ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  di legittimita' costituzionale degli articoli 1, 4, 8,
11   e  12  della  legge  della  Regione  Friuli-Venezia  Giulia  del
13 dicembre  2005,  n. 30  (Norme  in  materia  di piano territoriale
regionale),  promosso  con  ricorso  del Presidente del Consiglio dei
ministri, notificato l'11 febbraio 2006, depositato in cancelleria il
21 febbraio 2006 ed iscritto al n. 26 del registro ricorsi 2006;
    Visto l'atto di costituzione della Regione Friuli-Venezia Giulia;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  6 febbraio  2007  il  giudice
relatore Ugo De Siervo;
    Uditi  l'avvocato dello Stato Franco Favara per il Presidente del
Consiglio  dei  ministri  e  l'avvocato  Giandomenico  Falcon  per la
Regione Friuli-Venezia Giulia.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Il  Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha  promosso  - con
ricorso  notificato  l'11 febbraio  2006  e  depositato il successivo
21 febbraio   -   questione   di  legittimita'  costituzionale  degli
articoli 1,  4,  8,  11 e 12 della legge della Regione Friuli-Venezia
Giulia   13 dicembre   2005,   n. 30   (Norme  in  materia  di  piano
territoriale  regionale), in relazione agli artt. 5, 114 e 118, della
Costituzione  e  in  relazione  agli  artt. 114, secondo comma e 118,
secondo  comma Cost., nonche' per violazione degli artt. 117, secondo
comma,  lettera s),  e  terzo comma, Cost., in combinato disposto con
l'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche
al  titolo  V della parte seconda della Costituzione), e, infine, per
contrasto con l'art. 118, primo comma, della Costituzione.
    Il  ricorrente  premette che la Regione Friuli-Venezia Giulia, in
base  al  proprio  statuto speciale (art. 4, numero 1-bis e numero 12
della  legge  costituzionale  31 gennaio  1963, n. 1 recante «Statuto
speciale  della  Regione  autonoma  Friuli-Venezia  Giulia»)  ed alle
relative   norme  di  attuazione  (art. 22,  lettera  c,  del  d.P.R.
26 agosto  1965,  n. 1116, recante «Norme di attuazione dello Statuto
speciale   della   Regione   Friuli-Venezia  Giulia»  in  materia  di
agricoltura  e  foreste,  industria  e commercio, turismo e industria
alberghiera,  istituzioni ricreative e sportive, lavori pubblici), e'
dotata  di  competenza  primaria in materia di ordinamento degli enti
locali  e  in  materia  di  urbanistica;  le disposizioni legislative
impugnate,   tuttavia,   eccederebbero  le  competenze  statutarie  e
violerebbero   norme  costituzionali  «laddove  sistematicamente  non
tengono  conto dell'esistenza delle funzioni proprie della Provincia,
quale ente intermedio tra Regione e comune».
    In  particolare, le disposizioni di cui agli articoli 1 e 4 della
legge  regionale  in  questione, nel disciplinare le attribuzioni dei
comuni  in  materia  di pianificazione territoriale, ignorerebbero le
funzioni  proprie  delle  Province  relative  ai piani di area vasta.
Esse, infatti, ripartirebbero il potere di pianificazione solo tra la
Regione  e  i  Comuni,  attribuendo  a  questi  ultimi  anche compiti
relativi   alla  pianificazione  intermedia  e  sovracomunale  e  non
prevedendo,  invece,  alcun  intervento  della  Provincia nelle forme
associative  finalizzate  alla stessa pianificazione. Quanto, invece,
agli  articoli 8,  11  e  12,  essi,  rispettivamente, escluderebbero
qualsiasi  intervento  qualificato  della Provincia nell'ambito delle
procedure di approvazione e adozione del piano territoriale regionale
(PTR)  e prevederebbero la costituzione di Societa' di trasformazione
urbana  regionale  (STUR)  con  la  sola  intesa dei Comuni. Inoltre,
consentirebbero alla Regione di dettare, nelle more dell'approvazione
del  PTR,  norme  di  salvaguardia  delle  aree  soggette  a  vincolo
paesaggistico, senza alcuna partecipazione dell'ente intermedio.
    Ad  avviso  del  Presidente del Consiglio dei ministri, le citate
disposizioni  regionali, ignorando sistematicamente l'ente Provincia,
comporterebbero  una grave lesione della relativa sfera di autonomia,
costituzionalmente   garantita,   ed   eccederebbero   la  competenza
statutaria,  ponendosi  in  contrasto  con  l'art. 4 dello statuto di
autonomia   speciale,   il   quale   -  pur  attribuendo  le  materie
«urbanistica»  e  «ordinamento  degli  enti  locali  e delle relative
circoscrizioni»  alla  potesta'  legislativa primaria della Regione -
impone   che   tale  potesta'  sia  esercitata  «in  armonia  con  la
Costituzione,  con  i  principi  generali  dell'ordinamento giuridico
della   Repubblica,   con   le   norme   fondamentali  delle  riforme
economico-sociali e con gli obblighi internazionali dello Stato».
