IL TRIBUNALE Letto il ricorso per decreto ingiuntivo 9 febbraio 2007, proposto da Messeni Nemagna Maria + 6 nei confronti della Fondazione lirico sinfonica Petruzzelli e Teatri di Bari; Rilevato che i ricorrenti hanno proposto eccezione di illegittimita' costituzionale dell'art. 18, commi 2 e 3, d.l. 3 ottobre 2006, n. 262 e dell'art. 2, commi 105 e 106, legge di conversione 24 novembre 2006, n. 286, nella parte in cui hanno disposto l'esproprio in favore del comune di Bari del teatro Petruzzelli, in riferimento agli artt. 3, 24, 42, 97 e 113 cost., per violazione del principio di attribuzione alla autorita' amministrativa del potere di esproprio e del principio di rispetto delle garanzie procedimentali, e in riferimento all'art. 77 cpv. Cost. per violazione dei limiti della potesta' di governo di legiferare nelle forme della decretazione di urgenza; Ritenuta ammissibile la proposizione di questione di legittimita' costituzionale anche in sede di procedimento sommario; Ritenuta rilevante la questione sollevata ai fini della decisione sul ricorso, atteso che ai sensi del Protocollo di intesa stipulato il 21 novembre 2002 tra i proprietari del teatro e la Fondazione, stabilente che nel caso di ritardo nella ultimazione dei lavori di ricostruzione oltre il termine quadriennale stabilito, la Fondazione restava obbligata a corrispondere ai proprietari a partire dal quinto anno, e quindi dal 21 novembre 2006, una indennita' pari al 25% del canone di concessione, con la conseguenza che i ricorrenti avrebbero diritto di esigere la somma, richiesta a detto titolo con l'attuale ricorso, se non fosse nelle more sopravvenuta la disposizione di esproprio del teatro in favore del comune, disposizione avente l'effetto di caducare le obbligazioni nascenti dal protocollo che prevedeva la concessione dell'uso e della gestione del Teatro di proprieta' privata in favore della Fondazione; O s s e r v a L'art. 18, commi 2 e 3, decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, come sostituito dall'art. 2, commi 105 e 106, della legge di conversione 24 novembre 2006, n. 286, ha previsto che «al fine di garantire la celere ripresa delle attivita' culturali di pubblico interesse presso il teatro Petruzzelli di Bari, a decorrere dalla entrata in vigore del presente decreto, il comune di Bari acquista la proprieta' dell'intero immobile sede del predetto teatro, ivi incluse tutte le dotazioni strumentali e le pertinenze, libera da ogni peso, condizione e diritti di terzi», aggiungendo che «con uno o piu' provvedimenti, il prefetto di Bari determina l'indennizzo spettante ai proprietari ai sensi della vigente normativa in materia di espropriazioni, dedotte tutte le somme gia' liquidate dallo Stato e dagli enti territoriali per la ricostruzione del teatro Petruzzelli di Bari fino alla data di entrata in vigore del presente decreto. Il prefetto di Bari cura, altresi', l'immediata immissione del comune di Bari nel possesso dell'intero immobile, da trasferire nella proprieta' comunale ai sensi del comma 105». Cio' posto, si osserva che la eccezione di illegittimita' costituzionale, sotto il profilo della violazione degli artt. 42 e 24 Cost., nonche' degli artt. 3, 97 e 113 Cost., appare manifestamente infondata. E' da premettere che non viene in rilievo nel caso in esame la disposizione dell'art. 43 Cost., secondo cui, a fini di utilita' generale, la legge puo' trasferire mediante espropriazione allo Stato, ad enti pubblici o a comunita' di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscono a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazione di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale: invero, la espropriazione dell'immobile adibito a teatro non e riconducibile a tale fattispecie ne' sotto il profilo soggettivo (non trattandosi di impresa) ne' comunque sotto il profilo oggettivo (non potendo la attivita' teatrale qualificarsi servizio pubblico essenziale). L'art. 42, terzo comma, Cost. stabilisce che la proprieta' privata puo' essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi di interesse generale. Dalla previsione vengono ricavati, come e' noto, i tre principi costituzionali della espropriazione, e