Ricorso per il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso per mandato ex lege dall'Avvocatura dello Stato, presso il cui
uffici  ha  domicilio in Roma, via dei Portoghesi, 12; Contro Regione
Sardegna,   in   persona   del   presidente  della  giunta  regionale
attualmente   in  carica,  per  la  dichiarazione  di  illegittimita'
costituzionale  degli  articoli 5, 9, 11, 13, 16, 20, 21, 22, 24, 26,
30,  34,  35,  36,38,  39,  40,  41,  46,  51,  54,  57, 58, 59, 60 e
dell'Allegato  I  (punti  45.23,  45.24,  e  45.25) della legge della
Regione  Sardegna  7  agosto  2007,  n. 5,  pubblicata  nel BUR n. 26
dell'11  agosto  2007,  recante:  «Procedure  di aggiudicazione degli
appalti  pubblici di lavori, forniture e servizi, in attuazione della
direttiva comunitaria 2004/18/CE del 31 marzo 2004 e disposizioni per
la disciplina delle fasi del ciclo dell'appalto».
Nell'esercizio  della  propria  competenza  legislativa,  la  Regione
Sardegna  ha  emanato  la  legge  regionale n. 5/2007 per dettare una
disciplina  organica  in  materia  di  contratti  pubblici di lavori,
servizi  e  forniture  in dichiarata attuazione della nuova normativa
comunitaria.
Detta  legge,  che consta di ben 74 articoli e di alcuni allegati, si
dirige alla amministrazione regionale e ai suoi enti, economici e non
economici,  alle  aziende sanitarie pubbliche, agli enti locali, agli
organismi  di  diritto pubblico, ai concessionari di lavori pubblici,
ai  concessionari  di  servizi  pubblici,  ai  soggetti  operanti nei
settori  speciali,  ed ai privati che realizzano lavori o forniture o
servizi finanziati per piu' della meta' con denaro regionale, e vuole
disciplinare  tutti  gli appalti pubblici di qualunque importo che si
eseguono sul territorio regionale.
Sono  esclusi  dall'osservanza  della legge solo gli appalti affidati
dalle amministrazioni dello Stato e dagli enti statali.
Sennonche', alcune delle norme della legge regionale in questione non
appaiono  in  linea  con  i principi costituzionali che presiedono al
riparto delle competenze legislative nella materia.
Ora,  e'  noto che la questione del riparto di competenza legislativa
fra  Stato  e  regioni  in  materia  di  affidamento ed esecuzione di
commesse  pubbliche  ha  avuto  di  recente  un  notevole  contributo
interpretativo ad opera delle sentenze n. 303 e 304 del 2003 e n. 345
del   2004   della   Corte   costituzionale,   nonche'   una  precisa
regolamentazione  ad  opera del c.d. «codice degli appalti» di cui al
decreto legislativo n. 163/2006.
In  base  ai  principi  desumibili  dalle  pronunce e dalle norme ora
richiamate,  e'  possibile  affermare  che  la  materia degli appalti
pubblici - ancorche' non espressamente menzionata dall'art. 117 della
Costituzione  -  non  appartiene  per  residualita'  alla  competenza
legislativa delle regioni.
Come  affermato  dalla  Corte  costituzionale  a proposito dei lavori
pubblici,  ma  con espressioni e concettiidonei a ricomprendere tutti
gli appalti pubblici (e quindi anche servizi e forniture), «si tratta
di  ambiti  di  legislazione  che  non  integrano  una vera e propria
materia,   ma   si   qualificano  a  seconda  dell'oggetto  al  quale
afferiscono,  e  pertanto possono essere ascritti di volta in volta a
potesta'  legislative  dello  Stato,  ovvero  a  potesta' legislative
concorrenti».
Se dunque si procede a scomporre la disciplina degli appalti pubblici
in  tutti  i suoi momenti (dell'organizzazione, della programmazione,
del   finanziamento,   della   scelta   del   contraente,  della  sua
qualificazione, dell'esecuzione del contratto, delle controversie) si
ha  che  ciascuno  di  essi  puo'  essere  ricondotto  all'ambito  di
legislazione  cui  appartiene  la  relativa materia, e di conseguenza
puo'  essere individuato il soggetto titolare della connessa potesta'
legislativa.
Per grandi linee, si puo' affermare dunque che tutto cio' che attiene
alla  fase  dell'affidamento  dell'appalto  -  contenuto dei bandi di
gara,    criteri    di   aggiudicazione,   disciplina   della   gara,
qualificazione  dei  concorrenti  -rientra  nel  generale concetto di
regolamentazione  della  concorrenza e di regolazione del mercato (ed
in  questa prospettiva e' la genesi di tutta la normativa comunitaria
in  materia,  nonche'  la  ragione  della predominanzadi questa sulla
normativa  interna), regolamentazione che, in quanto tale, appartiene
allo Stato in via esclusiva.
In   tal   senso   e'   espressamente   l'orientamento   della  Corte
costituzionale,  che ha affermato che l'acquisto di beni e servizi da
parte   delle  pubbliche  amministrazioni  secondo  le  procedure  ad
evidenza  pubbliche costituisce la concreta attuazione della pienezza
dei  rapporti  concorrenziali.  «Le  procedure  ad evidenza pubblica,
anche  alla  luce  delle  direttive  della Comunita' europea (cfr. da
utlimo,  la  direttiva  2004/18/CE  del  31  marzo  2004, relativa al
coordinamento   delle   procedure  di  aggiudicazione  degli  appalti
pubblici di lavori, di forniture e servizi), hanno assunto un rilievo
fondamentale  per  la  tutela  della concorrenza tra i vari operatori
economici  interessati  alla  commesse pubbliche. Viene in rilievo, a
questo proposito, la disposizione di cui all'art. 117, secondo comma,
della  Costituzione, secondo la quale spetta allo Stato legiferare in
via  esclusiva  in  tema  di  tutela  della concorrenza» (Corte cost.
n. 345/2004).
Ed  il ragionamento non muta per il fatto che la Regione Sardegna sia
regione a statuto speciale.
