  di  una  legge  regionale,  arrivando a comprimere
l'ambito  di competenza legislativa che la Costituzione ha attribuito
alle Regioni.
    Riguardo  all'art. 3,  comma 7,  della  legge regionale n. 26 del
2005,  la Regione Veneto deduce che la norma, prevedendo la nomina di
un  commissario  straordinario  per  la  fase  di avvio dell'Istituto
oncologico veneto, disciplina una fattispecie che non trova riscontro
ne'  nel  d.lgs.  n. 288  del 2003, ne' nella legge n. 3 del 2003. Il
richiamo   operato   dal   ricorrente   al   commissario  contemplato
dall'art. 3,  comma 5,  del  d.lgs.  n. 288  del 2005, per l'adozione
dello   statuto  in  caso  di  inerzia  da  parte  del  consiglio  di
amministrazione  negli  IRCCS  trasformati in fondazioni, sarebbe del
tutto inconferente, stante la diversita' delle due figure.
    Piu'  in  generale,  la difesa regionale deduce che il Presidente
del  Consiglio  dei  ministri  attribuisce  all'atto  di  intesa  del
1° luglio  2004 una forza di cui e' sprovvisto, sia in se', in quanto
accordo  istituzionale  (e  non  fonte normativa costituzionale), sia
rispetto  alla  Costituzione  ed  alla legge, alle prescrizioni delle
quali rimane comunque subordinato.
    Sotto   il  primo  profilo,  la  Regione  ricorda  che  la  Corte
costituzionale,  nella  sentenza n. 437 del 2001, ha precisato che le
procedure di cooperazione o di concertazione possono rilevare ai fini
dello  scrutinio  di legittimita' di atti legislativi, solo in quanto
l'osservanza delle stesse sia imposta, direttamente o indirettamente,
dalla  Costituzione: il che nella specie non si verificerebbe. Ne' il
principio  di leale collaborazione fra Stato e Regioni potrebbe esser
dilatato fino a dedurne condizionamenti, non altrimenti riconducibili
alla  Costituzione,  rispetto  alla  formazione  e al contenuto delle
leggi.
    Sotto  il  secondo  profilo,  la  Regione  Veneto  afferma che e'
pacifico  che  il sistema costituzionale, se prevede che il principio
di  leale  collaborazione  si  esplichi nelle forme piu' diverse, non
consente  pero'  che  tali  forme possano porsi contra legem, perche'
altrimenti  si  aprirebbe  la  strada  all'elusione del sistema delle
fonti in genere e della Costituzione in particolare. Conseguentemente
dovrebbe  ritenersi  che l'illegittimita' costituzionale di una legge
fondante  travolga  gli  atti,  normativi  e  non  normativi, da essa
derivati:  cio'  che  accade  nel rapporto tra legge di delega (nella
fattispecie,  la  legge  n. 3  del  2003)  e  decreto delegato (nella
specie, il d.lgs. n. 288 del 2003), avverrebbe anche nel rapporto tra
disciplina  legislativa  e  disciplina  negoziata  (nella fattispecie
costituita dall'atto di intesa del 1° luglio 2004).
    Infine,  la  difesa  regionale  sottolinea che la legge regionale
n. 26  del  2005  attualizza  e  non  viola  il  principio  di  leale
collaborazione   istituzionale,   fondandosi  su  un'attenta  ricerca
dell'equilibrio tra il ruolo della Regione e il ruolo, per il tramite
del  Ministero della salute, dello Stato, come sarebbe dimostrato dal
fatto  che  il  direttore  generale  dell'Istituto  oncologico veneto
sarebbe  nominato  dal  Presidente della Regione sentito il Ministero
della  salute  e  il direttore scientifico dal Ministro della salute,
sentito  il  Presidente  della  Regione,  e  che,  sebbene  la  Corte
costituzionale   abbia   censurato   la  partecipazione  al  collegio
sindacale  di  soggetti designati a livello ministeriale, si preveda,
cio'   nondimeno,  che  uno  di  essi  sia  designato  dal  Ministero
competente.
