Ricorso   per   il   Presidente   del   Consiglio   dei  ministri
rappresentatore  difeso  per mandato ex lege dall'Avvocatura generale
dello  Stato,  presso  i  cui  uffici  ha  domicilio in Roma, via dei
Portoghesi n. 12, ricorrente;

    Contro  Regione  Toscana,  in persona del presidente della giunta
regionale  attualmente in carica, resistente, per la dichiarazione di
illegittimita'  costituzionale  degli  articoli  15, comma 2, 18, 20,
commi  2  e  6,  21,  27,  comma  2, 35, 37, 39, 41 della legge della
Regione  Toscana  13 luglio 2007, n. 38, recante «Norme in materia di
contratti   pubblici   e  relative  disposizioni  sulla  sicurezza  e
regolarita'  del  lavoro»,  pubblicata nel B.U.R. n. 20 del 18 luglio
2007.
    Nell'esercizio  della  propria competenza legislativa, la Regione
Toscana  ha  emanato  la  legge  regionale n. 38/2007 per dettare una
disciplina  organica  in  materia  di  contratti  pubblici di lavori,
servizi e forniture.
    Detta  legge,  che consta di ben 74 articoli, si dirige a tutti i
soggetti   appaltanti  individuati  come  insistenti  sul  territorio
regionale  e  si  propone,  nel  dichiarato  (ma, come si vedra', non
attuato)   rispetto   della  normativa  statale  di  cui  al  decreto
legislativo  n. 163/2006, di applicarsi a tutti gli appalti pubblici,
disciplinando   l'attivita'   dell'Osservatorio   come  strumento  di
monitoraggio  e  supporto,  la  sicurezza  e la regolarita' sul e del
lavoro con un sistema di controlli e verifiche valido sia per la fase
dell'affidamento  che  per quella della esecuzione, la programmazione
dell'attivita'  contrattuale  e  la snellezza dei procedimenti. Punto
qualificante  della normativa regionale e' infine quello che riguarda
la    qualificazione,   razionalizzazione   e   ed   esemplificazione
dell'attivita' amministrativa.
    Sennonche', alcune delle norme della legge regionale in questione
non appaiono in linea con i principi costituzionali che presiedono al
riparto delle competenze legislative nella materia.
    Ora,   e'  noto  che  la  questione  del  riparto  di  competenza
legislativa  fra  Stato  e  regioni  in  materia  di  affidamento  ed
esecuzione  di  commesse  pubbliche  ha  avuto di recente un notevole
contributo  interpretativo  ad  opera delle sentenze n. 303 e 304 del
2003  e  n. 345  del  2004  della  Corte  costituzionale, nonche' una
precisa  regolamentazione ad opera del c.d. «codice degli appalti» di
cui al decreto legislativo n. 163/2006.
    In  base  ai principi desumibili dalle pronunce e dalle norme ora
richiamate,  e'  possibile  affermare  che  la  materia degli appalti
pubblici - ancorche' non espressamente menzionata dall'art. 117 della
Costituzione  -  non  appartiene  per  residualita'  alla  competenza
legislativa delle regioni.
    Come  affermato dalla Corte costituzionale a proposito dei lavori
pubblici,  ma con espressioni e concetti idonei a ricomprendere tutti
gli appalti pubblici (e quindi anche servizi e forniture), «si tratta
di  ambiti  di  legislazione  che  non  integrano  una vera e propria
materia,   ma   si   qualificano  a  seconda  dell'oggetto  al  quale
afferiscono,  e  pertanto possono essere ascritti di volta in volta a
potesta'  legislative  dello  Stato,  ovvero  a  potesta' legislative
concorrenti».
    Se  dunque  si  procede  a  scomporre la disciplina degli appalti
pubblici   in   tutti  i  suoi  momenti  (dell'organizzazione,  della
programmazione, del finanziamento, della scelta del contraente, della
sua    qualificazione,    dell'esecuzione    del   contratto,   delle
controversie)  si  ha  che  ciascuno  di  essi puo' essere ricondotto
all'ambito  di  legislazione cui appartiene la relativa materia, e di
conseguenza  puo'  essere  individuato  il  soggetto  titolare  della
connessa potesta' legislativa.