    Il   ricorrente   osserva,   in   proposito,   che  il  principio
dell'autonomia,   consacrato   negli  articoli 5,  114  e  118  della
Costituzione,   costituisce   «principio   generale  dell'ordinamento
giuridico  della Repubblica, come tale vincolante anche nei confronti
delle  Regioni  ad autonomia speciale (sentenza Corte cost. n. 48 del
2003)»,   aggiungendo   che  una  legislazione  «differente»  sarebbe
comunque «non in armonia con la Costituzione».
    Piu'    specificamente,    dall'art. 114,    secondo   comma,   e
dall'art. 118,  secondo  comma,  Cost.  si  desumerebbe che «gli enti
locali (comprese le Province) sono titolari, oltre che delle funzioni
conferite,  anche  di  funzioni  proprie,  intendendo per tali quelle
storicamente   attribuite,   o   comunque   ritenute  necessarie  per
l'esistenza   e  il  corretto  sviluppo  delle  rispettive  comunita'
territoriali  e degli interessi di cui sono esponenziali e quindi non
comprimibili  dal legislatore (nazionale o regionale)»; e, sotto tale
profilo,  nel ricorso si rileva che «la funzione di pianificazione di
vasta  area e' sempre stata considerata di competenza delle Province,
come  originariamente disposto dagli artt. 14 e 15 della legge n. 142
del 1990 (in particolare dall'art. 15, comma 2) ed ora dagli artt. 19
e 20 del decreto legislativo n. 267 del 2000».
    Il  ricorrente  afferma,  inoltre,  che  la  potesta' legislativa
primaria  della  Regione  in  materia  di  «organizzazione degli enti
locali»   non   consentirebbe   una   distribuzione   delle  funzioni
amministrative   completamente   libera  e  svincolata  dai  principi
costituzionali;  in  proposito,  assumerebbero fondamentale rilievo i
principi  di sussidiarieta', differenziazione ed adeguatezza, sanciti
dall'art. 118,  primo  comma,  Cost. Tali principi non risulterebbero
rispettati dalle disposizioni regionali impugnate, le quali - secondo
quanto  si  prospetta  nel ricorso - «attribuiscono esclusivamente ai
comuni   (o  alle  associazioni  di  comuni)  tutte  le  funzioni  di
pianificazione  territoriale,  comprese  quelle  di  vasta  area, che
invece, proprio per l'entita' degli interessi cui fanno riferimento -
interessi  che trascendono la dimensione comunale - dovrebbero essere
conferite alle Province, quali enti territoriali intermedi tra comuni
e Regioni».
    Ne'  il  contrasto  con  i principi da ultimo richiamati potrebbe
ritenersi  evitato  dal  fatto  che  la stessa Regione Friuli-Venezia
Giulia, con la coeva legge regionale 9 gennaio 2006, n. 1 (Principi e
norme  fondamentali  del  sistema  Regione  -  autonomie  locali  nel
Friuli-Venezia   Giulia),   abbia   attribuito   tali   funzioni   di
pianificazione territoriale alle Citta' metropolitane: in primo luogo
perche',   secondo  la  stessa  legge  regionale  (art. 9,  comma 1),
l'istituzione delle Citta' metropolitane sarebbe solo eventuale e non
obbligatoria;  in  secondo  luogo,  perche'  il  territorio  di  tali
instituendi  enti  locali  non  coinciderebbe  con quello dell'intera
Provincia di riferimento.
    Per queste stesse ragioni, ad avviso del ricorrente, le censurate
norme   regionali  si  porrebbero  in  diretto  contrasto  anche  con
l'art. 59  dello statuto speciale della Regione, secondo il quale «Le
Province  [...]  sono  Enti  autonomi ed hanno ordinamenti e funzioni
stabilite dalle leggi dello Stato e dalla Regioni». Infatti, nel caso
di   specie,   l'attribuzione   alle   Province   delle  funzioni  di
pianificazione  territoriale  ad  opera  della  legislazione statale,
comporterebbe   «una  gradazione  della  pianificazione  territoriale
secondo  parametri  tendenzialmente  uniformi  sull'intero territorio
nazionale,  dando  luogo  ad  assetto  ragionevole»  che risulterebbe
pregiudicato da una diversa disciplina regionale.
    Sotto  altro profilo, si ribadisce nel ricorso, le funzioni delle
Province,  quali  enti esponenziali di una collettivita' insediata ed
esistente su un determinato territorio, dovrebbero essere considerate
-  soprattutto in materia di pianificazione territoriale e paesistica
di  area  vasta  -  funzioni proprie e non derogabili, neppure da una
competenza legislativa primaria.
