ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi da 166
a  169,  della  legge  23 dicembre  2005, n. 266 (Disposizioni per la
formazione  del  bilancio  annuale  e pluriennale dello Stato - legge
finanziaria  2006), promosso con ricorso della Regione Friuli-Venezia
Giulia  notificato  il 27 febbraio 2006, depositato in cancelleria il
4 marzo 2006 ed iscritto al n. 41 del registro ricorsi 2006.
    Visto  l'atto  di  costituzione  del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito   nell'udienza   pubblica  dell'8 maggio  2007  il  giudice
relatore Paolo Maddalena;
    Uditi    l'avvocato    Giandomenico   Falcon   per   la   Regione
Friuli-Venezia  Giulia e l'avvocato dello Stato Antonio Tallarida per
il Presidente del Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Con ricorso notificato il 27 febbraio 2006 e depositato il
successivo 4 marzo, la Regione Friuli-Venezia Giulia ha sollevato, in
riferimento   all'art. 60   dello   statuto  speciale  della  Regione
Friuli-Venezia  Giulia,  questione  di legittimita' costituzionale di
numerose   disposizioni   della   legge   23 dicembre   2005,  n. 266
(Disposizioni  per  la  formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato - legge finanziaria 2006) e, tra queste, dei commi da 166
a 169 dell'art. 1.
    Il  comma 166  -  rammenta la Regione ricorrente - «sottopone gli
organi degli enti locali di revisione economico-finanziaria al dovere
di  trasmettere  alle competenti sezioni regionali di controllo della
Corte   dei   conti   una   relazione   sul  bilancio  di  previsione
dell'esercizio   di   competenza   e  sul  rendiconto  dell'esercizio
medesimo».
    Il  comma 167  attribuisce  alla  Corte  dei  conti  il potere di
definire  «unitariamente  criteri e linee guida cui debbono attenersi
gli organi degli enti locali di revisione economico-finanziaria nella
predisposizione della relazione di cui al comma 166».
    Il  comma 168  stabilisce  che  le sezioni regionali di controllo
della  Corte  dei  conti,  qualora  accertino, anche sulla base delle
relazioni  di  cui  al  comma 166,  comportamenti difformi dalla sana
gestione  finanziaria o il mancato rispetto degli obiettivi posti con
il  patto  di  stabilita'  interno,  adottino  specifica  pronuncia e
«vigilino»  sull'adozione  da parte dell'ente locale delle necessarie
misure  correttive  e sul rispetto dei vincoli e limitazioni posti in
caso   di  mancato  rispetto  delle  regole  del  predetto  patto  di
stabilita'.  Peraltro,  argomenta  ancora  la ricorrente, a mente del
comma 169,  la  Corte  dei  conti  e'  facoltizzata  ad avvalersi «di
personale  degli enti locali, fino ad un massimo di cinquanta unita',
in  possesso  di  laurea  in  scienze economiche ovvero di diploma di
ragioniere  e  perito  commerciale,  collocato  in posizione di fuori
ruolo o di comando».
    La  ricorrente  evidenzia  che  la disciplina del controllo della
Corte  dei  conti  nella Regione Friuli-Venezia Giulia e' dettata dal
d.P.R.  25 novembre  1975,  n. 902 (Adeguamento ed integrazione delle
norme   di   attuazione   dello   statuto   speciale   della  Regione
Friuli-Venezia  Giulia),  come  modificato  dal  decreto  legislativo
15 maggio  2003,  n. 125  (Norme di attuazione dello statuto speciale
della   regione   Friuli-Venezia   Giulia  recanti  modificazioni  ed
integrazioni  al  d.P.R.  25 novembre  1975,  n. 902,  in  materia di
funzioni di controllo della sezione regionale della Corte dei conti),
il cui art. 33 si interessa, segnatamente, del controllo di gestione.
Inoltre,  prosegue  la  Regione  Friuli-Venezia  Giulia, il controllo
sugli   enti  locali  e'  affidato,  dall'art. 60  dello  statuto  di
autonomia   (legge  costituzionale  31 gennaio  1963,  n. 1,  recante
«Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia»), ad un organo
della Regione «nei modi e nei limiti stabiliti con legge regionale in
armonia con i principi delle leggi dello Stato».