    Per  grandi  linee,  si  puo' affermare dunque che tutto cio' che
attiene alla fase dell'affidamento dell'appalto - contenuto dei bandi
di   gara,   criteri   di   aggiudicazione,  disciplina  della  gara,
qualificazione  dei  concorrenti  -  rientra nel generale concetto di
regolamentazione  della  concorrenza e di regolazione del mercato (ed
in  questa prospettiva e' la genesi di tutta la normativa comunitaria
in  materia,  nonche'  la  ragione della predominanza di questa sulla
normativa  interna), regolamentazione che, in quanto tale, appartiene
allo Stato in via esclusiva.
    In   tal   senso  e'  espressamente  l'orientamento  della  Corte
costituzionale,  che ha affermato che l'acquisto di beni e servizi da
parte   delle  pubbliche  amministrazioni  secondo  le  procedure  ad
evidenza  pubbliche costituisce la concreta attuazione della pienezza
dei  rapporti  concorrenziali.  «Le  procedure  ad evidenza pubblica,
anche  alla  luce  delle  direttive  della comunita' europea (cfr. da
ultimo,  la  direttiva  2004/18/CE  del  31 marzo  2004,  relativa al
coordinamento   delle   procedure  di  aggiudicazione  degli  appalti
pubblici di lavori, di forniture e servizi), hanno assunto un rilievo
fondamentale  per  la  tutela  della concorrenza tra i vari operatori
economici  interessati  alle  commesse pubbliche. Viene in rilievo, a
questo proposito, la disposizione di cui all'art. 117, secondo comma,
della  Costituzione, secondo la quale spetta allo Stato legiferare in
via  esclusiva  in  tema  di  tutela  della concorrenza» (Corte cost.
n. 345/2004).
    E  la ragione e' piu' che evidente e risiede nella insopprimibile
esigenza   che  il  mercato  e  le  sue  regole  non  soffrano  della
frantumazione  conseguente  alla  pluralita' di possibili discipline,
articolate  secondo  le  differenziazioni  del territorio regionale e
ciascuna  rispondente  a  finalita'  politiche  diverse,  ed  abbiano
viceversa  una disciplina omogenea ed unitaria su tutto il territorio
nazionale.
    La  regione,  dunque,  non  puo'  emanare autonome norme di legge
destinate  a  disciplinare  le  procedure di affidamento di contratti
pubblici.
    Analogamente  va  ritenuto  con  riguardo  ad altri aspetti della
materie dei contratti pubblici, quali la sottoscrizione del contratto
e la sua esecuzione, il subappalto, la disciplina delle controversie.
    E'  infatti evidente che tutta la vicenda contrattuale appartiene
alla disciplina civilistica delle obbligazioni, delle loro fonti, del
loro adempimento, del loro inadempimento e delle relative conseguenze
giuridiche  (non  a  caso  il  contratto  di  appalto  trova compiuta
disciplina  negli articoli del codice civile, e l'appalto pubblico e'
tradizionalmente  ritenuto un contratto di diritto privato, ancorche'
speciale),  e  come  tale  rientra  a  pieno  titolo  nella  potesta'
legislativa  esclusiva  dello  Stato,  cui  spetta,  sempre  a  norma
dell'art. 117  della  Costituzione, legiferare in tema di ordinamento
civile e penale.
    Per  quanto  poi riguarda il subappalto, oltre alla gia' rilevata
considerazione  del  suo  appartenere  all'ambito  del diritto civile
(art. 1656  c.c.).  vi  e'  l'ulteriore  e non meno rilevante aspetto
dell'assoggettamento  dell'istituto in questione a normativa speciale
(la  legge  19 marzo  1990,  n. 55)  di  chiara ispirazione di ordine
pubblico,  e  cio'  costituisce  ulteriore elemento per ricondurre la
disciplina   del  subappalto  nell'esclusiva  signoria  dello  Stato,
competente   a   legiferare   sempre  ai  sensi  dell'art. 117  della
Costituzione in materia di ordine pubblico e sicurezza.
