ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei  giudizi  di  legittimita' costituzionale degli artt. 49, 57 e 86
del  d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione
delle  imposte  sul  reddito),  e  degli  artt. 2  e  19  del decreto
legislativo  31 dicembre  1992,  n. 546  (Disposizioni  sul  processo
tributario   in   attuazione   della   delega  al  Governo  contenuta
nell'art. 30  della  legge  30 dicembre  1991,  n. 413), promossi con
ordinanze   del  13 aprile  2006  dal  Consiglio  di  Stato,  del  20
giugno 2006  dalla  Commissione  tributaria regionale del Lazio e del
18 luglio  2006  dal  Consiglio di Stato, rispettivamente iscritte al
n. 688  del  registro  ordinanze 2006 e ai numeri 6 e 56 del registro
ordinanze   2007,   e   pubblicate  nella  Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 6, n. 7 e n. 9, 1ª serie speciale, dell'anno 2007;
    Visti  gli  atti  di  intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  Camera  di  consiglio del 20 giugno 2007 il giudice
relatore Paolo Maddalena;
    Ritenuto che con ordinanza in data 13 aprile 2006, pervenuta alla
Corte costituzionale il 12 dicembre 2006 (reg. ord. n. 688 del 2006),
il  Consiglio  di Stato ha sollevato, in riferimento agli articoli 3,
24,  16,  41  e  42  della  Costituzione,  questione  di legittimita'
costituzionale  degli artt. 49, 57 e 86 del d.P.R. 29 settembre 1973,
n. 602  (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), e
degli  artt. 2  e 19 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546
(Disposizioni  sul  processo tributario in attuazione della delega al
Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413),
«se  interpretati,  secondo  il  diritto  vivente quale risulta dalla
giurisprudenza,   nel  senso  di  attribuire  al  giudice  ordinario»
anziche'   al   giudice   amministrativo   «la   giurisdizione  sulle
controversie in materia di fermo tributario di veicoli»;
        che  la  questione  di  legittimita'  costituzionale e' sorta
nell'ambito  di  un  giudizio  di  appello  avverso  la  sentenza del
Tribunale amministrativo regionale che aveva annullato per difetto di
motivazione  ed  eccesso  di  potere  il provvedimento di fermo di un
motociclo  e  di  un  autoveicolo  di  proprieta'  del  contribuente,
adottato,  per  mancato  pagamento  di carichi a ruolo scaduti, dalla
Societa'   SESIT   Puglia,  concessionaria  della  riscossione  della
Provincia di Bari;
        che  il  rimettente ricorda che sia il Consiglio di Stato, in
un precedente arresto, sia la Corte di cassazione, con pronuncia resa
in  sede  di regolamento di giurisdizione, hanno ritenuto sussistente
la  giurisdizione del giudice ordinario nelle controversie in tema di
fermo amministrativo di veicoli;
        che,  ricostruito il quadro normativo in materia e dopo avere
analiticamente  passato in rassegna gli argomenti su cui fa leva tale
giurisprudenza  per sostenere la giurisdizione del giudice ordinario,
il  Consiglio  di  Stato ritiene - diversamente dal diritto vivente -
che  il  fermo  di  cui all'art. 86 del d.P.R. n. 602 del 1973 sia un
provvedimento   amministrativo   di   autotutela   conservativa   del
patrimonio  del debitore, in funzione dell'interesse pubblico sotteso
alla    soddisfazione    del   credito   tributario   attribuito   al
concessionario della riscossione (che sotto tale profilo e' esercente
privato  di una pubblica funzione), e non uno strumento di autotutela
civilistica in un ordinario rapporto di credito-debito, e che su tale
provvedimento non vi sia la giurisdizione del giudice ordinario;
        che,  ad  avviso  del  rimettente,  l'espropriazione  forzata
esattoriale  ha  connotati  profondamente diversi dall'espropriazione
forzata  disciplinata  nel codice di procedura civile, tanto piu' che
il   processo   civile  non  conosce,  nell'ambito  del  processo  di