Nonostante che essa abbia, ai sensi dell'art. 3, comma 1, della legge
costituzionale   n. 3/1948  recante  il  suo  statuto  speciale,  una
potesta'  legislativa  primaria  in  materia  di  lavori  pubblici di
esclusivo   interesse  regionale  (categoria,  quella  dell'interesse
regionale   dei   lavori,   mai  adeguatamente  chiarita),  la  Corte
costituzionale  ha  piu' volte affermato il principio per cui qualora
una   materia  attribuita  dallo  statuto  speciale  alla  competenza
primaria  della  regione  interferisca,  in  tutto o in parte, con un
ambito  spettante  ai  sensi  dell'art.  117  della Costituzione alla
potesta' legislativa esclusiva statale, il legislatore nazionale puo'
incidere  sulla  materia  in  questione al fine di garantire standard
minimi  ed uniformi e di introdurre limiti unificanti (v. Corte cost.
20 dicembre 2002, n. 536, giusto riguardante la Regione Sardegna).
In  altri  termini,  il  legislatore  statale  conserva  il potere di
vincolare  la  potesta'  legislativa primaria delle regioni a statuto
speciale  attraverso  l'emanazione  di  leggi  di  riforma  economico
sociale, con la conseguenza che le norme fondamentali contenute negli
atti  legislativi  statali emanati in tali materie possono continuare
ad  imporsi al rispetto delle regioni stesse (Corte costituzionale 21
febbraio 2006, n. 51, ancora nei riguardi della Regione Sardegna).
In  questa  prospettiva,  la tutela della concorrenza e la disciplina
dell'ordinamento  civile  costituiscono  proprio  materie  in  cui la
competenza  legislativa  esclusiva  dello  Stato e' irrinunciabile, e
dette  materie  sono  senza  dubbio interferenti con la materia degli
appalti  pubblici  (sia  lavori. che servizi e forniture), in modo da
non consentire regole contrastanti fra loro sul territorio nazionale,
e da imporre pertanto l'intervento unificatore della norma statale.
In  altri termini, occorre evitare che il mercato e le sue regole non
soffrano della frantumazione conseguente alla pluralita' di possibili
discipline,  articolate  secondo  le  differenziazioni del territorio
regionale  e  ciascuna  rispondente a finalita' politiche diverse, ed
abbiano  viceversa  una  disciplina  omogenea ed unitaria su tutto il
territorio nazionale.
E  certamente  il  caso  delle procedure di affidamento di contratti,
pubblici.  Ma  analogamente va ritenuto con riguardo ad altri aspetti
della  materia  dei  contratti  pubblici, quali la sottoscrizione del
contratto  e  la  sua  esecuzione, il subappalto, la disciplina delle
controversie.
E  infatti evidente che tutta la vicenda contrattuale appartiene alla
disciplina civilistica delle obbligazioni, delle loro fonti, del loro
adempimento,  del  loro  inadempimento  e  delle relative conseguenze
giuridiche  (non  a  caso  il  contratto  di  appalto  trova compiuta
disciplina  negli articoli del codice civile, e l'appalto pubblico e'
tradizionalmente  ritenuto un contratto di diritto privato, ancorche'
speciale),  e  come  tale  rientra  a  pieno  titolo  nella  potesta'
legislativa  esclusiva  dello  Stato,  cui  spetta,  sempre  a  norma
dell'art.  117  della Costituzione, legiferare in tema di ordinamento
civile e penale.
Per  quanto  poi  riguarda  il  subappalto,  oltre alla gia' rilevata
considerazione  del  suo  appartenere  all'ambito  del diritto civile
(art.  1656  c.c.).  vi  e'  l'ulteriore e non meno rilevante aspetto
dell'assoggettamento  dell'istituto in questione a normativa speciale
(la  legge  19  marzo  1990,  n. 55)  di chiara ispirazione di ordine
pubblico,  e  cio'  costituisce  ulteriore elemento per ricondurre la
disciplina   del  subappalto  nell'esclusiva  signoria  dello  Stato,
competente   a   legiferare  sempre  ai  sensi  dell'art.  117  della
Costituzione in materia di ordine pubblico e sicurezza.
Questo  e' l'assetto delle competenze legislative nella materia degli
appalti  pubblici  di lavori, servizi e forniture quale risulta dalla
piu'  corretta  interpretazione  dei principi costituzionali, e quale
attualmente  accolta nella piu' recente normativa emanata dallo Stato
sul  punto:  l'articolo  4  del  decreto  legislativo 12 aprile 2006,
n. 163.
Sulla   base  di  questi  concetti  e  considerazioni  preliminari  e
generali, la legge regionale n. 12/2006 che quisi impugna si presenta
per  molti versi esuberante rispetto alle linee di demarcazione della
potesta' legislativatra Stato e regioni tracciata dalla Costituzione,
e  sembra  aver  travalicato  i  limiti  della competenza legislativa
regionale in materia.
Cio'  e' avvenuto, secondo la Presidenza del Consiglio ricorrente, in
relazione  a  molteplici  norme,  che  di  seguito  si  elencano e si
censurano.
Articolo   5,   commi  1  e  6,  in  relazione  all'art.  117,  della
Costituzione  e  all'art.  3  dello  statuto  speciale  (legge  cost.
n. 3/1948).
La  disposizione  in  parola  prevede  che, in sede di programmazione
degli  appalti, le amministrazioni ed isoggetti pubblici siano tenuti
a  redigere  ed  approvare  un  programma  triennale  per i lavori di
importo superiore ai 200.000,00 euro.
La   legge   statale   invece   (art.  128  del  decreto  legislativo
n. 163/2006)  impone l'inserimento nella programmazione dei lavori di
importo superiore ai 100.000,00 euro.
La  necessita'  che  la  realizzazione  di  lavori  pubblici  avvenga
so!tanto  in seguito ad un'attenta attivita' diprogrammazione, che la
programmazione  vada  di  pari passo con la redazione dei progetti, e
che  la programmazione stessa si ponga in stretta correlazione con la
previsione  delle  risorse in bilancio costituisce uno dei punti piu'
qualificanti  di  tutta la riforma dei lavori pubblici attuata con la
legge  dello  Stato  n. 109/1994  (legge  quadro in materia di lavori
pubblici),  mirando  a  far  cessare  il malcostume amministrativo di
svincolare le opere pubbliche da un'attenta analisi dei bisogni della
collettivita'   e   da   una   responsabile  pianificazione  politico
finanziaria.  Tanto  che  la  realizzazione  di lavori pubblici per i
quali  e'  obbligatoria la programmazione di regola non puo' avvenire
se  un  determinato  lavoro  non  sia  stato previamente inserito nei
programmi.
