Ricorso per il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso per mandato ex lege dall'Avvocatura dello Stato, presso il cui uffici ha domicilio in Roma, via dei Portoghesi, 12; Contro Regione Sardegna, in persona del presidente della giunta regionale attualmente in carica, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli articoli 5, 9, 11, 13, 16, 20, 21, 22, 24, 26, 30, 34, 35, 36,38, 39, 40, 41, 46, 51, 54, 57, 58, 59, 60 e dell'Allegato I (punti 45.23, 45.24, e 45.25) della legge della Regione Sardegna 7 agosto 2007, n. 5, pubblicata nel BUR n. 26 dell'11 agosto 2007, recante: «Procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, forniture e servizi, in attuazione della direttiva comunitaria 2004/18/CE del 31 marzo 2004 e disposizioni per la disciplina delle fasi del ciclo dell'appalto». Nell'esercizio della propria competenza legislativa, la Regione Sardegna ha emanato la legge regionale n. 5/2007 per dettare una disciplina organica in materia di contratti pubblici di lavori, servizi e forniture in dichiarata attuazione della nuova normativa comunitaria. Detta legge, che consta di ben 74 articoli e di alcuni allegati, si dirige alla amministrazione regionale e ai suoi enti, economici e non economici, alle aziende sanitarie pubbliche, agli enti locali, agli organismi di diritto pubblico, ai concessionari di lavori pubblici, ai concessionari di servizi pubblici, ai soggetti operanti nei settori speciali, ed ai privati che realizzano lavori o forniture o servizi finanziati per piu' della meta' con denaro regionale, e vuole disciplinare tutti gli appalti pubblici di qualunque importo che si eseguono sul territorio regionale. Sono esclusi dall'osservanza della legge solo gli appalti affidati dalle amministrazioni dello Stato e dagli enti statali. Sennonche', alcune delle norme della legge regionale in questione non appaiono in linea con i principi costituzionali che presiedono al riparto delle competenze legislative nella materia. Ora, e' noto che la questione del riparto di competenza legislativa fra Stato e regioni in materia di affidamento ed esecuzione di commesse pubbliche ha avuto di recente un notevole contributo interpretativo ad opera delle sentenze n. 303 e 304 del 2003 e n. 345 del 2004 della Corte costituzionale, nonche' una precisa regolamentazione ad opera del c.d. «codice degli appalti» di cui al decreto legislativo n. 163/2006. In base ai principi desumibili dalle pronunce e dalle norme ora richiamate, e' possibile affermare che la materia degli appalti pubblici - ancorche' non espressamente menzionata dall'art. 117 della Costituzione - non appartiene per residualita' alla competenza legislativa delle regioni. Come affermato dalla Corte costituzionale a proposito dei lavori pubblici, ma con espressioni e concettiidonei a ricomprendere tutti gli appalti pubblici (e quindi anche servizi e forniture), «si tratta di ambiti di legislazione che non integrano una vera e propria materia, ma si qualificano a seconda dell'oggetto al quale afferiscono, e pertanto possono essere ascritti di volta in volta a potesta' legislative dello Stato, ovvero a potesta' legislative concorrenti». Se dunque si procede a scomporre la disciplina degli appalti pubblici in tutti i suoi momenti (dell'organizzazione, della programmazione, del finanziamento, della scelta del contraente, della sua qualificazione, dell'esecuzione del contratto, delle controversie) si ha che ciascuno di essi puo' essere ricondotto all'ambito di legislazione cui appartiene la relativa materia, e di conseguenza puo' essere individuato il soggetto titolare della connessa potesta' legislativa. Per grandi linee, si puo' affermare dunque che tutto cio' che attiene alla fase dell'affidamento dell'appalto - contenuto dei bandi di gara, criteri di aggiudicazione, disciplina della gara, qualificazione dei concorrenti -rientra nel generale concetto di regolamentazione della concorrenza e di regolazione del mercato (ed in questa prospettiva e' la genesi di tutta la normativa comunitaria in materia, nonche' la ragione della predominanzadi questa sulla normativa interna), regolamentazione che, in quanto tale, appartiene allo Stato in via esclusiva. In tal senso e' espressamente l'orientamento della Corte costituzionale, che ha affermato che l'acquisto di beni e servizi da parte delle pubbliche amministrazioni secondo le procedure ad evidenza pubbliche costituisce la concreta attuazione della pienezza dei rapporti concorrenziali. «Le procedure ad evidenza pubblica, anche alla luce delle direttive della Comunita' europea (cfr. da utlimo, la direttiva 2004/18/CE del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e servizi), hanno assunto un rilievo fondamentale per la tutela della concorrenza tra i vari operatori economici interessati alla commesse pubbliche. Viene in rilievo, a questo proposito, la disposizione di cui all'art. 117, secondo comma, della Costituzione, secondo la quale spetta allo Stato legiferare in via esclusiva in tema di tutela della concorrenza» (Corte cost. n. 345/2004). Ed il ragionamento non muta per il fatto che la Regione Sardegna sia regione a statuto speciale. Nonostante che essa abbia, ai sensi dell'art. 3, comma 1, della legge costituzionale n. 3/1948 recante il suo statuto speciale, una potesta' legislativa primaria in materia di lavori pubblici di esclusivo interesse regionale (categoria, quella dell'interesse regionale dei lavori, mai adeguatamente chiarita), la Corte