IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento n. 513/03 R.G.A.C. tra Novelis Umberto, nato a Rossano il 30 aprile 1942, rappresentato e difeso in forza di procura a margine del ricorso introduttivo dall'avv. Filomena Lepera ed Angela Pirillo ed elettivamente domiciliato presso lo studio delle stesse il Crosia (Cosenza), frazione Mirto, via Saragat n. 6; Contro S.r.l. Olearia Guinnicelli, in persona dell'amministratore l.r.p.t., con sede in Rossano. Per il riconoscimento del diritto alla riassunzione in rapporto di lavoro a tempo determinato. Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue. F a t t o Con ricorso depositato in data 13 marzo 2003 Novellis Umberto conveniva in giudizio la S.r.l. Olearia Guinnicelli allegando: di aver lavorato alle dipendenze della convenuta dal 1965 al 31 marzo 2002 ogni anno con distinti contratti di lavoro a tempo determinato, come operaio, addetto alla distilieria della convenuta (IX liv. CCNL oleari margarinieri); che per l'annata olearia 2002/2003 non era stato riassunto, nonostante espressa manifestazione in tal senso alla convenuta; che di contro erano stati assunti altri lavoratori, nonostante fosse titolare di diritto di precedenza nelle riassunzioni ex art. 23, comma 2, legge n. 56/1987 e 10, commi 9 e 10, d.lgs. n. 368/2001; che quindi aveva diritto al riconoscimento della retribuzione e contribuzione per il periodo in cui non era stato riassunto. Concludeva quindi per il riconoscimento del suo diritto alla riassunzione, del rapporto di lavoro anche per l'annata olearia 2002/2003 con condanna della convenuta al pagamento della retribuzione ed al versamento contributivo. La S.r.l. Olearia Guinnicelli non si costituiva in giudizio e ne veniva dichiarata la contumacia. Questo giudice, con ordinanza del 3 maggio 2004, sollevava questione di legittimita' costituzionale degli artt. 10, commi 9 e 10, e 11, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 368/2001 per violazione dell'art. 76 della Costituzione, nella misura in cui non riconoscono il diritto alla diritto di precedenza nella assunzione presso la stessa azienda e con la medesima qualifica, esclusivamente a favore dei lavoratori che abbiano prestato attivita' lavorativa con contratto a tempo determinato per le ipotesi gia' previste dall'art. 23, comma 2, della legge 28 febbraio 1987, n. 56, nella stessa misura di cui alla legge n. 56/1987. La Corte costituzionale, con ordinanza del 21 giugno 2006, n. 252, ha restituito gli atti a questo giudice, al fine di consentirgli di riesaminare la questione alla luce dello jus superveniens, costituito dalla sentenza della Corte di giustizia 22 novembre 2005 nella causa n. C-144/04 ed in particolare del punto 52 della motivazione. Le ragioni della precedente ordinanza restano immutate per cui la questione deve essere nuovamente sollevata. D i r i t t o Questo giudice dubita della costituzionalita' degli artt. 10, commi 9 e 10, e 11, commi 1 e 2, del d.lgs n. 368/2001 per violazione dell'art. 76 della Costituzione, nella misura in cui non riconoscono il diritto alla diritto di precedenza nella assunzione presso la stessa azienda e con la medesima qualifica, esclusivamente a favore dei lavoratori che abbiano prestato attivita' lavorativa con contratto a tempo determinato per le ipotesi gia' previste dall'art. 23, comma 2, della legge 28 febbraio 1987, n. 56, nella stessa misura di cui alla legge n. 56/1987. Deve rilevarsi che l'art. 23, legge n. 56/1987 e' stato abrogato dall'art. 11, comma 1, d.lgs n. 368/2001 per cui unica disposizione applicabile in subiecta materia, con riguardo al diritto degli operai a tempo determinato alla riassunzione, e' l'art. 10, commi 9 e 10, d.lgs n. 368/2001. Non opera la disposizione di cui all'art. 11, comma 2, del d.lgs n. 368/2001, considerato che il CCNL non disciplina il diritto di precedenza nella assunzione, ma fa riferimento a disposizioni normative ormai abrogate. La questione e' quindi rilevante atteso che all'epoca dei fatti il diritto alla precedenza nella riassunzione, di cui si chiede tutela, non appare riconosciuto. Tanto premesso, allo stato, l'eventuale incostituzionalita' del combinato disposto di cui agli artt. 10, commi 9 e 10, e 11, comma 1, del d.lgs n. 368/2001 potra' portare a diversa decisione della presente controversia. Quanto alla non manifesta infondatezza ritiene questo giudice che al legislatore delegato non era consentito riconoscere diritti in misura inferiore a quanto effettuato dalla precedente disciplina ed in particolare elidere il diritto di precedenza in esame. Il Governo, con il decreto in esame, ha esercitato la delega di cui alla legge 29 dicembre 2000, n. 422, ed, in particolare, l'art. 1, commi 1 e 3, ed allegato B. Il legislatore delegato infatti aveva autorizzato il Governo ad emanare, entro il termine di un anno dalla data di' entrata in vigore della presente legge, i decreti legislativi recanti le norme occorrenti per dare attuazione alle direttive comprese negli elenchi di cui agli allegati A e B della legge delega ed in particolare quindi a dare attuazione