ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 593, comma 2,
del  codice  di  procedura  penale, come sostituito dall'art. 1 della
legge  20 febbraio  2006,  n. 46  (Modifiche  al  codice di procedura
penale   in   materia   di   inappellabilita'   delle   sentenze   di
proscioglimento),  e  dell'art. 10 della medesima legge, promosso con
ordinanza  del  19 aprile  2006 dalla Corte di appello di Catania nel
procedimento  penale  a  carico di A. W. ed altri, iscritta al n. 534
del  registro  ordinanze  2006  e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica, n. 48, 1ª serie speciale, dell'anno 2006.
    Udito  nella  Camera  di  consiglio del 23 maggio 2007 il giudice
relatore Giovanni Maria Flick.
    Ritenuto  che  la  Corte  di  appello di Catania ha sollevato, in
riferimento   agli   artt. 3,   111,   secondo  comma,  e  112  della
Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 593,
comma 2,  del codice di procedura penale, come sostituito dall'art. 1
della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura
penale,   in   materia   di   inappellabilita'   delle   sentenze  di
proscioglimento),  nella  parte  in  cui  non  prevede  l'appello del
pubblico ministero avverso le sentenze di proscioglimento al di fuori
dei  casi,  di  prova  nuova  decisiva, di cui all'art. 603, comma 2,
nonche' dell'art. 10 della medesima legge;
        che   la   disciplina  censurata  violerebbe  ad  avviso  del
rimettente plurimi parametri costituzionali;
        che  sarebbe,  in  primo luogo, irragionevole e quindi lesivo
dell'art. 3  Cost.  consentire  al  pubblico  ministero  di  proporre
appello  avverso le sentenze di condanna (quando la «pretesa punitiva
e'  stata  accolta  e  al  solo fine di richiedere un aggravamento di
pena»)  e  negare  invece  tale  potere in relazione alle sentenze di
proscioglimento  (quando  cioe'  «la  pretesa  punitiva» non e' stata
soddisfatta);
        che  la  disciplina  censurata,  inibendo  tanto  al pubblico
ministero   che   all'imputato   l'appello  avverso  le  sentenze  di
proscioglimento,  realizzerebbe  inoltre una «parita' solo apparente»
tra le parti, atteso che il limite al potere di impugnazione opera in
realta'  solo  nei  confronti  di  quella  parte  che ha interesse ad
impugnare   le   sentenze  di  proscioglimento,  ovvero  il  pubblico
ministero,  con  conseguente violazione dell'art. 111, secondo comma,
Cost;
        che,  ad  avviso del rimettente, la limitazione del potere di
appello  del  pubblico ministero determina anche una violazione degli
artt. 3  e  111,  secondo  comma,  Cost. sotto il profilo del diverso
trattamento  riservato  alla  parte civile, che conserva il potere di
proporre appello avverso le sentenze di proscioglimento;
        che  sarebbe evidente il contrasto della disciplina censurata
con  il  principio  della  ragionevole durata del processo (art. 111,
secondo  comma,  Cost.),  vanificato da una normativa transitoria per
effetto  della  quale,  in  caso  di  accoglimento  del  ricorso  per
cassazione  contro  la  sentenza  di assoluzione di primo grado, deve
essere disposto il rinvio non piu' al giudice d'appello ma al giudice
di  primo grado, con conseguente reiterazione dei gradi di giudizio e
con effetti anche sui termini di prescrizione dei reati;
        che  infine  il  rimettente,  richiamando  la  giurisprudenza
costituzionale  sul  principio di obbligatorieta' dell'azione penale,
ritiene  violato  anche l'art. 112 Cost., poiche' la soppressione del
potere  di  appello del pubblico ministero impedisce all'organo della
pubblica  accusa  di «coltivare la pretesa punitiva dello Stato [...]
attraverso  la  richiesta  al  giudice superiore di riesame dei fatti
affermati nella sentenza assolutoria».
    Considerato  che  il  dubbio  di  costituzionalita'  sottoposto a
questa Corte ha per oggetto la preclusione, conseguente alla modifica
dell'art. 593  del  codice  di  procedura penale ad opera dell'art. 1
della  legge  20 febbraio  2006,  n. 46,  dell'appello delle sentenze
dibattimentali  di  proscioglimento da parte del pubblico ministero e
l'immediata  applicabilita'  di  tale  regime,  in forza dell'art. 10
della  legge, ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore
della medesima;
        che  il  rimettente omette qualsivoglia motivazione in ordine
alla rilevanza della questione, solo apoditticamente affermata;
        che, in particolare, il rimettente non precisa se il giudizio
a  quo  tragga  origine  dall'appello proposto dal pubblico ministero
avverso una sentenza di proscioglimento;
        che  a  siffatte  omissioni  consegue,  secondo  la  costante
giurisprudenza  di  questa Corte, la manifesta inammissibilita' della
questione  (v., ex plurimis, le ordinanze n. 132, 127, 92, 91 e 6 del
2007).
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87  e  9,  comma 2,  delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.