Innalzare  il  limite  di  valore  dei  lavori  per  i  quali  non e'
obbligatoria   la   preventiva   programmazione,  come  fa  la  norma
regionale,  equivale  a  sottrarre dalla programmazione una fascia di
lavori  assai  consistente,  soprattutto  avuto  luogo alle ordinarie
capacita' delle piccole amministrazioni aggiudicatici, per le quali i
lavori  di  importo  inferiore ai 200.000 euro costituiscono la parte
piu' cospicua di attivita' realizzativi.
La  norma  regionale,  dunque,  snatura  gran parte degli obblighi di
programmazione imposti dalla leggestatale, rendendo la programmazione
stessa non piu' obbligatoria per moltissimi lavori pubblici. Ma cosi'
facendo,  incide  su  un  principio - quello della necessaria stretta
relazione   tra   programmazione,   progettazione,   finanziamento  e
realizzazione   -   che  costituisce  uno  dei  cardini  della  buona
amministrazione perseguiti dalla riforma sui lavori pubblici.
Lo  stesso  dicasi  riguardo  alla  previsione  di  cui  al  comma  6
dell'articolo  che  qui si censura, in virtu' del quale l'inserimento
di  un  lavoro nell'elenco annuale (l'altro documento di cui si giova
la  programmazione delle pubbliche amministrazioni) richiede solo uno
studio  di  fattibilita'  (sintetica  relazione per gli interventi di
manutenzione)  per  i  lavori di importo inferiore ai 2.000.000,00 di
euro,  ed  esige  il  progetto  preliminare  per  i lavori di importo
superiore  ai  2.000.000,00  di  euro,  laddove  lo  stesso limite di
discrimine e' individuato dalla legge statale in un milione di euro.
La norma regionale, quindi, esonera un gran numero di lavori pubblici
(quelli   di   importo   compreso  tra  unoe  due  milioni  di  euro)
dall'obbligo di preventiva progettazione preliminare al fine del loro
inserimento  inprogramma, statuendo la sufficienza del mero studio di
fattibilita'.
Anche  qui  va  ricordato  che la corrispondenza tra programmazione e
progettazione  costituisce  cardine della riforma dei lavori pubblici
attuata  dallo  Stato, in quanto tende ad impedire che siano messi in
programma  e  siano finanziati lavori per i quali non sussiste alcuna
elaborazione  progettuale,  e per i quali quindi manchi la necessaria
indicazione  anche  finanziaria (non e' infatti inopportuno ricordare
che la stima sommaria dei costi di un'opera e' documento appartenente
alla   progettazione   preliminare),   ma   cosi'   facendo  consente
indebitamente  che  siano  inseriti  in  programma e siano finanziati
interventi   la   configurazione   tecnico  economica  dei  quali  e'
pericolosamente indefinita.
Art.  9,  in  relazione  all'art. 117 della Costituzione e all'art. 3
dello statuto speciale di cui alla legge cost. n. 3/1948.
La  norma  regionale  disciplina  la  progettazione  e  le  tipologie
progettuali  in  modo  difforme da quanto praticato dallo Stato nelle
corrispondenti   norme   del   decreto  legislativo  n. 163/2006;  la
disciplina  della  progettazione e' invece competenza esclusiva dello
Stato,  e  -  in  quanto  regola  di  esecuzione dell'opera pubblica,
nonche'  documento  fondamentale  del  contratto  di  appalto perche'
individuatore  della  prestazione  dell'appaltatore  -  deve  trovare
identica configurazione su tutto il territorio nazionale.
Art.  11,  commi 12, 13, 14, 15 e 16, in relazione all'art. 117 della
Costituzione  e  all'art.  3 dello statuto speciale di cui alla legge
cost. n. 3/1948.
La   norma   regionale   regola   l'affidamento  degli  incarichi  di
progettazione  e  di  direzione dei lavori, prevedendo (comma 12) che
per  gli  incarichi  di  valore  superiore  alla  soglia  di  rilievo
comunitario  operino  le norme regionali della stessa legge n. 5/2007
relative ai servizi sopra soglia, mentre (comma 13) per gli incarichi
di  valore inferiore al limite comunitario operino regole particolari
quali quelle di seguito brevemente descritte.
Gli incarichi di importo inferiore ai 20.000.00 euro sono affidati in
via  diretta  secondo le regole dei contratti in economia, senza gara
alcuna  e  con  corrispettivo  negoziato  tra  funzionario pubblico e
prestatore di servizi. Gli incarichi di valore compreso tra 20.000,00
euro e 100.000,00 euro sono affidati senza una particolare formalita'
concorrenziale, ma nel generico rispetto dei principi di trasparenza,
proporzionalita'  e  rotazione  e all'interno di liste o elenchi, gli
incarichi  di  valore  compreso  tra  i  100.000,00  euro e la soglia
comunitaria sono infine affidati con procedura ad evidenza pubblica.
La  normativa  statale  (art. 91 del decreto legislativo n. 163/2006)
non  conosce una tripartizione del genere, ma si limita a distinguere
tra  incarichi  di  valore superiore ed inferiore ai 100.000,00 euro:
per   i   primi   valgono  le  regole  dell'affidamento  riferite  al
corrispondente  valore  (quelle  comunitarie  per gli incarichi sopra
soglia e quelle nazionali, ma comunque competitive, per gli incarichi
sotto soglia), mentre per i secondi valgono le regole della selezione
informale  presieduta  dai criteri di trasparenza e rotazione. Non e'
prevista  l'area di discrezionalita' assoluta per gli incarichi sotto
i 20.000.00 euro.
