ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  per  conflitto  di attribuzione tra poteri dello Stato
sorto  a  seguito  della  deliberazione della Camera dei deputati del
6 marzo    2003    (Doc.    IV    -    quater,    n. 42),    relativa
all'insindacabilita',  ai  sensi  dell'art. 68,  primo  comma,  della
Costituzione,  delle  opinioni  espresse dal deputato Amedeo Matacena
nei  confronti  del dott. Vincenzo Macri', promosso con ricorso della
Corte   di   appello  di  Catanzaro,  depositato  in  cancelleria  il
10 gennaio 2007 ed iscritto al n. 1 del registro conflitti tra poteri
dello Stato 2007, fase di ammissibilita'.
    Udito  nella  Camera  di  consiglio  del 9 maggio 2007 il giudice
relatore Alfio Finocchiaro.
    Ritenuto che, con ricorso depositato il 10 gennaio 2007, la Corte
di  appello  di  Catanzaro ha sollevato conflitto di attribuzione nei
confronti  della  Camera  dei deputati in relazione alla delibera del
6 marzo   2003  (Doc.  IV-quater,  n. 42),  con  la  quale  e'  stato
dichiarato  che  i fatti per i quali e' in corso il processo penale a
carico  del  deputato  Amedeo  Matacena  concernono opinioni espresse
nell'esercizio  delle  funzioni  parlamentari, ai sensi dell'art. 68,
primo comma, della Costituzione;
        che  la  Corte  ricorrente  premette  che,  con  sentenza del
Tribunale di Messina del 19 giugno 1999, parzialmente riformata dalla
Corte  di  appello  di  Messina  con  pronuncia  del  16 marzo  2001,
diventata  definitiva  il  7 dicembre  2001 a seguito del rigetto del
ricorso per cassazione presentato dall'imputato, il predetto deputato
e'  stato  condannato  alla  pena  ritenuta  di  giustizia nonche' al
risarcimento  del  danno  in  favore  della  costituita  parte civile
Vincenzo  Macri',  per  i seguenti delitti: «A) delitto p. e p. dagli
artt. 110,  595,  commi 1,  2,  3  e  13  legge  47/1948 per avere in
concorso  tra  loro, il Matacena come autore del comunicato stampa ed
il  secondo  (De  Virgilio  Vincenzo)  come autore dell'articolo, che
testualmente  lo  riproduce,  dal  titolo  «Replica  di  Matacena  al
magistrato  Macri», apparso sul quotidiano «Gazzetta del Sud», offeso
la  reputazione  di  Macri' Vincenzo, qualificandolo come «ispiratore
primario»  di  strategie  organizzate dalla mafia in danno di diversi
magistrati  ed in particolare del dott. Viola e come «provocatore» ed
irrispettoso  delle regole deontologiche per avere reagito all'accusa
del  Matacena, invero fondata, di avere utilizzato «nella faida tra i
magistrati»  verbali  firmati  in bianco dai pentiti. Reato aggravato
dalla  attribuzione  del fatto determinato e dalla diffusione a mezzo
stampa.  In  Messina il 15 febbraio 1995. Nonche' per avere offeso la
reputazione  dello stesso Macri' Vincenzo con un articolo apparso sul
quotidiano   Tribuna   Calabria   affermando   che  il  Macri'  aveva
partecipato  ad  una  banditesca  operazione e che era «un magistrato
bandido», articolo che si ricollegava al testo del comunicato diffuso
dall'AGI.  In Reggio Calabria 23 febbraio 1995; B) delitto previsto e
punito  dagli  artt. 595,  3° co., c.p. e 13 legge 47/1948 per avere,
con  un  articolo  di  stampa pubblicato sul quotidiano «Gazzetta del
Sud»  in data 3 dicembre 1995, riproducente il testo di un comunicato
dello  stesso  Matacena  -  diffuso  dalla  agenzia ANSA di Roma il 2
dicembre  1995  -  offeso  la  reputazione  del dott. Vincenzo Macri'
sostituto  procuratore della Repubblica presso la Direzione Nazionale
Antimafia  affermando  che  il  Macri'  ha «una concezione stalinista
della giustizia», che le dichiarazioni del Macri' «dimostrano in modo
lampante   quale  e'  il  suo  modo  di  maneggiare  i  pentiti  e  i
collaboratori»,  che «egli aveva chiesto una perizia psichiatrica nei
confronti del Macri», con le aggravanti dell'attribuzione di un fatto
determinato  e  della  commissione  del fatto in danno di un pubblico
ufficiale  nell'adempimento  delle  sue funzioni. Messina, 3 dicembre
1995;  C)  del  reato  di  cui agli artt. 595, co. 2, c.p. e 13 legge
47/1948 perche', con un articolo apparso sul quotidiano «Gazzetta del
Sud»  a  firma  di  Policheni Paolo e contenente le dichiarazioni del
Matacena, offendeva la reputazione del dr. Vincenzo Macri' affermando
che  quest'ultimo  aveva  gestito  l'operazione  «Olimpia»  e che era
rinviato  a  giudizio  per avere manipolato pentiti e collaboratori e
che  le tesi della magistratura inquirente erano assolutamente false.