    Da  ultimo,  il  ricorrente  afferma che la disciplina introdotta
dalla  legge  regionale  n. 30  del  2005  investirebbe anche materie
estranee  all'urbanistica  ed all'ordinamento degli enti locali, come
quelle  concernenti il paesaggio ed il governo del territorio, per le
quali  varrebbe  «la  competenza  esclusiva (art. 117, secondo comma,
lettera s)  della  Costituzione) o concorrente (art 117, terzo comma,
della  Costituzione)  dello  Stato,  con  conseguente  vincolo  della
legislazione  regionale  al  rispetto dei principi della legislazione
statale,  ai  sensi  del  citato  articolo 117  Cost.,  in  combinato
disposto  con  l'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, ed
incompetenza  della  regione a statuto speciale ad interloquire al di
fuori degli ambiti fissati dalla legislazione statale».
    2.  -  Con  atto  depositato il 7 marzo 2006, si e' costituita in
giudizio  la Regione Friuli-Venezia Giulia, per chiedere che la Corte
costituzionale   respinga   il  ricorso  in  quanto  inammissibile  e
infondato, rinviando a separata memoria l'illustrazione delle ragioni
a sostegno della propria difesa.
    3.  -  In  prossimita' dell'udienza, la Regione ha depositato una
memoria  nella quale sostiene, innanzitutto, che la censura formulata
dallo   Stato  in  relazione  alla  asserita  violazione  del  limite
dell'armonia  con  la Costituzione sarebbe infondata, dal momento che
detto  limite  non  potrebbe riferirsi alle disposizioni del titolo V
della  Costituzione  in  quanto  destinate  ad  applicarsi  alle sole
Regioni ordinarie.
    Inoltre,   la   condizione   degli   enti  locali  nella  Regione
Friuli-Venezia Giulia sarebbe disciplinata non dalle disposizioni del
Titolo  V  Cost., bensi' dall'art. 59 dello statuto, secondo il quale
le  Province  e  i  Comuni  sono enti autonomi ed hanno ordinamenti e
funzioni stabilite dalle leggi dello Stato e della Regione.
    La  legislazione  regionale  rispetterebbe, peraltro, l'autonomia
delle  Province,  dal  momento  che  la legge regionale n. 1 del 2006
attribuirebbe   molteplici   funzioni   a  tali  enti  locali,  cosi'
riconoscendo il loro importante ruolo.
    Inoltre,  la  legge  reg.  n. 30  del 2005 non disconoscerebbe un
ruolo  alle  Province nella pianificazione sovracomunale, dal momento
che l'art. 4, comma 2, dispone che tale funzione e' esercitata «anche
con  enti  pubblici  diversi  dal Comune». Cio' varrebbe anche per il
procedimento  di  approvazione  del  Piano  regionale,  al  quale  e'
previsto che la Provincia prenda parte sia tramite il Consiglio delle
autonomie  locali,  sia  attraverso  la presentazione di osservazioni
(art. 8).
    D'altra  parte,  il  principio  costituzionale  di  autonomia non
vieterebbe  al  legislatore  regionale  di  disciplinare, nei termini
ritenuti piu' opportuni, l'esercizio delle funzioni provinciali nelle
materie  di propria competenza legislativa. Sarebbe preclusa soltanto
l'introduzione   di   limitazioni  gravi  che  incidano  sul  «nucleo
fondamentale delle liberta' locali».
    Infondata  sarebbe  anche  la  dedotta  violazione dell'art. 118,
secondo   comma,  Cost.  derivante  dalla  asserita  soppressione  di
«funzioni  proprie  delle  province»,  dal  momento  che,  come  gia'
rilevato,  tale  disposizione non sarebbe applicabile alle Regioni ad
autonomia  speciale.  Tale  conclusione troverebbe conferma anche dal
fatto che le funzioni proprie di cui alla disposizione costituzionale
richiamata  sarebbero  collegate  alle  funzioni  fondamentali di cui
all'art. 117, secondo comma, lettera p), Cost., la cui determinazione
spetterebbe   alla   potesta'   legislativa  esclusiva  dello  Stato.
Tuttavia,   poiche'  tale  disposizione  sarebbe  inapplicabile  alle
Regioni  speciali,  medesima  sorte  toccherebbe  anche all'art. 118,
secondo comma, Cost.
    Inoltre,  ai  sensi  dell'art. 2  del d.lgs. 2 gennaio 1997, n. 9
(Norme   di   attuazione   dello  Statuto  speciale  per  la  Regione
Friuli-Venezia  Giulia  in materia di ordinamento degli enti locali e
delle  relative  circoscrizioni),  spetterebbe  alla  Regione,  nelle
materie  attribuite  alla  sua  potesta' legislativa esclusiva di cui
all'art. 4 dello statuto, il compito di determinare le funzioni degli
enti  locali. La previsione dell'art. 59 dello statuto, che riconosce
la possibilita' anche al legislatore statale di stabilire le funzioni
degli   enti  locali,  dovrebbe  pertanto  intendersi  limitata  alle
«materie diverse da quelle che lo statuto assegna alla Regione».
