IL TRIBUNALE

    Nella  causa civile di primo grado iscritta al n. 10961 del ruolo
generale  dell'anno  2006,  vertente tra condominio di Viale Giuseppe
Mazzini  n. 119  -  Roma,  in persona dell'amministratore pro tempore
avv.  Umberto  Giugni,  elettivamente  domiciliato  in  Roma al Viale
Giuseppe  Mazzini  n. 117  presso  lo  studio dell'avv. Umberto Maria
Giugni,  che lo rappresenta e difende per procura a margine dell'atto
introduttivo  del giudizio, (attore) e Comune di Roma, in persona del
sindaco  pro  tempore  elettivamente domiciliato in Roma alla via del
Tempio  di  Giove  n. 21  presso gli uffici dell'Avvocatura comunale,
rappresentato e difeso dall'avv. Bruno Ceccarani per procura generale
alle  liti  per  atto  del notaio Giancarlo Mazza dell'8 giugno 2006,
rep.   n. 53010,   (convenuto);   avente   per   oggetto:  azione  di
accertamento  negativo  dell'obbligo  di corresponsione del canone di
occupazione  di  spazi  ed  aree  pubblici,  ha  emesso  la  seguente
ordinanza.
    1.  - Con ricorso depositato il 16 febbraio 2006 il Condominio di
viale  Giuseppe  Mazzini  n. 119  -  Roma ha impugnato la cartella di
pagamento n. 097 2006 00137432 23 emessa dalla Banca Monte dei Paschi
di  Siena  S.p.A., quale concessionario della riscossione dei tributi
per  la provincia di Roma, avente ad oggetto il pagamento della somma
di  Euro  3.303,50 a titolo di canone di occupazione di spazi ed aree
pubblici  (COSAP) in favore del comune di Roma. Deducendo la nullita'
e/o  l'inesistenza  della  notifica  dell'avviso di accertamento, con
conseguente  lesione  del  diritto  di  difesa, nonche' la violazione
della  legge  n. 241/1990 per omessa indicazione del responsabile del
procedimento  e, infine, la prescrizione del diritto alla riscossione
della  somma richiesta, l'attore ha formulato domanda di annullamento
della cartella, previa sospensione dei suoi effetti.
    Disposta  dal  giudice  istruttore  la  conversione  del  ricorso
introduttivo  in  citazione  ed  effettuate  le  opportune  notifiche
dell'atto,  il concessionario della riscossione e' rimasto contumace,
mentre  il  comune  di  Roma si e' opposto all'impugnazione eccependo
innanzi  tutto  il  difetto  di  giurisdizione del giudice ordinario,
trattandosi   di   controversia  devoluta  alla  giurisdizione  delle
commissioni  tributarie  ai  sensi  dell'art. 2,  comma  2, d.lgs. 31
dicembre 1992, n. 546, nel testo modificato dell'art. 3-bis, comma 1,
lett.  b),  d.l. 30 settembre 2005, n. 203, introdotto dalla legge di
conversione, con modificazioni 2 dicembre 2005, n. 248 e, nel merito,
ha   contestato   la  fondatezza  delle  censure  mosse  dall'attore,
concludendo per il rigetto della domanda.
    Tenuta  la  prima  udienza  di  comparizione,  il  giudice  si  e
riservato  di  decidere in ordine alla richiesta di sospensione degli
effetti della cartella impugnata.
    2.  -  La  controversia  -  secondo  quanto  emerge  dagli atti -
riguarda la pretesa del comune di Roma di conseguire il pagamento dei
una  somma  a  titolo di canone di occupazione permanente di spazi ed
aree  pubblici,  istituito  con  regolamento  comunale  approvato con
deliberazione  consiliare  n. 339/1998 e successive modificazioni, ai
sensi  dell'art. 63  d.lgs.  15  dicembre  1997,  n. 446 e successive
modificazioni,  occupazione che il Condominio attore avrebbe posto in
essere  nell'anno  2000.  Per  il  soddisfacimento  di questo credito
l'ente locale ha fatto ricorso alla procedura di riscossione mediante
ruolo,  ai  sensi  dell'art. 17,  comma  2,  d.lgs. 26 febbraio 1999,
n. 46.  Dal  canto  suo  il  Condominio  - proponendo sostanzialmente
un'opposizione ex art. 615, primo comma, c.p.c. - contesta il diritto
del   comune   di   procedere   alla  riscossione  coattiva,  negando
l'esistenza  del  credito azionato, e chiede in primis la sospensione
degli   effetti   della   cartella   di   pagamento  e,  nel  merito,
l'annullamento  dell'atto  impugnato  rectus  l'accertamento negativo
della sua obbligazione).
