ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 29, comma 6,
del  decreto  legislativo  28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla
competenza  penale  del  giudice  di  pace a norma dell'art. 14 della
legge 24 novembre 1999, n. 468), promosso con ordinanza del 27 aprile
2005 dal Giudice di pace di Osimo nel procedimento penale a carico di
Proietti Matteo, iscritta al n. 475 del registro ordinanze del 2005 e
pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 40, 1ª serie
speciale, dell'anno 2005.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  Camera  di  consiglio  del 6 giugno 2007 il giudice
relatore Sabino Cassese.
    Ritenuto  che  il  Giudice  di  pace  di  Osimo  ha sollevato, in
riferimento  agli  artt. 24,  secondo  comma,  76, 111, commi primo e
quinto,   e   112   della  Costituzione,  questione  di  legittimita'
costituzionale   dell'art. 29,   comma 6,   del  decreto  legislativo
28 agosto  2000,  n. 274  (Disposizioni  sulla  competenza penale del
giudice  di  pace  a norma dell'art. 14 della legge 24 novembre 1999,
n. 468),  «nella  parte  in  cui  limita la facolta' dell'imputato di
presentare domanda di oblazione alla fase precedente la dichiarazione
di  apertura  del  dibattimento  e  non la differisce, quanto meno, a
quella immediatamente precedente l'istruzione dibattimentale»;
        che   il  rimettente  premette  di  procedere,  nel  giudizio
principale,  per  una contravvenzione di guida in stato di ebbrezza a
norma dell'art. 186, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992,
n. 285  (Nuovo  codice  della strada) e di aver ammesso l'imputato al
beneficio   dell'oblazione,   benche'  lo  stesso  avesse  presentato
l'istanza   di   ammissione,   in   udienza,   dopo   l'apertura  del
dibattimento;
        che  il  giudice  di  pace,  dopo  aver ricostruito il quadro
normativo   in   tema   di   oblazione,  osserva  che  la  «normativa
evidenziata»  contrasterebbe,  in  primo  luogo, con l'art. 24, comma
secondo, Cost., poiche' il diritto di chiedere - mediante oblazione -
una  pronuncia  di  improcedibilita'  conseguente  all'estinzione del
reato non puo' essere compresso dal mero decorso del termine previsto
dall'art. 162-bis   del  codice  penale  e,  in  secondo  luogo,  con
l'art. 111,  commi  primo  e  quinto,  Cost.,  atteso che la norma e'
finalizzata  «ad  assicurare  una ragionevole durata del processo ma,
anche e soprattutto, ad offrire una giustizia sostanziale nella quale
il  diritto  del cittadino» di chiedere l'oblazione, non puo' «essere
subordinato  ad  un  termine  nel suo esercizio» e ad una limitazione
temporale  cosi'  restrittiva; inoltre, contrasterebbe con l'art. 112
Cost.,  atteso che la norma denunciata non terrebbe in alcun conto la
volonta'  del  pubblico ministero il quale, come avvenuto nel caso di
specie,  abbia  espresso  il  proprio  consenso  ad  una  definizione
anticipata  del  processo; infine, con l'art. 76 Cost., atteso che il
legislatore  delegato,  riproducendo  nella  norma  censurata  quanto
previsto   dall'art. 162-bis   cod.   pen.  (istituto  dell'oblazione
discrezionale),  non avrebbe attuato, con riferimento al procedimento
dinanzi  al  giudice  di  pace,  il criterio direttivo della «massima
semplificazione» di cui all'art. 17 della legge di delega 24 novembre
1999,  n. 468 (Modifiche alla legge 21 novembre 1991, n. 374, recante
istituzione  del  giudice  di  pace.  Delega al Governo in materia di
competenza  penale  del  giudice di pace e modifica dell'art. 593 del
codice  di  procedura  penale),  per attuare il quale, avuto riguardo
alla  specifica  finalita'  dell'udienza  di  comparizione dinanzi al
predetto  giudice,  il  legislatore delegato avrebbe dovuto prevedere
l'eliminazione  del  limite temporale per chiedere l'oblazione, anche
perche'  in tale procedimento (a differenza della disciplina relativa
alla   citazione   diretta  contenuta  nell'art. 555  del  codice  di
procedura  penale) l'apertura del dibattimento costituisce il momento