    La  difesa regionale sostiene inoltre che la funzione di adozione
del  Piano  territoriale provinciale di coordinamento non sarebbe una
funzione  essenziale, non essendo mai stata esercitata dalle province
friulane,   ed  inoltre  non  rientrerebbe  tra  quelle  storicamente
attribuite,  dal  momento  che sarebbe stata introdotta solo nel 1990
con la legge n. 142.
    Infondata  sarebbe altresi' la invocata violazione dell'art. 118,
primo   comma,   Cost.,   stante  l'inapplicabilita'  anche  di  tale
disposizione  alle  Regioni  speciali  in  relazione  alle competenze
legislative aventi fondamento nello statuto, per le quali varrebbe il
principio    del    parallelismo,   come   confermato   anche   dalla
giurisprudenza costituzionale (sentenza n. 236 del 2004).
    Anche  la  dedotta  violazione dell'art. 59 dello statuto sarebbe
infondata, dal momento che le disposizioni censurate non violerebbero
il principio dell'autonomia provinciale e in quanto lo Stato potrebbe
attribuire  funzioni  agli  enti  locali della Regione Friuli-Venezia
Giulia  solo  nelle  proprie materie, tra le quali non rientrerebbero
quelle disciplinate dalle norme regionali impugnate.
    Inammissibile    sarebbe,    infine,    la   dedotta   violazione
dell'art. 117,  secondo  e  terzo  comma,  Cost.,  dal momento che il
ricorrente  non  avrebbe  illustrato  le  ragioni  per cui tali norme
dovrebbero  applicarsi alla Regione, in luogo di quelle dello statuto
speciale.  In  ogni  caso,  nel  ricorso non sarebbero individuate le
norme  della  legge  regionale n. 30 del 2005 che inciderebbero sulla
materia del paesaggio e del governo del territorio.
    L'unica  disposizione  che  attiene alla tutela del paesaggio, ad
avviso  della  difesa  regionale,  sarebbe  l'art. 12, comma 2, della
legge   impugnata,   ma   la   censura   ad   essa  riferita  sarebbe
inammissibile,  dal momento che si lamenta la violazione dei principi
della  legislazione  statale  senza  indicare  le norme asseritamente
violate.   Essa   sarebbe   comunque   infondata   alla   luce  della
giurisprudenza costituzionale, la quale avrebbe ormai riconosciuto la
competenza  delle  Regioni a dettare norme anche ai fini della tutela
paesaggistica.
    Ancora  piu'  specificamente, risulterebbero infondate le censure
concernenti  l'art. 8, in quanto esso riconoscerebbe alle Province il
diritto  di  intervenire  nella  procedura  di approvazione del Piano
regionale,  sia  perche'  tale piano e' soggetto al previo parere del
Consiglio  delle autonomie locali di cui fanno parte le Province, sia
perche' queste ultime possono presentare osservazioni al PTR.
    Anche  l'art. 11, il quale disciplina la costituzione di Societa'
di trasformazione urbana regionale, nel prevedere che ad esse possano
partecipare   anche   «enti   locali   territoriali»,   riconosce  la
possibilita'  di  coinvolgimento  delle  Province.  D'altra parte, il
ricorso  non  avrebbe indicato «alcun fondamento costituzionale della
necessita'  dell'intesa  delle  Province  per  la  costituzione delle
STUR».
    Quanto,  infine,  all'art. 12,  la  difesa  regionale  deduce  la
mancanza  di  un fondamento costituzionale «della presunta necessita'
di un coinvolgimento delle Province nella definizione degli indirizzi
per la salvaguardia delle aree assoggettate a vincolo paesaggistico»,
esso  non  potrebbe  neppure  rinvenirsi  nel  generale  principio di
autonomia  provinciale,  il  cui  significato  sarebbe  ben  diverso,
secondo quanto gia' illustrato.

                       Considerato in diritto

    1.  - Il Governo ha impugnato gli articoli 1, 4, 8, 11 e 12 della
legge  della  Regione  Friuli-Venezia  Giulia 13 dicembre 2005, n. 30
(Norme  in materia di piano territoriale regionale) per contrasto con
gli  articoli 4 e 59 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1
(Statuto  speciale  della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia), in
relazione  agli artt. 5, 114 e 118, della Costituzione e in relazione
agli artt. 114, secondo comma e 118, secondo comma Cost., nonche' per
violazione degli artt. 117, secondo comma, lettera s), e terzo comma,
Cost., in combinato disposto con l'art. 10 della legge costituzionale
18 ottobre  2001,  n. 3  (Modifiche  al  titolo V della parte seconda
della  Costituzione),  e, infine, per contrasto con l'art. 118, primo
comma, della Costituzione.