costituzionale ha piu' volte affermato il principio per cui qualora una materia attribuita dallo statuto speciale alla competenza primaria della regione interferisca, in tutto o in parte, con un ambito spettante ai sensi dell'art. 117 della Costituzione alla potesta' legislativa esclusiva statale, il legislatore nazionale puo' incidere sulla materia in questione al fine di garantire standard minimi ed uniformi e di introdurre limiti unificanti (v. Corte cost. 20 dicembre 2002, n. 536, giusto riguardante la Regione Sardegna). In altri termini, il legislatore statale conserva il potere di vincolare la potesta' legislativa primaria delle regioni a statuto speciale attraverso l'emanazione di leggi di riforma economico sociale, con la conseguenza che le norme fondamentali contenute negli atti legislativi statali emanati in tali materie possono continuare ad imporsi al rispetto delle regioni stesse (Corte costituzionale 21 febbraio 2006, n. 51, ancora nei riguardi della Regione Sardegna). In questa prospettiva, la tutela della concorrenza e la disciplina dell'ordinamento civile costituiscono proprio materie in cui la competenza legislativa esclusiva dello Stato e' irrinunciabile, e dette materie sono senza dubbio interferenti con la materia degli appalti pubblici (sia lavori. che servizi e forniture), in modo da non consentire regole contrastanti fra loro sul territorio nazionale, e da imporre pertanto l'intervento unificatore della norma statale. In altri termini, occorre evitare che il mercato e le sue regole non soffrano della frantumazione conseguente alla pluralita' di possibili discipline, articolate secondo le differenziazioni del territorio regionale e ciascuna rispondente a finalita' politiche diverse, ed abbiano viceversa una disciplina omogenea ed unitaria su tutto il territorio nazionale. E certamente il caso delle procedure di affidamento di contratti, pubblici. Ma analogamente va ritenuto con riguardo ad altri aspetti della materia dei contratti pubblici, quali la sottoscrizione del contratto e la sua esecuzione, il subappalto, la disciplina delle controversie. E infatti evidente che tutta la vicenda contrattuale appartiene alla disciplina civilistica delle obbligazioni, delle loro fonti, del loro adempimento, del loro inadempimento e delle relative conseguenze giuridiche (non a caso il contratto di appalto trova compiuta disciplina negli articoli del codice civile, e l'appalto pubblico e' tradizionalmente ritenuto un contratto di diritto privato, ancorche' speciale), e come tale rientra a pieno titolo nella potesta' legislativa esclusiva dello Stato, cui spetta, sempre a norma dell'art. 117 della Costituzione, legiferare in tema di ordinamento civile e penale. Per quanto poi riguarda il subappalto, oltre alla gia' rilevata considerazione del suo appartenere all'ambito del diritto civile (art. 1656 c.c.). vi e' l'ulteriore e non meno rilevante aspetto dell'assoggettamento dell'istituto in questione a normativa speciale (la legge 19 marzo 1990, n. 55) di chiara ispirazione di ordine pubblico, e cio' costituisce ulteriore elemento per ricondurre la disciplina del subappalto nell'esclusiva signoria dello Stato, competente a legiferare sempre ai sensi dell'art. 117 della Costituzione in materia di ordine pubblico e sicurezza. Questo e' l'assetto delle competenze legislative nella materia degli appalti pubblici di lavori, servizi e forniture quale risulta dalla piu' corretta interpretazione dei principi costituzionali, e quale attualmente accolta nella piu' recente normativa emanata dallo Stato sul punto: l'articolo 4 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163. Sulla base di questi concetti e considerazioni preliminari e generali, la legge regionale n. 12/2006 che quisi impugna si presenta per molti versi esuberante rispetto alle linee di demarcazione della potesta' legislativatra Stato e regioni tracciata dalla Costituzione, e sembra aver travalicato i limiti della competenza legislativa regionale in materia. Cio' e' avvenuto, secondo la Presidenza del Consiglio ricorrente, in relazione a molteplici norme, che di seguito si elencano e si censurano. Articolo 5, commi 1 e 6, in relazione all'art. 117, della Costituzione e all'art. 3 dello statuto speciale (legge cost. n. 3/1948). La disposizione in parola prevede che, in sede di programmazione degli appalti, le amministrazioni ed isoggetti pubblici siano tenuti a redigere ed approvare un programma triennale per i lavori di importo superiore ai 200.000,00 euro. La legge statale invece (art. 128 del decreto legislativo n. 163/2006) impone l'inserimento nella programmazione dei lavori di importo superiore ai 100.000,00 euro. La necessita' che la realizzazione di lavori pubblici avvenga so!tanto in seguito ad un'attenta attivita' diprogrammazione, che la programmazione vada di pari passo con la redazione dei progetti, e che la programmazione stessa si ponga in stretta correlazione con la previsione delle risorse in bilancio costituisce uno dei punti piu' qualificanti di tutta la riforma dei lavori pubblici attuata con la legge dello Stato n. 109/1994 (legge quadro in materia di lavori pubblici), mirando a far cessare il malcostume amministrativo di svincolare le opere pubbliche da un'attenta analisi dei bisogni della collettivita' e da una responsabile pianificazione politico finanziaria. Tanto che la realizzazione di lavori pubblici per i quali e' obbligatoria la programmazione di regola non puo' avvenire se un