    Le  regioni  pertanto  non  possono emanare norme proprie volte a
regolare gli aspetti contrattuali degli appalti pubblici.
    Possono  invece emanare norme dirette a disciplinare argomenti ed
istituti  che  sono  oggetto  di  competenza  legislativa concorrente
(programmazione,   esercizio   ed   effetti  dei  poteri  approvativi
specialmente   per   quanto   attiene   all'ambito   urbanistico   ed
espropriativo,  ecc.)  ma cio' nel rispetto dei principi fondamentali
desumibili dalle norme statali.
    Questo  e'  l'assetto  delle competenze legislative nella materia
degli  appalti  pubblici di lavori, servizi e forniture quale risulta
dalla  piu'  corretta  interpretazione dei principi costituzionali, e
quale  attualmente accolta nella piu' recente normativa emanata dallo
Stato sul punto: l'articolo 4 del decreto legislativo 12 aprile 2006,
n. 163.
    Sulla  base  di  questi  concetti  e considerazioni preliminari e
generali,  la  legge  regionale  n. 12/2006  che  qui  si  impugna si
presenta   per   molti   versi  esuberante  rispetto  alle  linee  di
demarcazione della potesta' legislativa tra Stato e regioni tracciata
dalla   Costituzione,  e  sembra  aver  travalicato  i  limiti  della
competenza legislativa regionale in materia.
    Cio' e' avvenuto, secondo la Presidenza del Consiglio ricorrente,
in  relazione  a  molteplici  norme,  che di seguito si elencano e si
censurano.
1)  Articolo  15,  comma 2, in relazione all'art. 117, secondo comma,
della Costituzione.
    La  disposizione  in  parola prevede che, ove l'offerta risultata
provvisoriamente  aggiudicataria  di una gara non sia stata nel corso
della  procedura  sottoposta  alla valutazione di anomalia, essa deve
comunque  sottostare  ad  una  verifica  di congruita' da parte della
stazione appaltante relativamente - e limitatamente - alla componente
riferita  al  costo della manodopera, o per gli appalti di servizi al
costo della sicurezza.
    La   disciplina   e'   diversa  da  quella  dettata  dallo  Stato
nell'ambito  della propria competenza esclusiva con gli articoli 86 e
122  del  decreto  legislativo n. 163/2006. Secondo le norme di fonte
statale, infatti, nelle gare per l'affidamento di contratti di valore
superiore  alla  soglia  comunitaria  le stazioni appaltanti valutano
(cioe',  «devono valutare») l'anomalia delle offerte che si collocano
al  di la' di un certo valore preventivamente stabilito, ma «possono»
valutare la congruita' di ogni altra offerta che, in base ad elementi
specifici, appaia anormalmente bassa; nelle gare per l'affidamento di
contratti di valore inferiore alla soglia comunitaria, quando esse si
aggiudicano   con  il  criterio  del  massimo  ribasso,  la  stazione
appaltante  «puo» prevedere nel bando che il giudizio di anomalia sia
affidato  ad  un  meccanismo  automatico  che si attua - senza alcuna
valutazione  di  merito - con l'esclusione delle offerte collocate al
di la' del valore di sospetto.
    Il  che  significa  che,  nella  riforma  degli  appalti pubblici
ispirata  dal  recepimento  delle  recenti  direttive comunitarie, il
legislatore  italiano  ha  abbandonato  la secca corrispondenza «gare
soprasoglia/verifica   di   anomalia  -  gare  sottosoglia/esclusione
automatica»  che era stata una delle (sofferte) caratteristiche della
legge  «Merloni»,  lasciando  alla  singola  stazione  appaltante  un
notevole margine di discrezionalita' da esercitarsi, ovviamente, caso
per caso.
