IL TRIBUNALE Letti gli atti del proc. n. 9/05 R.G.M.P., pendente nei confronti di Scarpato Aldo, nato a Napoli il 5 luglio 1970 e residente in Castel Volturno (CE) alla via Ostia n. 6, attualmente sottoposto a misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S. con obbligo di soggiorno nel comune di residenza per la durata di tre anni, ai sensi della legge n. 575/1965, in forza di decreto emesso da questo tribunale in data 2 agosto 2006; Letta, in particolare, l'istanza avanzata dal difensore di fiducia dello Scarpato a margine dell'udienza del 28 settembre 2006 con la quale egli aveva richiesto al collegio di autorizzare il sottoposto all'utilizzo della propria autovettura nell'ambito del comune di soggiorno obbligato; Fissata udienza camerale per la trattazione, acquisita la documentazione depositata dall'istante; Rilevato che il collegio, a scioglimento della riserva assunta all'esito dell'udienza del 10 ottobre 2006, in cui il pubblico ministero aveva chiesto il rigetto dell'istanza, mentre la difesa del prevenuto aveva insistito per l'accoglimento della medesima, ha disposto la rimessione della causa sul ruolo avendo verificato, nel caso posto all'attenzione del tribunale, la sussistenza di temi di costituzionalita'; Considerato che, pertanto, e' stata celebrata l'udienza del 21 novembre 2006, in cui il collegio ha sentito le parti in ordine agli emergenti profili di costituzionalita'; O s s e r v a Come detto, Scarpato Aldo ha chiesto al collegio di essere autorizzato alla guida della propria autovettura al fine di circolare nel suo comune di residenza, ove sta scontando l'obbligo di soggiorno. Egli, infatti, ha ricevuto dalla Prefettura di Caserta notifica del provvedimento con il quale, stante l'attuale sottoposizione del richiedente a misura di prevenzione della sorveglianza di P.S. con obbligo di soggiorno nel comune di residenza, la p.a. aveva disposto la revoca della patente di guida a lui intestata (cfr. provvedimento del 10 agosto 2006, in atti). A sostegno dell'istanza ha dichiarato in udienza di avere assoluto bisogno dell'abilitazione alla guida in quanto invalido civile affetto da grave patologia cardiaca (cfr. documentazione allegata al procedimento principale), che lo costringe a frequenti ricoveri in ospedale per accertamenti e cure, ai quali e' stato autorizzato, del resto, anche da questo Tribunale. Ha, inoltre, sottolineato che le sue condizioni di salute gli impediscono di deambulare per lunghi tratti, specificando che il non poter guidare lo espone a gravi rischi costringendolo a dipendere da altri in momenti di necessita' (quando, ad esempio, ha avuto bisogno di recarsi con urgenza in ospedale per un controllo). E' stato anche indicato che il non poter guidare pregiudica la possibilita' dello Scampato di tenere una condotta osservante degli obblighi imposti con il provvedimento applicativo della misura, con particolare riferimento alla necessita' di recarsi per la firma una volta a settimana presso la p.g. preposta ai controlli, impedendogli altresi' di darsi ad uno stabile lavoro, come, invece, prescritto nel decreto emesso da questo Tribunale. Infine, il prevenuto ha sostenuto che la patente di guida gli e' necessaria per sopperire attivamente sia alle necessita' quotidiane dei tre figli, di cui uno ancora minorenne, sia alle evenienze straordinarie che potrebbero riguardarli e che comporterebbero la necessita' da parte del sottoposto di potere legittimamente condurre un veicolo. La questione appare particolarmente delicata e rilevante dato che, come risulta dagli atti del fascicolo principale, lo Scarpato ha un figlio di nome Salvatore affetto da gravissimo handicap psico-motorio (tetraparesi spastica), invalido e che fruisce di pensione e di indennita' di accompagnamento (la persona delegata all'accompagnamento e', a quanto consta, proprio il padre): e' evidente, pertanto, ha specificato la difesa, che il non poter disporre della patente