Non  sembra  conforme  ai  principi  di  cui  sopra tollerare sistemi
regionali di affidamento degli incarichi di progettazione e direzione
lavori  diversi per limiti e contenuti rispetto a quelli dello Stato:
infatti,  le  regole  dell'affidamento  dei  contratti sono regole di
attuazione  della  concorrenza, che e' materia di primaria competenza
legislativa  statale, e le norme regionali che distinguono tra soglia
e  soglia in modo difforme dalla disciplina statale altro effetto non
hanno  che  aprire  o  chiudere  il  mercato  a  consistenti fasce di
commesse pubbliche.
Art.   13,  commi  3,  4  e  10,  in  relazione  all'art.  117  della
Costituzione  e  all'art.  3 dello statuto speciale di cui alla legge
cost. n. 3/1948.
La   norma   regionale  si  occupa  della  validazione  del  progetto
(particolare  modalita'  di verifica e controllo cui va sottoposto il
progetto  prima  della  sua  messa  in  gara  per  garantire  la  sua
conformita'  a  legge e alle regole della tecnica), prevedendo che la
validazione  debba  essere  obbligatoriamente  affidata  ad organismi
accreditati  secondo  i parametri UNI CEI EN nel caso di progetti (di
interventi) di valore superiore ai 25.000.000, di euro.
La  previsione  statale  e'  diversa  quanto  alla individuazione del
limite.  fissato dall'art. 112 del decreto legislativo n. 163/2006 in
20.000.000,00 di euro.
L' innalzamento del valore attuato dalla legge regionale incide sulla
concorrenza  in  quanto  si  riflette  sul  mercato dei prestatori di
servizi  di  validazione,  ampliando l'area accessibile ai validatori
non  qualificati  dall'accreditamento  e  restringendo,  di converso,
l'area  riservata  ai  validatori  accreditati, con valutazione che -
indipendentemente  da ogni giudizio di merito - e' difforme da quella
presupposta dalla norma statale.
Come  in  altra  circostanza,  anche  qui  si  perpetra  una  diversa
disciplina delle modalita' di affidamento di un contratto di servizi,
e  quindi  una diversa regolamentazione del mercato in funzione della
concorrenza; ma anche in questo caso, deve rivendicarsi la competenza
legislativa  esclusiva  dello  Stato e la necessita' della regione di
adeguarsi ai principi dallo Stato dettati.
Art.  16,  comma  12,  in relazione all'art. 117 della Costituzione e
all'art. 3 dello statuto speciale di cui alla legge cost. n. 3/1948.
La  norma  regionale in contestazione disciplina la particolare forma
di  affidamento  di lavori pubblici in cui il corrispettivo e' pagato
in   tutto  o  in  parte  mediante  cessione  di  beni  immobili.  Il
particolare  procedimento  innovativo,  introdotto  a suo tempo dalla
legge  n. 109/1994  e  ribadito  dall'attuale  codice  dei contratti,
prevede  una  gara combinata nella quale l'amministrazione ottiene il
minor  prezzo  del  lavoro  e  il  maggior  prezzo  del bene messo in
vendita.
Sennonche',  nella  procedura  disciplinata  dalla legge regionale e'
possibile  aggiudicare  la  gara sia alla migliore offerta congiunta,
sia alle due migliori offerte separate quando dalla loro combinazione
emerga  un  risultato  finale  piu' conveniente per l'amministrazione
aggiudicatrice.
Il  meccanismo  previsto  dalla  legge  statale, invece, prevede solo
l'aggiudicazione  in  favore  della migliore offerta congiunta, senza
contemplare l'alternativa tra questa e le due offerte relative sia al
bene che al lavoro.
Ugualmente si ha differenza tra la norma regionale e la norma statale
relativamente  all'ipotesi  in  cui  la  gara  deve intendersi andata
deserta;  per  la legge regionale cio' avviene solo qualora non siano
state  presentate  offerte  aventi  ad  oggetto  l'acquisto del bene,
mentre per la legge statale cio' avviene - beninteso, se previsto dal
bando  -  se l'amministrazione non abbia stanziato risorse diverse da
quelle  corrispondenti  al  presso  del bene e siano state presentate
solo offerte per l'esecuzione di lavori.
Sotto l'uno e l'altro aspetto, la diversita' tra la legge regionale e
la  legge  statale  e'  in  contrasto con i principi desumibili dalla
Costituzione e dallo statuto speciale della regione Sardegna, perche'
le   modalita'   di   aggiudicazione  dei  contratti  attengono  alla
regolamentazione  del  mercato  e  alla disciplina della concorrenza,
materie  devolute alla competenza esclusiva dello Stato rispetto alla
quale la potesta' regionale non puo' partorire previsioni difformi.
Art.  20,  comma  5,  in  relazione all'art. 117 della Costituzione e
all'art. 3 dello statuto speciale di cui alla legge cost. n. 3/1948.
Mentre  la  norma  statale  di  riferimento  (l'art.  86  del decreto
legislativo   n. 163/2006)   disciplina   la  verifica  dell'anomalia
dell'offerta prevedendo un meccanismo in cui tutti gli offerenti sono
tenuti,   sin   dal   momento  della  presentazione  dell'offerta,  a
presentare  le  giustificazioni  circa  le  voci  piu'  significative
dell'offerta   stessa,   demandando   ad   una   fase  successiva  il
contraddittorio  a  chiarimento  solo con gli offerenti sospettati di
anomalia, la norma regionale prevede che le giustificazioni a corredo
dell'offerta siano richieste solo ai concorrenti le cui offerte siano
risultate anormalmente basse.
Anche questa differenza di regolamentazione non e' ammissibile.
Ora,   e'  noto  ed  acquisito  nell'ordinamento  che  la  disciplina
dell'anomalia dell'offerta e la procedura per la relativa verifica di
merito  appartengono alla materia della concorrenza, sin da quando la
giurisprudenza  comunitaria  ebbe  a censurare le norme nazionali che
quella  procedura  limitavano  o  rendevano  inadeguata (a partire da
Corte  di  giustizia  CEE  27 giugno 1989 in causa n. 143/1994 tra il
comune  di  Milano e l'impresa Costanzo). E poiche' a norma dell'art.
