ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 593, comma 2,
del  codice  di  procedura  penale, come sostituito dall'art. 1 della
legge  20 febbraio  2006,  n. 46  (Modifiche  al  codice di procedura
penale   in   materia   di   inappellabilita'   delle   sentenze   di
proscioglimento),  promosso  con  ordinanza  del 26 aprile 2006 dalla
Corte di appello di Milano nel procedimento penale a carico di P. A.,
iscritta  al  n. 553  del  registro ordinanze 2006 e pubblicata nella
Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica,  n. 49,  1ª  serie  speciale,
dell'anno 2006.
    Udito  nella  Camera  di  consiglio del 23 maggio 2007 il giudice
relatore Giovanni Maria Flick.
    Ritenuto  che  la  Corte  di  appello  di Milano ha sollevato, in
riferimento  agli  artt. 3  e 111, secondo comma, della Costituzione,
questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 593, comma 2, del
codice  di  procedura penale, come sostituito dall'art. 1 della legge
20 febbraio  2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale, in
materia di inappellabilita' delle sentenze di proscioglimento), nella
parte  in cui prevede che il pubblico ministero puo' proporre appello
avverso  le  sentenze  di  proscioglimento  solo nelle ipotesi di cui
all'art. 603,  comma 2,  cod.  proc.  pen.,  se  la  nuova  prova  e'
decisiva;
        che  il  rimettente - premesso di essere chiamato a celebrare
il  giudizio  di  appello  a  seguito  di  impugnazione  proposta dal
pubblico ministero avverso una sentenza di assoluzione pronunciata in
primo  grado  -  afferma  che  la  questione proposta e' senza dubbio
rilevante   poiche',   essendo  entrata  in  vigore  nelle  more  del
procedimento  la  legge  n. 46  del  2006 e non essendo state dedotte
nuove   prove,  l'appello  del  pubblico  ministero  dovrebbe  essere
dichiarato inammissibile ai sensi dell'art. 10 della medesima legge;
        che,  quanto alla non manifesta infondatezza, sarebbe violato
in  primo  luogo  il  principio della parita' tra le parti (art. 111,
secondo comma, Cost.), in quanto la disciplina censurata, privando il
pubblico  ministero  e  l'imputato  della  possibilita'  di  proporre
appello  avverso  le sentenze di proscioglimento, lungi da realizzare
una condizione di parita', pone l'organo della pubblica accusa in una
«posizione  deteriore» rispetto all'imputato, giacche' essa verrebbe,
nella  sostanza, a limitare il potere di impugnazione di quella sola,
fra  le  parti, che ha interesse a dolersi di tali sentenze, ossia il
pubblico ministero;
        che sarebbe inoltre configurabile la violazione del principio
di   ragionevolezza   sotto  almeno  due  distinti  profili:  sarebbe
irragionevole,  innanzitutto,  aver soppresso il potere d'appello del
pubblico ministero avverso le sentenze di proscioglimento e mantenuto
allo  stesso  tempo in capo all'imputato il potere di appello avverso
le  sentenze  di  condanna;  ed,  ancora,  sarebbe irragionevole aver
conservato all'organo della pubblica accusa il potere di impugnazione
nel  merito  delle  sentenze  di condanna ed avergli sottratto invece
analogo potere nei confronti delle sentenze di proscioglimento;
        che  la disparita' di trattamento, a giudizio del rimettente,
non  trova  alcuna  ragionevole giustificazione nella tutela di altri
interessi   di   rilievo  costituzionale:  in  particolare,  ne'  nel
principio della ragionevole durata del processo, ne' nel principio di
presunzione di non colpevolezza.
    Considerato  che  il  dubbio  di  costituzionalita'  sottoposto a
questa Corte ha per oggetto la preclusione, conseguente alla modifica
dell'art. 593  del  codice  di  procedura penale ad opera dell'art. 1
della  legge  20 febbraio  2006,  n. 46,  dell'appello delle sentenze
dibattimentali di proscioglimento da parte del pubblico ministero;
        che,  successivamente  all'ordinanza  di  rimessione,  questa
Corte,  con  sentenza  n. 26 del 2007, ha dichiarato l'illegittimita'
costituzionale   dell'art. 1  della  legge  20 febbraio  2006,  n. 46
(Modifiche   al   codice   di   procedura   penale,   in  materia  di
inappellabilita'  delle sentenze di proscioglimento), «nella parte in
cui,  sostituendo  l'art. 593 del codice di procedura penale, esclude
che  il  pubblico  ministero  possa  appellare  contro le sentenze di
proscioglimento,    fatta   eccezione   per   le   ipotesi   previste
dall'art. 603,  comma 2,  del  medesimo  codice, se la nuova prova e'
decisiva»,  e  dell'art. 10,  comma 2,  della  citata legge n. 46 del
2006,  «nella  parte in cui prevede che l'appello proposto contro una
sentenza  di  proscioglimento dal pubblico ministero prima della data
di   entrata   in   vigore   della   medesima   legge  e'  dichiarato
inammissibile»;
        che, alla stregua della richiamata pronuncia di questa Corte,
gli  atti devono essere pertanto restituiti al giudice rimettente per
un nuovo esame della rilevanza della questione.