    E'  evidente  che  qualunque  decisione, compresa quella relativa
all'istanza  di sospensione, non potra' prescindere dall'eccezione di
difetto   di   giurisdizione   sollevata  dal  convenuto.  Il  tenore
inequivoco  della  norma  invocata da quest'ultimo (appartengono alla
giurisdizione  tributaria anche le controversie relative alla debenza
del  canone  per  l'occupazione  di  spazi ed aree pubbliche previsto
dall'art. 63   del  d.  lgs.  15  dicembre  1997,  446  e  successive
modificazioni e' tale da far ritenere fondata l'eccezione, di talche'
dovrebbe  essere  declinata  la  giurisdizione ordinaria in favore di
quella   delle   commissioni   tributarie  Si  dubita,  pero',  della
conformita'  a  Costituzione  di  tale  disposizione  normativa,  che
dovrebbe trovare applicazione nel presente giudizio.
    Da   qui   la   rilevanza   della   questione   di   legittimita'
costituzionale,  che  viene  sollevata  ex officio, atteso che il suo
eventuale   accoglimento,  radicando  la  giurisdizione  del  giudice
ordinario  adito,  comporterebbe  la  valutazione  del  merito  della
controversia, mentre il rigetto determinerebbe l'epilogo del giudizio
con una pronuncia di difetto di giurisdizione.
    3.  -  Riguardo la non manifesta infondatezza della questione, si
dubita  della  legittimita'  della norma richiamata in relazione agli
artt. 25,  primo  comma e 102, secondo comma, Cost. per le ragioni di
seguito indicate.
    3.1.   -  Sono  ormai  indiscussi  i  seguenti  principi:  i)  le
commissioni  tributarie  sono  organi  aventi  natura giurisdizionale
(cio'  e'  stato  ripetutamente  affermato dalla Corte costituzionale
dapprima  con la sentenza n. 287 del 1974 e successivamente ribadito,
ex  pluribus  con  le sentenze n. 215 del 1976, n. 63 del 1982, n. 21
del  1986, n. 50 del 1989); ii) esse sono giudici speciali pienamente
compatibili  con  il  dettato  costituzionale, in quanto preesistenti
alla  Carta  del 1948 - l'art. 102, secondo comma, Cost. vieta invece
l'istituzione  di nuovi giudici speciali - e assoggettati a revisione
-  come  prescritto dalla VI disp. trans. Cost. - inizialmente con il
d.P.R.  26  ottobre 1972, n. 636 e, piu' di recente, con i dd.lgs. 31
dicembre  1992,  nn. 545  e  546  per il loro adeguamento ai principi
costituzionali  (C.  cost.  n. 215/1976 cit., n. 196 del 1982, n. 351
del  1995,  n. 144  del 1998); iii) la loro giurisdizione attiene «in
via  esclusiva  alle  controversie  tributarie» e cio', per un verso,
costituisce  garanzia di compatibilita' con il divieto di istituzione
di  nuovi  giudici  speciali (sentenza n. 144/1998 cit.) e, per altro
verso,  non  si  pone  in  contrasto  con l'art. 113 Cost., che, «nel
nell'affidare la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi
legittimi  contro gli atti della pubblica amministrazione agli organi
di  giurisdizione  ordinaria e amministrativa, non intende escluderne
quegli  organi speciali di giurisdizione, preesistenti all'entrata in
vigore  della  Costituzione  che, come le commissioni tributarie sono
rimaste  in  vita  attraverso  un  procedimento  di revisione ai fini
dell'adeguamento   ai  principi  costituzionali»  (sent.  n. 351/1995
cit.).
    La   giurisdizione   tributaria,  dunque,  e'  una  giurisdizione
speciale  compatibile  con  la  Costituzione  nei  limiti  in  cui le
controversie  ad essa attribuite abbiano ad oggetto soltanto tributi.