    Sostiene  il  ricorrente  che,  malgrado la Regione sia dotata di
competenza  primaria in materia di ordinamento degli enti locali e in
materia   di   urbanistica,   essa   avrebbe   adottato  disposizioni
legislative  eccedenti  le  competenze  statutarie  e tali da violare
norme  costituzionali,  «laddove  sistematicamente  non tengono conto
dell'esistenza  delle  funzioni  proprie  della Provincia, quale ente
intermedio tra Regione e Comune».
    In  particolare, le disposizioni di cui agli articoli 1 e 4 della
legge  regionale  ignorerebbero  le  funzioni  proprie delle Province
relative   ai   piani   di   area  vasta,  ripartendo  il  potere  di
pianificazione  territoriale  solo  tra la Regione e i Comuni. Quanto
agli  articoli 8,  11  e  12,  essi,  rispettivamente, escluderebbero
qualsiasi  intervento  qualificato  della Provincia nell'ambito delle
procedure di approvazione e adozione del Piano territoriale regionale
e  prevedrebbero la costituzione di Societa' di trasformazione urbana
regionale  con  la  sola  intesa dei Comuni. Inoltre, consentirebbero
alla  Regione  di  dettare,  nelle  more dell'approvazione del Piano,
norme  di  salvaguardia  delle aree soggette a vincolo paesaggistico,
senza alcuna partecipazione dell'ente intermedio.
    Le  norme impugnate violerebbero l'art. 4 dello statuto speciale,
sia   in   quanto  si  porrebbero  in  contrasto  con  il  «principio
dell'autonomia»  ricavabile  dagli  artt. 5,  114  e  118  Cost. e da
ritenere   «principio   generale   dell'ordinamento  giuridico  della
Repubblica»,   sia  in  quanto  non  sarebbero  «in  armonia  con  la
Costituzione» e, in particolare, con gli articoli 114, secondo comma,
e  118, secondo comma, Cost., dai quali si ricaverebbe la titolarita'
in  capo alle  Province  di  «funzioni  proprie» non comprimibili dal
legislatore   nazionale   o   regionale.  Le  disposizioni  regionali
violerebbero,  inoltre,  gli  artt. 4  e  59  dello  statuto speciale
ponendosi in contrasto con le funzioni di pianificazione territoriale
attribuite    alle    Province    dalla   legislazione   statale   e,
particolarmente,  dagli  artt. 19  e  20  del  d.lgs. 18 agosto 2000,
n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali).
    Contrasterebbero,  altresi',  con l'art. 118, primo comma, Cost.,
secondo  cui  le  funzioni amministrative devono essere attribuite ai
livelli  di  governo idonei, per la propria struttura organizzativa e
per   le   proprie   dimensioni,  ad  esercitarle  con  efficacia  ed
efficienza.
    Infine   le   norme   regionali  censurate  contrasterebbero  con
l'art. 117,  secondo  comma,  lettera s),  e  terzo  comma, Cost., in
combinato   disposto   con   l'art. 10   della  legge  costituzionale
18 ottobre  2001,  n. 3,  in  quanto,  in  relazione ai profili della
disciplina  incidenti  nelle  materie del paesaggio e del governo del
territorio,  la Regione sarebbe intervenuta «al di fuori degli ambiti
fissati dalla legislazione statale».
    2. - In via preliminare devono essere dichiarate inammissibili le
questioni,  aventi  ad  oggetto tutti gli articoli impugnati, fondate
sulla  pretesa  diretta  applicabilita'  alla  Regione Friuli-Venezia
Giulia  di  alcune  disposizioni  del  Titolo  V  della  Costituzione
relative  al  regime  giuridico  degli  enti  locali  operanti  nella
Regione.
    Come  questa  Corte  ha  avuto  occasione di recente di affermare
nella  sentenza n. 238 del 2007 (n. 3 del Considerato in diritto), in
relazione al ricorso proposto avverso alcune disposizioni della legge
9 gennaio  2006  n. 1  (Principi  e  norme  fondamentali  del sistema
Regione-autonomie  locali  nel  Friuli-Venezia Giulia) della medesima
Regione,  non  e'  possibile  invocare,  quanto  meno  in  assenza di
adeguate  motivazioni,  disposizioni costituzionali quali l'art. 117,
secondo  e  terzo  comma,  o  l'art. 118  Cost. in riferimento ad una
Regione ad autonomia speciale dotata di potesta' legislativa primaria
in  tema  sia di enti locali che di urbanistica e nella quale vige il
principio  del parallelismo tra le funzioni legislative e le funzioni
amministrative  (si  vedano  l'art. 4,  n. 1-bis  e n. 12, e l'art. 8
dello statuto).
    Sono  altresi'  inammissibili le censure con le quali si denuncia
la  violazione  del  «limite  dell'armonia con la Costituzione» posto
dall'art. 4  dello statuto di autonomia. Ad avviso del ricorrente, le
disposizioni impugnate non terrebbero conto delle funzioni proprie di
cui  le Province sarebbero titolari ai sensi degli artt. 114, secondo
comma, e 118, secondo comma Cost. e che non sarebbero comprimibili da
parte del legislatore nazionale o regionale.
