ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei  giudizi  di  legittimita' costituzionale dell'art. 593, comma 2,
del  codice  di  procedura  penale, come sostituito dall'art. 1 della
legge  20 febbraio  2006,  n. 46  (Modifiche  al  codice di procedura
penale   in   materia   di   inappellabilita'   delle   sentenze   di
proscioglimento),  e  dell'art. 10 commi 1 e 2, della medesima legge,
promossi  nel  corso di diversi procedimenti penali con ordinanze del
23  marzo,  del 12 aprile, del 17 marzo, del 27 aprile e del 23 marzo
2006  dalla  Corte  militare  d'appello  di  Napoli,  rispettivamente
iscritte  ai nn. 323, 325, 326, 344 e 423 del registro ordinanze 2006
e  pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, nn. 38, 39 e
43, 1ª serie speciale, dell'anno 2006.
    Udito  nella  Camera  di  consiglio del 23 maggio 2007 il giudice
relatore Giovanni Maria Flick.
    Ritenuto  che  con cinque ordinanze, di contenuto sostanzialmente
identico,  la  Corte  militare  d'appello  di Napoli ha sollevato, in
riferimento  agli artt. 3, 111 e 112 della Costituzione, questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 593  del  codice di procedura
penale,  come  sostituito  dall'art. 1  della legge 20 febbraio 2006,
n. 46  (Modifiche  al  codice  di  procedura  penale,  in  materia di
inappellabilita'  delle sentenze di proscioglimento), «nella parte in
cui  non  prevede  per  il  pubblico  ministero  la  possibilita'  di
appellare  le sentenze di proscioglimento al di fuori dei casi di cui
al  comma 2  dello  stesso  art. 593 cod. proc. pen.» e dell'art. 10,
commi 1 e 2, della medesima legge;
        che  il  giudice  a  quo - chiamato a celebrare, a seguito di
impugnazione  del  pubblico ministero, distinti giudizi d'appello nei
confronti  di  imputati  assolti  con  varie  formule  - precisa che,
sopravvenuta  medio  tempore  la legge n. 46 del 2006, il cui art. 1,
sostituendo  l'art. 593  cod.  proc.  pen.,  ha sottratto al pubblico
ministero  il  potere di appellare le sentenze di proscioglimento, le
parti  hanno  chiesto  che  l'appello sia dichiarato inammissibile ai
sensi dell'art. 10, comma 2, della medesima legge;
        che,  quanto alla non manifesta infondatezza della questione,
la   disciplina  censurata  si  porrebbe  in  contrasto  con  plurimi
parametri costituzionali;
        che sarebbe violato, in primo luogo, l'art. 3 Cost., poiche',
negando al pubblico ministero la facolta' di proporre appello avverso
le  sentenze  di  proscioglimento,  la  disciplina censurata preclude
irragionevolmente  all'organo della pubblica accusa di dare «concreta
attuazione  al  principio  dell'obbligatorieta'  dell'azione penale»,
fornendo «il suo doveroso contributo all'accertamento dei reati»;
        che,   inoltre,   sarebbe   irragionevole   e  quindi  lesivo
dell'art. 3   Cost.   privare   la  parte  civile,  che  conserva  la
possibilita'   di   proporre   appello   avverso   le   sentenze   di
proscioglimento, del «sostegno della parte pubblica nell'accertamento
dei profili civilistici» della responsabilita' penale;
        che  sarebbero  altresi' violati i principi della parita' fra
le parti e della ragionevole durata del processo, sanciti nel secondo
comma dell'art. 111 Cost;
        che,  sotto il primo profilo, il rimettente - sul presupposto
che  il  principio  della  parita'  riguardi  anche «gli strumenti di
impulso  funzionali  al  raggiungimento  degli  scopi  che un sistema
processuale   [...]   informato   ai   principi  costituzionali  deve
garantire»  e  fra  questi «l'attuazione della pretesa punitiva dello
Stato  a  tutela  dei primari interessi della collettivita» - osserva
che al pubblico ministero viene negata la possibilita' di ottenere un
completo riesame nel merito delle risultanze processuali poste a base
della sentenza di proscioglimento;
        che,  sotto  il secondo profilo, il rimettente sottolinea gli
effetti  negativi  che  la  nuova  disciplina  determina sui tempi di
definizione  dei processi, in conseguenza della natura esclusivamente
rescindente del giudizio per cassazione;
        che  ancora risulterebbe violato l'art. 112 Cost., poiche' la
normativa  censurata,  sottraendo  al pubblico ministero il potere di
impugnare  le  sentenze di proscioglimento (potere che e' espressione
del  principio  dell'obbligatorieta' dell'azione penale), vanifica il
complessivo assolvimento delle funzioni d'accusa;
        che,   infine,  a  giudizio  del  rimettente,  la  disciplina
transitoria  introdotta  dall'art. 10 della legge n. 46 del 2006, nel
prevedere   l'immediata   applicabilita'  della  nuova  normativa  ai
procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della legge e la
declaratoria  di  inammissibilita'  degli  appelli  proposti a quella
data,  determinerebbe  «una ingiustificata disparita' di trattamento»
dei processi pendenti nei quali il pubblico ministero ha gia' chiesto
l'ammissione  di  nuove  prove  decisive  rispetto ai procedimenti ai
quali  si applica la disciplina a regime e per i quali soltanto opera
la deroga all'inappellabilita' nei casi di cui all'art. 603, comma 2,
cod. proc. pen.
    Considerato  che  il  dubbio  di  costituzionalita'  sottoposto a
questa Corte ha per oggetto la preclusione, conseguente alla modifica
dell'art. 593  del  codice  di  procedura penale ad opera dell'art. 1
della  legge  20 febbraio  2006,  n. 46,  dell'appello delle sentenze
dibattimentali  di  proscioglimento da parte del pubblico ministero e
l'immediata  applicabilita'  di  tale  regime,  in forza dell'art. 10
della  legge, ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore
della medesima;
        che,  stante l'identita' delle questioni proposte, i relativi
giudizi vanno riuniti per essere decisi con unica pronuncia;
        che,  successivamente  alle  ordinanze  di rimessione, questa
Corte  con  sentenza  n. 26  del  2007 ha dichiarato l'illegittimita'
costituzionale   dell'art. 1  della  legge  20 febbraio  2006,  n. 46
(Modifiche   al   codice   di   procedura   penale,   in  materia  di
inappellabilita'  delle sentenze di proscioglimento), «nella parte in
cui,  sostituendo  l'art. 593 del codice di procedura penale, esclude
che  il  pubblico  ministero  possa  appellare  contro le sentenze di
proscioglimento,    fatta   eccezione   per   le   ipotesi   previste
dall'art. 603,  comma 2,  del  medesimo  codice, se la nuova prova e'
decisiva»,  e  dell'art. 10,  comma 2,  della  citata legge n. 46 del
2006,  «nella  parte in cui prevede che l'appello proposto contro una
sentenza  di  proscioglimento dal pubblico ministero prima della data
di   entrata   in   vigore   della   medesima   legge  e'  dichiarato
inammissibile»;
        che, alla stregua della richiamata pronuncia di questa Corte,
gli  atti devono essere pertanto restituiti ai giudici rimettenti per
un nuovo esame della rilevanza delle questioni.