esecuzione  forzata,  strumenti  di  autotutela  conservativa rimessi
all'iniziativa  unilaterale  del creditore, il quale e' invece sempre
tenuto  a  rivolgersi al giudice per assicurarsi la conservazione dei
beni del debitore a garanzia delle proprie ragioni di credito;
        che, in punto di giurisdizione, la questione andrebbe risolta
secondo l'ordinario criterio del riparto diritti soggettivi-interessi
legittimi:   difatti,   a   fronte  di  provvedimenti  amministrativi
autoritativi,  il giudice naturale e' quello amministrativo (art. 103
Cost.), a meno che non vi siano norme derogatorie espresse, mentre al
giudice  ordinario  non  e'  attribuito,  di  regola,  il  potere  di
conoscere   in   via  immediata  e  diretta  della  legittimita'  dei
provvedimenti  amministrativi,  salvo  il  potere di disapplicarli; e
siccome  nel  caso specifico nessuna norma del d.P.R. n. 602 del 1973
indica  quale  giudice  debba  conoscere  le  controversie  sul fermo
amministrativo,  la  giurisdizione,  nel  silenzio  del  legislatore,
dovrebbe essere attribuita al giudice amministrativo;
        che  le norme censurate, come interpretate secondo il diritto
vivente,   non  attribuiscono  al  giudice  ordinario  un  potere  di
sindacato pieno sull'atto amministrativo, esteso al suo annullamento,
sicche'  il  giudice  ordinario  non  ha  il  potere  di sindacare la
motivazione  del  provvedimento  e,  segnatamente, la proporzione tra
l'entita'  della misura e il credito garantito; mentre, se tali norme
venissero  interpretate  nel senso di attribuire la giurisdizione sul
fermo  al  giudice  amministrativo, vi sarebbe maggiore tutela per il
destinatario  del  procedimento,  avendo il giudice amministrativo il
potere  di  sospendere  e annullare il provvedimento medesimo, previo
sindacato  sul corretto esercizio del potere, sulla adeguatezza della
motivazione  e,  segnatamente,  sulla  proporzione  tra la misura del
fermo e entita' del credito;
        che, ad avviso del rimettente, le norme denunciate, se intese
nel  senso  di  attribuire  al giudice ordinario la giurisdizione sul
fermo,  senza  contestualmente  attribuirgli una cognizione piena sul
provvedimento,  sarebbero  in  contrasto  con  gli artt. 3 e 24 della
Costituzione,  per  l'irragionevole  disparita'  di  trattamento  tra
soggetti  destinatari  di  provvedimenti amministrativi, in danno dei
soggetti  destinatari  dei  provvedimenti  di  fermo, che non possono
fruire  di una tutela piena di annullamento; e con gli artt. 16, 41 e
42  della  Costituzione, per la limitazione, mediante i provvedimenti
di   fermo,  rispettivamente,  della  liberta'  di  circolazione  dei
cittadini,  della  iniziativa  economica  privata  e della proprieta'
privata, limitazioni che non troverebbero adeguata tutela mediante un
sindacato giurisdizionale pieno sui provvedimenti medesimi;
        che  una  questione  identica  e'  stata  sollevata,  con  le
medesime argomentazioni, dal Consiglio di Stato con ordinanza in data
18 luglio  2006,  pervenuta  alla  Corte costituzionale il 31 gennaio
2007 (reg. ord. n. 56 del 2007);
        che  con  ordinanza  in  data  20 giugno 2006, pervenuta alla
Corte  costituzionale  l'8 gennaio 2007 (reg. ord. n. 6 del 2007), la
Commissione  tributaria  regionale  del  Lazio  -  in  un giudizio di
appello  proposto  dalla  Banca  Monte  dei  Paschi  di  Siena, nella
qualita'  di  concessionario del Servizio di riscossione dei tributi,
avverso  la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Roma
che,  tra  l'altro,  aveva annullato il provvedimento di preavviso di
fermo  amministrativo,  ai  sensi  dell'art. 86 del d.P.R. n. 602 del
1973,  di un veicolo di proprieta' di un contribuente - ha sollevato,
in  riferimento  agli articoli 3, 24, 16, 41 e 42 della Costituzione,
questione  di legittimita' costituzionale degli artt. 49, 57 e 86 del
d.P.R.  29 settembre  1973,  n. 602  e  degli artt. 2 e 19 del d.lgs.
