LA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE Ha emesso la seguente ordinanza, sull'appello n. 2928/05 depositato il 10 novembre 2005 avverso la sentenza 80/03/2004 emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale di Ravenna proposto dall'ufficio Agenzia delle Entrate - Ufficio di Ravenna, controparte «La Goccia d'oro S.n.c. di Parodi Stefano e Marco», viale Alfieri, 9/A, Lido Adriano - 48100 Ravenna, difeso da Mazzesi rag. Mauro, via Gradisca, 16 - 48100 Ravenna. Atti impugnati: Avviso irrogazione sanzioni n. R8CLST100017 sanz. amministr. 2003. Fatto Con ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Ravenna la societa' «La Goccia d'oro S.n.c. di Parodi Stefano e Marco» in persona del suo legale rappresentante nonche' il socio Parodi Marco impugnavano l'atto di irrogazione di sanzione amministrativa n. R8CL5T100017 in data 11 agosto 2003 emesso dall'Agenzia delle Entrate - Ufficio di Ravenna con cui veniva chiesto alla societa' ricorrente il pagamento di Euro 3.832,48 a titolo di sanzione ex art. 3, comma 3, legge n. 73/2000. L'atto di irrogazione era correlato ad una nota del Servizio Ispezione del Lavoro di Ravenna con cui si comunicava che nel corso di una verifica effettuata il 28 gennaio 2003 presso la pasticceria «La Goccia d'oro di Parodi Marco e Stefano» era stata accertata la presenza di una lavoratrice con mansioni di commessa (sig.ra Visani Francesca) non registrata sui libri obbligatori matricola e paga. I ricorrenti eccepivano che l'acritico recepimento da parte dell'Agenzia delle Entrate del verbale ispettivo non era sufficiente a comprovare la sussistenza del presupposto della sanzione irrogata, cosi' come non era provato il costo del lavoro applicato. In particolare si sosteneva in ricorso che la sig.ra Visani, che e' la madre dei soci proprietari della societa' ricorrente, nel giorno dell'ispezione si era recata in azienda a far visita ai figli. Veniva altresi' eccepita l'incostituzionalita' del d.l. n. 12/2002 per l'iniquita' delle sanzioni in esso previste. Con sentenza n. 80/2004 la commissione tributaria povinciale osservava che l'unico modo di superare i profili di incostituzionalita' presenti sotto molteplici aspetti nell'art. 3, comma 3, d.l. 22 febbraio 2002, n. 12 era di interpretare detta norma come circoscritta ai casi previsti dalla legge n. 383/2001 che ha introdotto misure agevolative per far emergere il lavoro irregolare. Onde le sanzioni in questione dovevano applicarsi solo ai datori di lavoro che entro il 30 novembre 2002, termine ultimo concesso per la regolarizzazione, non si erano avvalsi di tale opportunita'. Dal fatto che nella fattispecie la lavoratrice irregolare accertata non risultava occupata alla data del 30 novembre 2002 e quindi era estranea al programma di emersione di cui alla legge n. 383/2001, i primi giudici derivavano l'inapplicabilita' della sanzione di cui all'art. 3, comma 3, d.lgs. n. 12/2002 cit. al caso in esame ed accoglievano il ricorso. Contro la suddetta sentenza si grava l'Agenzia delle Entrate, Ufficio di Ravenna con l'odierno appello col quale si chiede che, in riforma della sentenza impugnata, sia confermata la sanzione applicata. Si e' costituita in giudizio la societa' «La Goccia d'oro di Parodi Stefano e Marco» con memoria di controdeduzioni nella quale si chiede la conferma della sentenza impugnata e si ribadisce che in ogni caso il giorno dell'accertamento non esisteva attivita' lavorativa essendo la madre dei soci andata a trovare i figli senza obbligo lavorativo. Diritto La commissione ritiene pregiudiziale rispetto alle questioni concernenti il merito della controversia affrontare la questione relativa alla giurisdizione delle commissioni tributarie in ordine alla applicazione delle sanzioni comminate a sensi dell'art. 3, commi 3, 4 e 5 del d.l. 22 febbraio 2002, n. 12 convertito con modificazioni dalla legge 23 aprile 2002, n. 73. Il