In  tal  senso  C.  cost.  n. 144/1998  cit. individua nella «materia
tributaria»  l'oggetto della giurisdizione speciale delle commissioni
tributarie  preesistenti  alla  Costituzione,  delle quali le attuali
commissioni  tributarie  sono  continuatrici,  escludendo  violazioni
della   Carta   costituzionale   ove   quella  giurisdizione  rimanga
«nell'ambito delle controversie tributarie. Anche autorevole dottrina
afferma  che  la  esclusivita'  della  giurisdizione tributaria e' da
intendersi  nel  senso che essa riguarda le controversie tributarie -
come  enudeabili  dall'art. 2  d.lgs.  546/1992  -  ma non certo ogni
controversia  inerente  o  collegata  all'applicazione di tributi. In
definitiva,  costituisce  limite  per  cosi'  dire  intrinseco  della
giurisdizione   tributaria  la  natura  di  tributo  che  la  pretesa
controversa  deve  esibire,  senza che al legislatore possa ritenersi
attribuito  alcun  potere  discrezionale di ampliare l'ambito di tale
giurisdizione cooptando materie affini, collegate o similari a quella
tributaria.   Puo'   allora  ragionevolmente  sostenersi  che  se  la
giurisdizione   esclusiva  delle  commissioni  tributarie  avesse  ad
oggetto  controversie  nelle quali si fa questione di materie diverse
da  quella  tributaria e si controverte di diritti, essa sottrarrebbe
al giudice ordinario controversie rientranti nella sua giurisdizione,
vulnerando  il principio del giudice naturale precostituito per legge
(art. 25, primo comma, Cost.) e il divieto di costituzione di giudici
nuovi  speciali (art. 102, secondo comma, Cost.). Ed e proprio questo
che  si  ritiene essere avvenuto con l'estensione della giurisdizione
delle commissioni tributarie anche - fra le altre - alle controversie
riguardanti  la debenza del canone per l'occupazione di spazi ed aree
pubbliche previsto dall'art. 63 del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 e
successive  modificazioni operata dall'art. 3 bis, comma 1, lett. b),
d.l. n. 203/2005, introdotta con la legge di conversione n. 248/2005.
    3.2. - Invero, la Corte di cassazione ha piu' volte affermato che
la  prestazione  imposta  per l'occupazione di spazi ed aree pubblici
non  ha  piu'  la  natura  giuridica di tributo, che invece rivestiva
precedentemente  all'innovazione  introdotta  con  l'art.  63  d.lgs.
n. 446/1997   cit.   Da  ultimo  Cass.  sez.  un. n. 14864  del  2006
testualmente  afferma  «...secondo  la  giurisprudenza  condivisa  di
questa Corte, il canone per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche,
istituite  dall'art. 63  del  d.lgs.  15  dicembre 1997, n. 446, come
modificato  dall'art. 31  della legge 23 dicembre 1998, n. 448, stato
concepito  dal legislatore come un quid ontologicamente diverso sotto
il  profilo  giuridico, dal tributo (tassa per l'occupazione di spazi
ed  aree  pubbliche,  di  cui al capo II del d.lgs. 15 novembre 1993,
n. 507 ed all'art. 5 della legge 16 maggio 1970, n. 281) in luogo del
quale puo' essere applicato, e risulta configurato come corrispettivo
di  una  concessione  reale  o  presunta  (nel  caso  di  occupazione
abusiva),  dell'uso esclusivo o speciale di beni pubblici Ne consegue
che  le  controversie  attinenti  alla  debenza  del  canone in esame
esumano   dalla   gurisdizione  delle  commissioni  tributarie  (come
delineata dall'art. 2 del d.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546, pur dopo la
sostituzione  operata  dall'art.  12  della  legge  28 dicembre 2001,
n. 448)  e rientrano nell'ambito della competenza giurisdizionale del
giudice  ordinario,  a mente dell'art. 5 della legge 6 dicembre 1971,
n. 1034,  come  modificato  dall'art.  33 del e d.lgs. 31 marzo 1998,
n. 80  (poi  sostituite  dall'art.  7  della  legge  21  luglio 2000,
n. 205»;  nello  stesso  senso  si  erano  gia'  espresse  Cass. sez.
un. n. 1239 del 2005, n. 12167 del 2003. E' vero che la pronuncia del
2006   ignora,  inspiegabilmente,  la  modifica  dell'art.  2  d.lgs.