di guida espone anche il congiunto del sottoposto a gravissimi rischi di salute, impedendo al padre, in ipotesi, di accompagnarlo in ospedale in caso di necessita'. La materia e' attualmente disciplinata dagli artt. 120, 130 comma 1, lett. b) e 128 (per quanto attiene specificamente alla revisione della patente di guida) del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (nuovo codice della strada): l'art. 120 comprende, tra coloro che non possono ottenere la patente di guida per mancanza dei requisiti morali, le persone che sono state o sono sottoposte alle misure di prevenzione di cui alla legge n. 1423/56 ed alla legge n. 575/65, fatti salvi gli eventuali provvedimenti riabilitativi. L'art. 130, comma 1, lett. b), dello stesso decreto dispone, invece, che la patente di guida e' revocata quando il titolare non sia piu' in possesso dei richiesti requisiti morali e, quindi, anche nel caso che l'applicazione di una misura di prevenzione intervenga dopo il rilascio della patente. Infine, l'art. 128, in tema di revisione della patente, prevede che gli uffici della Direzione generale della M.C.TC., nonche' il Prefetto nei casi previsti dall'art. 187, possono disporre che siano sottoposti a visita medica presso la Commissione medica locale di cui all'art. 119 comma 4 o ad esame di idoneita' i titolari di patente di guida, qualora sorgano dubbi sulla persistenza nei medesimi dei requisiti fisici e psichici prescritti o dell'idoneita' tecnica. L'esito della visita medica o dell'esame di idoneita' sono comunicati ai competenti uffici provinciali della Direzione generale della M.C.T.C. per gli eventuali provvedimenti di sospensione o revoca della patente. Proprio in applicazione dell'art. 120 c.d.s., la Prefettura di Caserta ha disposto la revoca della patente allo Scarnato in data 10 agosto 2006. A fronte di tale sistema normativo che sancisce, come si vede la perdita della patente ovvero l'impossibilita' di un suo rilascio o rinnovo come conseguenza automatica (e non frutto di discrezionalita' amministrativa) dell'applicazione di misure di prevenzione, non e' previsto alcun margine di valutazione in capo al giudice della prevenzione, attraverso il quale si possa - ancora durante la fase giurisdizionale ed in presenza di circostanze straordinarie ed eccezionali tali da ipotizzare una seria lesione di diritti costituzionalmente garantiti del sottoposto e del suo nucleo familiare - incidere sull'automatico ritiro della patente, come pure sull'impossibilita' di ottenerne il rilascio o il rinnovo. Nessuna disposizione alla luce dell'ordinamento in vigore, infatti, consente al giudice procedente di impedire, ovvero di attenuare, tali conseguenze accessorie all'irrogazione della sorveglianza speciale di P.S. Ed alcuna norma gli permette di impedire, qualora sussistano condizioni specifiche particolarmente gravi, il contrasto che a giudizio del collegio viene inevitabilmente a determinarsi tra le esigenze di controllo sociale della persona giudicata pericolosa, cui e' sottesa la misura di prevenzione, e la necessita' di non comprimere diritti costituzionalmente tutelati che vengano in rilievo in capo al sottoposto ed ai suoi prossimi congiunti Pertanto, in applicazione della normativa vigente questo collegio avrebbe dovuto disattendere l'istanza di Aldo Scarpato, essendo precluso al giudice della prevenzione ogni sindacato sull'opportunita' di consentire o meno alla persona sottoposta a misura di ottenere ovvero di conservare la patente di guida. Cio' premesso e diversamente opinando, il Tribunale, in applicazione del potere officioso attribuito al giudice dall'ordinamento, ritiene di dovere sollevare eccezione di incostituzionalita' degli artt. 7-bis, legge n. 1423/1956, 10, comma 5, legge n. 575/1965, nonche' del combinato disposto degli artt. 120, 128 e 130 comma 1 lett. b) del decreto n. 285/1992, per violazione degli artt. 3, 4, 29, 32 e 35 della Costituzione. Il collegio reputa