comma 3 del cit. art. 3, ha introdotto, in aggiunta a quelle gia' esistenti, una sanzione amministrativa ulteriore in materia di impiego di lavoratori dipendenti non risultanti dalle scritture obbligatorie, pari a una somma dal 200 al 400 per cento dell'importo, per ciascun lavoratore irregolare, del costo del lavoro calcolato sulla base dei contratti collettivi, per il periodo compreso tra l'inizio dell'anno e la data di contestazione della violazione. Il successivo comma 4 stabilisce poi che competente alla irrogazione della sanzione e' l'Agenzia delle Entrate. Tali disposizioni sono state oggetto di varie ordinanze di remissione di commissioni tributarie alla Corte costituzionale, la quale con sentenza n. 144/2005 ha dichiarato la illegittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 3 cit. nella parte in cui non consente al datore di lavoro di provare che il rapporto di lavoro irregolare ha avuto inizio in una data successiva al 1° gennaio dell'anno dell'accertata violazione. Tutte le numerose censure di incostituzionalita' sollevate dai giudici tributari in ordine alla ritenuta attribuzione alle commissioni tributarie delle controversie relative alle sanzioni in questione sono state invece dichiarate manifestamente inammissibili dalla Corte costituzionale, in quanto i giudici rimettenti non avevano previamente compiuto il tentativo di seguire un interpretazione diversa della norma in modo da verificare la possibilita' di un interpretazione costituzionalmente corretta della medesima (cfr., ordinanze nn. 34, 35, 36, 93 e 94/2006). In sostanza la Corte costituzionale nelle ordinanze sopraindicate ha addebitato ai giudici rimettenti il mancato tentativo di dare all'art. 2 d.lgs. n. 546/1992 cosi' come novellato dall'art. 12, comma 2, legge 28 dicembre 2001, n. 448, un'interpretazione che escludesse la giurisdizione dei giudici tributari sulle sanzioni amministrative per violazioni di norme estranee alla materia tributaria, pur se irrogate da uffici finanziari. Nella presente controversia la commissione, pur dubitando della propria giurisdizione, deve prendere atto che le sezioni unite della Corte di cassazione con ordinanza n. 2888 del 10 febbraio 2006, in sede di regolamento di giurisdizione, ha affermato la giurisdizione delle commissioni tributarie a conoscere delle controversie relative alle sanzioni amministrative di cui al piu' volte citato art. 3, d.l. n. 12/2002 pur nella riconosciuta estraneita' della materia in esso disciplinata rispetto a quella tributaria, e cio' in considerazione della lettera dell'art. 2 d.lgs. n. 546/1992 il quale attribuisce alle commissioni tributarie le contoversie concernenti «le sanzioni amministrative comunque irrogate da uffici finanziari». La funzione monofilattica attribuita alla Corte di cassazione dall'art. 65 ord. giud. comporta che questa commissione tributaria regionale debba ritenere come «diritto vivente» l'interpretazione data da Cass. S.U. n. 2888/2006 alle norme in questione, esonerando la commissione dall'obbligo di ricercare divergenti interpretazioni. Dovendosi pertanto ritenere che l'art. 2, d.lgs. n. 546/1992 e l'art. 3, comma 3, 4 e 5, d.l. 22 febbraio 2002, n. 12 attribuiscono alle commissioni tributarie la giurisdizione a conoscere le controversie relative alle sanzioni emanate dall'Agenzia delle Entrate a sensi del cit. art. 3, d.l. n. 12/2002, la commissione osserva che tale attribuzione appare contrastante con gli artt. 102, comma 2, prima parte, VI disposizione transitoria nonche' con gli artt. 3 e 24 Cost. L'art. 102, secondo comma, Cost. sancisce il divieto per il legislatore di istituire giudici speciali, mentre la VI disposizione transitoria consente di procedere alla revisione degli organi speciali di giurisdizione esistenti. Per quanto concerne le commissioni tributarie, la Corte costituzionale nel riconoscere la loro legittimita' costituzionale, ha