546/1992  introdotta  dall'art.  3  bis,  comma  1,  lett.  b),  d.l.
n. 203/2005  convertito nella legge n. 248/2005; e' altrettanto vero,
pero',  che  essa ribadisce, apertis verbis, la natura non tributaria
del  canone  in  esame.  Sicche', il problema della compatibilita' di
tale ultima norma con la Costituzione, per le ragioni dianzi esposte,
resta in tutta la sua interezza.
    Ne'  essa  puo' ritenersi superata per effetto delle affermazioni
di  Cass.  sez.  un. n. 4895 del 2006, che ha ritenuto manifestamente
infondata  la questione di legittimita' costituzionale della norma de
qua   prospettata   dalle   parti.   Chiamata  a  pronunciarsi  sulla
giurisdizione  in  una  controversia  inerente  la  tariffa di igiene
ambientale  (TlA),  istituita  con  l'art. 49 d.lgs. 5 febbraio 1997,
n. 22,  la  Cassazione  - dopo un obiter nel quale ha accomunato alle
«incertezze   gia'   insorte   in   materia   in   dottrina  e  nella
giurisprudenza  di  merito»  quelle  nate  in  precedenza «in tema di
c.o.s.a.p.,  scarico  e  depurazione  di  acque  reflue. ed, in minor
misura di imposta comunale sulle pubbliche affissioni» - afferma, per
quanto  interessa  in  questa  sede,  che  la  norma che riconduce le
controversie  in  materia  di  TIA  alla  giurisdizione tributaria si
sottrae al sospetto di illegittimita' costituzionale sotto il profilo
della  possibile  violazione  dell'art. 102  Cost.  e  della VI disp.
trans.  Cost.  per  inosservanza  del  limite della natura tributaria
(richiamato  da  C.  cost.  n. 144 del 1998), limitandosi allo scarno
rilievo che «l'argomento si rivela ... privi di riscontri, tante piu'
se  si  consideri  che  i  «canoni»  indicati  nella disposizione ...
attengono  tutti  ad entrate che in precedenza rivestivano indiscussa
natura  tributaria».  A  parte  l'immediato  rilievo  che  una simile
argomentazione  si risolve in una petizione di principio (i canoni de
quibus  sono  in  realta'  tributi  solo  perche'  gia'  lo  erano in
precedenza),  essa  si  pone  in  netto contrasto sia con le pronunce
specifiche  in  materia  di  COSAP  innanzi  richiamate  sia  con  un
immediato  precedente riguardante proprio la TIA (Cass. sez. un. 3274
del  2006  afferma,  infatti,  essere  pacifico  che  «la prestazione
pecuniaria  imposta  all'utente  del servizio di raccolta dei rifiuti
urbani, a seguito delle modifiche introdotte dall'art. 49 del d.Igs..
5  febbraio  1997, n 22, non abbia natura tributaria»), senza neppure
una   sola   parola   di   spiegazione  del  mutamento  di  indirizzo
interpretativo.  Inoltre,  seguendo  questo orientamento, non e' dato
comprendere perche' mai il legislatore avrebbe attribuito ai comuni e
alle  Province  la  facolta'  di  escludere  l'applicazione, nel loro
territorio, della tassa di occupazione di spazi ed aree pubblici e di
assoggettare  l'occupazione permanente o temporanea di strade, aree e
relativi spazi soprastanti e sottostanti appartenenti al loro demanio
o  patrimonio  indisponibile,  in  sostituzione  di  detta  tassa, al
pagamento  di un canone da parte del titolare della concessione (art.
63, comma 1, d.lgs. 446/1997), se poi l'esercizio di tali facolta' si
risolve nel reintrodurre la tassazione esclusa.
    Piu'  correttamente,  il  legislatore  del 2005 si riferisce alle
controversie  inerenti  «la  debenza  del canone», senza snaturare la
veste  giuridica  della  prestazione,  ma snaturando la giurisdizione
delle   commissioni   tributarie   con  l'attribuire  loro  anche  la
cognizione  di controversie che, secondo i normali criteri di riparto
della giurisdizione, spettano al giudice ordinario. E' infatti logico
sostenere che se le controversie in materia di canoni concessori sono
sottratte  alla  giurisdizione  esclusiva  del giudice amministrativo
(art.  5,  legge n. 1034/1971 nel testo modificato dall'art. 7, legge
205/2000), a maggior ragione esse non appartengono alla giurisdizione
delle  commissioni  tributarie,  ma,  in  quanto  implicanti  diritti
soggettivi perfetti, rientrano nella giurisdizione ordinaria.