31 dicembre  1992,  n. 546,  «se  interpretati,  secondo  il  diritto
vivente  quale  risulta dalla giurisprudenza, nel senso di attribuire
al  giudice  ordinario, e non al giudice tributario quale giudice del
rapporto  sottostante, la giurisdizione sulle controversie in materia
di fermo tributario di veicoli»;
        che  la  Commissione tributaria regionale motiva il dubbio di
legittimita'  costituzionale  riproponendo  gli  stessi argomenti del
Consiglio di Stato rimettente;
        che  in  tutti  i  giudizi  e'  intervenuto il Presidente del
Consiglio   dei  ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale  dello Stato, il quale ha concluso per la restituzione degli
atti   ai   giudici   rimettenti   ovvero   per  la  declaratoria  di
inammissibilita' o infondatezza delle questioni;
        che gli atti dovrebbero essere restituiti ai giudici a quibus
perche',  successivamente  alle  ordinanze  di rimessione, l'art. 35,
comma 26-quinquies, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, inserito
dalla   relativa  legge  di  conversione 4 agosto  2006,  n. 248,  ha
attribuito  la  giurisdizione  in ordine alle controversie inerenti i
provvedimenti  di  fermo amministrativo di cui all'art. 86 del d.P.R.
n. 602 del 1973 alle commissioni tributarie;
        che  le  questioni sarebbero inammissibili, perche' i giudici
rimettenti  avrebbero  omesso di compiere lo sforzo interpretativo di
proporre una lettura costituzionalmente orientata delle norme oggetto
di scrutinio;
        che  le  questioni sarebbero comunque infondate, giacche' nel
fermo  amministrativo  di  cui all'art. 86 del d.P.R. n. 602 del 1973
sarebbero  indubitabilmente coinvolti diritti soggettivi perfetti: la
proprieta'  e  il  credito  sono  diritti  e  la  misura  del  debito
tributario  non  ha  nulla  a  che  vedere  con  la  discrezionalita'
amministrativa;   il  fermo  e'  momento  prodromico  dell'esecuzione
forzata,  la quale si svolge dinanzi al giudice ordinario; il ricorso
contro il fermo ha natura di accertamento negativo della legittimita'
dell'iniziativa  per  difetto  nell'an  o  nel  quantum  del  credito
azionato;
        che,   secondo  la  difesa  erariale,  il  giudice  ordinario
disporrebbe  di tutti gli strumenti processuali, anche d'urgenza, per
garantire  la  piena  realizzazione  del  diritto  di  difesa,  e  la
disapplicazione   del   fermo,   cioe'   l'accertamento   della   sua
invalidita',  sarebbe misura idonea alla soddisfazione dell'interesse
della  parte  privata,  sicche'  i riferimenti alla insufficienza dei
poteri   del  giudice  ordinario  sarebbero  «un  fuor  d'opera»  per
manifesto difetto di rilevanza.
    Considerato  che  tutte  le ordinanze di rimessione censurano, in
riferimento  agli  artt. 3,  24,  16,  41  e  42  della Costituzione,
l'interpretazione  giurisprudenziale - formatasi sugli artt. 49, 57 e
86   del   d.P.R.   29 settembre  1973,  n. 602  (Disposizioni  sulla
riscossione  delle  imposte  sul  reddito)  e  sugli artt. 2 e 19 del
decreto   legislativo  31 dicembre  1992,  n. 546  (Disposizioni  sul
processo  tributario  in attuazione della delega al Governo contenuta
nell'art. 30  della legge 30 dicembre 1991, n. 413) - che attribuisce
al  giudice  ordinario,  anziche' al giudice amministrativo (nel caso
delle  questioni  sollevate  dal  Consiglio  di  Stato)  o al giudice
tributario (nel caso del dubbio avanzato dalla Commissione tributaria
regionale  del Lazio), la giurisdizione sulle controversie in materia
di fermo amministrativo dei veicoli;
        che  i  relativi  giudizi  - sollevando questioni identiche o
analoghe  -  possono  essere  riuniti  per  essere  decisi  con unica
pronuncia;
        che  successivamente  alle ordinanze di rimessione e' entrato
in  vigore  l'art. 35, comma 26-quinquies, del decreto-legge 4 luglio
2006,  n. 223  (Disposizioni  urgenti  per  il  rilancio  economico e
sociale,  per  il  contenimento  e  la  razionalizzazione della spesa
pubblica,  nonche'  interventi  in  materia di entrate e di contrasto
all'evasione    fiscale),    inserito   dalla   relativa   legge   di
conversione 4 agosto  2006,  n. 248, il quale, integrando il disposto
dell'art. 19,  comma 1,  del  decreto  legislativo  31 dicembre 1992,
n. 546  (Disposizioni  sul  processo  tributario  in attuazione della
delega  al  Governo  contenuta  nell'art. 30  della legge 30 dicembre
1991,  n. 413),  prevede  la  ricorribilita' davanti alle commissioni
tributarie   anche   del  provvedimento  di  «fermo  di  beni  mobili
registrati  di  cui  all'art. 86  del  decreto  del  Presidente della
Repubblica  29 settembre  1973,  n. 602,  e successive modificazioni»
(lettera e-ter);
        che   tale   innovazione   sulla   regola  di  riparto  della
giurisdizione  non  incide  sulla rilevanza delle questioni sollevate
dal  Consiglio  di Stato, giacche', a norma dell'art. 5 del codice di
procedura  civile,  la  giurisdizione  si determina con riguardo alla
legge vigente al momento della proposizione della domanda e non hanno
effetto  rispetto ad essa i successivi mutamenti della legge medesima
(ordinanza n. 161 del 2007);
        che,   con   riferimento   alla   questione  sollevata  dalla
Commissione   tributaria   regionale   del   Lazio,   occorre  invece
considerare  che  -  secondo il diritto vivente - l'art. 5 cod. proc.