117,  secondo comma, lettera e), della Costituzione spetta allo Stato
la  competenza  legislativa  esclusiva  in  materia  di  tutela della
concorrenza  (Corte  cost.  n. 345/2004  citata), la regione non puo'
dettare  norme  in  tale  ambito,  o  comunque non ne puo' dettare di
portata  e  contenuto  difforme  da  quelle  fissate  dalla normativa
statale.
Art.  21,  comma  1,  in  relazione all'art. 117 della Costituzione e
all'art. 3 dello statuto speciale di cui alla legge cost. n. 3/1948.
La  norma  regionale  in  esame  consente  l'affidamento  secondo una
procedura  di  gara  semplificata  per  i  lavori pubblici di importo
compreso tra i 200.000,00 e i 1.500.000,00 euro.
La  corrispondente  norma  statale  invece  (art.  123,  comma 1, del
decreto  legislativo  n. 163/2006) permette tale forma agevolata solo
fino ai 750.000,00 euro di importo lavori.
Anche  in  questo  caso  la  norma  regionale  incide su materia - la
regolazione del mercato e la disciplina della concorrenza - che e' di
esclusiva  competenza legislativa statale. La procedura semplificata,
infatti,   prevede   numerose   deroghe   alla  procedura  ordinaria,
soprattutto  relativamente  alla  pubblicita'  e  alla fissazione del
numero  di  invitati  alla  gara  nonche'  al  regime delle garanzie,
introducendo  per altro verso limitazioni alla possibilita' di essere
invitati  alla  gara. E evidente dunque come in questo modo si incida
sulla   concorrenza   e   sull'accesso   alle   gare   della  singola
amministrazione aggiudicatrice.
Per  tale  motivo,  la  materia  deve  essere riservata alla uniforme
disciplina  dettata  dalla legge dello Stato de non puo' tollerare le
differenziazioni imposte dalle varie regole regionali.
Art.  22,  commi  2,  14,  17  e  18, in relazione all'art. 117 della
Costituzione  e  all'art.  3 dello statuto speciale di cui alla legge
cost. n. 3/1948.
La  norma  regionale  si occupa della pubblicita', e ne disciplina le
forme  in  modo  difforme  dalla  corrispondente  norma  dello  Stato
(articoli 66 e 122 del decreto legislativo n. 163/2006).
In   particolare,   il  comma  2  della  norma  regionale  impone  la
pubblicazione  dei  bandi  di  gara  relativi  agli appalti di valore
superiore  alla  soglia  comunitaria  nella  Gazzetta Ufficiale delle
Comunita' europee, sul Bollettino ufficiale della regione, e sui siti
internet  della regione Sardegna e della singola stazione appaltante.
Non  e'  prevista  la  pubblicazione  nella  Gazzetta Ufficiale della
Repubblica  italiana,  diversamente  da  quanto invece disposto dalla
norma  nazionale (art. 66, comma 7, del codice dei contratti). Il che
significa  che  un  operatore  collocato  al  di fuori del territorio
isolano che non abbia accesso alla GUCE non e' posto in condizione di
conoscere  l'indizione della gara, e che dunque e' posto in posizione
deteriore  e  svantaggiata  rispetto all'operatore sardo, quanto meno
sotto il profilo dell'effettiva fruizione dei termini.
I   commi   14   e   15  della  norma  regionale  riproducono  questa
inammissibile  differenza tra le forme di pubblicita' per i contratti
di  importo  inferiore  alla  soglia  comunitaria,  laddove  la norma
statale  (art.  124,  comma  5,  del codice dei contratti) prevede la
pubblicazione   dei   bandi  anche  nella  Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica italiana.
Il  comma 17 della norma in contestazione prevede una forma specifica
di  pubblicita' per i bandi relativi ai lavori di importo inferiore a
1.500.000.00  euro che non siano affidati con procedura semplificata,
forma speciale che non e' in alcun modo prevista dalla corrispondente
norma statale e che si traduce in una pubblicita' piu' attenuata.
Anche il comma 18 della norma regionale detta una disciplina difforme
dalla  norma  statale  per  la  pubblicita'  dei  bandi riferiti agli
appalti  di  valore  inferiore ai 500.000,00 euro, che possono essere
pubblicati  solo  sull'albo  della stazione appaltante o sul suo sito
internet.  mentre  l'art.  122  del  decreto  legislativo n. 163/2006
impone   la   pubblicazione  anche  nella  Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica italiana.
In   tutti   questi  casi  si  ha  una  inammissibile  lesione  delle
prerogative  della norma statale. La pubblicita' infatti e' la regola
prima   della   concorrenza,   perche'   e'  l'elemento  di  apertura
condizionante  l'accesso  al  mercato.  La  legge  regionale non puo'
incidere  sulla  materia  in  modo  difforme  -  e,  in  questo caso,
palesemente  discriminatorio - da quello disciplinato dal legislatore
statale.
Art.  24  in  relazione  all'art. 117 della Costituzione e all'art. 3
dello statuto speciale di cui alla legge cost. n. 3/1948.
La  norma regionale si occupa della qualificazione degli esecutori di
lavori   pubblici,   prevedendo  l'equivalenza  della  qualificazione
regionale  con quella statale. In sostanza, per la norma in esame, le
amministrazioni  aggiudicatrici  possono  ammettere alle gare imprese
tanto  se  iscritte  nell'albo  regionale quanto se in possesso della
qualificazione conforme alla legge nazionale.
Poiche'  la  qualificazione  di  matrice  regionale non ha gli stessi
contenuti   di   quella  prevista  dalla  legge  statale,  e  poiche'
evidentemente  non  e' ammissibile in materia di qualificazione - che
ugualmente  si traduce nella regola di accesso al mercato - un doppio
binario,  la  materia  e'  illegittimamente  regolata  dalla norma in
questione.
La  legge  regionale  tratta  la  qualificazione  ottenuta  secondo i
requisiti   fissati   dalle  norme  statali  come  la  qualificazione
stabilita   da   un  ordinamento  estero,  suscettibile  soltanto  di
«riconoscimento» e, semmai, di equiparazione.
La  qualificazione  e'  materia  di  competenza legislativa esclusiva
dello  Stato,  e la regione - ancorche' a statuto speciale - non puo'
dettare  una  disciplina  che  si discosti dai principi dettati dalla
legge statale.
