IL TRIBUNALE Letti gli atti del procedimento penale a carico di Volpe Marco, nato a Salussola il 12 settembre 1933, citato a giudizio con decreto del p.m. in data 1° marzo 2005 per rispondere dei seguenti reati: a)delitto di cui all'art. 594 c.p. commesso in data 17 novembre 2000; b) delitto di cui all'art. 582 c.p. commesso in pari data; Rilevato che i predetti reati, stante il tenore dell'imputazione, rientrano nell'attuale sfera di competenza per materia del giudice di pace, e che, pertanto, ad essi debbono essere applicate le sanzioni di cui al titolo II del d.lgs. n. 274/2000 come disposto dall'art. 63 della norma in parola, con esclusione dell'applicabilita' anche del titolo I (radicandosi invero la competenza del tribunale sulla base della disposizione transitoria di cui all'art. 64, comma 2 della medesima norma, di cui non sussiste il duplice presupposto della cominssione del fatto successivamente al 6 ottobre 2000, data di pubblicazione del d.lgs. n. 274/2000, e dell'iscrizione della notizia di reato posteriormente al 2 gennaio 2002, data di entrata in vigore del d.lgs. n. 274/2000, in particolare difettando nel caso di specie la seconda delle citate condizioni, in quanto il presente procedimento, avendo n. di R.G.N.R. 608/2001, e' stato sicuramente iscritto anteriormente al 2 gennaio 2002); Rilevato che al delitto di lesioni personali di cui al capo b) d'imputazione puo' applicarsi, in quanto piu' favorevole, il termine di prescrizione previsto dall'art. 157, comma 5 c.p. introdotto dalla legge n. 251/2005, secondo cui «quando per il reato la legge stabilisce pene diverse da quella detentiva e da quella pecuniaria si applica il termine di tre anni», atteso che ai sensi dell'art. 52, lett. b), d.lgs. n. 274/2000 al delitto di cui all'art. 582 c.p., originariamente punito con la sola pena della reclusione, si applicherebbe in caso di condanna la pena pecuniaria o la pena della permanenza domiciliare ovvero la pena del lavoro di pubblica utilita' nelle misure ivi rispettivamente indicate, rendendo applicabile il termine prescrizionale di anni tre; Atteso che, invece, proprio sulla scorta di tale considerazione, al delitto di ingiuria di cui al capo a) d'imputazione non potrebbe applicarsi tale termine prescrizionale ridotto, essendo detto delitto originariamente punito con la pena della reclusione fino a sei mesi o con la pena della multa, cio' da cui discende l'applicabilita' del trattamento sanzionatorio di cui alla lett. a) prima parte dell'art. 52 del d.lgs. n. 274/2000 che prevede per il caso in esame l'applicabilita' della pena pecuniaria della multa in via esclusiva, dovendosi pertanto applicare il termine prescrizionale considerevoImente piu' lungo di cui al primo comma dell'art. 157 c.p.; Ritenuto che, quanto sopra premesso, si riveli rilevante nel giudizio a quo la questione della legittimita' costituzionale - peraltro gia' sollevata in un caso del tutto analogo dal tribunale di Perugia con ordinanza in data 20 marzo 2006 - dell'art. 157 c.p. per violazione dell'art. 3 cost. in quanto contempla irragionevolmente per fatti per cui e' prevista una pena diversa da quella detentiva e da quella pecuniaria termini di prescrizioni piu' brevi rispetto a quelli applicabili a fatti, di piu' lieve entita' e piu' lievemente sanzionati dalle realive norme di parte speciale del c.p., per cui e' prevista in via esclusiva la pena pecuniaria; Considerato, invero, che all'imputato sono stati contestati il reato di lesioni personali non aggravate, per il quale e' applicabile il termine di prescrizione piu' breve e che pertanto deve considerarsi gia' prescritto, e il reato di ingiuria, per il quale risulta sulla base della lettera normativa applicabile il termine prescrizionale di cui al primo comma dell'art. 157 c.p., ma che potrebbe considerarsi parimenti gia' prescritto nell'ipotesi di ritenuta fondatezza della questione di legittimita' costituzionale che si propone, osservato che, per la compiuta illustrazione della non manifesta infondatezza della questione, ci si possa riportare alle considerazioni gia' sviluppate nella citata ordinanza del tribunale di