determinato lavoro non sia stato previamente inserito nei programmi. Innalzare il limite di valore dei lavori per i quali non e' obbligatoria la preventiva programmazione, come fa la norma regionale, equivale a sottrarre dalla programmazione una fascia di lavori assai consistente, soprattutto avuto luogo alle ordinarie capacita' delle piccole amministrazioni aggiudicatici, per le quali i lavori di importo inferiore ai 200.000 euro costituiscono la parte piu' cospicua di attivita' realizzativi. La norma regionale, dunque, snatura gran parte degli obblighi di programmazione imposti dalla leggestatale, rendendo la programmazione stessa non piu' obbligatoria per moltissimi lavori pubblici. Ma cosi' facendo, incide su un principio - quello della necessaria stretta relazione tra programmazione, progettazione, finanziamento e realizzazione - che costituisce uno dei cardini della buona amministrazione perseguiti dalla riforma sui lavori pubblici. Lo stesso dicasi riguardo alla previsione di cui al comma 6 dell'articolo che qui si censura, in virtu' del quale l'inserimento di un lavoro nell'elenco annuale (l'altro documento di cui si giova la programmazione delle pubbliche amministrazioni) richiede solo uno studio di fattibilita' (sintetica relazione per gli interventi di manutenzione) per i lavori di importo inferiore ai 2.000.000,00 di euro, ed esige il progetto preliminare per i lavori di importo superiore ai 2.000.000,00 di euro, laddove lo stesso limite di discrimine e' individuato dalla legge statale in un milione di euro. La norma regionale, quindi, esonera un gran numero di lavori pubblici (quelli di importo compreso tra unoe due milioni di euro) dall'obbligo di preventiva progettazione preliminare al fine del loro inserimento inprogramma, statuendo la sufficienza del mero studio di fattibilita'. Anche qui va ricordato che la corrispondenza tra programmazione e progettazione costituisce cardine della riforma dei lavori pubblici attuata dallo Stato, in quanto tende ad impedire che siano messi in programma e siano finanziati lavori per i quali non sussiste alcuna elaborazione progettuale, e per i quali quindi manchi la necessaria indicazione anche finanziaria (non e' infatti inopportuno ricordare che la stima sommaria dei costi di un'opera e' documento appartenente alla progettazione preliminare), ma cosi' facendo consente indebitamente che siano inseriti in programma e siano finanziati interventi la configurazione tecnico economica dei quali e' pericolosamente indefinita. Art. 9, in relazione all'art. 117 della Costituzione e all'art. 3 dello statuto speciale di cui alla legge cost. n. 3/1948. La norma regionale disciplina la progettazione e le tipologie progettuali in modo difforme da quanto praticato dallo Stato nelle corrispondenti norme del decreto legislativo n. 163/2006; la disciplina della progettazione e' invece competenza esclusiva dello Stato, e - in quanto regola di esecuzione dell'opera pubblica, nonche' documento fondamentale del contratto di appalto perche' individuatore della prestazione dell'appaltatore - deve trovare identica configurazione su tutto il territorio nazionale. Art. 11, commi 12, 13, 14, 15 e 16, in relazione all'art. 117 della Costituzione e all'art. 3 dello statuto speciale di cui alla legge cost. n. 3/1948. La norma regionale regola l'affidamento degli incarichi di progettazione e di direzione dei lavori, prevedendo (comma 12) che per gli incarichi di valore superiore alla soglia di rilievo comunitario operino le norme regionali della stessa legge n. 5/2007 relative ai servizi sopra soglia, mentre (comma 13) per gli incarichi di valore inferiore al limite comunitario operino regole particolari quali quelle di seguito brevemente descritte. Gli incarichi di importo inferiore ai 20.000.00 euro sono affidati in via diretta secondo le regole dei contratti in economia, senza gara alcuna e con corrispettivo negoziato tra funzionario pubblico e prestatore di servizi. Gli incarichi di valore compreso tra 20.000,00 euro e 100.000,00 euro sono affidati senza una particolare formalita' concorrenziale, ma nel generico rispetto dei principi di trasparenza, proporzionalita' e rotazione e all'interno di liste o elenchi, gli incarichi di valore compreso tra i 100.000,00 euro e la soglia comunitaria sono infine affidati con procedura ad evidenza pubblica. La normativa statale (art. 91 del decreto legislativo n. 163/2006) non conosce una tripartizione del genere, ma si limita a distinguere tra incarichi di valore superiore ed inferiore ai 100.000,00 euro: per i primi valgono le regole dell'affidamento riferite al corrispondente valore (quelle comunitarie per gli incarichi sopra soglia e quelle nazionali, ma comunque competitive, per gli incarichi sotto soglia), mentre per i secondi valgono le regole della selezione informale presieduta dai criteri di trasparenza e rotazione. Non e' prevista l'area di discrezionalita' assoluta per gli incarichi sotto i 20.000.00 euro. Non sembra conforme ai principi di cui sopra tollerare sistemi regionali di affidamento degli incarichi di progettazione e direzione lavori diversi per limiti e contenuti rispetto a quelli dello Stato: infatti, le regole dell'affidamento dei contratti sono regole di attuazione della concorrenza, che e' materia di primaria competenza legislativa statale, e le norme regionali che distinguono tra soglia e soglia in modo difforme dalla disciplina statale altro effetto non hanno che aprire o chiudere il mercato