Art.  26,  comma  2,  in  relazione all'art. 117 della Costituzione e
all'art. 3 dello statuto speciale di cui alla legge cost. n. 3/1948.
La  norma  regionale si occupa delle cause di esclusione dalle gare e
regola la fattispecie in modo diverso dalla norma statale.
In  particolare,  tra  le  cause  di  esclusione  e'  singolarmente e
stravagantemente  prevista  la  mancata effettuazione del sopralluogo
secondo le modalita' fissate dalla stazione appaltante.
Ora,  una  situazione  che rientra indubbiamente tra le libere scelte
dell'impresa che partecipa alla gara non potrebbe costituire causa di
esclusione  da una procedura di gara neppure se prevista soltanto nel
bando,  ossia  come regola del caso di specie. Immaginarsi se lo puo'
essere a livello legislativo.
Oltretutto, si tratta di tutta evidenza di un'ulteriore e strisciante
condizione   discriminatoria   (con   effetti  di  alterazione  della
concorrenza)  ove  si osservi il vantaggio che ne deriva alle imprese
locali,  gia'  presenti sul territorio, e lo svantaggio in termini di
disincentivo  che  ne  deriva  alle imprese «del continente», per non
dire alle imprese degli altri Paesi europei.
Ora,  e'  noto  che  la  materia delle cause di esclusione dalle gare
attiene  all'accesso  al  mercato,  sia  che la si voglia considerare
sotto  l'aspetto  meramente  fiduciario  (cioe'  attinente a tutte le
situazioni   capaci  di  incidere,  attenuandolo,  sul  rapporto  tra
amministrazione  e  contraente  privato), sia invece che la si voglia
ritenere  di  piu'  marcata  natura sanzionatoria; in entrambi i casi
essa  appartiene  alla  competenza legislativa esclusiva dello Stato,
anche  in attuazione delle direttive comunitarie, perche' costituisce
regola di tutela della corretta concorrenza.
E  ad  analoga  conclusione deve pervenirsi considerando la questione
come  pertinente alla capacita' contrattuale, perche' - sotto diverso
aspetto   -   si  tratterebbe  comunque  di  materia  spettante  alla
legislazione statale.
La  legge  regionale  non  puo' interferire in questo ambito, sia che
sostituisca  le  norme dello Stato con proprie norme, sia che ritenga
di voler integrare le norme dello Stato. In altri termini non possono
essere  consentite  regole  regionali  diverse o ulteriori rispetto a
quelle  valide  su  tutto  il  territorio nazionale per effetto della
fonte  legislativa  dello  Stato,  ne'  si  possono  consentire leggi
regionali  che  incidono  sulla  materia  discostandosi  dai principi
desumibili dalla legge dello Stato.
Art.  34,  comma  1,  in  relazione all'art. 117 della Costituzione e
all'art. 3 dello statuto speciale di cui alla legge cost. n. 3/1948.
In  materia  di contratto di concessione di lavori pubblici, la norma
regionale  fissa  un  limite  all'importo  che  il  soggetto pubblico
concedente  puo'  corrispondere al concessionario insieme ai proventi
tratti dalla gestione.
La   legge   statale   invece   (art.  143  del  decreto  legislativo
n. 163/2006) non fissa alcun limite.
Si  tratta  di  una  materia,  la definizione delle prestazioni delle
parti all'interno di una dinamica puramente contrattuale, che attiene
evidentemente  ai  rapporti  di  diritto  civile,  materia  che e' di
esclusiva  competenza  legislativa  dello Stato e che pertanto non e'
suscettibile di difforme disciplina regionale.
Art.  35,  comma  2,  e  art.  36  in  relazione  all'art.  117 della
Costituzione  e  all'art.  3 dello statuto speciale di cui alla legge
cost. n. 3/1948.
Entrambe  le norme della legge regionale, nel disciplinare l'istituto
del promotore (ossia della finanza di progetto nel settore dei lavori
pubblici),  prevedono  l'attribuzione  al  promotore di un diritto di
prelazione  che  gli  consente  di  essere  preferito,  a  parita' di
condizioni,  sul  vincente  della  gara  svoltasi  per  affidare  una
concessione.
Detta  previsione,  che  era  contenuta anche nella legge statale, e'
stata da questa espunta (art. 153 del decreto legislativo n. 163/2006
come   modificato   dal   decreto  legislativo  n. 113/2007)  per  la
constatata,    e   ormai   conclamata,   sua   incompatibilita'   con
l'ordinamento comunitario.
Il   mantenimento   di   tale   retaggio  nella  legge  regionale  e'
illegittimo,  da  un  lato perche' in se' - creando una condizione di
favore  che  altera  la  par  condicio tra i concorrenti - nuoce alla
concorrenza,  dall'altro lato perche' e' incompatibile con il diritto
comunitario.
Nell'uno  e nell'altro caso, comunque, si tratta di un aspetto legato
alla  tutela  della  concorrenza,  che  e'  di  stretta  ed esclusiva
pertinenza  del  legislatore statale, e come tale non e' suscettibile
di essere inciso in modo difforme dalla legge regionale.
Art.  38,  comma  1,  in  relazione all'art. 117 della Costituzione e
all'art. 3 dello statuto speciale di cui alla legge cost. n. 3/1948.
La  norma  della  legge  regionale  prevede  due  ipotesi  in  cui e'
possibile  ricorrere  alla  trattativa  privata  con pubblicazione di
bando  ulteriori rispetto a quelle previste dalla norma statale, come
risultante  dalla  modifica  apportata dal secondo decreto correttivo
(decreto legislativo n. 113/2007).
Secondo  la  norma  regionale, infatti, si puo' affidare un contratto
con  procedura  negoziata - ancorche' preceduta da bando - qualora si
tratti  di  appalto  la  cui  particolare  natura o i cui imprevisti,
oggettivamente   non   imputabili   alla   stazione  appaltante,  non
consentano  la  fissazione preliminare e globale dei prezzi, oppure -
limitatamente  a  determinati  servizi  -  qualora  la  natura  della
prestazione  renda  impossibile stabilire le specifiche del contratto
con la necessaria precisione.