    Sicche',  ad  avviso  della  Regione  Friuli-Venezia  Giulia,  il
sistema di tali controlli sarebbe «di per se' completo ed esaustivo»,
tanto  che, «considerando anche la clausola di salvaguardia di cui al
comma 610»  dell'art. 1 della legge n. 266 del 2005 (secondo cui: «Le
disposizioni  della  presente  legge sono applicabili nelle regioni a
statuto  speciale  e  nelle  province autonome di Trento e di Bolzano
compatibilmente  con  le  norme  dei  rispettivi statuti»), «dovrebbe
ritenersi  che i commi da 166 a 169 non siano destinati ad applicarsi
nel territorio della Regione».
    La'  dove si giunga a diversa conclusione - si precisa ancora nel
ricorso  -  dette  disposizioni «sarebbero illegittime per violazione
dell'art. 60  dello  Statuto, e della riserva di competenza regionale
in esso contenuta».
    Si  tratterebbe,  infatti,  «di un controllo diverso da quello di
gestione ed ulteriore rispetto ad esso», il quale presenterebbe «piu'
carattere   repressivo-sanzionatorio  che  carattere  collaborativo».
Peraltro,  argomenta  la  ricorrente, a mente del comma 169, la Corte
dei  conti  e'  facoltizzata  ad  avvalersi  «di personale degli enti
locali, fino ad un massimo di cinquanta unita', in possesso di laurea
in  scienze  economiche  ovvero  di  diploma  di  ragioniere e perito
commerciale,  collocato  in  posizione  di fuori ruolo o di comando»,
cosi'  da  «interferire  nell'organizzazione degli enti locali, senza
richiedere il loro consenso».
    In   definitiva,   la   Regione   Friuli-Venezia   Giulia  deduce
l'illegittimita'  del «controllo nuovo sugli enti locali, previsto al
di  fuori  del  sistema  statutario»;  l'illegittimita'  del  «potere
normativo  della  Corte  dei conti in materia di controllo sugli enti
locali»;  l'illegittimita' dell'«avvalimento del personale degli enti
locali unilateralmente disposto».
    2. - Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo la reiezione del ricorso.
    Ad  avviso  della  difesa erariale, i motivi di censura sollevati
avverso  i commi da 166 a 169 dell'art. 1 della legge n. 266 del 2005
sarebbero  «palesemente» infondati, in quanto: a) il comma 166 «rende
automatica   la   «trasmissione»  di  relazioni  gia'  ottenibili  su
richiesta»;  b)  il comma 167 riguarderebbe soltanto le «modalita' di
redazione  delle  relazioni»  predette;  c)  il comma 168 prevede una
«specifica pronuncia della Sezione regionale di controllo», la quale,
senza  essere «innovativa», atterrebbe alle «modalita' di espressione
delle Sezioni regionali» e, dunque, a materia di competenza esclusiva
dello  Stato;  d)  il  comma 169 concernerebbe l'organizzazione della
Corte  dei  conti,  «tema  di indubbia competenza statale», mentre il
comando   temporaneo   di   personale   dovra'  «seguire  il  normale
procedimento   stabilito  dalla  legge,  e  quindi  essere  assentito
dall'amministrazione di appartenenza».
    3.  -  In  prossimita' dell'udienza, entrambe le parti costituite
hanno depositato memoria.
    3.1.   -   La  Regione  Friuli-Venezia  Giulia  insiste  per  una
declaratoria di illegittimita' costituzionale dei denunciati commi da
166 a 169 dell'art. 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266.
    La  ricorrente,  nel  contrastare  le argomentazioni svolte dalla
difesa   erariale,   ribadisce   che  la  nuova  forma  di  controllo
disciplinata  dalle  norme impugnate viola l'art. 60 dello statuto di
autonomia  e la norma di attuazione statutaria di cui all'art. 33 del
d.P.R.  n. 902 del 1975, come sarebbe confermato sia dal fatto che la
relazione    degli    organi   degli   enti   locali   di   revisione
economico-finanziaria   (comma  166),  in  precedenza  «ottenibile  a
richiesta», debba ora essere «automaticamente trasmessa» alla Sezioni
regionali  della  Corte  dei conti, sia dalla circostanza che proprio
alla  Corte  dei  conti venga attribuito (e gia' sia stato esercitato
con  le  delibere  n. 6/2006,  n. 11/2006  e n. 2/2007) «il potere di
definire  unitariamente  criteri  e linee guida cui debbono attenersi
gli organi degli enti locali di revisione economico-finanziaria nella
predisposizione della relazione» stessa (comma 167).