cioe' che la espropriazione puo' aver luogo solo nei casi previsti dalla legge, che deve essere giustificata da motivi di interesse generale e che puo' avvenire solo salvo indennizzo. Non e' desumibile invece, direttamente, il principio secondo cui il potere di espropriazione deve essere esercitato esclusivamente dalla autorita' amministrativa. Peraltro, e' proprio la riserva di legge posta dalla norma costituzionale a rendere plausibile e legittimo che sia lo stesso legislatore ad esercitare, se del caso direttamente con legge, il potere di espropriazione. L'intervento legislativo diretto in materia di espropriazione si attua, piu' di frequente, attraverso la individuazione sia dell'interesse generale da perseguire sia delle categorie di beni su cui intervenire, attraverso previsioni che si qualificano in termini di dichiarazione di pubblica utilita' ex lege. Meno frequente, ma egualmente ricorrente, e' il caso in cui la legge interviene in materia piu' ampia, disponendo direttamente la espropriazione del bene o dei beni individuati. Vi sono cioe' fattispecie nelle quali le espropriazioni sono pronunciate, anziche' con atto amministrativo, mediante legge. A volte la legge ordinaria ha disposto direttamente il trasferimento (come nel caso regolato dal r.d.l. 26 maggio 1946, n. 617, relativo ad una famosa villa romana). Piu' spesso, e specie con riguardo alle imprese, si fa ricorso al meccanismo della delega legislativa, nel senso che la legge delega individua l'interesse generale (come e' avvenuto per la riforma fondiaria o per la nazionalizzazione della energia elettrica), mentre la identificazione dei beni da espropriare e la pronuncia dell'esproprio sono effettuati dal governo mediante decreti legislativi. In dette ipotesi non puo' parlarsi di «usurpazione» del potere spettante alla autorita' amministrativa, atteso che e' il legislatore stesso che conforma e definisce l'ambito di tale potere. L'art. 42 cioe' non attribuisce alla sola autorita' amministrativa il potere di esproprio, ma si limita a stabilire il principio che la espropriazione puo' avvenire solo nei casi previsti dalla legge, nel senso che la legge deve determinare quali sono le autorita' investite del potere espropriativo, quali i procedimenti da osservare, quali gli interessi generali da perseguire, e cosi via. Rientra quindi nella previsione di base la possibilita' che la legge stessa, e non la autorita' amministrativa da essa individuata, pronunci direttamente l'esproprio. La limitazione non puo' desumersi, per esclusione, dal fatto che l'art. 43 Cost. prevede espressamente che la legge, a fini di utilita' generale, possa trasferire con espropriazione allo Stato, ad enti pubblici o comunita' di lavoratori o utenti determinate imprese o categorie di imprese relative a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio e che abbiano carattere di preminente interesse generale: invero tale previsione, attinente appunto alle imprese di rilevanza nazionale, costituisce evidente affermazione di un indirizzo di politica economica generale, e la sua formulazione non implica affatto che la legge stessa, in base al precetto base dell'art. 42, terzo comma Cost., possa disciplinare direttamente una singola operazione di esproprio di beni individuali. Lo stesso e' da ritenere riguardo al profilo della c.d. «procedimentalizzazione» dell'esproprio. Al quesito, se tra i principi costituzionali che governano la espropriazione rientri, in aggiunta ai tre principi indicati, anche quello della «procedimentalizzazione» dell'esproprio (che comporta, da un lato, la previsione appunto di un procedimento attraverso il quale viene a perfezionarsi la fattispecie ablativa e, dall'altro lato, la possibilita' dell'espropriando di partecipare al procedimento stesso a tutela dei suoi interessi) deve darsi soluzione negativa, almeno per l'aspetto che concerne la statuizione di esproprio. La questione se la componente procedimentale sia indispensabile con riguardo al profilo della determinazione dell'indennita' non riveste in concreto rilevanza, atteso che la norma in esame ha espressamente previsto la fase procedimentale per la liquidazione dell'indennizzo, attribuendo