espressamente stabilito che il legislatore mantiene il potere di riordinare i giudici speciali a sensi della VI disposizione transitoria, con il duplice limite pero' di non snaturare la materia attribuita alla loro rispettiva competenza e di assicurare la conformita' a Costituzione (Corte cost. ord. n. 144/1998). Cio' significa che la giurisdizione speciale tributaria e' compatibile con la Costituzione nella misura in cui questa e' limitata alla materia dei tributi e cioe' a quegli atti o fatti che abbiano a necesssario presupposto il potere impositivo dell'Amministrazione finanziaria o la violazione di una norma tributaria. Orbene nel caso di specie, la sanzione irrogata a sensi dell'art. 3, comma 3, d.l. n. 12/2002 ha per presupposto il mancato rispetto di norme lavoristico-previdenziali, che in nessun modo sono riconducibili al campo tributario. L'impiego di lavoratori dipendenti non risultanti dalle scritture obbligatorie non costituisce infatti una situazione rilevante a fini dell'imposizione tributaria, ne' il mancato pagamento degli oneri previdenziali costituisce adempimento di una obbligazione tributaria. In conclusione, l'unico riferimento al campo tributario si rinviene nel fatto che l'art. 3, comma 3, cit. attribuisce la competenza a irrogare siffatte sanzioni agli uffici finanziari ha reso applicabili le disposizioni generali sulle sanzioni amministrative in materia tributaria di cui al n. 472/1997. Secondo l'interpretazione della Corte di cassazione il riferimento all'organo finanziario e' sufficiente, a sensi dell'art. 2, d.lgs. n. 3416/1992, a radicare la giurisdizione del giudice tributario, senza doversi tener conto, come nella fattispecie, dell'estraneita' della materia oggetto della sanzione, e cio' in quanto tale norma dispone che «appartengono alla giurisdizione tributaria tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie comunque denominate [... ...] nonche' [... ...], le sanzioni amministrative, comunque irrogate da Uffici Finanziari». Sembra alla commissione che in tal modo si siano superati dal legislatore i limiti che la Corte cost. ha evidenziato per contenere la giurisdizione speciale delle commissioni tributarie nei termini della revisione consentita dalla VI disposizione transitoria Cost. La riforma apportata all'art. 2, d.lgs. n. 546/1992 dall'art. 12, legge 28 dicembre 2001 n. 448, cosi' come fatta vivere nell'ordinamento dalla Corte di cassazione, attribuisce al giudice tributario la cognizione di controversie che nulla hanno a che fare con i tributi, e cio' sulla base del solo fatto estrinseco che all'organo finanziario e' attribuita la competenza a irrogare le sanzioni. Ma in tal modo viene snaturata la funzione del giudice tributario, che da giudice dei tributi, viene costituito quale giudice speciale dell'amministrazione tributaria, in palese violazione dell'art. 102 e VI disposizione transitoria Cost. Attribuire al giudice tributario sanzioni amministrative in materia sostanzialmente previdenziale e di lavoro non integra solo una violazione della sfera di attribuzioni riconosciute dalla Costituzione a questo giudice, ma si palesa altresi' una scelta virata da irrazionalita' e lesiva del diritto di difesa del cittadino, in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost. In effetti la controversia che ha ad oggetto l'accertamento dell'esistenza di un rapporto di lavoro irregolare e della tipologia del medesimo richiede un'attivita' istruttoria basata eminentemente sulle prove testimoniali, istruttoria non consentita nel processo tributario, e che invece e' garantita dalla legge generale sulle sanzioni amministrative (legge n. 689/1981). Per le ragioni suesposte, ritenuta rilevante la questione di' legittimita' costituzionale della disciplina processuale applicabile al presente giudizio, deve essere disposta la remissione degli atti alla Corte costituzionale e la sospensione del gravame.