    Quanto  poi  al  comma 168,  secondo la difesa della Regione esso
attribuirebbe alle Sezioni regionali della Corte dei conti «un potere
di  controllo ad esse prima non spettante, in violazione - come detto
-  dell'art. 60  Statuto  e  del  d.P.R.  n. 902/1975».  Peraltro, la
violazione  dei  suddetti  parametri  sarebbe confermata dall'art. 7,
comma 7,   della   legge  5  giugno 2003,  n. 131  (Disposizioni  per
l'adeguamento    dell'ordinamento   della   Repubblica   alla   legge
costituzionale  18 ottobre  2001,  n. 3),  il quale, nel disporre che
«resta   ferma   la   potesta'  delle  Regioni  a  statuto  speciale,
nell'esercizio   della   loro  competenza,  di  adottare  particolari
discipline nel rispetto delle suddette finalita», espliciterebbe «che
i  controlli  sugli  equilibri  di  bilancio  degli enti locali nelle
regioni speciali non e' materia di competenza del legislatore statale
ordinario».  E del resto, la norma appena richiamata, unitamente alla
clausola  di  salvaguardia di cui al comma 610 della legge n. 266 del
2005,  farebbe  «ritenere  le norme impugnate inapplicabili [...] nel
Friuli-Venezia Giulia».
    La  Regione  osserva,  altresi', di esser gia' «intervenuta nella
materia   in  questione»  tramite  l'art. 45  della  legge  regionale
9 gennaio  2006,  n. 1  (Principi  e  norme  fondamentali del sistema
Regione  - autonomie locali nel Friuli-Venezia Giulia), il quale, tra
l'altro,  prevede,  «al  fine  di favorire l'esercizio ottimale delle
funzioni  del  sistema delle autonomie locali e la perequazione delle
risorse»,  che «la Regione, d'intesa con il Consiglio delle autonomie
locali,  predispone  strumenti  di monitoraggio e di diffusione delle
informazioni  finanziarie e contabili degli enti locali», istituendo,
peraltro,  l'Osservatorio  regionale  per  la  finanza locale, con il
compito   «di   promuovere   la   corretta   gestione  delle  risorse
finanziarie,  l'applicazione  dei  principi  contabili, la congruita'
degli  strumenti  applicativi  e  la sperimentazione di nuovi modelli
contabili».
    Infine,  quanto al comma 169, la difesa regionale contesta che il
disposto avvilimento del personale degli enti locali possa riguardare
soltanto  l'organizzazione  della  Corte  dei  conti,  tant'e' che la
stessa   Avvocatura   dello   Stato   «prospetta   un'interpretazione
«adeguatrice»  secondo  la  quale  il  comando del personale dovrebbe
«essere assentito dall'amministrazione di appartenenza»».
    3.2. - Il Presidente del Consiglio dei ministri, nel ribadire che
la  proposta  questione  e' priva di fondatezza, osserva che la norma
statutaria  che si assume violata (art. 60) e l'invocata normativa di
attuazione  dello statuto di autonomia (artt. 32-37 del d.P.R. n. 902
del  1975  e successive modificazioni) attengono «soltanto all'organo
deputato ai controlli», individuato nella Corte dei conti, Sezione di
controllo   della   Regione   Friuli-Venezia   Giulia,  e  «non  agli
adempimenti  e  alle  attivita'  strumentali  incombenti  sugli  enti
sottoposti  a  tali  controlli»,  la cui disciplina di riferimento e'
dettata  dal Testo unico sugli enti locali (artt. 147, 148, 198-bis e
227  del  decreto  legislativo 18 agosto 2000, n. 267, recante «Testo
unico  delle  leggi sull'ordinamento degli enti locali»), dal decreto
legislativo  30 luglio  1999,  n. 286  (Riordino  e potenziamento dei
meccanismi  e  strumenti di monitoraggio e valutazione dei costi, dei
rendimenti    e    dei    risultati   dell'attivita'   svolta   dalle
amministrazioni  pubbliche,  a  norma  dell'articolo 11  della  legge
15 marzo 1997, n. 59) e dall'art. 7 della legge n. 131 del 2003.