il relativo potere al prefetto. La norma stessa tuttavia ha disposto il trasferimento immediato del bene dalla proprieta' dei privati a quella del comune, individuando direttamente l'interesse generale (la tutela delle attivita' culturali di pubblico interesse) ed statuendo direttamente la necessita' dell'esproprio di quel determinato bene, ossia del teatro Petruzzelli, per il soddisfacimento di quell'interesse. Orbene, per le considerazioni gia' svolte, l'esercizio del potere di esproprio direttamente da parte del legislatore non si pone di per se' in contrasto con i precetti costituzionali, apparendo formalmente rispettati i parametri essenziali della riserva di legge: la individuazione dell'autorita' titolare del potere di esproprio (che nella specie e' lo stesso legislatore, depositano del potere sovrano), la specificazione dell'interesse pubblico da perseguire, la individuazione del bene indispensabile per perseguirlo, la determinazione delle modalita' di liquidazione dell'indennizzo. La pronuncia diretta dell'esproprio da parte del legislatore non e' altro che una espressione, insolita ma tipica, del principio costituzionale secondo il quale la espropriazione puo' avvenire solo nei casi previsti dalla legge: tra le articolazioni di tale principio rientra, non soltanto la ipotesi in cui la legge disciplini direttamente ed esaustivamente una fase iniziale del procedimento, come nelle ipotesi frequenti di dichiarazione di pubblica utilita' ex lege, ma anche la ipotesi, piu' rara, in cui la legge individui direttamente il fine da perseguire ed il bene attraverso cui perseguirlo e pronunci immediatamente l'esproprio di quel bene, prevedendo il procedimento amministrativo per la sola liquidazione dell'indennizzo. Tale eventualita' non vale di per se' sola a ledere il precetto costituzionale della riserva di legge, in quanto nello stesso meccanismo risultante dalle norme costituzionali e' insita la possibilita' che l'esproprio sia pronunciato direttamente dalla legge. La elisione della (prima) fase procedimentale non implica che il privato sia sguarnito di tutela. In questa fase la tutela e' concentrata nel controllo di costituzionalita', non gia' in ordine al soggetto che ha esercitato il potere di esproprio, bensi' in ordine alle modalita' dell'intervento legislativo. La discrezionalita' del legislatore deve esercitarsi pur sempre nel rispetto dei limiti desumibili dalle norme costituzionali, il che significa che la legge di esproprio deve rispondere effettivamente al perseguimento di una finalita' di carattere generale (e non di fini che interessano solo soggetti o gruppi privati) e non deve ledere altri interessi costituzionalmente garantiti (es., il principio di eguaglianza, in tema di individuazione del bene; il principio del buon andamento della amministraziome, sotto il profilo della necessita' e congruita'; e cosi' via). Tali profili non sono apprezzabili nella presente sede sommaria, nella quale gli elementi portati a conoscenza del giudice sono necessariamente limitatati. Gli stessi potranno essere dedotti in altre sedi o rilevati di ufficio dalla stessa Corte costituzionale, una volta investita per i motivi che seguono. Con riguardo ai limiti della decretazione di urgenza posti dall'art. 77, secondo comma, Cost., e' noto che la Corte costituzionale, a partire dalla sentenza 27 gennaio 1995, n. 29, ha ritenuto ammissibile il sindacato di costituzionalita' in ordine alla esistenza o meno dei presupposti straordinari di necessita' ed urgenza del decreto-legge, salvo a ritenere, a tutela della discrezionalita' politica, che la mancanza di tali requisiti deve risultare evidente; e che il sindacato non e' precluso dalla legge di conversione, atteso che l'eventuale vizio del decreto-legge si risolve in un vizio della stessa legge di conversione, per avere questa erroneamente valutato la esistenza di requisiti di validita' in effetti non sussistenti e quindi convertito in legge un atto che non poteva essere convertito (da ult., Corte cost. 11 gennaio 2005 n. 2, ord.). La disposizione in disamina e' stata inserita nel decreto collegato alla legge finanziaria 2007, d.l. 3 ottobre 2006, n. 262, conv. in