    In  sostanza,  nelle  gare  sopra  soglia  l'amministrazione puo'
sottoporre  a verifica di congruita' qualunque offerta che in base ad
elementi  «specifici»  si  presenti  sospetta,  ed in particolar modo
quella  che  -  nell'eventuale  ipotesi di giudizio negativo su tutte
quelle  collocate  nell'area  di sospetto - si presenti come la prima
«non   anomala»   e   quindi   destinataria  dell'aggiudicazione  per
l'esclusione  delle altre precedenti in graduatoria. Nelle gare sotto
soglia    l'amministrazione    puo'    o   avvalersi   del   criterio
dell'esclusione  automatica,  senza  evidentemente poter procedere ad
alcun  giudizio  di  congruita' sulla prima delle offerte superstiti,
oppure   procedere  alla  verifica  di  anomalia  secondo  la  regola
ordinaria.  In  tutti  i casi, tuttavia, la valutazione di congruita'
investe  l'offerta nella sua integralita', senza limitazione a questa
piuttosto che a quella voce di prezzo.
    La norma regionale invece non lascia alcuna liberta' alla singola
stazione  appaltante,  che  deve  valutare  «comunque»  la congruita'
dell'offerta  se  gia'  non  sottoposta  alla verifica di anomalia (e
quindi  senza  alcun  apprezzamento  da  condurre  caso  per  caso in
relazione  alle  particolarita' della prestazione o alla specificita'
di  taluni elementi), ed inoltre la valutazione e' incompleta perche'
non  e'  su  tutta  l'offerta  nel  suo  complesso ma investe solo la
componente del costo del lavoro o della sicurezza.
    Ora,  e'  noto  ed  acquisito  nell'ordinamento che la disciplina
dell'anomalia dell'offerta e la procedura per la relativa verifica di
merito  appartengono alla materia della concorrenza, sin da quando la
giurisprudenza  comunitaria  ebbe  a censurare le norme nazionali che
quella  procedura  limitavano  o  rendevano  inadeguata (a partire da
Corte  di  giustizia  CEE  27 giugno 1989 in causa n. 143/1994 tra il
comune   di   Milano   e  l'impresa  Costanzo).  E  poiche'  a  norma
dell'art. 117,  secondo  comma, lettera e), della Costituzione spetta
allo  Stato  la competenza legislativa esclusiva in materia di tutela
della  concorrenza  (Corte  cost. n. 345/2004 citata), la regione non
puo'  dettare norme in tale ambito, o comunque non ne puo' dettare di
portata  e  contenuto  difforme  da  quelle  fissate  dalla normativa
statale.
2)  Articolo  18,  in  relazione  all'art. 117,  secondo comma, della
Costituzione.
    La  disposizione  in parola prevede il pagamento diretto a carico
della  stazione  appaltante  delle  retribuzioni  del  personale  del
subappaltatore   in   caso   di   ritardo   nel  pagamento  da  parte
dell'appaltatore del corrispettivo del subappalto.
    La  norma  differisce notevolmente dalla previsione statale nella
stessa materia, che (articolo 118 del decreto legislativo n. 163/2006
come  modificato  dal  secondo decreto correttivo n. 113/2007) lascia
alla  stazione  appaltante la scelta - da preventivamente esplicitare
nel  bando - tra il pagamento diretto ai subappaltatori degli importi
ad  essi spettanti per le prestazioni svolte, e il mero controllo sui
pagamenti   effettuati   dall'appaltatore  ai  propri  subappaltatori
tramite la verifica delle quietanze da questi ultimi rilasciate.
    La  differenza  tra  l'uno e l'altro regime e' evidente. La norma
statale  non  effettua  alcuna  distinzione  tra  il corrispettivo di
subappalto  e  la  parte  di quel corrispettivo che il subappaltatore
destina  al  pagamento delle retribuzioni della propria mano d'opera.
La   sola  sanzione  che  la  legge  statale  contempla  in  caso  di
inadempimento  dell'appaltatore  nel  pagamento  di  quanto dovuto al
subappaltatore,  qualora  ovviamente  non  sia  seguita  la  via  del
pagamento  diretto, consiste nella sospensione dei pagamenti da parte
della stazione appaltante.