    Anche  in  tal  caso,  il  ricorso  non illustra in alcun modo le
ragioni  per  cui  si  imporrebbe  alla Regione Friuli-Venezia Giulia
l'applicazione  di  disposizioni del titolo V della Costituzione, ne'
in  quale  rapporto  queste  si  trovino  rispetto  alle disposizioni
contenute  nello  statuto  speciale  (sentenza n. 238 del 2007). Tali
carenze  argomentative  impediscono  di  giudicare  il  merito  delle
censure.
    3.  -  Venendo  ad esaminare le censure formulate con riferimento
agli  artt. 4  e  59  dello  statuto speciale, il ricorrente lamenta,
innanzitutto,  la  violazione  del  principio di autonomia degli enti
locali,   il   cui   rispetto   si   imporrebbe  anche  alla  Regione
Friuli-Venezia Giulia. Non vi e' dubbio che tale principio deducibile
dall'art. 5  della Costituzione limiti le stesse potesta' legislative
esclusive    della    Regione,    in   quanto   «principio   generale
dell'ordinamento  giuridico  della  Repubblica»,  in  forza del quale
tutte le Regioni debbono riconoscere e promuovere le autonomie locali
(sentenza n. 83 del 1997).
    Peraltro,  tutto  cio'  deve  avvenire  in riferimento anche alle
specifiche  attribuzioni  costituzionali  o  statutarie delle diverse
Regioni.  Da  questo punto di vista, occorre allora ricordare, in via
preliminare,  che  con la legge costituzionale 23 settembre 1993 n. 2
(Modifiche  ed  integrazioni  agli  statuti  speciali  per  la  Valle
d'Aosta,  per  la  Sardegna,  per  il  Friuli-Venezia  Giulia, per il
Trentino-Alto Adige), la competenza legislativa della Regione in tema
di  ordinamento degli enti locali e' stata trasformata da concorrente
in esclusiva e che l'art. 2 del d.lgs. 2 gennaio 1997, n. 9 (Norme di
attuazione dello Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia
in  materia  di  ordinamento  degli  enti  locali  e  delle  relative
circoscrizioni) ha chiarito che, nell'ambito di questa competenza, la
Regione  «fissa  i principi dell'ordinamento locale e ne determina le
funzioni,  per  favorire  la piena realizzazione dell'autonomia degli
enti locali».
    Come  questa  Corte  ha di recente ricordato (sentenza n. 238 del
2007,   n. 5   del   Considerato   in   diritto),  la  giurisprudenza
costituzionale  relativa  all'applicazione della legge cost. n. 2 del
1993  (sentenze  n. 48  del 2003, n. 230 e 229 del 2001, e n. 415 del
1994)  «ha  riconosciuto  al  legislatore  delle Regioni ad autonomia
speciale  una  potesta'  di  disciplina  differenziata  rispetto alla
corrispondente  legislazione  statale, salvo il rispetto dei principi
fondamentali  dell'ordinamento  giuridico  dello  Stato e dell'ambito
delle materie di esclusiva competenza statale (individuate sulla base
di quanto prescritto negli statuti speciali)».
    Tenendo   anche   conto   che   costantemente   la   legislazione
fondamentale  in  tema  di  ordinamento degli enti locali fa salve le
«attribuzioni  previste  dagli  statuti  e  dalle  relative  norme di
attuazione»  delle Regioni ad autonomia speciale (si vedano l'art. 1,
comma 2, del d.lgs. n. 267 del 2000; l'art. 1, comma 2, della legge 8
giugno 1990,  n. 142  recante  «Ordinamento  delle autonomie locali»;
l'art. 2,  comma 4,  lettera  q,  della  legge  5 giugno 2003, n. 131
recante   «Disposizioni   per  l'adeguamento  dell'ordinamento  della
Repubblica  alla  legge  costituzionale  18 ottobre  2001, n. 3»), la
legislazione  relativa  agli enti locali della Regione Friuli-Venezia
Giulia  «non  e'  vincolata all'osservanza delle singole disposizioni
del  testo  unico  degli enti locali, ma deve rispettare il principio
autonomistico   o   -   meglio  ancora  -  tramite  le  sue  autonome
determinazioni  deve  "favorire la piena realizzazione dell'autonomia
degli enti locali"» (sentenza n. 238 del 2007).
    Su  questa  base occorre prendere in considerazione le specifiche
censure sollevate nei riguardi delle norme impugnate.