Ora,  e'  noto  che  la  procedura  negoziata,  in quanto derogatrice
rispetto   alla   regola  generale  della  gara,  porta  in  se'  una
consistente  attenuazione  della  concorrenza, che invece si realizza
pienamente  con la concorsualita'. L'ampliamento o la restrizione dei
casi  in  cui  si puo' ricorrere alla procedura negoziata, dunque, si
riflettono sulla concorrenza dilatandone o comprimendone gli spazi.
Stabilire le ipotesi in cui e' possibile evitare la procedura di gara
e  svolgere  una procedura negoziata e' quindi incidere sul mercato e
sulla  concorrenza;  e  pertanto tale potere non puo' che appartenere
allo  Stato in via esclusiva senza che sia consentito alle regioni di
normare  la  materia  in  modo difforme dai principi desumibili dalla
legge statale.
Art.  39, commi 1 e 3, in relazione all'art. 117 della Costituzione e
all'art. 3 dello statuto speciale di cui alla legge cost. n. 3/1948.
La   norma   della   legge   regionale   in   discussione  disciplina
l'affidamento  a trattativa privata senza pubblicazione preventiva di
un bando.
Essa  annovera un'ipotesi di procedura negoziata ulteriore rispetto a
quelle  previste  dalla  corrispondente  norma  statale  (art. 57 del
decreto  legislativo n. 163/2006), e cioe' quando si siano verificate
alluvioni, frane o altre calamita' o siano necessari lavori di pronto
soccorso, di riparazione o di ripristino.
Inoltre  fissa  in  modo  difforme  dalla  legge statale il limite di
valore  sotto il quale si puo' procedere indiscriminatamente - ossia,
senza  giustificazione  -  all'affidamento a trattativa privata senza
bando,  prevedendo tale facolta' per i lavori di importo inferiore ai
300.000,00 euro laddove la norma statale fissa il limite a 100.000,00
euro.
Infine,  prevede  l'esclusione  automatica obbligatoria negli appalti
sotto  la  soglia  comunitaria  per le offerte risultate anormalmente
basse,  senza  alcuna  facolta'  di verifica laddove la norma statale
lascia  alla  discrezionalita'  della  singola stazione appaltante la
scelta tra la verifica e l'esclusione automatica.
Anche a questo proposito non puo' non rilevarsi come l'individuazione
dei  casi  in  cui  e'  possibile  derogare  alla  regola  della gara
appartiene  alla tutela della concorrenza e del mercato, analogamente
a   quanto   va   affermato   per   quanto  riguarda  il  trattamento
dell'anomalia  dell'offerta.  Nell'uno  e  nell'altro  caso  sussiste
competenza  legislativa  esclusiva  dello Stato e la regione non puo'
dettare  regole  difformi  dalla  legge dello Stato o dai principi da
questa desumibili.
Art.  40  e  art.  41  in relazione all'art. 117 della Costituzione e
all'art. 3 dello statuto speciale di cui alla legge cost. n. 3/1948.
Le  due  norme  regionali  in  esame  introducono, l'una per i lavori
l'altra per i servizi e le forniture, un'ipotesi di possibile ricorso
alle  spese  in  economia  ulteriore  rispetto a quelle fissate dalla
norma  statale (art. 125 del decreto legislativo n. 163/2006); e cio'
che  e'  piu' grave, neppure si tratta di un'ipotesi predeterminata a
livello   normativo,   ma   di   situazione   lasciata   alla  libera
discrezionalita'   delle   stazioni   appaltanti  da  individuare  in
successivo e specifico regolamento «in relazione alle loro esigenze».
Inoltre,  le norme regionali innalzano (da 40.000,00 euro a 50.000,00
euro  per i lavori e da 20.000.00 euro a 30.000.00 euro per servizi e
forniture)  il  limite  di importo fissato dalla legge statale per il
ricorso all'affidamento diretto in parola.
A  prescindere  dalla legittimita' di tale rinvio in bianco, vi e' da
rilevare  che  l'affidamento  di contratti in economia si traduce ne'
piu' ne' meno che in un affidamento a trattativa privata. E quindi si
richiamano  anche  a  questi  fini  le considerazioni sopra svolte in
funzione della tutela della concorrenza, ristretta in tutti i casi in
cui  non vi e' gara, che esigono che sulla materia si pronunci in via
esclusiva  e  unificatrice solo il legislatore statale, e che esclude
che  le  regioni posano dettare norme diverse o discoste dai principi
desumibili dalle leggi dello Stato.
Art.  46, commi 4 e 7, in relazione all'art. 117 della Costituzione e
all'art. 3 dello statuto speciale di cui alla legge cost. n. 3/1948.
La  norma  regionale  disciplina  i  concorsi di idee e i concorsi di
progettazione,    ma    rimanda    al    regolamento   regionale   la
regolamentazione  delle  modalita'  di  espletamento  delle gare, del
contenuto dei bandi, dei criteri di valutazione delle proposte, della
composizione delle commissioni giudicatrici.
In  sostanza,  tutta  la  disciplina  dell'affidamento dei servizi in
parola viene demandata alla fonte secondaria.
Si  tratta  di  materia  invece di stretta competenza esclusiva dello
Stato,  in  quanto  relativa  alla  regolazione della concorrenza nel
settore  dei servizi di ingegneria ed architettura, e quindi non puo'
essere  oggetto  di  normazione  regionale o comunque non puo' essere
oggetto  di  norma  regionale  - primaria o secondaria - difforme dai
principi desumibili dalla legge statale.
Art.  51, commi 1 e 3, in relazione all'art. 117 della Costituzione e
all'art. 3 dello statuto speciale di cui alla legge cost. n. 3/1948.
La  norma  in  questione  esclude  per  le  opere  da  eseguirsi  con
finanziamento  regionale  l'applicazione  dell'art.  133  del decreto
legislativo  n. 163/2006, garantendo comunque l'aggiornamento annuale
dei prezziari regionali.
Per  i  lavori  da eseguirsi con finanziamento non regionale la norma
indica a parametro di variazione dei prezzi i prezziari regionali o i
prezziari   delle   singole   stazioni   appaltanti,  da  aggiornarsi
annualmente.