il tema posto di assoluta rilevanza ai fini della presente decisione e ritiene, altresi', non manifestamente infondata la relativa questione. In ordine al primo aspetto, infatti, e' di tutta evidenza come la questione sia rilevante nell'ambito della valutazione, cui e' chiamato questo Tribunale, dell'istanza avanzata da Scarpato Aldo: la stessa andrebbe di sicuro dichiarata inammissibile in applicazione della normativa sopra citata non essendo consentito al giudice della prevenzione di autorizzare il sottoposto a servirsi della patente di guida, atteso che la revoca della stessa (o l'impossibilita' di ottenere l'abilitazione o la revisione) e' configurata de jure condito come automatica conseguenza dell'applicazione di una misura di prevenzione personale, in ordine alla quale vengono in rilievo esclusivamente le specifiche competenze (neppure discrezionali, si ribadisce) dell'autorita' amministrativa sul punto. Cio' in quanto, come accennato, manca allo stato una specifica disposizione che presti efficace tutela - in presenza di situazioni soggettive straordinarie che richiedano salvaguardia in via di urgenza e mettano a repentaglio la stessa affermazione di beni primari dell'individuo - al sottoposto cui sia stata ritirata la patente di guida, come invece risulta normativamente stabilito sia nell'art. 7-bis della legge n. 1423/1956 che nell'art. 10 della legge n. 575/1965. Tali argomentazioni saranno illustrate in dettaglio innanzi. Ulteriore valutazione cui e' chiamato il giudice in questa sede e' quella della non manifesta infondatezza del thema decidendum, dovendosi comprendere se la normativa citata possa o meno dirsi in violazione della Carta costituzionale e se il tema all'attenzione del collegio sia o meno manifestamente infondato: orbene, anche sotto questo profilo, il Tribunale ritiene di potere addivenire ad una conclusione positiva in merito alla non manifesta infondatezza del tema, per cui la questione va rimessa al giudizio della Corte costituzionale. Viene in primo luogo in rilievo la violazione ad opera delle disposizioni de quibus dell'art. 3 della Costituzione, norma che pone il fondamentale principio dell'eguaglianza formale e sostanziale dei cittadini innanzi alla legge. Detta norma, sancendo una regola di parita' non solo apparente ma anche effettiva, si indirizza a tutte le funzioni dello Stato ed impone l'imparzialita' del legislatore sotto due importantissimi aspetti, quello del divieto di discriminazione per ragioni di sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche e condizioni sociali e personali, e quello del divieto di trattare in modo difforme situazioni soggettive riconoscibili come uguali, con il correlativo divieto di trattare in modo eguale situazioni configurabili come diverse. In particolare, questo secondo principio comporta l'obbligo del legislatore di non violare le regole della logica, che costituisce invalicabile limite giuridico all'esercizio di ogni attivita' discrezionale: conseguentemente, andra' dichiarata l'illegittimita' delle norme che appaiano prive del carattere imprescindibile della ragionevolezza, che permea di se' l'intero sistema normativo vigente. Nel caso in esame il collegio rileva che le disposizioni citate del codice della strada realizzano una vistosa violazione della regola di eguaglianza sostanziale contenuta nel menzionato art. 3 della Costituzione, con particolare riferimento alla norma contenuta nell'art. 10 comma 5 della legge 575/1965. In altre parole, si e' di fronte ad una lesione del criterio di ragionevolezza derivante dal trattamento completamente diverso riservato dal Legislatore a due situazioni soggettive senza dubbio qualificabili come analoghe. L'art. 10 citato, infatti, stabilisce che le persone cui sia stato applicata con provvedimento definitivo una misura di prevenzione non possono ottenere licenze o autorizzazioni di polizia e commercio, concessioni di acque pubbliche ovvero di beni