Con l'aggravante della attribuzione di un fatto determinato. Messina,
29 novembre 1995»;
        che,  con istanza depositata il 25 marzo 2003, il Matacena ha
chiesto  alla  competente  Corte  di  appello  di  Reggio Calabria la
revisione  della  sentenza  di condanna assumendo di avere presentato
sin  dal  9 febbraio1998 alla Camera dei deputati, della quale faceva
parte   all'epoca   dei   fatti,   una   richiesta   di  delibera  di
insindacabilita'  ex  art. 68,  primo  comma, Cost., che era stata da
ultimo esaminata nella seduta del 6 marzo 2003, allorche' la medesima
Camera   dei  deputati  aveva  stabilito  che  le  dichiarazioni  del
prevenuto  concernono  opinioni  espresse da un membro del Parlamento
nell'esercizio delle sue funzioni;
        che la Corte di appello di Reggio Calabria, con ordinanza del
30 ottobre   2003,   ha  dichiarato  inammissibile  la  richiesta  di
revisione,  assumendo  che la delibera di insindacabilita' non poteva
essere   considerata   prova   nuova   ai  fini  di  quanto  previsto
dall'art. 630 del codice di procedura penale, in quanto l'intervenuto
giudicato    penale   rappresenta   un   valore   che   deve   essere
necessariamente  salvaguardato  nell'ottica  di  evidenti esigenze di
certezza dei rapporti giuridici;
        che  la  Corte  di  cassazione,  accogliendo  il  ricorso del
Matacena sul punto, ha annullato la citata ordinanza con sentenza del
2 luglio   2004,   assumendo   che  certamente  la  deliberazione  di
insindacabilita' del Parlamento deve essere considerata «prova nuova»
e  non  puo'  essere  disapplicata  dal  giudice,  che  puo' soltanto
sollevare  eventualmente conflitto di attribuzione davanti alla Corte
costituzionale;
        che  gli  atti  sono  stati,  quindi, trasmessi alla Corte di
appello di Catanzaro per un nuovo giudizio;
        che,  emesso  rituale  decreto  di  citazione, il processo e'
stato  ripetutamente  aggiornato, dapprima per la mancanza degli atti
processuali,  non  trasmessi  dal Tribunale di Messina, poi in attesa
della   decisione   della   Corte  costituzionale  sul  conflitto  di
attribuzione sollevato con ordinanza del 13 maggio 2004 dal Tribunale
civile di Reggio Calabria, davanti al quale il Macri' aveva citato il
Matacena per il risarcimento del danno in conseguenza della pronuncia
del  giudice  penale,  essendo  la  decisione indubbiamente rilevante
anche per il giudizio di revisione;
        che  la  Corte costituzionale, con ordinanza n. 325 del 2006,
ha  tuttavia  dichiarato  la improcedibilita' del ricorso per ragioni
procedurali  (il  mancato  rispetto dei termini previsti dall'art. 26
delle   norme   integrative   per   i   giudizi  davanti  alla  Corte
costituzionale da parte della autorita' giudiziaria ricorrente);