    La  difesa erariale sostiene, quindi, che il denunciato comma 166
-  ed il comma 167 che ne e' «logico corollario» -, nell'imporre agli
organi  di  revisione  economico-finanziaria  degli  enti  locali  la
trasmissione  alle competenti Sezioni regionali della Corte dei conti
di  una  relazione  sul  bilancio  di  previsione e sul rendiconto di
esercizio,  e'  finalizzato  «a  rendere  piu'  agevole  il controllo
«collaborativo»  della  Corte (v. art. 7, comma 7, l. n. 131/2003) ma
non  incide direttamente sull'organo ne' sulle sue attribuzioni e non
viola  alcuna  disposizione  d'attuazione»,  la'  dove,  peraltro, le
esigenze  di  tutela  dell'unita'  economica  della  Repubblica,  del
rispetto  del  patto  di stabilita' interno e del coordinamento della
finanza  pubblica costituirebbero «piu' che buone ragioni per fondare
il potere esercitato in materia dallo Stato».
    Quanto al comma 168, l'Avvocatura generale dello Stato assume che
la  norma  «nulla innova di sostanziale sulla competenza della Corte»
in  tema  di  «sana  gestione  finanziaria e di rispetto del patto di
stabilita'  interno»  di  cui all'art. 7 della legge n. 131 del 2003;
mentre  la  «specifica  pronuncia» che la Corte e' tenuta ad adottare
non   e'  affatto  la  forma  di  un  nuovo  controllo  di  carattere
repressivo-sanzionatorio, ma il modo ordinario di esprimersi da parte
della  Corte  (delibera,  pronuncia, decisioni, referti)». Del resto,
posto  che  l'art. 37 del d.P.R. n. 902 del 1975, come modificato dal
d.lgs.  n. 125  del  2003,  prevede  un  «adeguamento dinamico» della
normativa  di  attuazione in base al rinvio alle future modificazioni
apportate  da  leggi e regolamenti all'organizzazione della Corte dei
conti, «nessuna violazione della normativa invocata e' ipotizzabile».
    In  ordine  poi  all'avvalimento  di  personale degli enti locali
previsto   dal   comma 169,   oltre   ad   essere  disposizione  solo
«transitoria»  (come  confermato  dal  successivo  comma 175)  e  che
comunque   presupporrebbe,   per   la   sua  operativita',  l'assenso
dell'Amministrazione  di appartenenza, sarebbe comunque «in linea con
l'impegno  assunto dalla Regione con il citato art. 37, comma 3, di -
per di piu' - concorrere all'organizzazione della sezione».

                       Considerato in diritto

    1.  -  La  Regione  Friuli-Venezia  Giulia  ha denunciato, con il
medesimo ricorso, numerose disposizioni della legge 23 dicembre 2005,
n. 266  (Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale  e
pluriennale  dello  Stato  -  legge  finanziaria 2006) e, tra queste,
anche i commi da 166 a 169 dell'art. 1.
    Le  specifiche  questioni  sollevate  su tali ultime disposizioni
devono  essere trattate congiuntamente per omogeneita' della materia,
mentre  quelle  ulteriormente  proposte con lo stesso ricorso avverso
altre  norme  della  medesima  legge n. 266 del 2005 sono riservate a
separate pronunce.
    1.1.  -  Il  comma 166  stabilisce  che  «Ai  fini  della  tutela
dell'unita'  economica  della  Repubblica  e  del coordinamento della
finanza   pubblica,   gli  organi  degli  enti  locali  di  revisione
economico-finanziaria  trasmettono  alle competenti sezioni regionali
di  controllo  della  Corte  dei  conti una relazione sul bilancio di
previsione    dell'esercizio   di   competenza   e   sul   rendiconto
dell'esercizio medesimo».
    Ai  predetti  fini  - secondo quanto previsto dal comma 167 - «La
Corte  dei  conti  definisce  unitariamente criteri e linee guida cui
debbono   attenersi   gli  organi  degli  enti  locali  di  revisione
economico-finanziaria nella predisposizione della relazione di cui al
comma 166,  che,  in  ogni  caso,  deve dare conto del rispetto degli
obiettivi   annuali   posti   dal   patto   di   stabilita'  interno,
dell'osservanza  del  vincolo  previsto  in  materia di indebitamento
dall'articolo 119,  ultimo comma, della Costituzione, e di ogni grave
irregolarita'   contabile   e   finanziaria   in  ordine  alle  quali
l'amministrazione  non  abbia adottato le misure correttive segnalate
dall'organo di revisione».
