Riunita  in  Camera  di  consiglio,  ha  pronunciato  la seguente
ordinanza nella causa civile, in grado d'appello, iscritta al n. 7752
R.G.C.  dell'anno  2001, posta in decisione all'udienza del 16 giugno
2006  tra Sgarbi Vittorio elett. te domiciliato in Roma, via Cicerone
60, presso lo studio degli avv. Stefano Previti e Francesco Bauro che
lo rappresentano per procura generale alle liti, atto notaio Brunelli
del 16 settembre 1996, rep. 28432, racc. 3456, e delega in calce alla
citazione  in appello, appellante e R.T.I. - Reti televisive italiane
S.p.a.,  in  persona del legale rappresentante, elett. te domiciliata
in  Roma,  via  E.  Tazzoli  n. 6,  presso lo studio dell'avv. Romano
Vaccarella  che la rappresenta per delega in margine alla comparsa di
costituzione nel presente grado del giudizio, appellata ed appellante
incidentale;  Bocassini  Ilda, elett. te domiciliata in Roma, via Col
di Lana 11, presso lo studio dell'avv. Carlo d'Inzillo che unitamente
all'avv. Francesco  Borasi  del  Foro  di Milano la rappresentano per
procura a margine dell'atto di citazione in primo grado, appellata.
    Oggetto:  diffamazione,  sentenza  del  Tribunale  civile di Roma
n. 20106/2001 depositata in data 28 maggio 2001.
  Conclusioni:  all'udienza  del  16 giugno 2006, le parti costituite
concludevano come in atti.

                        Considerato in fatto

    Bocassini  Ilda, magistrato, ha convenuto dinanzi al Tribunale di
Roma  l'on. Sgarbi  Vittorio  e la R.T.I. S.p.a., titolare della rete
televisiva  Canale  5,  per  sentirli  condannare al risarcimento dei
danni  da  lei  subiti  per  essere  stata  diffamata nel corso della
trasmissione «Sgarbi quotidiani» del 2 gennaio 1998.
    Lamentava  l'attrice  che  lo  Sgarbi nella suddetta trasmissione
l'aveva accusata di avere determinato la morte del magistrato Michele
Coiro  per  «crepacuore» causa una indebita iniziativa giudiziaria da
lei  intrapresa  alla  Procura  di  Milano,  in  tal  modo gravemente
diffamandola.
    In  particolare  nella  suddetta trasmissione lo Sgarbi faceva le
seguenti  testuali  affermazioni: «...dalle vicende Bocassini dipende
anche  la  morte  di  uno  dei  magistrati piu' seri d'Italia Michele
Coiro.  Michele  Coiro  e' stato ucciso. E' stato cacciato, il CSM ha
stabilito  che  non  poteva  essere  piu' procuratore e quindi lui ha
scelto  prontamente  di  andare al Ministero e poi e' morto. Morto di
crepacuore.  Questa  e'  la conseguenza di un'azione iniqua di cui la
Bocassini potrebbe essere perseguita non soltanto per abuso, ma anche
come  stimolatrice  di  una  conseguenza tragica, come chi tenendo in
carcere  taluno lo induca al suicidio, fra chi porta un tale male nel
cuore  di un uomo, con la volonta' di inquisire e opprimere un potere
che  e'  quello simboleggiato dalla Procura di Roma, che in quel caso
il  Procuratore era Coiro e contro di lui andava l'azione di principi
che partiva da Milano...».
    Costituitisi,  entrambi  i  convenuti chiedevano il rigetto della
domanda  e,  in  particolare,  lo Sgarbi eccepiva di aver agito quale
membro del Parlamento esprimendo valutazioni di carattere politico in
ordine  alla vicenda, e chiedeva l'applicazione dell'immunita' di cui
all'art. 68 della Costituzione.
    Con  la  sentenza  indicata in oggetto il tribunale accoglieva la
domanda  risarcitoria  proposta e condannava i convenuti in solido al
pagamento,   in  favore  dell'attrice,  di  " 50.000.000  oltre  alla
rifusione delle spese di lite.
    Avverso  tale  decisione proponeva appello lo Sgarbi che chiedeva
la   riforma  della  decisione,  con  il  rigetto  della  domanda  di
controparte, allegando la insindacabilita' delle opinioni espresse e,
comunque,  la  loro  non  offensivita'.  In via subordinata, chiedeva
ridursi la somma determinata dal tribunale.
    Costituitasi  la  R.T.I.  S.p.a.,  proponeva  appello incidentale
chiedendo  la  riforma  della  sentenza  con il rigetto della domanda
attorea e, in subordine, la riduzione della somma liquidata; deduceva
a)   l'erronea   applicazione  dell'art. 68  della  Costituzione;  b)
l'erronea  valutazione  del  fatto;  c)  l'eccessivita'  della somma,
sottolineando  la  propria  estraneita' alle affermazioni fatte dallo
Sgarbi nel corso di una conferenza stampa o per trasmissioni di altre
reti.
    All'udienza  del  16 giugno 2006 veniva depositata delibera della
Camera  dei  deputati in data 26 gennaio 2005, la quale stabiliva che
«i  fatti  oggetto  del procedimento concernono opinioni espresse dal
deputato Sgarbi nell'esercizio delle sue funzioni», e la causa veniva
trattenuta  in  decisione, previa concessione dei termini di rito per
il deposito degli atti difensivi.

                       Considerato in diritto

    La  Camera dei deputati, nella citata delibera, ha ritenuto che i
fatti  oggetto  del  procedimento  in  esame  concernessero  opinioni
espresse dallo Sgarbi nell'esercizio delle sue funzioni parlamentari.
    Tale affermazione non e' in alcun modo condivisibile.
    Va   qui   ribadita   la   costante  giurisprudenza  della  Corte
costituzionale,  secondo  cui, per l'esistenza di un nesso funzionale
tra  le  dichiarazioni  rese  extra  moenia da un parlamentare (nella
specie,  nel  corso  di  un programma televisivo, quale «opinionista»
conduttore della trasmissione) e l'espletamento delle sue funzioni di
membro  del  Parlamento, e' necessario che tali dichiarazioni possano
essere  identificate  come  espressione  dell'esercizio  di attivita'
parlamentare  (cfr.,  tra le piu' recenti, sentenze n. 10 e n. 11 del
2000,  n. 164,  n. 176  e  n. 193  del  2005, n. 249, n. 258, n. 260,
n. 317  e  n. 335  del  2006). Tale nesso richiede una corrispondenza
sostanziale  di contenuto fra attivita' parlamentare e dichiarazioni,
non  essendo  sufficiente  una  mera comunanza di tematiche (sentenze
n. 508 del 2002, n. 235 del 2005 e n. 231 del 2006).
    Peraltro  il  nesso  funzionale  tra  l'attivita'  parlamentare e
l'opinione  espressa  e' richiamato anche dalla legge n. 140 del 2003
attuativa dell'art. 68, primo comma della Costituzione.
    Nel  caso  di  specie  e'  pacifico che l'onorevole Sgarbi, nella
conduzione  della trasmissione televisiva che portava il suo nome non
svolgeva la sua funzione parlamentare neppure sub specie di attivita'
connessa,  ma  esercitava un'attivita' professionale di conduttore ed
opinionista televisivo nell'ambito di un rapporto d'opera, retribuito
in forza di un contratto concluso con una parte privata.
    Non  puo',  pertanto,  nel  caso  di  specie trovare applicazione
l'art. 68, primo comma della Costituzione.