a consistenti fasce di commesse pubbliche. Art. 13, commi 3, 4 e 10, in relazione all'art. 117 della Costituzione e all'art. 3 dello statuto speciale di cui alla legge cost. n. 3/1948. La norma regionale si occupa della validazione del progetto (particolare modalita' di verifica e controllo cui va sottoposto il progetto prima della sua messa in gara per garantire la sua conformita' a legge e alle regole della tecnica), prevedendo che la validazione debba essere obbligatoriamente affidata ad organismi accreditati secondo i parametri UNI CEI EN nel caso di progetti (di interventi) di valore superiore ai 25.000.000, di euro. La previsione statale e' diversa quanto alla individuazione del limite. fissato dall'art. 112 del decreto legislativo n. 163/2006 in 20.000.000,00 di euro. L' innalzamento del valore attuato dalla legge regionale incide sulla concorrenza in quanto si riflette sul mercato dei prestatori di servizi di validazione, ampliando l'area accessibile ai validatori non qualificati dall'accreditamento e restringendo, di converso, l'area riservata ai validatori accreditati, con valutazione che - indipendentemente da ogni giudizio di merito - e' difforme da quella presupposta dalla norma statale. Come in altra circostanza, anche qui si perpetra una diversa disciplina delle modalita' di affidamento di un contratto di servizi, e quindi una diversa regolamentazione del mercato in funzione della concorrenza; ma anche in questo caso, deve rivendicarsi la competenza legislativa esclusiva dello Stato e la necessita' della regione di adeguarsi ai principi dallo Stato dettati. Art. 16, comma 12, in relazione all'art. 117 della Costituzione e all'art. 3 dello statuto speciale di cui alla legge cost. n. 3/1948. La norma regionale in contestazione disciplina la particolare forma di affidamento di lavori pubblici in cui il corrispettivo e' pagato in tutto o in parte mediante cessione di beni immobili. Il particolare procedimento innovativo, introdotto a suo tempo dalla legge n. 109/1994 e ribadito dall'attuale codice dei contratti, prevede una gara combinata nella quale l'amministrazione ottiene il minor prezzo del lavoro e il maggior prezzo del bene messo in vendita. Sennonche', nella procedura disciplinata dalla legge regionale e' possibile aggiudicare la gara sia alla migliore offerta congiunta, sia alle due migliori offerte separate quando dalla loro combinazione emerga un risultato finale piu' conveniente per l'amministrazione aggiudicatrice. Il meccanismo previsto dalla legge statale, invece, prevede solo l'aggiudicazione in favore della migliore offerta congiunta, senza contemplare l'alternativa tra questa e le due offerte relative sia al bene che al lavoro. Ugualmente si ha differenza tra la norma regionale e la norma statale relativamente all'ipotesi in cui la gara deve intendersi andata deserta; per la legge regionale cio' avviene solo qualora non siano state presentate offerte aventi ad oggetto l'acquisto del bene, mentre per la legge statale cio' avviene - beninteso, se previsto dal bando - se l'amministrazione non abbia stanziato risorse diverse da quelle corrispondenti al presso del bene e siano state presentate solo offerte per l'esecuzione di lavori. Sotto l'uno e l'altro aspetto, la diversita' tra la legge regionale e la legge statale e' in contrasto con i principi desumibili dalla Costituzione e dallo statuto speciale della regione Sardegna, perche' le modalita' di aggiudicazione dei contratti attengono alla regolamentazione del mercato e alla disciplina della concorrenza, materie devolute alla competenza esclusiva dello Stato rispetto alla quale la potesta' regionale non puo' partorire previsioni difformi. Art. 20, comma 5, in relazione all'art. 117 della Costituzione e all'art. 3 dello statuto speciale di cui alla legge cost. n. 3/1948. Mentre la norma statale di riferimento (l'art. 86 del decreto legislativo n. 163/2006) disciplina la verifica dell'anomalia dell'offerta prevedendo un meccanismo in cui tutti gli offerenti sono tenuti, sin dal momento della presentazione dell'offerta, a presentare le giustificazioni circa le voci piu' significative dell'offerta stessa, demandando ad una fase successiva il contraddittorio a chiarimento solo con gli offerenti sospettati di anomalia, la norma regionale prevede che le giustificazioni a corredo dell'offerta siano richieste solo ai concorrenti le cui offerte siano risultate anormalmente basse. Anche questa differenza di regolamentazione non e' ammissibile. Ora, e' noto ed acquisito nell'ordinamento che la disciplina dell'anomalia dell'offerta e la procedura per la relativa verifica di merito appartengono alla materia della concorrenza, sin da quando la giurisprudenza comunitaria ebbe a censurare le norme nazionali che quella procedura limitavano o rendevano inadeguata (a partire da Corte di giustizia CEE 27 giugno 1989 in causa n. 143/1994 tra il comune di Milano e l'impresa Costanzo). E poiche' a norma dell'art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione spetta allo Stato la competenza legislativa esclusiva in materia di tutela della concorrenza (Corte cost. n. 345/2004 citata), la regione non puo' dettare norme in tale ambito, o comunque non ne puo' dettare di portata e contenuto difforme da quelle fissate dalla normativa statale. Art. 21, comma 1, in relazione all'art. 117 della Costituzione e all'art. 3 dello statuto speciale di cui alla legge cost. n. 3/1948. La norma regionale in esame consente