    E  del  resto,  l'alterazione  della  regola  ordinaria  comporta
un'indebita  intromissione  della  stazione appaltante nel sinallagma
del contratto di subappalto, che funziona a prescindere dalle ragioni
che  possano  avere indotto le parti ad adempiere o meno alle proprie
obbligazioni,  e  che  si  traduce in un'attenuazione della posizione
contrattuale  della stazione appaltante, costretta ad erogare somme a
prescindere   dall'adempimento   o   meno  dell'appaltatore  e/o  del
subappaltatore in relazione alla prestazione principale.
    E'  noto  che  la  materia  del subappalto attiene all'ambito dei
rapporti   di   diritto  civile,  come  tale  di  stretta  competenza
legislativa  esclusiva  dello  Stato, ai sensi dell'art. 117, secondo
comma,  lettera  l)  della Costituzione dal momento che la regola dei
contratti  non  puo' essere diversa a seconda della regione in cui e'
nata o deve essere eseguita l'obbligazione; in tale ambito la regione
non  puo'  dettare norme proprie di contenuto e di portata diversa da
quelle di diritto statale.
3)  Articolo  20,  commi  2  e  6,  in  relazione  all'art. 117 della
Costituzione.
    L'art. 20  della denunziata legge regionale prevede al comma 2 il
divieto  per  le  imprese che hanno partecipato alla gara di rendersi
poi subappaltatrici dell'impresa aggiudicataria.
    Dopo  lunga discussione dottrinaria e giurisprudenziale sul punto
(vi  e'  stato  chi  ritiene  non  esservi ostacolo alcuno, una volta
conclusa  la  gara,  e  vi  e'  stato chi ritiene esservi preclusione
derivante  dal  principio  di  segretezza  delle  offerte)  la  legge
nazionale  ha  scelto  di  non  fissare  alcun divieto in materia; ed
infatti,  l'art. 118 del decreto legislativo n. 163/2006 non contiene
alcuna previsione di incompatibilita' tra la partecipazione alla gara
e la veste di subappaltatore.
    Si  tratta  di  una  scelta  che  incide nell'ambito della libera
concorrenza  e  sulle  regole  della gara, notoriamente di competenza
legislativa  esclusiva  dello  Stato,  che e' naturalmente sottoposta
eventualmente  al  vaglio  successivo  della giurisprudenza, ma sulla
quale  la  regione  non puo' intervenire con una propria disposizione
che opti per una soluzione piuttosto che per un' altra.
    Lo  stesso  articolo  20,  al  comma  6,  limita  il  ricorso  al
subappalto   alle   sole   prestazioni  che  rivestono  carattere  di
specializzazione nella categoria di riferimento.
    La   norma   statale  invece  (art. 118,  comma  2,  del  decreto
legislativo  n. 163/2006)  non  contiene  alcun  limite in tal senso,
prevedendo  anzi  - in coerenza con i principi comunitari - che tutte
le  prestazioni  e  lavorazioni, a qualsiasi categoria appartengano e
qualsiasi  sia  la  loro natura ed il loro grado di specializzazione,
siano  liberamente subappaltabili, salvi i divieti ex lege e comunque
con  rimando  alla  successiva disciplina regolamentare relativamente
all'individuazione   della  quota  subappaltabile  nell'ambito  della
categoria prevalente.
    Anche a questo proposito e' evidente l'indebita intromissione del
potere legislativo esercitato dalla regione Toscana. L'individuazione
di   limiti  alla  facolta'  di  avvalersi  del  subappalto  comporta
conseguenze  si  diversi  piani:  quello  della  qualificazione degli
appaltatori,  che deve sussistere in proprio per tutte le prestazioni
(nel  caso della Toscana molte di piu' rispetto alla regola generale)
non  suscettibili  di  essere subappaltate; quello delle regole della
gara   (inciso   da   una  forte  limitazione  alla  possibilita'  di
partecipazione,   con   restringimento   del   numero   di  possibili
partecipanti); quello del contenuto dei contratti di subappalto.