        che,  cio'  premesso,  la Corte di appello ricorrente ritiene
che  la  delibera  di  insindacabilita'  adottata  dalla  Camera  dei
deputati  nella  seduta del 6 marzo 2003 costituisce una interferenza
nelle  attribuzioni  della autorita' giudiziaria previste e garantite
dall'art. 102  Cost.,  poiche'  non  sussisterebbe alcun collegamento
funzionale  tra ledichiarazioni rese dall'on. Matacena, riportate nei
capi   di  imputazione  sopra  trascritti,  e  la  sua  attivita'  di
parlamentare, costituendo piuttosto tali dichiarazioni ed espressioni
l'esercizio  della  comune  liberta'  di  pensiero  nel quadro di una
polemica  diretta  e  personale con il Macri', del tutto avulsa dallo
svolgimento anche generico di attivita' parlamentare o politica;
        che,  secondo  la  ricorrente,  tali  considerazioni non sono
scalfite   in   alcun   modo   dalla   legge  20  giugno 2003  n. 140
(Disposizioni  per  l'attuazione  dell'articolo 68 della Costituzione
nonche'  in  materia  di  processi  penali  nei  confronti delle alte
cariche  dello  Stato), posto che sul piano procedurale l'invio degli
atti  processuali  alla Camera di appartenenza, previsto dall'art. 3,
comma 4,  di  tale  legge,  e'  superato  dal fatto che la Camera dei
deputati  ha  gia' deliberato sull'applicabilita' dell'art. 68, primo
comma,  Cost.,  e  che la disposizione di cui all'art. 3, comma 1, di
tale  legge, che prevede la applicazione della immunita' parlamentare
anche  «per  ogni  altra  attivita' di ispezione, di divulgazione, di
critica   e   di   denuncia   politica,  connessa  alla  funzione  di
parlamentare, espletata anche fuori dal Parlamento» non puo' comunque
coprire  ogni  espressione  ingiuriosa o diffamatoria sulla sola base
della  qualifica  rivestita  dall'agente,  occorrendo in ogni caso un
collegamento  con  l'attivita'  parlamentare  espletata, collegamento
che,  nel  caso in esame, difetta completamente, e cio' anche perche'
la norma citata, nonostante la piu' ampia formulazione lessicale, non
innova   alcunche'   rispetto   all'art. 68,   primo   comma,  Cost.,
limitandosi  a  rendere  esplicito  il contenuto di tale disposizione
(vengono,   al   riguardo,   richiamate   le   sentenze  della  Corte
costituzionale  n. 235  del  2005,  n. 246 e n. 120 del 2004, nonche'
l'ordinanza n. 136 del 2005);
        che  la  Corte di appello ricorrente chiede, conclusivamente,
che  la  Corte  costituzionale «dichiari che non spettava alla Camera
dei  deputati la valutazione della condotta attribuita all'on. Amedeo
Matacena  nei sopra trascritti capi di imputazione in quanto estranea
alle  previsioni  dell'art. 68  primo comma Cost., e conseguentemente
annulli  la deliberazione adottata dalla Assemblea Parlamentare nella
seduta del 6 marzo 2003».