ultimo soltanto per chiedere di essere ammessi all'oblazione;
        che  e'  intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato, sostenendo l'inammissibilita' e l'infondatezza della questione
proposta;
        che  in  particolare,  per  la  difesa erariale, la questione
sarebbe infondata in relazione all'art. 24 Cost., atteso che la ratio
dell'istituto  dell'oblazione,  misura  premiale,  e' coerente con la
previsione  di  un  termine perentorio, tenuto conto, in primo luogo,
che   mantenere   la  facolta'  in  capo all'imputato  di  richiedere
l'oblazione  anche  oltre  la  soglia  dell'apertura del dibattimento
equivarrebbe   a   frustrare   l'efficacia  deflattiva  della  misura
premiale,  in  secondo  luogo,  che,  non  a  caso, la riapertura del
termine  e'  consentita  nelle ipotesi (modificazione dell'originaria
imputazione  o  contestazione  suppletiva)  in  cui  la  richiesta di
oblazione non poteva essere esercitata nel previsto termine di legge,
ed  infine  che  la giurisprudenza costituzionale (sentenza n. 57 del
2004)  e  quella  di  legittimita'  (sentenza n. 4851 del 1998) hanno
affermato  la  piena  coerenza con l'ordinamento della previsione del
termine perentorio in esame;
        che  ad avviso dell'Avvocatura generale dello Stato, poi, non
sarebbe   fondato  il  dubbio  di  costituzionalita'  prospettato  in
relazione all'art. 111 Cost., atteso che il diritto al giusto e breve
processo non appare in alcun modo inciso dalla previsione del termine
processuale in esame;
        che    non    sarebbe    fondato   neppure   il   dubbio   di
costituzionalita'  riferito  all'art. 112 Cost., poiche' il principio
di  obbligatorieta'  dell'esercizio dell'azione penale non ha nulla a
che  vedere  con  le  ipotesi  di  estinzione del reato, e poiche' la
circostanza  che  il  pubblico  ministero  abbia  espresso il proprio
consenso  alla  richiesta  di  oblazione  formulata oltre il previsto
termine  e'  solo  accidentale  e,  in  ogni  caso,  non  puo' essere
considerata come una rinunzia all'azione;
        che  neppure fondato sarebbe il dubbio riferito ad un preteso
eccesso  di  delega,  atteso  che gli intenti di semplificazione e di
deflazione  del  processo  penale non sono incisi dalla previsione di
termini   perentori,   essendo  inoltre  rimesso  al  legislatore  di
individuare in concreto le modalita' di perseguimento dello scopo.
    Considerato  che  il  Giudice  di  pace  di  Osimo  ha  sollevato
questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 29, comma 6, del
decreto   legislativo  28 agosto  2000,  n. 274  (Disposizioni  sulla
competenza  penale  del  giudice  di  pace a norma dell'art. 14 della
legge  24 novembre  1999,  n. 468),  «nella  parte  in  cui limita la
facolta'  dell'imputato  di presentare domanda di oblazione alla fase
precedente  la  dichiarazione  di  apertura del dibattimento e non la
differisce,   quanto   meno,   a   quella  immediatamente  precedente
l'istruzione dibattimentale»;
        che  lo stesso giudice, nell'ordinanza di rimessione, precisa
di  aver  gia'  ammesso  l'imputato,  su parere conforme del pubblico
ministero,  al  beneficio  dell'oblazione,  sebbene  lo stesso avesse
presentato  l'istanza  di  ammissione  in udienza dopo l'apertura del
dibattimento;
        che,  quindi,  il  giudice di pace afferma di aver gia' fatto
applicazione  della  norma  della  cui  legittimita' dubita, con cio'
esaurendo  la  propria  cognizione in relazione alla norma oggetto di
censura;
        che,  inoltre,  il  rimettente  omette  qualsiasi motivazione
sulla rilevanza della questione;
        che   la   questione  di  costituzionalita'  deve,  pertanto,
dichiararsi   manifestamente   inammissibile,   sia  per  difetto  di
pregiudizialita'  (tra  le  molte  e  da ultimo, ordinanze n. 388 del
2006,  n. 370 del 2005 e n. 405 del 2004), sia per omessa motivazione
sulla rilevanza (ordinanze n. 127 del 2007 e n. 183 del 2005).
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.