    In  base  al  successivo  comma 168,  «Le  sezioni  regionali  di
controllo  della Corte dei conti, qualora accertino, anche sulla base
delle  relazioni  di  cui  al comma 166, comportamenti difformi dalla
sana gestione finanziaria o il mancato rispetto degli obiettivi posti
con  il  patto, adottano specifica pronuncia e vigilano sull'adozione
da  parte  dell'ente  locale delle necessarie misure correttive e sul
rispetto  dei vincoli e limitazioni posti in caso di mancato rispetto
delle regole del patto di stabilita' interno».
    Infine, secondo il comma 169, «Per l'esercizio dei compiti di cui
ai  commi 166,  167  e  168,  la Corte dei conti puo' avvalersi della
collaborazione    di    esperti    anche   estranei   alla   pubblica
amministrazione,  sino ad un massimo di dieci unita', particolarmente
qualificati  nelle  materie  economiche,  finanziarie  e statistiche,
nonche',  per le esigenze delle sezioni regionali di controllo e sino
al  completamento delle procedure concorsuali di cui al comma 175, di
personale  degli enti locali, fino ad un massimo di cinquanta unita',
in  possesso  di  laurea  in  scienze economiche ovvero di diploma di
ragioniere  e  perito  commerciale,  collocato  in posizione di fuori
ruolo o di comando».
    1.2.  -  La  ricorrente  sostiene che la disciplina del controllo
della  Corte dei conti nella Regione Friuli-Venezia Giulia e' dettata
dal  d.P.R.  25 novembre  1975,  n. 902  (Adeguamento ed integrazione
delle  norme  di  attuazione  dello  statuto  speciale  della Regione
Friuli-Venezia  Giulia),  come  modificato  dal  decreto  legislativo
15 maggio  2003,  n. 125  (Norme di attuazione dello statuto speciale
della   regione   Friuli-Venezia   Giulia  recanti  modificazioni  ed
integrazioni  al  d.P.R.  25 novembre  1975,  n. 902,  in  materia di
funzioni di controllo della sezione regionale della Corte dei conti),
il cui art. 33 si interessa, segnatamente, del controllo di gestione.
    Inoltre, il controllo sugli enti locali e' affidato, dall'art. 60
dello  statuto  di  autonomia  (legge costituzionale 31 gennaio 1963,
n. 1,   recante   «Statuto   speciale  della  Regione  Friuli-Venezia
Giulia»), ad un organo della Regione «nei modi e nei limiti stabiliti
con  legge  regionale  in  armonia  con  i principi delle leggi dello
Stato».
    Pertanto,  ad  avviso  della  Regione  Friuli-Venezia  Giulia, il
sistema di tali controlli sarebbe «di per se' completo ed esaustivo»,
tanto  che, «considerando anche la clausola di salvaguardia di cui al
comma 610»  dell'art. 1 della legge n. 266 del 2005 (secondo cui: «Le
disposizioni  della  presente  legge sono applicabili nelle regioni a
statuto  speciale  e  nelle  province autonome di Trento e di Bolzano
compatibilmente  con  le  norme  dei  rispettivi statuti»), «dovrebbe
ritenersi  che i commi da 166 a 169 non siano destinati ad applicarsi
nel territorio della Regione».
    1.3.  - La' dove si giunga a diversa conclusione - si precisa nel
ricorso  -  dette  disposizioni «sarebbero illegittime per violazione
dell'art. 60  dello  Statuto, e della riserva di competenza regionale
in esso contenuta».
    Si  tratterebbe,  infatti,  «di un controllo diverso da quello di
gestione ed ulteriore rispetto ad esso», il quale presenterebbe «piu'
carattere   repressivo-sanzionatorio  che  carattere  collaborativo».
Peraltro,  argomenta  la  ricorrente, a mente del comma 169, la Corte
dei  conti  e'  facoltizzata  ad  avvalersi  «di personale degli enti
locali, fino ad un massimo di cinquanta unita', in possesso di laurea
in  scienze  economiche  ovvero  di  diploma  di  ragioniere e perito
commerciale,  collocato  in  posizione  di fuori ruolo o di comando»,
cosi'  da  «interferire  nell'organizzazione degli enti locali, senza
richiedere il loro consenso».