    Considerato   che   deve   preliminarmente   accertarsi   se  sia
ammissibile  il conflitto sollevato, in sede di giudizio di revisione
della  sentenza  penale  di  condanna  per  diffamazione a carico del
deputato  Amedeo  Matacena,  dalla  Corte di appello di Catanzaro nei
confronti  della  Camera  dei deputati in relazione alla delibera del
6 marzo   2003  (Doc.  IV-quater,  n. 42),  con  la  quale  e'  stato
dichiarato  che  i  fatti relativi al giudizio penale concluso con la
predetta  sentenza  irrevocabile  di  condanna costituiscono opinioni
espresse   nell'esercizio   delle  funzioni  parlamentari,  ai  sensi
dell'art. 68, primo comma, della Costituzione;
        che  tale  delibera  e'  gia'  stata  oggetto di conflitto di
attribuzione  sollevato  dal Tribunale di Reggio Calabria, in sede di
giudizio  civile  per  risarcimento  dei danni promosso nel confronti
dello  stesso  deputato  in  conseguenza  della pronuncia del giudice
penale,  e  dichiarato ammissibile, in fase di prima delibazione, con
ordinanza  n. 117  del  2005, e, quindi, improcedibile, con ordinanza
n. 325  del  2006,  per  la  mancata  osservanza del termine di venti
giorni  dalla  notificazione  - previsto dall'art. 26, comma 3, delle
norme  integrative  per i giudizi davanti alla Corte costituzionale -
per  il  deposito degli atti presso la cancelleria della Corte stessa
da parte dell'autorita' ricorrente;
        che   la   costante  giurisprudenza  di  questa  Corte  circa
l'inammissibilita'  della  riproposizioni di conflitti gia' esaminati
dalla  Corte  stessa  (sentenza n. 116 del 2003, nonche' ex plurimis,
ordinanze  n. 102  del  2007, n. 294 del 2006, n. 143 del 2005, n. 40
del  2004,  n. 358,  n. 280,  n. 277, n. 214 del 2003) si riferisce a
conflitti  riproposti  nel  corso  dello  stesso  procedimento  dalla
medesima  autorita',  la  quale,  pertanto,  aveva  gia' consumato il
proprio  potere di agire a tutela della propria sfera di attribuzioni
(ordinanza n. 294 del 2006, cit.);
        che la ratio decidendi posta a base delle richiamate pronunce
non  si attaglia alla diversa ipotesi di nuovo conflitto sollevato in
una diversa controversia da altra autorita', la quale non puo' subire
le conseguenze del ritardo negli adempimenti necessari che abbia dato
luogo   ad   una   pronuncia   di   improcedibilita'   del  conflitto
precedentemente sollevato nei confronti della medesima deliberazione,
ovvero  della non corretta precisazione, nel ricorso introduttivo del
precedente  conflitto,  del  petitum  che  abbia  dato  luogo  ad una
pronuncia di inammissibilita';
        che,  esclusa  l'inammissibilita'  del conflitto odierno, non
costituendo   lo   stesso   riproposizione  di  conflitto  dichiarato
improcedibile,  la Corte costituzionale, in questa fase del giudizio,
a  norma  dell'art. 37,  terzo  e  quarto comma, della legge 11 marzo
1953,  n. 87,  e'  chiamata  a  deliberare, senza contraddittorio, se
«esiste la materia di un conflitto la cui risoluzione spetti alla sua
competenza»,  restando impregiudicata ogni ulteriore decisione, anche
in punto di ammissibilita';
        che  nella  specie sussistono sia il requisito soggettivo che
quello oggettivo del conflitto;
        che,   quanto   al  requisito  soggettivo,  devono  ritenersi
legittimati  ad  essere parti del presente conflitto, sia la Corte di
appello  di Catanzaro, in quanto organo giurisdizionale, in posizione
di indipendenza costituzionalmente garantita, competente a dichiarare
definitivamente, in relazione al procedimento del quale e' investita,
la volonta' del potere cui appartiene, sia la Camera dei deputati, in
quanto  organo  competente  a  dichiarare  definitivamente la propria
volonta'  in  ordine  all'applicabilita'  dell'art. 68,  primo comma,
della Costituzione;
        che,  quanto  al  profilo  oggettivo, sussiste la materia del
conflitto, dal momento che la Corte di appello ricorrente denuncia la
menomazione  della  propria sfera di attribuzione, garantita da norme
costituzionali,  in  conseguenza dell'adozione, da parte della Camera
dei   deputati,   di   una   deliberazione   -   della  quale  chiede
l'annullamento  -  ove si afferma, in modo asseritamente illegittimo,
che   le   opinioni   espresse   da   un   proprio  membro  rientrano
nell'esercizio delle funzioni parlamentari, in tal modo godendo della
garanzia  di  insindacabilita'  stabilita  dall'art. 68, primo comma,
Cost;
        che,  pertanto,  esiste  la  materia  di  un conflitto la cui
risoluzione spetta alla competenza di questa Corte (si vedano, tra le
piu'  recenti,  le  ordinanze n. 17 del 2007, n. 350, n. 321, n. 320,
n. 293 del 2006).