    In  tutti  i  sensi  ne  viene  ad  essere  compresso  (detto per
incidens: senza alcuna giustificazione di interesse pubblico che posa
sorreggere  la  scelta)  il  principio  della concorrenza, fortemente
limitato  quantitativamente e qualitativamente sia relativamente agli
appaltatori sia relativamente ai possibili subappaltatori.
    Ma  anche  a  questo  proposito va ricordato che le materia della
qualificazione  (ossia  dell'accesso  al mercato), delle regole della
gara, del subappalto, e della concorrenza in genere appartengono alla
signoria  dello  Stato  e  non  possono  essere  oggetto  di difforme
disciplina regionale.
4) Articolo 21, in relazione all'art. 117 della Costituzione.
    La  norma  della legge regionale detta disposizioni in materia di
redazione di piani di sicurezza.
    I  casi  in  cui  e'  obbligatoria  la  redazione  del  piano  di
sicurezza,  i  contenuti  di  detto  piano  e  le  modalita'  di  sua
redazione,  aggiornamento  ed  integrazione  sono  disciplinati dalla
normativa  statale  (art. 31  del  decreto  legislativo n. 163/2006 e
soprattutto  decreto  legislativo  n. 494/2006) anche in funzione del
recepimento  delle  direttive comunitarie, e sono di competenza dello
Stato;  la  legislazione  regionale  puo'  tutt'al piu' avere portata
concorrente,  senza tuttavia poter dettare una disciplina difforme da
quella contenuta nella legge dello Stato.
5)   Articolo   27,   comma   2,   in  relazione  all'art. 117  della
Costituzione.
    La  disposizione  della  legge  regionale  prevede  un divieto di
affidamento  in economia (ossia a trattativa privata) per i lavori ed
i   servizi   «ad   alto   rischio»,   demandando   alla   successiva
regolamentazione  amministrativa  la  definizione  delle  prestazioni
suscettibili di essere cosi' definite.
    Nessuna  disposizione  di questo tipo si rinviene nella normativa
statale, contenuta nell'art. 125 del decreto legislativo n. 163/2006.
A  prescindere  dal  grado  di  indeterminatezza della disposizione e
dalla  idoneita'  (dubbia)  della  successiva  fonte  regolamentare a
compiere  la  concreta  specificazione del precetto, si deve rilevare
come  la  norma  regionale  si  traduce  in una autonoma ed originale
limitazione  dei  casi  nei quali l'amministrazione puo' procedere ad
affidamento diretto dei contratti.
    Ora,  e'  evidente  che se il «rischio» cui si riferisce la norma
regionale  attiene  ad una valutazione della prestazione contrattuale
in  termini  di  pubblica  sicurezza (ad oggi, dato il rinvio, non e'
dato  comprendere  il fine del legislatore toscano), si tratta di una
prescrizione  che  incide sul piano delle misure di ordine pubblico e
di  polizia che sono di pacifica ed esclusiva competenza dello Stato,
ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera h) della Costituzione.
    Ma  e'  altresi' evidente che, a prescindere dalla considerazione
appena  formulata,  ogni  disposizione  che amplia o limita i casi di
affidamento  diretto  dei  contratti si traduce in un condizionamento
delle  regole  della  gara  e  quindi  si  riflette sul terreno della
concorrenza.  Anche  questo  ambito,  come piu' volte rilevato, e' di
esclusiva competenza legislativa statale.
6) Articolo 35, in relazione all'art. 117 della Costituzione.
    La  norma  regionale interviene in materia di cause di esclusione
dalle  (di  mancata ammissione alle) gare dettando una disciplina del
tutto  diversa  da  quella statale contenuta nell'art. 38 del decreto
legislativo n. 163/2006.
    La   disposizione   che   qui   si  censura  prevede  un  divieto
quinquennale  di  partecipazione alle procedure di affidamento per le
imprese  che  siano  incorse  in determinati comportamenti, mentre la
norma statale non fissa alcun limite di durata. Si tratta in sostanza
di  una  sorta  di  incapacita' temporale a contrarre con le stazioni
appaltanti  toscane  che  gia'  di  per  se'  -  in quanto tale - non
potrebbe avere portata e contenuti autonomi dalla regola nazionale.