    In definitiva, la Regione Friuli-Venezia Giulia deduce:
        l'illegittimita'  del  «controllo  nuovo  sugli  enti locali,
previsto al di fuori del sistema statutario»;
        l'illegittimita'  del «potere normativo della Corte dei conti
in materia di controllo sugli enti locali»;
        l'illegittimita'  dell'«avvalimento  del personale degli enti
locali unilateralmente disposto».
    2.  -  In via preliminare, deve escludersi l'inoperativita' delle
disposizioni  denunciate  rispetto alla Regione Friuli-Venezia Giulia
in  forza  della  clausola  di  salvaguardia  prevista  dal comma 610
dell'art. 1   della   legge   n. 266   del  2005  (secondo  cui:  «Le
disposizioni  della  presente  legge sono applicabili nelle regioni a
statuto  speciale  e  nelle  province autonome di Trento e di Bolzano
compatibilmente  con le norme dei rispettivi statuti»). In tal senso,
anche  a prescindere da quanto si dira', in prosieguo di motivazione,
circa  la  portata  della  disciplina  oggetto di censura e sulla sua
collocazione nel piu' ampio sistema dei controlli devoluti alla Corte
dei  conti, e' sufficiente ribadire quanto questa Corte ha gia' avuto
modo di affermare (tra le altre, sentenze n. 105 del 2007 e n. 95 del
2007)  in  ordine  alla  eccessiva  vaghezza della formulazione delle
clausole  di  salvaguardia contenute nelle annuali leggi finanziarie,
tanto da rendere le clausole stesse inapplicabili nei confronti delle
autonomie  speciali.  Sicche'  e'  il  citato  comma 610  a non poter
trovare applicazione alla Regione Friuli-Venezia Giulia.
    3. - Nel merito, le questioni non sono fondate.
    3.1.  -  Occorre premettere che le norme censurate introducono un
nuovo   tipo   di   controllo   affidato   alla   Corte   dei  conti,
dichiaratamente  finalizzato  ad  assicurare,  in  vista della tutela
dell'unita'  economica  della  Repubblica  e  del coordinamento della
finanza  pubblica,  la  sana  gestione finanziaria degli enti locali,
nonche'  il  rispetto,  da  parte  di  questi  ultimi,  del  patto di
stabilita'  interno  e  del vincolo in materia di indebitamento posto
dall'ultimo  comma  dell'art. 119  Cost.  Nella  sua  configurazione,
questa  nuova  forma  di  controllo  sviluppa  il quadro delle misure
necessarie per garantire la stabilita' dei bilanci ed il rispetto del
patto  di  stabilita' interno, prescritti dall'art. 7, comma 7, della
legge   5   giugno 2003,   n. 131   (Disposizioni  per  l'adeguamento
dell'ordinamento   della   Repubblica   alla   legge   costituzionale
18 ottobre  2001, n. 3). Infatti e' evidente che, a detti fini, oltre
al  controllo  sulla  gestione  in  senso  stretto, che ha ad oggetto
l'azione amministrativa e serve ad assicurare che l'uso delle risorse
avvenga  nel  modo  piu'  efficace, piu' economico e piu' efficiente,
occorre  avere  riguardo anche all'aspetto, particolarmente rilevante
nell'ambito  del  fenomeno finanziario considerato nel suo complesso,
che  attiene alla allocazione delle risorse e, quindi, alla struttura
ed  alla  gestione  del  bilancio.  Il  controllo in esame, che muove
dall'antecedente   storico,  in  tema  di  controllo  sulla  gestione
finanziaria   degli   enti   locali,   costituito   dall'art. 13  del
decreto-legge  22 dicembre  1981,  n. 786 (Disposizioni in materia di
finanza   locale),   convertito,   con   modificazioni,  nella  legge
26 febbraio   1982,  n. 51,  e  che  integra  una  disposizione  gia'
contenuta  nell'art. 3,  comma 4,  della legge 14 gennaio 1994, n. 20
(Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei
conti),  secondo  la  quale  spetta alla Corte dei conti il controllo
finanziario  sui  bilanci pubblici, pone come oggetto del controllo i
bilanci  preventivi  ed il rendiconto consuntivo, definendo i confini
contabili    nell'ambito    dei   quali   puo'   svolgersi   l'azione
amministrativa.  Esso,  peraltro,  a  differenza  del controllo sulla
gestione  in senso stretto, che si attua mediante programmi stabiliti
dalla  Corte  dei  conti,  sulla base delle priorita' stabilite dalle
Commissioni  parlamentari (art. 1, comma 473, della legge 27 dicembre
2006,  n. 296,  recante  «Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale  e  pluriennale  dello  Stato  - legge finanziaria 2007»), su
materie  scelte  a  campione,  si  svolge  su  documenti di carattere
complessivo e necessario, e con cadenza annuale, poiche' i bilanci ed
i  rendiconti sui quali si esercita hanno, per l'appunto, una cadenza
annuale.