l'affidamento secondo una procedura di gara semplificata per i lavori pubblici di importo compreso tra i 200.000,00 e i 1.500.000,00 euro. La corrispondente norma statale invece (art. 123, comma 1, del decreto legislativo n. 163/2006) permette tale forma agevolata solo fino ai 750.000,00 euro di importo lavori. Anche in questo caso la norma regionale incide su materia - la regolazione del mercato e la disciplina della concorrenza - che e' di esclusiva competenza legislativa statale. La procedura semplificata, infatti, prevede numerose deroghe alla procedura ordinaria, soprattutto relativamente alla pubblicita' e alla fissazione del numero di invitati alla gara nonche' al regime delle garanzie, introducendo per altro verso limitazioni alla possibilita' di essere invitati alla gara. E evidente dunque come in questo modo si incida sulla concorrenza e sull'accesso alle gare della singola amministrazione aggiudicatrice. Per tale motivo, la materia deve essere riservata alla uniforme disciplina dettata dalla legge dello Stato de non puo' tollerare le differenziazioni imposte dalle varie regole regionali. Art. 22, commi 2, 14, 17 e 18, in relazione all'art. 117 della Costituzione e all'art. 3 dello statuto speciale di cui alla legge cost. n. 3/1948. La norma regionale si occupa della pubblicita', e ne disciplina le forme in modo difforme dalla corrispondente norma dello Stato (articoli 66 e 122 del decreto legislativo n. 163/2006). In particolare, il comma 2 della norma regionale impone la pubblicazione dei bandi di gara relativi agli appalti di valore superiore alla soglia comunitaria nella Gazzetta Ufficiale delle Comunita' europee, sul Bollettino ufficiale della regione, e sui siti internet della regione Sardegna e della singola stazione appaltante. Non e' prevista la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, diversamente da quanto invece disposto dalla norma nazionale (art. 66, comma 7, del codice dei contratti). Il che significa che un operatore collocato al di fuori del territorio isolano che non abbia accesso alla GUCE non e' posto in condizione di conoscere l'indizione della gara, e che dunque e' posto in posizione deteriore e svantaggiata rispetto all'operatore sardo, quanto meno sotto il profilo dell'effettiva fruizione dei termini. I commi 14 e 15 della norma regionale riproducono questa inammissibile differenza tra le forme di pubblicita' per i contratti di importo inferiore alla soglia comunitaria, laddove la norma statale (art. 124, comma 5, del codice dei contratti) prevede la pubblicazione dei bandi anche nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Il comma 17 della norma in contestazione prevede una forma specifica di pubblicita' per i bandi relativi ai lavori di importo inferiore a 1.500.000.00 euro che non siano affidati con procedura semplificata, forma speciale che non e' in alcun modo prevista dalla corrispondente norma statale e che si traduce in una pubblicita' piu' attenuata. Anche il comma 18 della norma regionale detta una disciplina difforme dalla norma statale per la pubblicita' dei bandi riferiti agli appalti di valore inferiore ai 500.000,00 euro, che possono essere pubblicati solo sull'albo della stazione appaltante o sul suo sito internet. mentre l'art. 122 del decreto legislativo n. 163/2006 impone la pubblicazione anche nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. In tutti questi casi si ha una inammissibile lesione delle prerogative della norma statale. La pubblicita' infatti e' la regola prima della concorrenza, perche' e' l'elemento di apertura condizionante l'accesso al mercato. La legge regionale non puo' incidere sulla materia in modo difforme - e, in questo caso, palesemente discriminatorio - da quello disciplinato dal legislatore statale. Art. 24 in relazione all'art. 117 della Costituzione e all'art. 3 dello statuto speciale di cui alla legge cost. n. 3/1948. La norma regionale si occupa della qualificazione degli esecutori di lavori pubblici, prevedendo l'equivalenza della qualificazione regionale con quella statale. In sostanza, per la norma in esame, le amministrazioni aggiudicatrici possono ammettere alle gare imprese tanto se iscritte nell'albo regionale quanto se in possesso della qualificazione conforme alla legge nazionale. Poiche' la qualificazione di matrice regionale non ha gli stessi contenuti di quella prevista dalla legge statale, e poiche' evidentemente non e' ammissibile in materia di qualificazione - che ugualmente si traduce nella regola di accesso al mercato - un doppio binario, la materia e' illegittimamente regolata dalla norma in questione. La legge regionale tratta la qualificazione ottenuta secondo i requisiti fissati dalle norme statali come la qualificazione stabilita da un ordinamento estero, suscettibile soltanto di «riconoscimento» e, semmai, di equiparazione. La qualificazione e' materia di competenza legislativa esclusiva dello Stato, e la regione - ancorche' a statuto speciale - non puo' dettare una disciplina che si discosti dai principi dettati dalla legge statale. Art. 26, comma 2, in relazione all'art. 117 della Costituzione e all'art. 3 dello statuto speciale di cui alla legge cost. n. 3/1948. La norma regionale si occupa delle cause di esclusione dalle gare e regola la fattispecie in modo diverso dalla norma statale. In particolare, tra le cause di esclusione e' singolarmente e stravagantemente prevista la mancata effettuazione del sopralluogo secondo le modalita' fissate