IL TRIBUNALE

    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza di rimessione alla Corte
costituzionale  della  questione  di  legittimita' costituzionale, in
relazione   agli   articoli  3  e  24  della  Costituzione  italiana,
dell'art. 35,  comma 26-quinquies, della legge 4 agosto 2006, n. 248,
nella  parte  in  cui ha introdotto la lettera e-ter) all'art. 19 del
decreto  legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, che ha attribuito alla
giurisdizione   delle  commissioni  tributarie  i  ricorsi  contro  i
provvedimenti  di  fermo amministrativo di cui all'art. 86 del d.P.R.
29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni, proposti anche
dai  terzi  opponenti,  proprietari  di  beni mobili registrati e non
aventi alcun contenzioso pendente dinanzi alle predette commissioni;
    Nella  causa  civile iscritta al n. 3042/2006 R.G.A.C. e promossa
da  Filisetti  Antonio,  rappresentato  e  difeso  dall'avv. Riccardo
Silvestri  del  foro  di  Novara,  ricorrente  contro  Sestri S.p.a.,
rappresentata  e difesa dall'avv. Eugenio Novario del foro di Novara,
convenuta.
    Oggetto:   opposizione   di   terzo  alla  iscrizione  del  fermo
amministrativo su veicoli non di proprieta' del debitore contribuente
esecutato.
    Letti  gli  atti  e  i  documenti  della causa, lette le comparse
conclusionali dei difensori delle parti;
                       Osservato quanto segue
    Il   ricorrente   di   cui   sopra,  con  ricorso  depositato  il
21 settembre  2006 presso la cancelleria del giudice della esecuzione
del   Tribunale   di  Novara,  ha  proposto  opposizione  avverso  la
iscrizione  del  fermo  amministrativo  su  due  autoveicoli  di  sua
proprieta'  che  erano appartenuti al debitore esecutato contribuente
CET  SAS  e  che  pero'  erano  stati venduti ad un'asta pubblica del
28 febbraio  2005 a cui l'opponente aveva partecipato, aggiudicandosi
detti  beni  mobili  registrati,  sui  quali,  in  seguito, la Sestri
S.p.a., concessionaria della riscossione dei tributi per la Provincia
di  Novara,  aveva  emesso  in data 10 giugno 2006 i provvedimenti di
fermo amministrativo (trascritti in data 25 ottobre 2006) su entrambi
gli  automezzi  pregiudicandone  il  loro  uso da parte del legittimo
proprietario opponente.
    Il g.e. sospendeva la efficacia del fermo amministrativo fissando
per   la  comparizione  delle  parti  dinanzi  a  se'  l'udienza  del
17 novembre 2006.
    A  tale  udienza  la  Sestri  S.p.a.  si  costituiva  in giudizio
affermando   che   nella   fattisecie   la   competenza  (rectius  la
giurisdizione)   a   conoscere   della   controversia  spettava  alla
Commissione  tributaria provinciale di Novara, ai sensi dell'art. 35,
comma  26-quinquies  introdotto dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, di
conversione  in  legge  del  decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, che
aveva  modificato  l'art. 19  della d.lgs. n. 546/1992 aggiungendo la
lettera  e-ter)  con  la  quale  veniva disposto che alle commissioni
tributarie   poteva   essere   proposto   ricorso  avverso  il  fermo
amministrativo  dei  beni  mobili  registrati  di cui all'art. 86 del
d.P.R. n. 602/1973 e successive modificazioni, con la conseguenza che
il giudice ordinario non aveva piu' giurisdizione in materia di fermo
amministrativo.
    L'opponente  invece,  con  la  presentazione  del  ricorso  e  il
deposito    di    documentazione,    insisteva   implicitamente   per
l'affermazione  della  giurisdizione  del  giudice  ordinario  per la
particolare  fattispecie  posta  all'esame  di  quest'ultimo,  ovvero
perche'  la  opposizione  da  parte  di un terzo proprietario di beni
mobili  registrati,  sottoposti  a  provvedimento  di  fermo  pur non
essendo  piu'  intestati  al debitore contribuente esecutato da parte
della  Sestri  S.p.a., non era collegata ad alcun rapporto tributario
oggetto di controversia pendente dinanzi alle Commissioni tributarie:
infatti  il  terzo  opponente  non  contestava  la legittimita' della
pretesa  tributaria fatta valere nei conforti del debitore esecutato,
ma  l'applicazione del fermo a beni mobili di sua proprieta', diritto
soggettivo  assoluto  che  chiedeva  di  difendere dinanzi al giudice
ordinario.