alla direttiva 1999/70/CE: direttiva del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all'accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato. Il contenuto della legge delega e' quindi limitato alla attuazione di detta direttiva comunitaria che, giova sottolineare, e' a sua volta di attuazione dell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato (cfr. 14° considerato), avente lo scopo di prevenire ed evitare abusi e discriminazioni ed anzi l'accordo quadro del 18 marzo 1999 e' divenuto esso stesso testo della direttiva attraverso l'art. 1 della stessa. Per verificare il contenuto della delega al Governo ed i suoi limiti, si deve quindi fare riferimento a detto accordo quadro allegato, tra l'altro, alla direttiva stessa. Orbene nel testo dell'accordo non vi e' traccia alcuna della necessita' di vietare il diritto alla precedenza nelle assunzioni, per cui l'abrogazione del diritto di precedenza e' frutto di una scelta del legislatore delegato, in assenza totale di delega, con violazione quindi diretta e palese dell'art. 77 della Costituzione. Ma vi e' un ulteriore ed autonomo profilo di violazione dell'art. 77 della Costituzione. Vi e' infatti espressa disposizione in senso contrario ad una modifica peggiorativa, attraverso la formulazione, nell'accordo quadro allegato alla direttiva stessa, della clausola di non regressione. Quanto al primo profilo (assenza di disposizioni che indicano a ritenere la volonta', anche implicita, di vietare il diritto alla precedenza nelle riassunzioni) si deve rilevare che tutte le clausole dell'accordo hanno lo scopo di vietare che lavoratori a tempo determinato abbiano condizioni di lavoro meno favorevoli dei lavoratori a tempo indeterminato (e' consentito un miglior favore) per cui invero non e' sostenibile una delega per ridurre diritti di prestatori di lavoro a tempo determinato; anzi la clausola 6 al comma 2 presuppone l'inserimento del lavoratore a tempo determinato nel circuito della sua impresa che non e' certo favorito dal disconoscimento del diritto alla precedenza nelle riassunzioni. Quindi ad avviso di questo giudice vi e' una assoluta assenza di delega. Quanto al secondo profilo (divieto espresso di ridurre diritti dei lavoratori in forza di pretesa attuazione dell'accordo, quindi della direttiva di recepimento, quindi della legge delega che ad esse fa riferimento), vi e' la autorizzazione al mantenimento di disposizioni di maggior favore (clausola 8, comma 1) ed anzi la espressa clausola che l'applicazione del presente accordo non costituisce motivo valido per ridurre il livello generale di tutela offerto ai lavoratori nell'ambito coperto dall'accordo stesso (clausola 8, comma 3). Con riferimento specifico alla interpretazione di detta clausola nella direttiva indicata, e' intervenuta la sentenza della Corte di giustizia 22 novembre 2005, resa nel procedimento n. C-144/04 ed in particolare il punto 52 della motivazione. Ad avviso di questo giudice la sentenza della Corte di giustizia evidenzia ulteriormente i profili di illegittimita' costituzionale di cui alla precedente ordinanza di remissione di questo ufficio. La questione della interpretazione della clausola di non regresso era espressamente demandata alla Corte di Giustizia (cfr. punto 31, sub 1-a) La Corte ha statuito che una reformatio in peius della protezione offerta ai lavoratori ... non e' in quanto tale vietata dall'accordo quadro quando non e' in alcun modo collegata con la applicazione di questo e che le restrizioni sono giustificate dalla necessita' di incentivare la occupazione indipendentemente dalla applicazione dell'accordo (punto 54 della sentenza). Nel caso di specie la legge delega consentiva solo decreti per dare attuazione alla direttiva (art. 1): nel dare attuazione con il decreto delegato, il Governo ha riformato in peius la disciplina, per cui detta reformatio e' strettamente collegata all'adempimento dell'obbligo di adeguamento dell'Ordinamento italiano alla direttiva indicata. Considerato che la legge delega consentiva solo l'adeguamento, con il rispetto quindi dei principi e delle disposizioni della direttiva, e rilevato che tra detti principi vi e' il divieto di reformatio in peius della protezione offerta ai lavoratori ove la stessa sia strettamente collegata con la applicazione di questo, si deve dare atto, di contro, che vi e' stata reformatio in peius proprio in stretto collegamento all'adempimento dell'obbligo di adeguamento dell'Ordinamento italiano alla direttiva indicata: e' consequenziale ritenere che vi e' stata espressa violazione della delega. E' violata infatti la prescrizione fissata dalla direttiva, cui invece il legislatore delegato doveva attenersi per effetto della legge delega. Si deve ritenere quindi non solo la assenza di delega, con violazione dell'art. 77 della Costituzione, ma altresi' che il legislatore delegato abbia statuito in aperto contrasto con la delega, con ulteriore profilo di violazione dell'art. 77 della costituzione. Tanto premesso gli atti vanno rimessi al giudice delle leggi per le sue valutazioni in merito.