dalla stazione appaltante. Ora, una situazione che rientra indubbiamente tra le libere scelte dell'impresa che partecipa alla gara non potrebbe costituire causa di esclusione da una procedura di gara neppure se prevista soltanto nel bando, ossia come regola del caso di specie. Immaginarsi se lo puo' essere a livello legislativo. Oltretutto, si tratta di tutta evidenza di un'ulteriore e strisciante condizione discriminatoria (con effetti di alterazione della concorrenza) ove si osservi il vantaggio che ne deriva alle imprese locali, gia' presenti sul territorio, e lo svantaggio in termini di disincentivo che ne deriva alle imprese «del continente», per non dire alle imprese degli altri Paesi europei. Ora, e' noto che la materia delle cause di esclusione dalle gare attiene all'accesso al mercato, sia che la si voglia considerare sotto l'aspetto meramente fiduciario (cioe' attinente a tutte le situazioni capaci di incidere, attenuandolo, sul rapporto tra amministrazione e contraente privato), sia invece che la si voglia ritenere di piu' marcata natura sanzionatoria; in entrambi i casi essa appartiene alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, anche in attuazione delle direttive comunitarie, perche' costituisce regola di tutela della corretta concorrenza. E ad analoga conclusione deve pervenirsi considerando la questione come pertinente alla capacita' contrattuale, perche' - sotto diverso aspetto - si tratterebbe comunque di materia spettante alla legislazione statale. La legge regionale non puo' interferire in questo ambito, sia che sostituisca le norme dello Stato con proprie norme, sia che ritenga di voler integrare le norme dello Stato. In altri termini non possono essere consentite regole regionali diverse o ulteriori rispetto a quelle valide su tutto il territorio nazionale per effetto della fonte legislativa dello Stato, ne' si possono consentire leggi regionali che incidono sulla materia discostandosi dai principi desumibili dalla legge dello Stato. Art. 34, comma 1, in relazione all'art. 117 della Costituzione e all'art. 3 dello statuto speciale di cui alla legge cost. n. 3/1948. In materia di contratto di concessione di lavori pubblici, la norma regionale fissa un limite all'importo che il soggetto pubblico concedente puo' corrispondere al concessionario insieme ai proventi tratti dalla gestione. La legge statale invece (art. 143 del decreto legislativo n. 163/2006) non fissa alcun limite. Si tratta di una materia, la definizione delle prestazioni delle parti all'interno di una dinamica puramente contrattuale, che attiene evidentemente ai rapporti di diritto civile, materia che e' di esclusiva competenza legislativa dello Stato e che pertanto non e' suscettibile di difforme disciplina regionale. Art. 35, comma 2, e art. 36 in relazione all'art. 117 della Costituzione e all'art. 3 dello statuto speciale di cui alla legge cost. n. 3/1948. Entrambe le norme della legge regionale, nel disciplinare l'istituto del promotore (ossia della finanza di progetto nel settore dei lavori pubblici), prevedono l'attribuzione al promotore di un diritto di prelazione che gli consente di essere preferito, a parita' di condizioni, sul vincente della gara svoltasi per affidare una concessione. Detta previsione, che era contenuta anche nella legge statale, e' stata da questa espunta (art. 153 del decreto legislativo n. 163/2006 come modificato dal decreto legislativo n. 113/2007) per la constatata, e ormai conclamata, sua incompatibilita' con l'ordinamento comunitario. Il mantenimento di tale retaggio nella legge regionale e' illegittimo, da un lato perche' in se' - creando una condizione di favore che altera la par condicio tra i concorrenti - nuoce alla concorrenza, dall'altro lato perche' e' incompatibile con il diritto comunitario. Nell'uno e nell'altro caso, comunque, si tratta di un aspetto legato alla tutela della concorrenza, che e' di stretta ed esclusiva pertinenza del legislatore statale, e come tale non e' suscettibile di essere inciso in modo difforme dalla legge regionale. Art. 38, comma 1, in relazione all'art. 117 della Costituzione e all'art. 3 dello statuto speciale di cui alla legge cost. n. 3/1948. La norma della legge regionale prevede due ipotesi in cui e' possibile ricorrere alla trattativa privata con pubblicazione di bando ulteriori rispetto a quelle previste dalla norma statale, come risultante dalla modifica apportata dal secondo decreto correttivo (decreto legislativo n. 113/2007). Secondo la norma regionale, infatti, si puo' affidare un contratto con procedura negoziata - ancorche' preceduta da bando - qualora si tratti di appalto la cui particolare natura o i cui imprevisti, oggettivamente non imputabili alla stazione appaltante, non consentano la fissazione preliminare e globale dei prezzi, oppure - limitatamente a determinati servizi - qualora la natura della prestazione renda impossibile stabilire le specifiche del contratto con la necessaria precisione. Ora, e' noto che la procedura negoziata, in quanto derogatrice rispetto alla regola generale della gara, porta in se' una consistente attenuazione della concorrenza, che invece si realizza pienamente con la concorsualita'. L'ampliamento o la restrizione dei casi in cui si puo' ricorrere alla procedura negoziata, dunque, si riflettono sulla concorrenza dilatandone o comprimendone gli spazi. Stabilire le ipotesi in cui e' possibile evitare la procedura di gara e svolgere una procedura negoziata