demaniali (allorche' siano richieste per l'esercizio di attivita' imprenditoriali), concessioni di costruzione e gestione di opere riguardanti la p.a. e concessioni di pubblici servizi, iscrizioni negli albi di appaltatori o di fornitori di opere, beni e servizi riguardanti la p.a. (e nell'albo nazionale dei costruttori, nei registri della Camera di Commercio per l'esercizio del commercio all'ingrosso e nei registri dei commissionari astatori presso i mercati all'ingrosso), ne' altre iscrizioni o provvedimenti a contenuto autorizzatorio, concessorio o abilitativo per lo svolgimento di attivita' imprenditoriali comunque denominati, ne', infine, contributi, finanziamenti, mutui agevolati ed altre erogazioni dello stesso tipo (comunque denominate) concessi o erogati da parte dello Stato o di altri enti pubblici o delle comunita' europee, per lo svolgimento di attivita' imprenditoriali. Il comma 2 prevede la decadenza di diritto dalle licenze, autorizzazioni, concessioni, iscrizioni, etc... nonche' il divieto di concludere contratti e subcontratti (di appalto, cottimo fiduciario, fornitura di opere, beni o servizi) con la pubblica amministrazione, come conseguenza automatica del provvedimento definitivo di applicazione della misura di prevenzione. Il citato comma 5 statuisce tuttavia, a fronte di una cosi' grave limitazione delle possibilita' personali di lavoro, per le licenze ed autorizzazioni di polizia (ad eccezione di quelle relative ad armi, munizioni ed esplosivi), come pure per gli altri provvedimenti di cui al comma 1, la possibilita' che il giudice escluda le decadenze e i divieti previsti dal menzionato articolo «nel caso in cui per effetto degli stessi verrebbero a mancare i mezzi di sostentamento all'interessato ed alla famiglia». Si offre, in tal modo, al giudice della prevenzione il potere-dovere di agire - in presenza delle condizioni di legge e, quindi, di un grave rischio di lesione degli interessi primari del sottoposto e dei congiunti - a tutela proprio di tali interessi superiori evitando, in tal modo, che si determini nel caso concreto un contrasto tra le esigenze di controllo che costituiscono la ratio della normativa di settore e la necessita' di non incidere gravemente sul soddisfacimento dei bisogni essenziali della persona. Questo collegio, come detto, ritiene che le disposizioni sopra enunciate situazioni soggettive qualificabii come analoghe: il presupposto comune e' infatti l'applicazione di una misura di prevenzione personale, ed in entrambi i casi (ossia in ipotesi di revoca, mancato rilascio e mancata revisione della patente di guida come pure nelle ipotesi di decadenza e divieti sanciti dall'art. 10 comma 1) si e' di fronte all'automatica impossibilita', per effetto del provvedimento giurisdizionale che irroga la misura, del soggetto di ottenere dalla pubblica amministrazione un titolo che lo abiliti al compimento di specifiche attivita', nonche' alla decadenza di diritto (ricostruita come revoca nel caso della patente di guida) delle abilitazioni gia' ottenute dal sottoposto in passato. A fronte di tale identita' di presupposti di partenza e di conseguenze giuridiche, la legge consente al giudice della prevenzione di intervenire - attraverso una valutazione che tenga conto delle circostanze specifiche del singolo caso concreto - escludendo in tutto o in parte i divieti e delle decadenze di cui all'art. 10, comma 1, legge n. 575/1965. Cio' qualora per effetto degli stessi si dovesse determinare una grave compressione delle quotidiane esigenze di vita del sottoposto e della famiglia, tale da configurarsi come mancanza sopravvenuta dei mezzi di sostentamento. Nulla di tutto cio' e', invece, previsto in ordine alla revoca ed al divieto di rilascio e/o rinnovo della patente di guida, laddove sarebbe necessario ed opportuno, a giudizio di questo collegio, consentire anche in tali ipotesi un vaglio giurisdizionale riconoscendo al giudice procedente la