    Il  giudice, fatte precisare le conclusioni e trattenuta la causa
a  sentenza, con la presente ordinanza ritiene di sollevare d'ufficio
la  questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 35,  comma
26-quinquies,  della  legge n. 248/2006, che ha introdotto la lettera
e-ter  all'art. 19 del d.lgs. n. 546/1992, in relazione agli articoli
3  e  24  della  Costituzione,  e  quindi di dover rimettere suddetta
questione  alla  Corte  costituzionale  che  risulta  rilevante e non
manifestamente infondata per i seguenti motivi.
    1) Rilevanza della questione nella controversia de quo.
    La  questione  della affermazione della giurisdizione del giudice
ordinario  risulta  assolutamente  rilevante  nel procedimento de quo
perche'   l'art. 35,   comma   26-quinquies,   della   citata   legge
n. 248/2006,   sembra  deporre  chiaramente  per  l'esclusione  della
giurisdizione   del   giudice   ordinario   in  ogni  caso  di  fermo
amministrativo   (anche   non  collegato  ad  un  ricorso  di  natura
tributaria)   e   quindi   solo  la  pronuncia  della  illegittimita'
dell'articolo  citato,  quanto  meno per la parte in cui devolve alle
commissioni  tributarie  anche  i  ricorsi avverso i provvedimenti di
fermo  amministrativo  proposti dai terzi opponenti (non aventi alcun
contenzioso tributario pendente dinanzi alle commissioni tributarie),
puo' far ritenere la giurisdizione di questo giudice, il quale potra'
cosi'  pronunciarsi  sul  ricorso  valutando  tutte  le prove offerte
dall'opponente.
    2) Non manifesta infondatezza.
    La  questione  della  illegittimita'  costituzionale  del  citato
art. 35,  comma  26-quinquies  della  legge  n. 248/2006  non  e' poi
manifestamente infondata per i seguenti motivi.
    L'esecuzione   esattoriale   di   cui  al  d.P.R.  n. 602/1973  e
successive modificazioni e' un procedimento speciale che tuttavia non
e' affatto sottratto ad un controllo del giudice ordinario, tanto che
gli  istituti  della  esecuzione  forzata  civile,  disciplinati  dal
processo  (esecutivo)  ordinario,  sono ritenuti applicabili anche al
procedimento esecutivo esattoriale.
    In particolare gli artt. 57, 58 e 60 del d.P.R. n. 602/1973, come
modificato dal decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, prevedono
infatti  che  le  opposizioni  all'esecuzione  e agli atti esecutivi,
seppur  in  casi  limitati, nonche' le opposizioni dei terzi, debbano
essere proposte dinanzi al giudice ordinario (giudice dell'esecuzione
civile),  il  quale  ultimo,  per giurisprudenza costante, interviene
anche  nei casi di proposta conversione del pignoramento (ex art. 495
c.p.c.)  e,  di  recente, anche prima della emanazione del decreto di
trasferimento  ai  sensi  dell'art. 586 c.p.c. per la valutazione del
c.d. «giusto prezzo» di vendita (v. pronunce del g.e. di Milano).
    Pertanto,  sottrarre un istituto rilevante del processo esecutivo
esattoriale,  come  il  provvedimento  di  fermo  amministrativo,  al
controllo  del  giudice ordinario non appare ragionevole dal punto di
vista costituzionale, come meglio si approfondira'.
    Il  fermo  amministrativo  e'  infatti un provvedimento che aveva
dato  luogo  ad  un  vivace  dibattito dottrinale e giurisprudenziale
negli  anni  passati e dopo varie pronunce circa la giurisdizione del
giudice  ordinario,  di  quello  amministrativo e/o delle commissioni
tributarie,  la  suprema  Corte di cassazione a sezioni unite, con la
ordinanza n. 2053 del 31 gennaio 2006 ha affermato, su sollecitazione
del  Ministero  della  economia  e  dell'Agenzia  delle  entrate,  la
giurisdizione  del  giudice  ordinario  chiarendo  - sulla base delle
considerazioni   svolte   dal  ricorrente  Ministero  della  economia
(secondo  cui  il  fermo  amministrativo  si caratterizza come misura
cautelare  diretta  a creare le condizioni per l'utile seguito di una
procedura  esecutiva  esattoriale)  -  che  «il fermo amministrativo,
dunque,  e'  atto  funzionale  all'espropriazione  forzata e, quindi,
mezzo  per la realizzazione del credito allo stesso modo con il quale
la  realizzazione del credito e' agevolata dall'iscrizione ipotecaria
del  citato  d.P.R.  n. 602 del 1973, ex art. 77. Se ne ricava che la
tutela  giudiziaria esperibile nei confronti del fermo amministrativo
si  deve  realizzare  davanti  al  giudice  ordinario  con  le  forme
consentite   dal   citato   d.P.R.   n. 602/1973,  vigente  l'art. 57
dell'opposizione   all'esecuzione   o   agli   atti   esecutivi»  (v.
motivazione della citata ordinanza 2053/2006).