    Tale  controllo, che e' ascrivibile alla categoria del riesame di
legalita'  e  regolarita',  ha  tuttavia  la  caratteristica,  in una
prospettiva  non  piu'  statica (com'era il tradizionale controllo di
legalita-regolarita),  ma  dinamica,  di finalizzare il confronto tra
fattispecie  e  parametro normativo alla adozione di effettive misure
correttive.  Ne consegue che esso assume anche i caratteri propri del
controllo  sulla  gestione  in  senso  stretto  e concorre, insieme a
quest'ultimo,  alla  formazione di una visione unitaria della finanza
pubblica,  ai  fini  della  tutela  dell'equilibrio  finanziario e di
osservanza  del  patto  di stabilita' interno, che la Corte dei conti
puo' garantire (sentenza n. 267 del 2006).
    Si   deve  peraltro  sottolineare  la  natura  collaborativa  del
controllo  disciplinato  dalle  norme  impugnate,  che si limita alla
segnalazione   all'ente  controllato  delle  rilevate  disfunzioni  e
rimette  all'ente  stesso  l'adozione  delle misure necessarie: c'e',
dunque,  una  netta  separazione  tra  la funzione di controllo della
Corte  dei  conti  e  l'attivita' amministrativa degli enti, che sono
sottoposti  al  controllo  stesso.  Ne'  puo'  dirsi che la vigilanza
sull'adozione delle misure necessarie da parte degli enti interessati
implichi  un'invasione  delle  competenze  amministrative  di  questi
ultimi,  poiche'  l'attivita'  di  vigilanza,  limitatamente  ai fini
suddetti, e' indispensabile per l'effettivita' del controllo stesso.
    In questo quadro, appare evidente che il controllo sulla gestione
finanziaria  e'  complementare  rispetto  al controllo sulla gestione
amministrativa, ed e' utile per soddisfare l'esigenza degli equilibri
di bilancio.
    3.2.  - Deve, altresi', essere ricordato che, come gia' affermato
da  questa Corte (tra le altre, sentenza n. 29 del 1995 e, da ultimo,
sentenza n. 267 del 2006), il legislatore e' libero di assegnare alla
Corte  dei  conti  qualsiasi altra forma di controllo, purche' questo
abbia  un  suo  fondamento  costituzionale.  La  sussistenza di detto
fondamento   e'  confortata,  in  primo  luogo,  dall'art. 100  della
Costituzione,  il  quale  assegna  alla  Corte dei conti il controllo
successivo  sulla  gestione  del  bilancio, come controllo esterno ed
imparziale.
    Infatti,  se  e'  vero  che,  al  momento  dell'emanazione  della
Costituzione,  per  indicare l'intera finanza pubblica non poteva non
farsi  riferimento  al  bilancio dello Stato, e' altrettanto vero che
oggi tale dizione deve intendersi riferita non solo al bilancio dello
Stato,  ma  anche  a  quello  di  tutti  gli  altri enti pubblici che
costituiscono,  nel  loro insieme, il bilancio della finanza pubblica
allargata.   Sono  inoltre  da  richiamare  al  fine  suddetto  oltre
all'art. 81    Cost.,    che    pone   il   principio   indefettibile
dell'equilibrio di bilancio, anche gli articoli 97, primo comma, 28 e
119, ultimo comma, Cost.