possibilita' di intervenire escludendo - ovviamente all'esito di una attenta ponderazione del singolo caso e, lo si ripete, in presenza di situazioni straordinarie tali da determinare una lesione inevitabile di diritti costituzionalmente tutelati - tali conseguenze dell'applicazione di misura di prevenzione nel caso in cui le stesse comportassero le menzionate, gravissime, difficolta' al sottoposto ed alla sua famiglia. E' di tutta evidenza, infatti, come il giudice della prevenzione sia l'unico soggetto che puo' intervenire nel caso concreto ed evitare, in tal modo, il contrasto tra gli interessi sopra ricostruiti, entrambi in astratto meritevoli di tutela. La circostanza che il sistema non consenta tale evenienza determina, a giudizio del collegio, una effettiva lesione di alcuni dei diritti fondamentali della persona tutelati dalla Carta costituzionale. La competenza del giudice procedente comporterebbe, invece, la possibilita' di accertare in concreto e sulla base delle specifiche emergenze istruttorie in atti, se, ad esempio, gli elementi di fatto dai quali e' stata fatta discendere l'affermazione della pericolosita' sociale del soggetto fossero connessi proprio all'uso della patente, o ancora se la possibilita' di mantenere (ovvero ottenere) la patente di guida si presenti semplicemente come strumento per la tutela di diritti primari propri e della famiglia. In tal senso, infatti, potrebbe verificarsi che il giudice della prevenzione addivenga ad autorizzare il sottoposto alla guida anche limitatamente alla tutela di questi diritti. E' di tutta evidenza, infatti, come l'impossibilita' di detenere una patente di guida appaia circostanza tale da incidere in maniera assai negativa sulle quotidiane attivita' del sottoposto, giungendo in alcuni casi a pregiudicargli qualsivoglia idonea prospettiva lavorativa e potendo in ipotesi determinare, in tal modo, l'assoluta mancanza dei mezzi di sostentamento allo stesso ed al suo nucleo familiare. In ultima analisi, se tale evenienza viene ricondotta dalla legge alle decadenze ed ai divieti di cui all'art. 10 comma 1 legge n. 575/1965 (riguardanti situazioni particolari di persone che avevano ottenuto o avrebbero potuto ottenere provvedimenti abilitativi o finanziamenti dalla p.a., ovvero ancora stipulare con la pubblica amministrazione contratti) non appare ragionevole escluderla in modo assoluto come conseguenza della privazione della patente di guida, fatto di per se' assai piu' invasivo e limitante, oltre che potenzialnente destinato ad incidere sulla vita quotidiana di un numero di certo maggiore di soggetti. Il criterio di eguaglianza sostanziale di cui all'art. 3 della Costituzione subisce, a parere di questo tribunale, un ulteriore diretto vulnus in riferimento al raffronto tra il combinato disposto delle norme censurate e l'art. 7-bis della legge n. 1423/1956, nella parte in cui prevede che qualora ricorrano gravi e comprovati motivi di salute le persone sottoposte all'obbligo di soggiorno possano essere autorizzate a recarsi in un luogo determinato fuori del comune di residenza o di dimora abituale ai sensi degli accertamenti sanitari e delle cure indispensabili. La disposizione, peraltro interpretata dai giudici e dalla stessa Corte Costituzionale con una certa ampiezza (tanto da ricomprendere ormai non solo gli stringenti e testuali motivi di salute del sottoposto, ma anche di stretti congiunti, oltre che comprovate esigenze familiari, latu sensu affettive, professionali e di tutela del diritto di difesa mediante la partecipazione ad udienze), consente al giudice della prevenzione di autorizzare il sottoposto a lasciare il comune di soggiorno obbligato per sopperire alle menzionate esigenze; orbene, l'impossibilita' del sottoposto di condurre un veicolo non puo' che incidere negativamente sul contenuto di tale autorizzazione, rendendola in alcuni casi del tutto inattuabile. Non sorretto da ragionevolezza