    Tali  concetti  sono  stati  di  recente ribaditi nella ordinanza
17 gennaio  2007,  n. 875,  sempre  delle Sezioni unite della suprema
Corte di cassazione, nella quale si ricorda che anche il Consiglio di
Stato   (v.  Sez.  V  n. 4689/2005)  aveva  condiviso  l'orientamento
affermato  dalle  Sezioni  unite  nella  citata ordinanza n. 2053 del
31 gennaio  2006,  relativo  alla giurisdizione del giudice ordinario
(sui  ricorsi avverso il fermo amministrativo disposto su beni mobili
registrati).
    Ora  il  legislatore,  in  sede  di conversione del decreto-legge
n. 223  del 2006 - nonostante che l'Esecutivo non avesse proposto una
simile norma, avendo sostenuto la giurisdizione del giudice ordinario
sia  dinanzi  alle sezioni unite della suprema Corte che dinanzi alla
stessa  Corte  costituzionale  (v.  ordinanza  n. 149  del 2006) - ha
introdotto  il comma 26-quinquies dell'art. 35 della legge n. 248 del
2006,   di   conversione   del   d.l.   n. 223/2006,  consentendo  la
proposizione   del   ricorso   avverso   il  provvedimento  di  fermo
amministrativo  dei  beni  mobili  registrati (soltanto) dinanzi alle
Commissioni   tributarie  (giudice  speciale),  cosi'  eliminando  la
giurisdizione   del   giudice   ordinario,   forse  pensando  ad  una
razionalizzazione  dei  ricorsi  e  delle pronunce nei casi in cui il
contribuente  debitore  avesse  gia'  impugnato  -  prima  del  fermo
amministrativo  - l'atto impositivo o comunque l'atto da cui derivava
la   pretesa   creditoria   fatta   valere  dal  concessionario  alla
riscossione  che  aveva disposto il fermo amministrativo; in tal modo
dimenticando  pero'  che  l'esecuzione esattoriale viene adottata non
solo  per  la  riscossione  dei crediti tributari (erariali o di enti
locali)  ma  anche  per  la riscossione dei contributi INPS e INAIL e
delle  sanzioni  amministrative  pecuniarie  inflitte  dalla pubblica
amministrazione  (ad  es.  a seguito di contravvenzioni stradali), le
cui controversie di merito non sono affatto devolute alle commissioni
tributarie  ma  al giudice ordinario (giudice del lavoro e giudice di
pace).
    Pertanto   la   scelta   operata   dal   legislatore,   circa  la
giurisdizione  delle  commissioni  tributarie  sui  ricorsi avverso i
provvedimenti   di  fermo  amministrativo,  contrasta  con  l'attuale
ordinamento  legislativo della esecuzione esattoriale nel quale, come
sopra  affermato,  permane la giurisdizione, del giudice ordinario, a
cui  viene  sottratto  soltanto  il  controllo  di  una fase - quella
relativa  al  fermo  - che, per espresso riconoscimento della suprema
Corte  e  dello stesso Ministero dell'economia, ha natura cautelare e
prodromica  al  pignoramento  ed e' pertanto gia' inserita nella fase
esecutiva.
    Non  appare quindi ragionevole e costituzionalmente legittimo che
un moderno legislatore (che dovrebbe essere ispirato nella sua azione
alla  attuazione dei principi contenuti nella Costituzione) sottragga
alla  giurisdizione del giudice ordinario una «fase» del procedimento
esecutivo  esattoriale  che,  per  tutto  il  resto,  rimane sotto il
controllo di quest'ultimo giudice.
    Non  solo,  ma  tale irragionevole scelta non tiene neppure conto
della  circostanza  che la giurisdizione delle commissioni tributarie
viene  esercitata  su  atti  o  comportamenti omissivi della pubblica
amministrazione  mentre  il  fermo  amministrativo  e'  atto  (ora di
esclusiva competenza) dell'esattore, che ancora non puo' considerarsi
facente   parte   della   pubblica   amministrazione   e  che  incide
pesantemente  sul  diritto  soggettivo  di proprieta' dei beni mobili
registrati dei cittadini.