legge 24 novembre 2006, n. 286, recante «Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria». In generale appare subito evidente come la previsione dell'esproprio del teatro Petruzzelli in favore del Comune di Bari non abbia alcuna finalita' ne' di natura finanziaria (riferita alla disciplina del bilancio dello Stato o degli enti locali) ne' di natura tributaria (riferita alla modifica del regime delle entrate pubbliche), tale non potendo considerarsi lo scopo di attribuire direttamente all'ente locale la proprieta' del bene come soluzione in ipotesi piu' utile della gestione del servizio rispetto a quella della concessione in uso da parte dei privati proprietari. Sul piano formale, e' da osservare che il preambolo del decreto-legge fa espresso riferimento alla «straordinaria necessita' ed urgenza di interventi di carattere finanziario per il riequilibrio dei conti pubblici nonche' di misure per il riordino di settori della pubblica amministrazione». Nessun collegamento e' ravvisabile tra tale premessa e la previsione dell'esproprio del teatro Petruzzelli, previsione che, come si legge nella relazione di accompagnamento alla legge di conversione, e' tesa a spostare all'anno 2010 la applicazione delle norme generali sulle fondazioni lirico-sinfoniche per la Fondazione del Petruzzelli di Bari, come previsto nella legge istitutiva, per consentire alla Fondazione stessa di organizzare la produzione in maniera piu' efficiente, finalita' in relazione alla quale si e' ritenuto, semplicemente, di disporre l'acquisto della proprieta' del teatro a favore del comune, salvo l'indennizzo spettante ai proprietari. In definitiva, il collegamento formale dell'esproprio alle tematiche della finanza pubblica, non solo non e' individuabile, ma neppure e' in un modo o nell'altro indicato. Analoghe considerazioni si impongono sotto il profilo sostanziale. Nella premessa la norma fa riferimento alla finalita' «di garantire la celere ripresa delle attivita' culturali di pubblico interesse presso il teatro Petruzzelli di Bari». E' da osservare tuttavia, da un lato, che lo scopo di riorganizzare la attivita' di una Fondazione lirica, intervenendo anche sul regime della titolarita' degli immobili adibiti a teatro, non presenta di per se' il carattere della straordinaria necessita' ed urgenza, risolvendosi invece in una ordinaria modificazione degli assetti stabiliti per la gestione delle attivita' culturali in ambito locale; e, dall'altro lato, che la finalita' esposta, anche se riguardata sotto un profilo piu' generale, non appare collegata, quanto meno secondo un rapporto di immediatezza qualificabile in termini di urgenza, sia pure relativa, alla titolarita' di beni immobili utilizzati per lo svolgimento delle attivita' teatrali e quindi alla esigenza di convertire in proprieta' pubblica quella dei privati. Tale conclusione trova conferma nei lavori preparatori della legge di conversione. Dai verbali del dibattito parlamentare si evince, per un verso, che la giustificazione in generale della eterogeneita' delle norme inserite nel decreto-legge e' basata sulla affermazione che tutte le disposizioni concorrono alla manovra di finanza pubblica, in quanto intervengono in materia fiscale e finanziaria a fini di riequilibrio di bilancio, esigenza cui non attiene in alcuno modo la disposizione relativa al teatro Petruzzelli: e, per l'altro verso, che allorquando si e' tentato di giustificare in modo specifico la norma stabilente l'esproprio del teatro, si e' dovuto riconoscere che la stessa e' stata introdotta per risolvere una «annosa vicenda» e tutelare l'interesse ad una «migliore fruizione del bene da parte della collettivita», cosi' ammettendo non solo il difetto di collegamento con la manovra di bilancio, ma anche la assenza di ogni carattere di indispensabilita' ed urgenza con riguardo alla finalita' pubblica dichiarata. Sembra dunque ricorrere in concreto, sotto tutti i profili, quella situazione di assoluta evidenza della mancanza dei requisiti di straordinaria necessita' ed urgenza, situazione che giustifica il sindacato della Corte costituzionale in ordine alla legittimita' del decreto-legge ai sensi dell'art. 77 cpv. Cost.