appare, quindi, l'aver, per un verso, attribuito al giudice il potere-dovere di consentire al sottoposto, in presenza delle condizioni di legge, di allontanarsi dal luogo di soggiorno obbligato per soddisfare necessita' evidentemente ritenute dal legislatore di assoluta rilevanza, precludendogli, per altro verso, ogni sindacato sull'opportunita' o meno nel singolo caso della privazione della patente di guida. Che si presenta come fatto idoneo ad incidere significativamente sulla concreta possibilita' di fruizione di detta autorizzazione, con correlativo sacrificio delle esigenze alla cui salvaguardia e' stato dettato l'art. 7-bis. Il tema ora posto involge necessariamente la disamina di ulteriori profili di violazione dei principi sanciti dalla Carta costituzionale. L'art. 4 della Costituzione sancisce, infatti, il riconoscimento da parte della Repubblica del diritto al lavoro, promuovendo altresi' le condizioni che rendano effettivo tale diritto; ogni cittadino ha, inoltre, il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilita' e la propria scelta, un'attivita' che contribuisca al progresso materiale e spirituale della societa'. Quello al lavoro e' stato, dunque, individuato come un vero e proprio diritto, per sottolineare l'imperativita' dell'esigenza costituzionale, morale e civile, connessa sia alla pretesa del cittadino alla creazione da parte dello Stato di occasioni di lavoro, sia alla eliminazione di qualsivoglia interferenza nella scelta, nelle modalita' di esercizio e nello svolgimento dell'attivita' lavorativa. La disposizione e' attuata dall'art. 35 della Costituzione, a norma del quale la Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni. Corollario ed applicazione ditali principi e' proprio il fatto che la legge n. 1423/56 all'art. 5 comma 2, nell'ambito delle prescrizioni che il giudice della prevenzione puo' applicare al sottoposto, preveda anche quella di darsi alla ricerca di una stabile occupazione. Cio' dimostra la forte valenza risocializzatrice del lavoro individuata dal legislatore del 1956 e rende, per altro verso, contraddittorio precludere - automaticamente e senza alcuna possibilita' di un vaglio giurisdizionale - al sottoposto lo svolgimento di tutte le attivita' professionali che necessitino del possesso della patente di guida, allorche', come nel caso in esame, cio' comporti, per la specifica condizione fisica del richiedente, la pratica impossibilita' di lavorare e determini conseguentemente l'incapacita' di fare fronte ai bisogni essenziali del suo nucleo familiare. E' evidente che la revoca ed il diniego automatico di rilascio o rinnovo della patente di guida, per tutte le considerazioni sopra enunciate, comprimono in maniera significativa il diritto costituzionalmente tutelato al lavoro, impedendo sovente al sottoposto di svolgere qualsiasi attivita' professionale che richieda l'abilitazione alla guida, ovvero anche solo la necessita' di spostarsi celermente da un luogo ad un altro. Gli artt. 29 e ss. della Carta costituzionale, inoltre, riconoscendo i diritti della famiglia e tracciando per i genitori l'obbligo di mantenere, istruire ed educare i figli, pongono la questione della compatibilita' tra la situazione soggettiva della persona sottoposta a misura di prevenzione perche' ritenuta socialmente pericolosa e l'esercizio del complesso di diritti-doveri riconducibili alla potesta' genitoriale. Non v'e' dubbio, infatti che la privazione della patente di guida si manifesti come fatto idoneo ad incidere in modo assai limitante sull'espletamento di tali diritti-doveri. Ma, atteso che la sottoposizione a misura di prevenzione non e' prevista dall'ordinamento come causa di perdita o sospensione della potesta' genitoriale e considerato che il sottoposto gode di una certa liberta' di movimento all'interno del comune di residenza (nel caso in cui sia stato applicato anche l'obbligo di soggiorno) nel rispetto delle prescrizioni imposte con il