    Anche i casi di divieto sono inammissibilmente diversi.
    La  norma  toscana  (richiamando  l'art. 19  della  stessa legge)
sanziona  le  imprese  che  siano  incorse  in  gravi violazioni agli
obblighi  assicurativi, previdenziali e retributivi nei confronti del
proprio  personale  impiegato  nell'esecuzione  di precedente appalto
disciplinato  dalla  legge  regionale;  si  tratta  di una previsione
indebitamente  limitativa rispetto alla norma statale, che esclude le
imprese dalle gare se incorse comunque e dovunque in violazione degli
obblighi  derivanti  dal  rapporto di lavoro, o stabiliti dalle norme
previdenziali  e  assistenziali sia nazionali che dell'ordinamento di
provenienza.
    La  norma  toscana,  in  forza del medesimo richiamo, sanziona le
imprese  che abbiano violato le prescrizioni dei piani di sicurezza o
non  abbiano  cooperato  all'attuazione delle misure di prevenzione e
protezione,  o non abbiano coordinato gli interventi di prevenzione e
protezione;  si  tratta  di una previsione limitativa e diversa dalla
corrispondente  prescrizione  statale,  che  esclude  dalle  gare  le
imprese  che  abbiano  commesso qualunque infrazione, purche' grave e
debitamente accertata, alle norme in materia di sicurezza.
    La  norma  regionale  esclude  dalle  gare le imprese che abbiano
impiegato  personale  non  allibrato  o  comunque  non  regolare,  ma
identica sanzione non si rinviene nella legge statale.
    La  norma regionale esclude dalle gare le imprese che non abbiano
assolto   l'obbligo   di  informazione  relativamente  agli  atti  di
intimidazione   eventualmente   ricevuti   al  fine  di  condizionare
l'esecuzione  del  contratto. Si tratta di una sanzione, commendevole
forse  nei fini, ma del tutto estranea rispetto ai casi di esclusione
previsti dalle norme statali.
    Infine  la  norma  regionale,  al  comma  2, commina l'esclusione
biennale  dalle  gare  per  le  imprese che non abbiano provveduto al
restare  la  cauzione  provvisoria.  Anche  qui,  a prescindere dalla
illegittimita'  della  previsione  di  una  durata,  si tratta di una
situazione preclusiva assolutamente ignota alla legislazione statale.
    Ora,  e' noto che la materia delle cause di esclusione dalle gare
attiene  all'accesso  al  mercato,  sia  che la si voglia considerare
sotto  l'aspetto  meramente  fiduciario  (cioe'  attinente a tutte le
situazioni   capaci  di  incidere,  attenuandolo,  sul  rapporto  tra
amministrazione  e  contraente  privato), sia invece che la si voglia
ritenere  di  piu'  marcata  natura sanzionatoria; in entrambi i casi
essa  appartiene  alla  competenza legislativa esclusiva dello Stato,
anche  in attuazione delle direttive comunitarie, perche' costituisce
regola di tutela della corretta concorrenza.
    E   ad   analoga  conclusione  deve  pervenirsi  considerando  la
questione  come  pertinente  alla  capacita'  contrattuale, perche' -
sotto  diverso aspetto - si tratterebbe comunque di materia spettante
alla legislazione statale.
    La legge regionale non puo' interferire in questo ambito, sia che
sostituisca  le  norme dello Stato con proprie norme, sia che ritenga
di voler integrare le norme dello Stato. In altri termini non possono
essere  consentite  regole  regionali  diverse o ulteriori rispetto a
quelle  valide  su  tutto  il  territorio nazionale per effetto della
fonte legislativa dello Stato.
7) Articolo 37, in relazione all'art. 117 della Costituzione.
    La  norma  in  questione prevede che nei contratti di forniture e
servizi   la   prestazione   della  cauzione  provvisoria  a  corredo
dell'offerta  sia soltanto facoltativa, restando obbligatoria solo la
cauzione definitiva.
