IL GIUDICE DI PACE Ha pronunciato la seguente ordinanza. Letti gli atti del procedimento penale n. 98/03 a carico di Sardelli Luca nato in Pontedera (Pisa) il 26 dicembre 1961; Atteso che il predetto e' chiamato a rispondere con atto di citazione emesso l'11 febbraio 2003 del reato di cui all'art. 590, commi 1, 2, 3, 4 c.p.; Dato atto che con provvedimento del g. di p. coordinatore n. 10/06 del 18 gennaio 2006 il presente procedimento e' stato riassegnato all'odierno giudicante; Letta la memoria del difensore dell'imputato depositata il 19 febbraio 2007, con la quale si prospetta la necessita' che venga sollevata questione di legittimita' costituzionale dell'art. 157, comma 5 c.p., come novellato dall'art. 6 della legge n. 251/2005 per l'asservita violazione dell'art. 3 Cost.; Ritenuto che il denunciato profilo di incostituzionalita' e' rilevante e non manifestamente infondato; che, a tale riguardo va richiamato il contenuto dell'ordinanza n. 29786 del 2006 della Corte suprema di cassazione del seguente tenore: «Ebbene, a proposito delle sanzioni applicabili dal giudice di pace - o dal giudice comunque chiamato a giudicare dei reati di competenza del giudice di pace, il d.lgs. n. 274 del 2000, art. 52, stabilisce una sorta di summa divisio tra i reati per i quali e' prevista la sola pena della multa o dell'ammenda, per i quali continuano ad applicarsi le pene pecuniarie vigenti, e tutti gli altri reati per i quali il comma 2 dello stesso articolo stabilisce che, in luogo delle pene detentive, si applichi - con meccanismi differenziati a seconda delle varie ipotesi ivi prese in considerazione - o la pena pecuniaria della specie corrispondente, o la pena della permanenza domiciliare o quella del lavoro di pubblica utilita' (ove per il reato sia prevista la pena detentiva alternativa a quella pecuniaria, le sanzioni "paradetentive" sono applicabili soltanto se la pena detentiva e' superiore nel massimo a sei mesi). In sostanza, per le ipotesi meno gravi, per le quali la sanzione applicabile e' solo la pena pecuniaria, il termine di prescrizione e', a norma del novellato art. 157 c.p., quello previsto dai primo comma (sei anni se si tratta di delitto e quattro anni se si tratta di contravvenzione); nei casi di maggior gravita', quali quelli per i quali sono applicabili le pene della permanenza domiciliare o del lavoro di pubblica utilita', il termine, inspiegabilmente, si riduce a tre anni. La previsione che qui si censura appare dunque priva di razionalita' intrinseca e tale da vulnerare, ad un tempo, il principio di ragionevolezza ed il canone della uguaglianza presidiati dall'art. 3 Cost.».