    4.  -  Si  deve  preliminarmente  rilevare  che, nelle more della
decisione,  la  Regione  Friuli-Venezia  Giulia  ha  emanato la legge
regionale   23 febbraio   2007,   n. 5  (Riforma  dell'urbanistica  e
disciplina  dell'attivita'  edilizia  e  del  paesaggio), la quale ha
disciplinato   organicamente  la  materia  dell'urbanistica  e  della
pianificazione    territoriale,    conferendo    alcune    specifiche
attribuzioni  alle  Province e, all'art. 64, lettera w), ha abrogato,
tra l'altro, l'art. 4 della legge regionale n. 30 del 2005.
    Tale abrogazione, tuttavia, non esime questa Corte dall'esaminare
la  censura  prospettata  dal  ricorrente  dal  momento  che la norma
impugnata,  sopprimendo  asseritamente  una  funzione provinciale, ha
comunque   avuto   applicazione,   avendo   precluso   -  secondo  la
prospettazione  del  ricorso  - per tutto il tempo della sua vigenza,
l'adozione di piani territoriali provinciali.
    Le disposizioni contenute negli artt. 1 e 4 della legge regionale
n. 30  del  2005,  ad  avviso  dell'Avvocatura, sarebbero illegittime
perche' «ripartiscono il potere di pianificazione solo tra la Regione
e   i  Comuni»,  con  cio'  ponendosi  in  contrasto  con  l'asserita
appartenenza    della    competenza   provinciale   in   materia   di
pianificazione  sovracomunale  addirittura  ad  una area di «funzioni
proprie  e  non  derogabili,  neppure  da  una competenza legislativa
primaria».  In  altri  termini,  gli enti locali sarebbero «titolari,
oltre  che  delle  funzioni  conferite,  anche  di  funzioni proprie,
intendendo  per  tali  quelle  storicamente  attribuite,  o  comunque
ritenute  necessarie  per  l'esistenza  e  il corretto sviluppo delle
rispettive  comunita'  territoriali  e  degli  interessi  di cui sono
esponenziali  e  quindi non comprimibili dal legislatore (nazionale o
regionale)».  Tra  queste funzioni, secondo il ricorrente, vi sarebbe
anche quella di pianificazione territoriale dell'area vasta.
    Una  concezione  del  genere  appare  peraltro estranea al nostro
modello  di amministrazione locale, come ha riconosciuto questa Corte
(sentenza   n. 238   del   2007):   «la  innegabile  discrezionalita'
riconosciuta   al   legislatore  statale  nell'ambito  della  propria
potesta' legislativa e la stessa relativa mutevolezza nel tempo delle
scelte da esso operate con riguardo alla individuazione delle aree di
competenza  dei diversi enti locali impediscono che possa parlarsi in
generale  di competenze storicamente consolidate dei vari enti locali
(addirittura  immodificabili da parte sia del legislatore statale che
di  quello  regionale).  Questa  Corte non ha escluso la utilita' del
criterio  storico  «per  la  ricostruzione  del concetto di autonomia
provinciale   e   comunale»,   ma   tuttavia   ne   ha   circoscritto
l'utilizzabilita'  «a  quel nucleo fondamentale delle liberta' locali
che  emerge da una lunga tradizione e dallo svolgimento che esso ebbe
durante il regime democratico (sentenza n. 52 del 1969)».
    Da  questo  punto  di  vista,  appare  allora  significativo, con
specifico   riferimento   alla   pianificazione   sovracomunale,  che
l'art. 23  del  d.P.R.  26 agosto  1965, n. 1116 (Norme di attuazione
dello Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia in materia
di  agricoltura e foreste, industria e commercio, turismo e industria
alberghiera,  istituzioni  ricreative  e  sportive,  lavori pubblici)
abbia  attribuito  alla Regione l'approvazione dei piani territoriali
di  coordinamento  e cioe' dell'istituto che solo le successive leggi
sull'amministrazione  locale hanno attribuito alle Province. Inoltre,
pur  dopo  che l'art. 15 della legge 8 giugno 1990, n. 142, aveva per
la  prima  volta  previsto  la  competenza della Provincia in tema di
piano   territoriale  di  coordinamento,  la  Regione  Friuli-Venezia
Giulia,  evidentemente  utilizzando le proprie competenze legislative
di  tipo  esclusivo  in  materia  urbanistica  (ai sensi dell'art. 4,
numero 12 dello statuto e dell'art. 22, lettera c, del d.P.R. n. 1116
del  1965)  e  di ordinamento degli enti locali, lo aveva configurato
nella  legge  regionale  19 novembre  1991, n. 52 (Norme regionali in
materia   di   pianificazione   territoriale   ed   urbanistica)  con
caratteristiche   in  parte  differenziate,  come  uno  strumento  di
specificazione  a livello provinciale della pianificazione regionale,
nonche'  come  quadro  di riferimento di livello sovracomunale per la
pianificazione  territoriale  e  urbanistica  subordinata, sottoposto
alla necessaria approvazione degli organi regionali.