e' quindi incidere sul mercato e sulla concorrenza; e pertanto tale potere non puo' che appartenere allo Stato in via esclusiva senza che sia consentito alle regioni di normare la materia in modo difforme dai principi desumibili dalla legge statale. Art. 39, commi 1 e 3, in relazione all'art. 117 della Costituzione e all'art. 3 dello statuto speciale di cui alla legge cost. n. 3/1948. La norma della legge regionale in discussione disciplina l'affidamento a trattativa privata senza pubblicazione preventiva di un bando. Essa annovera un'ipotesi di procedura negoziata ulteriore rispetto a quelle previste dalla corrispondente norma statale (art. 57 del decreto legislativo n. 163/2006), e cioe' quando si siano verificate alluvioni, frane o altre calamita' o siano necessari lavori di pronto soccorso, di riparazione o di ripristino. Inoltre fissa in modo difforme dalla legge statale il limite di valore sotto il quale si puo' procedere indiscriminatamente - ossia, senza giustificazione - all'affidamento a trattativa privata senza bando, prevedendo tale facolta' per i lavori di importo inferiore ai 300.000,00 euro laddove la norma statale fissa il limite a 100.000,00 euro. Infine, prevede l'esclusione automatica obbligatoria negli appalti sotto la soglia comunitaria per le offerte risultate anormalmente basse, senza alcuna facolta' di verifica laddove la norma statale lascia alla discrezionalita' della singola stazione appaltante la scelta tra la verifica e l'esclusione automatica. Anche a questo proposito non puo' non rilevarsi come l'individuazione dei casi in cui e' possibile derogare alla regola della gara appartiene alla tutela della concorrenza e del mercato, analogamente a quanto va affermato per quanto riguarda il trattamento dell'anomalia dell'offerta. Nell'uno e nell'altro caso sussiste competenza legislativa esclusiva dello Stato e la regione non puo' dettare regole difformi dalla legge dello Stato o dai principi da questa desumibili. Art. 40 e art. 41 in relazione all'art. 117 della Costituzione e all'art. 3 dello statuto speciale di cui alla legge cost. n. 3/1948. Le due norme regionali in esame introducono, l'una per i lavori l'altra per i servizi e le forniture, un'ipotesi di possibile ricorso alle spese in economia ulteriore rispetto a quelle fissate dalla norma statale (art. 125 del decreto legislativo n. 163/2006); e cio' che e' piu' grave, neppure si tratta di un'ipotesi predeterminata a livello normativo, ma di situazione lasciata alla libera discrezionalita' delle stazioni appaltanti da individuare in successivo e specifico regolamento «in relazione alle loro esigenze». Inoltre, le norme regionali innalzano (da 40.000,00 euro a 50.000,00 euro per i lavori e da 20.000.00 euro a 30.000.00 euro per servizi e forniture) il limite di importo fissato dalla legge statale per il ricorso all'affidamento diretto in parola. A prescindere dalla legittimita' di tale rinvio in bianco, vi e' da rilevare che l'affidamento di contratti in economia si traduce ne' piu' ne' meno che in un affidamento a trattativa privata. E quindi si richiamano anche a questi fini le considerazioni sopra svolte in funzione della tutela della concorrenza, ristretta in tutti i casi in cui non vi e' gara, che esigono che sulla materia si pronunci in via esclusiva e unificatrice solo il legislatore statale, e che esclude che le regioni posano dettare norme diverse o discoste dai principi desumibili dalle leggi dello Stato. Art. 46, commi 4 e 7, in relazione all'art. 117 della Costituzione e all'art. 3 dello statuto speciale di cui alla legge cost. n. 3/1948. La norma regionale disciplina i concorsi di idee e i concorsi di progettazione, ma rimanda al regolamento regionale la regolamentazione delle modalita' di espletamento delle gare, del contenuto dei bandi, dei criteri di valutazione delle proposte, della composizione delle commissioni giudicatrici. In sostanza, tutta la disciplina dell'affidamento dei servizi in parola viene demandata alla fonte secondaria. Si tratta di materia invece di stretta competenza esclusiva dello Stato, in quanto relativa alla regolazione della concorrenza nel settore dei servizi di ingegneria ed architettura, e quindi non puo' essere oggetto di normazione regionale o comunque non puo' essere oggetto di norma regionale - primaria o secondaria - difforme dai principi desumibili dalla legge statale. Art. 51, commi 1 e 3, in relazione all'art. 117 della Costituzione e all'art. 3 dello statuto speciale di cui alla legge cost. n. 3/1948. La norma in questione esclude per le opere da eseguirsi con finanziamento regionale l'applicazione dell'art. 133 del decreto legislativo n. 163/2006, garantendo comunque l'aggiornamento annuale dei prezziari regionali. Per i lavori da eseguirsi con finanziamento non regionale la norma indica a parametro di variazione dei prezzi i prezziari regionali o i prezziari delle singole stazioni appaltanti, da aggiornarsi annualmente. La previsione e' illegittima. La legge dello Stato fissa con pretesa di uniformita' su tutto il territorio nazionale il criterio di adeguamento dei prezzi degli appalti di lavori pubblici in caso di variazioni dei prezzi stessi oltre certi limiti; si tratta in sostanza di una sorta di meccanismo revisionale limitato e puntuale che mira a mantenere e garantire il sinallagma in presenza di notevoli fattori di perturbazione del mercato. La Corte costituzionale ha recentemente affermato che la disciplina statale in materia di lavori