    Peraltro,  la  previsione  da  parte di una legge dello Stato del
controllo  in  esame rientra nella competenza propria di quest'ultimo
di  dettare  principi nella materia concorrente della «armonizzazione
dei   bilanci   pubblici  e  coordinamento  della  finanza  pubblica»
(art. 117, terzo comma, Cost.).
    4.  -  Alla luce delle argomentazioni che precedono, cadono tutte
le censure dedotte dalla ricorrente.
    4.1.  -  L'art. 60  dello  statuto friulano riguarda, infatti, il
controllo preventivo di legittimita' e non puo', dunque, avere alcuna
attinenza  con  il  tipo  di  controllo  sulla  gestione  finanziaria
previsto dalle disposizioni denunciate.
    Altrettanto e' da dire per l' art. 33 del d.P.R. n. 902 del 1975,
e  successive  modificazioni,  richiamato  nel  ricorso  sebbene  non
esplicitamente evocato come parametro, poiche' questa disposizione si
riferisce al controllo sulla gestione in senso stretto e, quindi, non
puo'  investire la disciplina relativa al controllo di cui alle norme
impugnate.
    In  ogni  caso,  come  evidenziato  in  precedenza,  il controllo
previsto  dai  commi  da 166 a 169 dell'art. 1 della legge n. 266 del
2005,  risulta  dettato  da  esigenze di tutela dell'unita' economica
della  Repubblica  e  di  coordinamento della finanza pubblica, ed e'
finalizzato (nel quadro del controllo disciplinato dalla legge n. 131
del  2003),  con funzione collaborativa, alla tempestiva segnalazione
agli  Enti  interessati  di  situazioni  inerenti  agli  equilibri di
bilancio, per l'adozione delle necessarie misure correttive.
    E  in  siffatta prospettiva, questa Corte, con la sentenza n. 267
del  2006,  ha,  tra l'altro, precisato che la possibilita' data, dal
comma 7  dell'art. 7  della  legge  n. 131  del  2003, alle Regioni a
statuto  speciale, «nell'esercizio della loro competenza, di adottare
particolari  discipline  nel  rispetto  delle suddette finalita», non
pone  in  nessun  caso  in discussione la finalita' di uno strumento,
quale  il controllo sulla gestione delle risorse collettive, affidato
alla  Corte  dei  conti, in veste di organo terzo (sentenza n. 64 del
2005)  a  servizio della Repubblica (sentenze n. 29 del 1995 e n. 470
del  1997), che garantisca il rispetto dell'equilibrio unitario della
finanza  pubblica  complessiva.  Anche perche' - come gia' detto - la
necessita'  di  coordinamento  della finanza pubblica, nel cui ambito
materiale  si  colloca  il controllo esterno sulla gestione, riguarda
pure le Regioni e le Province ad autonomia differenziata, non potendo
dubitarsi che anche la loro finanza sia parte della «finanza pubblica
allargata».
    4.2.  -  Quanto  poi al profilo di censura con cui ci si duole di
«un  potere  normativo  della Corte dei conti in materia di controllo
sugli enti locali» (comma 167), la sua inconsistenza deriva dal fatto
che  l'obbligo  degli  organi  di controllo interno di presentare una
relazione sulla base delle linee guida dettate dalla Corte dei conti,
diretto  unicamente  a  rendere  possibile il controllo esterno della
Corte  stessa, e' un obbligo che discende direttamente dalle norme di
principio  ed  e'  rilevante soltanto al fine di attivare processi di
autocorrezione  (sentenze  n. 29 del 1995 e n. 470 del 1997). Si deve
anzi  sottolineare  che l'utilizzazione dei controlli interni ai fini
della realizzazione dei controlli esterni della Corte dei conti attua
una  disposizione  gia'  contenuta  nell'art. 3, comma 8, della legge
n. 20  del  1994,  e  fa  emergere  ancora  una  volta  il  carattere
collaborativo del controllo in questione.
    4.3.  -  Neppure  e'  fondata  l'ulteriore  censura  che concerne
specificamente  il comma 169, il quale riconosce alla Corte dei conti
la possibilita' di avvalersi, ai fini dell'espletamento del controllo
in  esame,  di  personale degli enti locali collocato in posizione di
fuori  ruolo  o  di  comando, giacche', rispetto ad essa, i parametri
evocati risultano, con tutta evidenza, inconferenti.