    3.  -  Con memoria notificata alla Regione Veneto e depositata in
cancelleria  il  25 luglio  2006,  il  Presidente  del  Consiglio dei
ministri  ha  rinunciato  al  ricorso  limitatamente  alle  questioni
proposte  rispetto  all'art. 3,  commi 4  e  5, della legge regionale
n. 26 del 2005.
    Con memoria depositata il 24 aprile 2007, la difesa della Regione
Veneto  ha  dato  atto  dell'avvenuta  accettazione della rinuncia da
parte della Giunta regionale del Veneto.

                       Considerato in diritto

    1.  -  Il  Presidente  del Consiglio dei ministri ha proposto, in
riferimento  all'art. 117,  terzo  comma,  della  Costituzione  ed al
principio  della  leale  collaborazione  istituzionale  di  cui  agli
artt. 117,  118,  primo comma, e 120 Cost., questioni di legittimita'
costituzionale  dell'art. 3,  commi 3, 4, 5, 6 e 7, della legge della
Regione  Veneto  22 dicembre  2005,  n. 26 (Istituzione dell'Istituto
oncologico  veneto),  per  contrasto  con  i principi fondamentali in
materia  di ordinamento degli Istituti di ricovero e cura a carattere
scientifico  (IRCCS)  non  trasformati  in  fondazioni  contenuti nel
decreto   legislativo   16 ottobre   2003,   n. 288  (Riordino  della
disciplina degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico,
a  norma  dell'articolo 42,  comma 1,  della  legge  16 gennaio 2003,
n. 3),  e  nell'atto  di  intesa  adottato il 1° luglio 2004 (recante
«Organizzazione,  gestione e funzionamento degli istituti di ricovero
e cura a carattere scientifico non trasformati in fondazioni»).
    2. - In relazione alle censure concernenti l'art. 3, commi 4 e 5,
della  legge  regionale  n. 26  del  2005,  questa  Corte prende atto
dell'intervenuta   rinuncia   parziale   al   ricorso  ad  opera  del
ricorrente,  alla  quale  ha fatto seguito la formale accettazione da
parte  della  Regione  Veneto,  con  la  conseguenza  che,  ai  sensi
dell'art. 25 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte
costituzionale,  deve  essere dichiarata l'estinzione del giudizio in
parte qua.
    Il  thema decidendum risulta cosi' circoscritto alle questioni di
legittimita'  costituzionale aventi ad oggetto i commi 3, 6 e 7 dello
stesso art. 3.
    3.  -  L'art. 3,  comma 3, della legge regionale Veneto n. 26 del
2005  dispone  che i componenti del consiglio di indirizzo e verifica
dell'Istituto   oncologico   veneto   sono   nominati  dal  Consiglio
regionale.
    Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  afferma  che  tale
disposizione   violerebbe  l'art. 117,  terzo  comma,  Cost.,  ed  il
principio  della  leale  collaborazione  istituzionale,  ponendosi in
contrasto  con il contenuto dell'atto di intesa del 1° luglio 2004 il
quale,  all'art. 2,  comma 1,  prevede  che  due membri del consiglio
debbono essere nominati dal Ministro della salute, due dal Presidente
della  Regione  ed  il quinto, con funzioni di presidente, ancora dal
Ministro della salute, sentito il Presidente della Regione.
    La questione non e' fondata.
    L'art. 42, comma 1, lettera p), della legge 16 gennaio 2003, n. 3
(Disposizioni  ordinamentali in materia di pubblica amministrazione),
nel  conferire  al  Governo  la  delega  per il riordino degli IRCCS,
disponeva  che  il legislatore delegato avrebbe dovuto prevedere, per
tali  enti  non  trasformati  in  fondazioni  (categoria  alla  quale
appartiene  anche  l'Istituto  oncologico  veneto),  che  l'organo di
indirizzo  fosse  composto  da  soggetti  designati  per la meta' dal
Ministro  della  salute  e  per  l'altra  meta'  dal Presidente della
Regione.  Il  presidente  dell'istituto  doveva  essere  nominato dal
Ministro della salute.