    Deve   pertanto   concludersi  che,  come  gia'  affermato  nella
richiamata  sentenza  n. 238  del  2007,  ai  fini della verifica del
rispetto  dell'autonomia  degli enti locali cio' che rileva non e' la
disciplina  di un particolare settore o di uno specifico istituto, ma
la  complessiva  configurazione da parte della legislazione regionale
del ruolo della Provincia in termini effettivamente adeguati alla sua
natura di ente locale necessario di secondo livello: valutazione, che
puo'   essere   operata  solo  avendo  riguardo  al  complesso  della
legislazione   sull'amministrazione   locale  per  accertare  la  sua
coerenza  con  il  principio  di autonomia. A cio' si aggiunga che la
successiva  legge  regionale n. 5 del 2007, all'art. 4, ha previsto e
disciplinato  alcune  attribuzioni  della  Provincia  in  materia  di
pianificazione territoriale.
    5.  -  Per  quanto  concerne  le censure rivolte all'art. 8 della
legge  reg.  n. 30 del 2005, impugnato perche' escluderebbe qualsiasi
intervento qualificato della Provincia nell'ambito delle procedure di
approvazione  e adozione del Piano territoriale regionale, si osserva
innanzitutto  che  anche  tale norma e' stata abrogata dal menzionato
art. 64 della legge regionale n. 5 del 2007.
    Attualmente  il  procedimento di approvazione del PTR e' regolato
dall'art. 10  della  citata  legge del 2007 in termini identici - per
quanto   qui  interessa  -  a  quelli  contenuti  nella  disposizione
censurata.   Pertanto,   poiche'   dalla   disposizione   legislativa
sopravvenuta  e' desumibile una norma sostanzialmente coincidente con
quella  impugnata  nel ricorso, la questione - in forza del principio
di  effettivita'  della tutela costituzionale delle parti nei giudizi
in via d'azione - deve essere estesa anche alla nuova norma (sentenza
n. 533 del 2002; ordinanza n. 137 del 2004).
    Una  volta  chiarito  che lo scrutinio di questa Corte deve avere
anche  ad  oggetto l'art. 10 della legge regionale n. 5 del 2007, nel
merito la questione non e' fondata.
    Oltre  a  valere  le medesime considerazioni svolte al n. 3, gia'
per se' sufficienti ad escludere la fondatezza della censura, si deve
considerare  che  la  disposizione in esame prevede espressamente che
l'elaborazione   del   progetto  definitivo  del  piano  territoriale
regionale  debba avvenire previo parere del Consiglio delle Autonomie
locali,  nel quale, ai sensi dell'art. 31, comma 2, lettera a), della
legge  regionale  9 gennaio 2006, n. 1 (Principi e norme fondamentali
del  sistema  Regione  - autonomie locali nel Friuli-Venezia Giulia),
sono necessariamente presenti anche le Province.
    Queste,  inoltre, rientrano senz'altro tra «gli enti ed organismi
pubblici»  che  l'art. 10, comma 5, lettera a), della legge regionale
n. 5  del  2007  legittima  a  presentare osservazioni avverso al PTR
entro 60 giorni dalla sua pubblicazione.
    Priva di fondamento risulta anche la censura avente ad oggetto la
disciplina   regionale   delle   societa'  di  trasformazione  urbana
regionale  dettata  dall'art. 11, della legge reg. n. 30, dal momento
che le Province non risultano titolari di specifiche funzioni neppure
nell'ambito della legislazione statale.
    La  medesima  conclusione  vale altresi' in relazione all'art. 12
della  stessa  legge  regionale,  impugnato  in ragione della mancata
previsione  della partecipazione della Provincia alla elaborazione di
«indirizzi  per  la  salvaguardia  delle  aree assoggettate a vincolo
paesaggistico»  nelle  more  dell'entrata  in vigore del PTR. Oltre a
valere,  anche  in  tal  caso,  le  considerazioni  sopra  svolte  in
relazione  al  potere  del  legislatore  regionale  di  conformare le
funzioni  degli  enti  locali,  si  deve  osservare  come  la recente
legislazione  statale,  per  un  verso,  non  prevede alcuna funzione
necessaria  delle Province in relazione alla predisposizione di norme
di  salvaguardia  nelle more dell'approvazione del piano territoriale
regionale  e,  per  altro  verso,  e'  esplicita nel riconoscere alle
Regioni  un  ruolo  fondamentale nella pianificazione paesaggistica e
certamente preminente rispetto ai poteri in materia degli enti locali
(si  veda  il  Capo III  del  d.lgs.  22 gennaio 2004, n. 42, recante
«Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10
della  legge  6 luglio  2002,  n. 137», nonche' le sentenze di questa
Corte n. 182 e n. 51 del 2006).
    6.  - Deve pertanto concludersi che non sono fondate le questioni
relative  agli  articoli 1,  4,  8, 11 e 12 della legge della Regione
Friuli-Venezia  Giulia  n. 30  del 2005 sollevate in riferimento agli
articoli 4 e 59 dello statuto speciale.