civ.,  essendo  diretto a favorire, e non ad impedire, il verificarsi
della perpetuatio jurisdictionis, trova applicazione solo nel caso di
sopravvenuta  carenza  di  giurisdizione  del giudice originariamente
adito,  ma  non  anche  allorche' il mutamento dello stato di diritto
comporti  l'attribuzione  della  giurisdizione  al giudice che ne era
privo al momento della proposizione della domanda (ex plurimis, Corte
di  cassazione,  sezioni  unite  civili,  sentenze 20 settembre 2006,
n. 20322, e 13 settembre 2005, n. 18126);
        che, pertanto, si rende necessaria la restituzione degli atti
alla  Commissione tributaria regionale rimettente, perche' proceda ad
un   nuovo   esame   della   rilevanza   della  questione  alla  luce
dell'indicato jus superveniens;
        che,  quanto alle questioni sollevate dal Consiglio di Stato,
le  relative  ordinanze di rimessione - pur ponendo a base del dubbio
di legittimita' costituzionale la regola del riparto di giurisdizione
in  tema  di  fermo amministrativo dei veicoli elaborata dallo stesso
Consiglio  di  Stato, in un precedente arresto, e dalle sezioni unite
della  Corte  di cassazione, che hanno affermato la giurisdizione del
giudice   ordinario  a  conoscere  tali  controversie  -  in  realta'
criticano   alla   radice  tale  scelta  interpretativa,  sostenendo,
diversamente  dal diritto vivente, che il fermo amministrativo non e'
atto   funzionale  all'espropriazione  forzata  (e  quindi  mezzo  di
realizzazione   del  credito),  ma  provvedimento  amministrativo  di
autotutela  conservativa  del  patrimonio  del  debitore, in funzione
dell'interesse   pubblico  sotteso  alla  soddisfazione  del  credito
tributario, attribuito al concessionario della riscossione che, sotto
tale profilo, e' esercente privato di pubblica funzione;
        che, muovendo da tale premessa, il Consiglio di Stato ritiene
che  la  questione di giurisdizione dovrebbe essere risolta in favore
del  giudice  amministrativo  secondo l'ordinario criterio di riparto
diritti   soggettivi-interessi  legittimi,  posto  che  a  fronte  di
provvedimenti  amministrativi  autoritativi  il  giudice  naturale e'
quello  amministrativo  (art. 103  Cost.),  e  che nel caso specifico
nessuna  norma  del d.P.R. n. 602 del 1973 indica quale giudice debba
conoscere le controversie sul fermo amministrativo;
        che  siffatta incongruenza tra la detta formale premessa e il
concreto  svolgimento  del  dubbio di costituzionalita' fa trasparire
che  la  sollevata  questione  configura  un  improprio  tentativo di
ottenere  da  questa Corte l'avallo della (diversa) interpretazione e
ricostruzione  della  natura giuridica dell'istituto che il giudice a
quo  dimostra  di  condividere, cosi' rendendo chiaro un uso distorto
dell'incidente di costituzionalita' (ordinanza n. 161 del 2007);
        che,  pertanto, le questioni sollevate dal Consiglio di Stato
devono essere dichiarate manifestamente inammissibili.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.