    Infatti  i  beni  mobili  registrati colpiti dal provvedimento di
fermo  amministrativo  non  possono  circolare  in  quanto,  ai sensi
dell'art. 86,  comma  3  del d.P.R. n. 602/1973 «chiunque circoli con
veicoli  o  autoscafi  sottoposti  al fermo e' soggetto alla sanzione
prevista  dall'art. 214,  comma  8  del decreto legislativo 30 aprile
1992, n. 285» (Codice della strada).
    Il  quarto  comma  dello  stesso  art. 86  prevede, poi, che «con
decreto  del  Ministero  delle  finanze,  di concerto con i Ministeri
dell'interno  e  dei  lavori pubblici, sono stabiliti le modalita', i
termini  e  le  procedure  per  l'attuazione  di  quanto previsto nel
presente  articolo».  Tuttavia  tale  decreto  attuativo non e' stato
ancora  emanato  e,  nonostante  la  vigenza  e l'applicabilita', per
quanto  non incompatibile, di un regolamento emanato per l'attuazione
di  norma  superate  -  quello  di cui al d.m. n. 503/1998, emesso in
attuazione  dell'art. 91-bis  del d.P.R. n. 602/1973, poi soppresso a
partire  dal  1° luglio 1999 - ad oggi il fermo amministrativo non ha
un   sicuro   termine   di  decadenza  della  sua  efficacia  (mentre
paradossalmente  il pignoramento - a cui il fermo e' strumentale - ha
un  preciso termine di efficacia in quanto decade se entro centoventi
gironi  dal medesimo il bene pignorato non viene messo in vendita, v.
art. 53   del   d.P.R.   n. 602/1973,   come  modificato  dal  d.lgs.
n. 46/1999).
    Pertanto  il  fermo amministrativo e' un provvedimento che incide
pesantemente  sul bene mobile registrato che ne e' colpito e anche se
questo bene non e' pignorabile ex art. 514 c.p.c. il suo proprietario
deve  comunque prima rivolgersi alle commissioni tributarie contro il
fermo  e  poi,  eventualmente,  al  giudice dell'esecuzione contro il
successivo pignoramento.
    Infatti  puo'  accadere che per lo stesso veicolo sia proposto il
ricorso  alle  commissioni  tributarie contro il fermo amministrativo
disposto   dal   concessionario   della  riscossione  esattoriale  e,
successivamente,  ove il bene venga rinvenuto dalle forze dell'ordine
o  messo  comunque  a  disposizione  del  concessionario  per  essere
pignorato  e  venduto,  anche  il  ricorso al giudice dell'esecuzione
contro il pignoramento dello stesso veicolo ai sensi degli artt. 57 e
58  del  d.P.R. n. 602/1973, sia da parte del debitore esecutato (per
la  eventuale  impignorabilita' del veicolo indispensabile per la sua
attivita'  lavorativa ex art. 514 c.p.c.) che da parte dei terzi, con
possibile  difformita'  di  pronunce e giudicati (di diversi giudici:
commissione tributaria e giudice dell'esecuzione).
    Inoltre   dinanzi  alle  commissioni  tributarie  vi  sono  delle
limitazioni  alla  facolta'  di  provare  le proprie ragioni, dovendo
pronunciarsi  le  predette commissioni, salva l'ammissione di C.T.U.,
solo  su  documenti e mai su testimonianze, ammesse invece, seppur in
limitati casi, dall'art. 621 c.p.c.
    In  particolare  per  il  terzo  opponente  - il quale difende il
proprio  diritto  soggettivo di proprieta' dalle conseguenze negative
di  un  provvedimento  di  fermo  amministrativo  del suo bene mobile
registrato,  preso  autonomamente dall'esattore, e che non ha neppure
un   contenzioso  pendente  dinanzi  alle  commissioni  tributarie  -
divergono  le  possibilita'  di  difesa  a  seconda  che lo stesso si
difenda  dinanzi  alle  commissioni  tributarie  o davanti al giudice
dell'esecuzione  civile.  Infatti  l'art. 621  c.p.c. prevede che «il
terzo  opponente  non  puo'  provare con testimoni il suo diritto sui
beni  mobili pignorati nella casa o nell'azienda del debitore, tranne
che   l'esistenza  del  diritto  stesso  sia  resa  verosimile  dalla
professione o dal commercio esercitato dal terzo o dal debitore». Non
puo'  quindi  escludersi  a  priori  la  possibilita'  per  il  terzo
opponente di provare anche per testi il proprio diritto di proprieta'
sul bene fermato.