    Il  conseguente  decreto legislativo n. 288 del 2003, all'art. 5,
ha  rinviato  ad  un  atto di intesa la disciplina delle modalita' di
organizzazione,  gestione e funzionamento degli IRCCS non trasformati
in  fondazioni,  pur  non  riproducendo  l'indicazione  di  principio
contenuta  nella  citata lettera p) dell'art. 42 della legge delega a
proposito  della  composizione  dell'organo  di  indirizzo. Tuttavia,
quest'ultima indicazione e' stata espressamente tenuta presente dalle
parti  al  momento  dell'adozione  dell'atto  di intesa del 1° luglio
2004.  La premessa di tale atto riproduce, infatti, l'intero art. 42,
comma 1,  lettera p),  della legge n. 3 del 2003 e l'art. 2, comma 1,
dell'atto  di  intesa,  nel  definire  la composizione dell'organo di
indirizzo  degli  IRCCS  non trasformati in fondazioni, ripete quanto
disposto al riguardo dalla legge delega.
    Ora,  la  sentenza  n. 270 del 2005 di questa Corte ha dichiarato
l'illegittimita'  costituzionale  dell'art. 42,  comma 1, lettera p),
della legge n. 3 del 2003, ma ha ritenuto nel contempo non fondata la
questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 5  del  d.lgs.
n. 288   del   2005,  riconoscendo  che  l'intesa  prevista  da  tale
disposizione  - pur non costituendo una fonte normativa - rappresenta
«una  modalita'  di  determinazione, condivisa fra Stato e Regioni ed
uniforme sull'intero territorio nazionale, di quali debbano essere le
caratteristiche  comuni  di  questa  categoria residuale di istituti,
ovviamente  nel  rispetto di quanto determinato a livello delle fonti
primarie statali». E' chiaro, pero', che l'intesa, nella parte in cui
dispone  che  l'organo  di  indirizzo  dell'istituto  sia composto da
membri  designati  per  meta' dal Ministro e per meta' dal Presidente
della  Regione (e dal presidente, a sua volta nominato dal Ministro),
e' divenuta anch'essa illegittima.
    Infatti  se,  a  seguito della sentenza n. 270 del 2005, non puo'
dirsi  venuta  meno  l'esigenza di uniformita' sul piano nazionale in
materia  di  definizione della composizione degli organi di indirizzo
degli  istituti  in  questione,  non  puo' pero' ritenersi fondata la
pretesa   dello  Stato  -  sostenuta  dal  ricorrente  -  di  vedersi
riconosciuto  il  diritto  a designare il presidente e due componenti
del  consiglio  di  indirizzo  e  verifica  sulla  base  del disposto
dell'art. 2, comma 1, dell'atto di intesa del 1° luglio 2004.
    L'intesa  non e', per vero, un'autonoma fonte di disciplina degli
IRCCS  non trasformati in fondazioni. E', infatti, dalla legislazione
statale che derivano sia la legittimazione a ricercare una disciplina
tendenzialmente  uniforme  per quegli enti, sia i limiti al contenuto
della  disciplina  stessa.  Ne consegue che, essendo stato dichiarato
illegittimo l'art. 42, comma 1, lettera p), della legge n. 3 del 2003
nella parte relativa alla composizione dell'organo di indirizzo degli
istituti  in  questione,  lo  Stato  non  puo'  invocare  l'efficacia
vincolante  della  previsione dell'intesa che di quella norma statale
incostituzionale rappresenta la riproduzione.
    4.  -  L'art. 3, comma 6, della legge regionale n. 26 del 2005 e'
impugnato  dal  Presidente  del Consiglio dei ministri esclusivamente
nella  parte  in  cui dispone che l'incarico di direttore scientifico
dell'Istituto  oncologico  veneto non sia rinnovabile per piu' di una
volta consecutiva.
    Ad  avviso del ricorrente, tale previsione legislativa violerebbe
l'art. 117,   terzo   comma,  Cost.,  ed  il  principio  della  leale
collaborazione  istituzionale,  perche'  contrasterebbe con l'art. 3,
comma 5,  dell'atto  di  intesa del 1° luglio 2004, il quale non pone
alcuna   limitazione   alla  possibilita'  di  rinnovo  del  suddetto
incarico.
    La questione e' fondata.