provvedimento applicativo della misura appare necessario contemperare efficacemente la necessita' di controllo del sottoposto ed il suo diritto-dovere costituzionalmente sancito di prendersi cura della famiglia. Cio' nei casi in cui l'impossibilita' di guidare determini, in ragione di peculiari situazioni soggettive verificate in concreto, una grave lesione di tale bene giuridico primario. Nel caso in esame la questione acquista particolare rilevanza atteso che uno dei figli del sottoposto e' affetto da una gravissima patologia invalidante (tetraparesi spastica), che gli impedisce di attendere autonomamente anche alle minime attivita' quotidiane, di talche' l'impossibilita' di autorizzare lo Scarpato a guidare la sua autovettura - sia pure solo limitatamente al soddisfacimento delle necessita' connesse alle specifiche condizioni di salute del figlio) - rischia di determinare un grave pregiudizio non solo sotto il profilo dell'esercizio dei poteri-doveri genitoriali di cura, ma anche in riferimento alla possibile lesione del diritto alla salute di Scarpato Salvatore. Il profilo personale del sottoposto e del figlio Salvatore, dunque, pone all'attenzione del collegio un ulteriore profilo di rilevanza costituzionale, quello concernente la salvaguardia del loro fondamentale diritto alla salute. L'art. 32 della Costituzione traccia, infatti, un limite all'inviolabilita' della persona fisica per ragioni di salute laddove tutela la salute stessa come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettivita' e statuisce che in nessun caso la legge puo' violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana. Nel caso in esame il tribunale rileva che il richiedente e' persona dichiarata invalida ed affetta da grave patologia cardiaca, circostanza che gli preclude una serie di attivita' altrimenti elementari, come il deambulare per lunghi tratti, e gli rende difficoltoso anche l'accesso ai mezzi di trasporto pubblico. Cio' determina in concreto l'impossibilita' che egli, privato della patente di guida sol perche' sottoposto a misura di prevenzione, goda di un'efficace tutela del suo incomprimibile diritto alla salute: egli non puo', infatti, spostarsi autonomamente qualora abbia urgente bisogno di cure mediche e non trovi alcuno disposto a farsi carico del suo accompagnamento e rischia, anzi, di aggravare il suo quadro clinico dovendosi spostare a piedi. Come detto innanzi, inoltre, egli deve farsi carico anche del figlio Salvatore, colpito da handicap psicomotorio, le cui serie condizioni di salute possono comportare la necessita' di interventi immediati di urgenza, ad esempio con l'accompagnamento presso un luogo di cura, interventi che attualmente lo Scarpato, stante la revoca della patente, non e' in grado di gestire autonomamente. In questi termini deve ritenersi che la mancanza di una disposizione che consenta al giudice della prevenzione, in presenza di situazioni straordinarie come quella in esame, in cui venga in rilievo la tutela di interessi superiori della persona fisica, costituisca una pericolosa lacuna del sistema vigente, capace di mettere seriamente in pericolo beni di rilevanza primaria. Questo collegio non ritiene che si tratti semplicemente di ipotesi in cui viene in rilievo una scelta discrezionale del legislatore, in quanto a fronte della concreta possibilita' di lesione di un bene primario come il diritto alla salute il giudice procedente deve potere intervenire e fornire, in tal modo, una soluzione specifica che impedisca l'indebita compressione di tali interessi superindividuali In conclusione, il collegio dubita che, alla stregua della normativa vigente, i parametri costituzionali innanzi enunciati (principio di eguaglianza sostanziale, diritto al lavoro, diritto alla salute, tutela della famiglia) siano, in riferimento all'istanza avanzata da Scarpato Aldo, rispettati. Tale dubbio non puo' che determinare la rimessione degli atti alla Corte costituzionale.