pubblici (prima, art. 26 della legge n. 109/1994 ed ora art. 133 del decreto legislativo n. 163/2006) presenta i caratteri della riforma economico-sociale in quanto risponde ad un interesse unitario che implica valutazioni politiche e riflessi finanziari, e come tale non tollera una disciplina differenziata nel territorio. Ne consegue - sempre secondo la Corte - che al legislatore statale deve riconoscersi nella regolamentazione del settore il potere di vincolare la potesta' legislativa anche primaria delle regioni a statuto speciale (Corte costituzionale 28 dicembre 2006, n. 447). Art. 54, commi 1, 2, 8, 9 10 e 11, in relazione all'art. 117 della Costituzione e all'art. 3 dello statuto speciale di cui alla legge cost. n. 3/1948. La norma regionale disciplina la materia delle garanzie e delle assicurazioni in maniera difforme da quanto previsto nella legge statale corrispondente (art. 75, 113 e 129 del decreto legislativo n. 163/2006). Innanzitutto. la norma regionale al comma 1 prevede che la cauzione provvisoria sia pari all'1% dell'importo dell'appalto, laddove la legge dello stato fissa tale valore nel 2%, ed esclude dall'obbligo di prestare la cauzione provvisoria per servizi e forniture di valore inferiore ai 211.000,00 euro, laddove la legge statale non contiene alcun esonero in tal senso. Inoltre, la stessa norma regionale al comma 2 fissa nel 5% del valore dell'appalto la cauzione definitiva per servizi e forniture, laddove la legge statale prevede che tale garanzia sia del 10%. Ancora, la norma stessa al comma 9 fissa nel limite di 5.000.000,00 euro l'importo dei valori entro ed oltre il quale e' dovuta la garanzia del progettista, laddove la corrispondente norma statale fissa il medesimo limite in euro 5.278.000,00. In piu' la norma regionale al comma 10 stabilisce come semplicemente facoltativa - e non obbligatoria, come previsto dall'art. 129, comma 3, del codice dei contratti - la prestazione di garanzia globale di esecuzione per gli appalti di progettazione ed esecuzione di valore superiore ai 75.000.000,00 euro. Infine, il comma 11 della norma in esame estende anche a servizi e forniture il beneficio della riduzione della garanzia in favore delle imprese certificate, che la legge statale prevede solo per i lavori. Tutte queste differenze sono non legittime. Mentre la norma sulla cauzione definitiva riguarda l'aspetto dell'adempimento delle obbligazioni, e quindi attiene alla materia contrattuale, la norma sulla cauzione provvisoria riguarda le regole della gara, e quindi e' di competenza esclusiva dello Stato perche' funzionale alla tutela della concorrenza, che deve essere assicurata con i medesimi contenuti su tutto il territorio nazionale; non si puo' in altri termini consentire che vi siano aree in cui la posizione degli offerenti e' economicamente ed amministrativamente piu' leggera, ed aree nelle quali invece la partecipazione alla gara e' piu' onerosa, che vi siano qui concorrenti non gravati da responsabilita' (la cauzione provvisoria funziona infatti da deterrente rispetto alle violazioni dei precetti di gara o dell'obbligo di sottoscrivere il contratto), e la' concorrenti che rispondono matrimonialmente del proprio comportamento in gara. Tutta la materia delle garanzie deve in altri termini essere lasciata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato. Articoli 57, 58, 59 e 60 in relazione all'art. 117 della Costituzione e all'art. 3 dello statuto speciale di cui alla legge cost. n. 3/1948. Le norme ora indicate disciplinano aspetti puramente contrattuali del settore dei contratti. In particolare, l'art. 57 si occupa della consegna dei lavori e dell'inizio delle prestazioni del fornitore o del prestatore di servizi, nonche' delle sospensioni dell'esecuzione; l'art. 58 vuole disciplinare i subappalti; l'art. 59 definisce il collaudo e la regolare esecuzione delle commesse: l'art. 60 regola il collaudo di lavori pubblici. Tutti questi aspetti attengono alla materia rigorosamente contrattuale, all'adempimento delle obbligazioni, ai poteri del committente nel controllo della prestazione dell'appaltatore. La norma relativa al subappalto detta una disciplina diversa per lavori, servizi e forniture, laddove la disciplina dello Stato e' unitaria. E noto invece che - al di la' degli aspetti di ordine pubblico che connotano l'istituto del subappalto - la materia del subappalto attiene all'ambito dei rapporti di diritto civile, come tale di stretta competenza legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera l) della Costituzione dal momento che la regola dei contratti non puo' essere diversa a seconda della regione in cui e' nata o deve essere eseguita l'obbligazione; in tale ambito la regione non puo' dettare norme proprie di contenuto e di portata diversa da quelle di diritto statale. L'allegato I nei punti 45,23 - 45,24 - 45,25 in relazione all'art. 117 della Costituzione e all'art. 3 dello statuto speciale di cui alla legge cost. n. 3/1948. Le previsioni dell'allegato I alla legge regionale sono difformi dai contenuti degli allegati al decreto legislativo n. 163/2006, che recepiscono, copiandoli, i contenuti degli allegati alla direttiva comunitaria. Tali disposizioni della norma regionale, in quanto si pongono in contrasto con la norma comunitaria di riferimento, violano l'obbligo del rispetto del vincolo comunitario di cui all'art. 3, comma 1, dello Statuto sardo, e sono pertanto censurabili sotto il profilo della incostituzionalita'.