    A  proposito del direttore scientifico degli IRCCS, questa Corte,
con  la  citata  sentenza n. 270 del 2005, ha ritenuto non fondata la
questione   di   legittimita'   costituzionale  delle  norme  statali
(art. 42, comma 1, lettere b e p della legge n. 3 del 2003 e artt. 3,
comma 4,  e 5 del d.lgs. n. 288 del 2003) che attribuiscono il potere
di  nomina  al Ministro della salute, affermando che un simile potere
e'  giustificato  dalla  necessita'  che  sia  garantita  una visione
unitaria  sul  piano della ricerca scientifica dell'intera rete degli
IRCCS.  Nessuna  delle  menzionate  norme  statali  impone  limiti al
rinnovo  di  simili  incarichi,  onde  e'  pienamente  conforme  alla
disciplina  di  principio  l'art. 3, comma 5, dell'atto di intesa del
1° luglio  2004  che,  nel  precisare espressamente che l'incarico di
direttore  scientifico degli IRCCS non trasformati in fondazioni puo'
essere  rinnovato,  non  assoggetta  tale  facolta'  a limitazioni di
sorta.
    L'illegittimita'  dell'art. 3,  comma 6,  della  legge  regionale
n. 26  del  2005  e'  chiara: tale articolo, infatti, introducendo un
limite  al  potere  ministeriale  di nomina del direttore scientifico
contrasta  con  il  principio  fondamentale  in  materia  di «ricerca
scientifica»   dettato   dalla   disciplina  statale  e  finisce  per
pregiudicare  l'interesse  che  giustifica l'attribuzione al Ministro
della salute del potere in questione.
    Ne'   e'   possibile  affermare  che  la  disposizione  regionale
impugnata  sia  una  norma  di dettaglio e come tale rientrante nella
competenza regionale. In senso contrario e' sufficiente osservare che
introdurre  limiti alla facolta' di rinnovo significa inevitabilmente
incidere  direttamente  sul  pieno esercizio del potere di scelta del
direttore scientifico.
    Deve  dunque  essere  dichiarata  l'illegittimita' costituzionale
dell'art. 3,  comma 6,  della  legge regionale Veneto n. 26 del 2005,
nella  parte  in  cui esclude che l'incarico di direttore scientifico
possa essere rinnovato per piu' di una volta.
    5.  -  L'art. 3,  comma 7,  della  legge regionale n. 26 del 2005
prevede la nomina, da parte della Giunta regionale, di un commissario
straordinario     incaricato    dell'amministrazione    dell'Istituto
oncologico  veneto  sino  alla  data  di  insediamento  degli  organi
ordinari di amministrazione.
    Il  ricorrente  sostiene  che  la disposizione contrasterebbe con
l'art. 117,  terzo  comma,  Cost.,  e  con  il  principio della leale
collaborazione istituzionale, perche' detta una disciplina diversa da
quella contemplata nell'art. 3, comma 5, del d.lgs. n. 288 del 2003.
    La questione non e' fondata.
    Invero, l'art. 3, comma 5, del d.lgs. n. 288 del 2003 ha riguardo
ad  un  evento che potrebbe verificarsi nel corso del procedimento di
trasformazione  in  fondazioni degli IRCCS gia' operanti alla data di
entrata  in  vigore della legge n. 3 del 2003, vale a dire la mancata
adozione, da parte del consiglio d'amministrazione dell'IRCCS oggetto
della  trasformazione, del nuovo statuto approvato dal Ministro della
salute  d'intesa  con il Presidente della Regione. L'art. 3, comma 5,
del d.lgs. n. 288 del 2003 stabilisce appunto che, in simile casi, il
Ministro,  ancora  una volta d'intesa con il Presidente della Regione
interessata,  nomina un commissario ad acta che provvede all'adozione
dello statuto nei sessanta giorni successivi alla nomina.
    Si  tratta,  pertanto,  di  una  disposizione  che disciplina una
vicenda  (trasformazione  dell'IRCCS  da ente pubblico in fondazione)
diversa da quella regolata dalla norma regionale impugnata, la quale,
invece,  concerne  la  fase  precedente  al  primo insediamento degli
ordinari  organi  di  amministrazione dell'Istituto oncologico veneto
che ha natura di ente pubblico e non di fondazione.
    La  norma  interposta  indicata  dal  ricorrente  non e', dunque,
pertinente. Da cio' discende l'infondatezza della questione sollevata
dal Presidente del Consiglio dei ministri.