    Tuttavia  il  terzo  opponente  -  anche  se  l'esistenza del suo
diritto  fosse  resa verosimile dalla professione o dal commercio dal
medesimo  esercitati  - non potrebbe provare per testi il suo diritto
di  proprieta'  dinanzi  alle commissioni tributarie perche' una tale
prova  orale non e' ammessa nel procedimento disciplinato dal decreto
legislativo n. 546 del 31 dicembre 1992.
    La  limitazione  del  diritto  di  difesa  del  terzo - garantito
dall'art. 24  Costituzione  -  a  seconda  che  si'  opponga al fermo
amministrativo o al pignoramento appare in tutta la sua evidenza.
    Ancora di piu', la scelta del legislatore di affidare un segmento
del procedimento esecutivo esattoriale - quello relativo della misura
cautelare del fermo amministrativo, prodromica al pignoramento - alla
cognizione   di   un   giudice   speciale   (commissioni  tributarie,
organizzate  nell'ambito  del  Ministero delle finanze, che controlla
spesso  anche  una  delle  parti  in  causa)  non  appare  ispirato a
ragionevolezza e contrasta con l'ordinamento vigente per quanto sopra
affermato.
    E'  bensi' vero che il legislatore una volta poteva operare senza
limiti  (e fare de albo nigro) ma non nelle moderne Costituzioni, ove
anche  il  legislatore  deve  ispirarsi  ai principi generali in esse
stabiliti  tra i quali vi e' anche quello di cui all'art. 25 (per cui
nessuno  puo'  essere distolto dal giudice naturale precostituito per
legge  -  ove  nella  fattispecie  il giudice naturale, gia' previsto
nella  legge  esecutiva  esattoriale, e' il giudice ordinario, la cui
giurisdizione  permane  per tutto il resto del procedimento esecutivo
esattoriale salvo che per il fermo) e quello di cui all'art. 102 (per
cui  non  possono  essere  istituiti  giudici  straordinari o giudici
speciali  e,  ove  gia'  vi siano, come le commissioni tributarie, ai
medesimi  non  pare  che  possano essere attribuiti altri compiti del
tutto diversi da quelli strettamente connessi con le loro funzioni).
    Tra  l'altro,  pare  opportuno  ricordare  anche  che le suddette
commissioni   non  sono  mai  giudice  dell'esecuzione,  perche'  per
l'attuazione  delle  loro  decisioni  nei  confronti  della  P.A.  e'
previsto un giudizio di ottemperanza e non un procedimento esecutivo.
    In  conclusione  situazioni  giuridiche  sostanzialmente analoghe
(difesa  del  diritto  soggettivo  della proprieta' di un bene mobile
registrato  contro  il fermo amministrativo e contro il pignoramento)
sono  devolute a giudici diversi con differenti procedimenti e limiti
di prova, soprattutto per quanto riguarda il terzo opponente al fermo
amministrativo,  che,  pur  non  avendo  alcun  contenzioso  pendente
dinanzi  alle commissioni tributarie, si vede costretto a ricorrere a
queste  commissioni contro un provvedimento, il fermo amministrativo,
cautelare  e  percio'  strumentale  al pignoramento nei confronti del
quale  ha  poi  la  possibilita'  di  ricorrere ad un diverso giudice
(ordinario) e diverse possibilita' di difesa.
    Tanto basta per chiedere che la adita Corte costituzionale voglia
dichiarare   la  illegittimita'  costituzionale  dell'art. 35,  comma
26-quinquies, della legge 4 agosto 2006, n. 248 nella parte in cui ha
introdotto  la  lettera  e-ter)  all'art. 19  del decreto legislativo
31 dicembre   1992,   n. 546,   per   violazione   del  principio  di
ragionevolezza e per violazione dell'art. 24 Cost. nella parte in cui
devolve   alla   giurisdizione   delle   commissioni   tributarie  le
opposizioni  avverso  i provvedimenti di fermo amministrativo di beni
mobili   registrati,   quanto   meno  ad  opera  di  terzi  opponenti
proprietari di beni mobili registrati che non hanno alcun contenzioso
pendente dinanzi alle predette commissioni tributarie, affermando nel
contempo    la   giurisdizione   del   giudice   ordinario   (giudice
dell'esecuzione) per la decisone di detti ricorsi.