Perugia, che ivi pertanto integralmente si trascrive per la parte che interessa: «Innanzi tutto deve ritenersi che il disposto dell'art. 157, comma 5 c.p., risultante dalle modifiche apportate dall'art. 6 legge n. 251/2005, non sia riferibile a reati diversi da quelli oggi di competenza del giudice di pace, puniti con la permanenza domiciliare o il lavoro sostitutivo. Diversamente intesa, la norma risulterebbe inapplicabile, in quanto priva di qualsivoglia concreto riferimento. D'altro canto nulla rileva che l'art. 52, d.lgs. n. 274/2000 contempli un meccanismo sanzionatorio a griglia, prevedendo al secondo comma lett. a), seconda parte, lett. b) e lett. c), in alternativa alle altre, anche la mera pena pecuniaria. In particolare deve escludersi che, per il solo fatto della possibilita' di irrogare quest'ultima, debba aversi riguardo al termine dettato dall'art. 157 comma 1 c.p., in forza del quale la prescrizione matura in almeno sei anni per i delitti e in almeno quattro anni per le contravvenzoni, anche se puniti con la solo pena pecuniaria. Il primo comma infatti correla il termine alla natura del reato mentre il quinto comma al fatto in se' che la legge stabilisca una pena diversa da quella detentiva e da quella pecuniaria. Men che mai, stante il tenore della norma, potrebbe a versi riguardo al tipo di trattamento in concreto irrogato, atteso che la prescrizione e' correlata alla pena edittalmente prevista. Cio' posto, deve prendersi atto che vi sono reati attualmente rientranti nella competenza del giudice di pace, in genere quelli meno gravi, per i quali e' irrogabile la sola pena pecuniaria: si tratta dei casi contemplati dall'art. 52, primo comma d.lgs. n. 224/2000, cioe' dei reati originariamente puniti con la sola pena pecuniaria, come la minaccia semplice di cui all'art. 612 c.p. e dei casi contemplati dall'art. 52, scondo comma, lett. a) prima parte, cioe' dei reati per i quali era prevista la pena detentiva non superiore a mesi sei alternativa a quella pecuniaria, come nel caso dell'ingiuria di cui all'art. 594 c.p. Valutando il sistema delineato dal nuovo art. 157 c.p., commi 1 e 5, deve necessariamente concludersi, non essendo possibile pervenire a soluzioni interpretative diverse, che i reati oggi di competenza del giudice di pace sono soggetti a termini di prescrizione diversi, a seconda che siano puniti con la sola pena pecuniaria, nel qual caso il termine e' di anni sei per i delitti e di anni quattro per le contravvenzioni; ovvero, in alternativa, con la permanenza domiciliare o il lavoro sostitutivo, nel qual caso il termine e' sempre di anni tre. Ma un siffatto meccanismo risulta platealmente irragionevole, in quanto, a prescindere da qualsivoglia riferimento alla possibilita' di un piu' rapido "oblio sociale dell'illecito", si contempla un termine prescrizionale piu' lungo per reati oggettivamente meno gravi (talvolta di gran lunga meno gravi), in quanto implicanti una minore offesa ad uno stesso bene ovvero lesivi di un bene di rango inferiore. E' sufficiente in proposito considerare che se taluno minaccia di picchiare un altro individuo o lo percuote, i delitti di cui agli artt. 612 e 581 c.p. puniti con pena pecuniaria, sono soggetti al termine prescrizionale di anni sei, mentre se stesso individuo passa effettivamente a vie di fatto, procurando lesioni lievi, il reato, punito anche con permanenza domiciliare o lavoro sostitutivo, e' soggetto al termine di prescrizione di anni tre. Analogamente nel rapporto tra ingiuria e diffamazione Ad una siffatta irrazionalita', ascrivibile a malgoverno della discrezionalita' legislativa e non emendabile in malam partem, non puo' ovviarsi che con l'unificazione del termine di prescrizione per tutti i reati di competenza del giudice di pace, nel senso che sia per essi indistintamente applicabile il termine di anni tre, come previsto dall'art. 157 comma 5 c.p. Cio' risponde del resto all'eadem ratio della creazione di un "diritto mite", in cui la mitezza si rifletta non solo nel trattamento sanzionatorio ma anche nella delimitazione del lasso temporale entro il quale permane l'interesse alla punizione.».