    La norma contrasta con la regola dettata dallo Stato (articolo 75
del decreto legislativo n. 163/2006) che invece prevede sempre che la
serieta'  dell'offerta  sia  garantita  con una cauzione provvisoria,
destinata  anche a salvaguardare il rispetto degli obblighi esistenti
in gara.
    Mentre  la  norma  sulla  cauzione  definitiva riguarda l'aspetto
dell'adempimento  delle  obbligazioni,  e quindi attiene alla materia
contrattuale,  la norma sulla cauzione provvisoria riguarda le regole
della  gara,  e quindi e' di competenza esclusiva dello Stato perche'
funzionale  alla tutela della concorrenza, che deve essere assicurata
con  i  medesimi  contenuti  su tutto il territorio nazionale; non si
puo'  in  altri  termini  consentire  che  vi  siano  aree  in cui la
posizione  degli  offerenti  e' economicamente ed amministrativamente
piu'  leggera, ed aree nelle quali invece la partecipazione alla gara
e'  piu'  onerosa,  che  vi  siano  qui  concorrenti  non  gravati da
responsabilita'   (la   cauzione   provvisoria  funziona  infatti  da
deterrente   rispetto   alle   violazioni  dei  precetti  di  gara  o
dell'obbligo  di  sottoscrivere  il contratto), e la' concorrenti che
rispondonos matrimonialmente del proprio comportamento in gara.
8) Articolo 39, in relazione all'art. 117 della Costituzione.
    La   norma  regionale  ora  indicata  prevede  che  non  tutti  i
concorrenti    alle    gare   debbano   corredare   l'offerta   delle
giustificazioni   necessarie,   ma   che  vi  debbano  provvedere  (a
richiesta) solo i concorrenti da assoggettare a verifica di anomalia.
    La norma in questione contrasta con la legge nazionale che invece
prevede   che   la  presentazione  delle  giustificazioni  a  corredo
dell'offerta  sia  preventiva  (ossia  accompagni  l'offerta  sin dal
momento della sua presentazione) e la impone a tutti i concorrenti in
gara.  Si  tratta  di  una  prescrizione specificamente italiana, che
risponde  ad  esigenze  di  celerita'  e  di responsabilizzazione dei
concorrenti,  e  che  e'  stata  ritenuta  non  contraria ai principi
comunitari dalla Corte di giustizia CEE.
    Probabilmente  la  legge  regionale  ha  inteso  alleggerire  gli
adempimenti  a  carico  delle  imprese  partecipanti, ma - come sopra
ricordato  a proposito della denuncia dell'art. 15 della stessa legge
toscana  -  le  regole  della gara e la tutela della concorrenza, cui
appartiene  la  procedura  di  verifica  dell'anomalia  dell'offerta,
appartengono  alla competenza legislativa esclusiva dello Stato e non
possono essere oggetto di difforme legge regionale.
9) Articolo 41, in relazione all'art. 117 della Costituzione.
    La  norma  della  legge  regionale  in  esame  prevede  come solo
facoltativa  l'ipotesi di subentro di altro concorrente nel contratto
di  appalto sciolto per fallimento dell'appaltatore o risolto per suo
inadempimento.
    La   norma  statale  invece  (art. 140  del  decreto  legislativo
n. 163/2006),   nel   caso   di   appalto  di  lavori,  prevede  come
obbligatorio  l'inserimento  nel  bando di gara della possibilita' di
interpello degli altri concorrenti classificati ai fini del subentro.
    Ora,  se  la  si  considera sotto l'aspetto della successione del
contratto  di  appalto, la fattispecie appartiene al diritto civile e
deve essere regolata necessariamente dalla legge nazionale.
    Se  invece  la  si considera sotto l'aspetto dell'affidamento (ad
altro   concorrente   collocato   in   graduatoria),  la  fattispecie
appartiene alle regole della gara, ed ugualmente deve essere regolata
necessariamente in via esclusiva dal legislatore statale.
    In  entrambi  i casi la legge regionale e' indebitamente invasiva
della sfera statale, ed pertanto costituzionalmente illegittima.