La  previsione e' illegittima. La legge dello Stato fissa con pretesa
di  uniformita'  su  tutto  il  territorio  nazionale  il criterio di
adeguamento  dei  prezzi  degli appalti di lavori pubblici in caso di
variazioni  dei  prezzi  stessi  oltre  certi  limiti;  si  tratta in
sostanza  di  una sorta di meccanismo revisionale limitato e puntuale
che  mira  a  mantenere  e  garantire  il  sinallagma  in presenza di
notevoli fattori di perturbazione del mercato.
La  Corte  costituzionale ha recentemente affermato che la disciplina
statale  in  materia  di  lavori pubblici (prima, art. 26 della legge
n. 109/1994  ed  ora  art.  133  del decreto legislativo n. 163/2006)
presenta  i  caratteri  della  riforma  economico-sociale  in  quanto
risponde ad un interesse unitario che implica valutazioni politiche e
riflessi   finanziari,   e  come  tale  non  tollera  una  disciplina
differenziata nel territorio. Ne consegue - sempre secondo la Corte -
che  al  legislatore statale deve riconoscersi nella regolamentazione
del  settore  il  potere  di  vincolare la potesta' legislativa anche
primaria  delle  regioni  a statuto speciale (Corte costituzionale 28
dicembre 2006, n. 447).
Art.  54,  commi  1, 2, 8, 9 10 e 11, in relazione all'art. 117 della
Costituzione  e  all'art.  3 dello statuto speciale di cui alla legge
cost. n. 3/1948.
La  norma  regionale  disciplina  la  materia  delle garanzie e delle
assicurazioni  in  maniera  difforme  da  quanto previsto nella legge
statale  corrispondente  (art.  75, 113 e 129 del decreto legislativo
n. 163/2006).
Innanzitutto.  la  norma regionale al comma 1 prevede che la cauzione
provvisoria  sia  pari  all'1%  dell'importo dell'appalto, laddove la
legge  dello  stato fissa tale valore nel 2%, ed esclude dall'obbligo
di prestare la cauzione provvisoria per servizi e forniture di valore
inferiore  ai  211.000,00 euro, laddove la legge statale non contiene
alcun esonero in tal senso.
Inoltre, la stessa norma regionale al comma 2 fissa nel 5% del valore
dell'appalto  la cauzione definitiva per servizi e forniture, laddove
la legge statale prevede che tale garanzia sia del 10%.
Ancora,  la  norma stessa al comma 9 fissa nel limite di 5.000.000,00
euro  l'importo  dei  valori  entro  ed  oltre  il quale e' dovuta la
garanzia  del  progettista,  laddove  la corrispondente norma statale
fissa il medesimo limite in euro 5.278.000,00.
In  piu' la norma regionale al comma 10 stabilisce come semplicemente
facoltativa  - e non obbligatoria, come previsto dall'art. 129, comma
3,  del  codice dei contratti - la prestazione di garanzia globale di
esecuzione  per  gli appalti di progettazione ed esecuzione di valore
superiore ai 75.000.000,00 euro.
Infine,  il  comma  11 della norma in esame estende anche a servizi e
forniture il beneficio della riduzione della garanzia in favore delle
imprese certificate, che la legge statale prevede solo per i lavori.
Tutte queste differenze sono non legittime.
Mentre   la   norma  sulla  cauzione  definitiva  riguarda  l'aspetto
dell'adempimento  delle  obbligazioni,  e quindi attiene alla materia
contrattuale,  la norma sulla cauzione provvisoria riguarda le regole
della  gara,  e quindi e' di competenza esclusiva dello Stato perche'
funzionale  alla tutela della concorrenza, che deve essere assicurata
con  i  medesimi  contenuti  su tutto il territorio nazionale; non si
puo'  in  altri  termini  consentire  che  vi  siano  aree  in cui la
posizione  degli  offerenti  e' economicamente ed amministrativamente
piu'  leggera, ed aree nelle quali invece la partecipazione alla gara
e'  piu'  onerosa,  che  vi  siano  qui  concorrenti  non  gravati da
responsabilita'   (la   cauzione   provvisoria  funziona  infatti  da
deterrente   rispetto   alle   violazioni  dei  precetti  di  gara  o
dell'obbligo  di  sottoscrivere  il contratto), e la' concorrenti che
rispondono matrimonialmente del proprio comportamento in gara.
Tutta la materia delle garanzie deve in altri termini essere lasciata
alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.
Articoli 57, 58, 59 e 60 in relazione all'art. 117 della Costituzione
e  all'art.  3  dello  statuto  speciale  di  cui  alla  legge  cost.
n. 3/1948.
Le norme ora indicate disciplinano aspetti puramente contrattuali del
settore  dei  contratti.  In  particolare,  l'art. 57 si occupa della
consegna  dei  lavori e dell'inizio delle prestazioni del fornitore o
del prestatore di servizi, nonche' delle sospensioni dell'esecuzione;
l'art.  58  vuole  disciplinare  i subappalti; l'art. 59 definisce il
collaudo e la regolare esecuzione delle commesse: l'art. 60 regola il
collaudo di lavori pubblici.
Tutti   questi   aspetti   attengono   alla   materia   rigorosamente
contrattuale,  all'adempimento  delle  obbligazioni,  ai  poteri  del
committente nel controllo della prestazione dell'appaltatore.
La  norma  relativa  al  subappalto  detta una disciplina diversa per
lavori,  servizi  e  forniture,  laddove la disciplina dello Stato e'
unitaria.  E  noto  invece  che  -  al di la' degli aspetti di ordine
pubblico  che  connotano  l'istituto  del subappalto - la materia del
subappalto  attiene  all'ambito  dei rapporti di diritto civile, come
tale  di  stretta  competenza  legislativa  esclusiva dello Stato, ai
sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera l) della Costituzione dal
momento che la regola dei contratti non puo' essere diversa a seconda
della  regione  in cui e' nata o deve essere eseguita l'obbligazione;
in tale ambito la regione non puo' dettare norme proprie di contenuto
e di portata diversa da quelle di diritto statale.
L'allegato  I  nei  punti 45,23 - 45,24 - 45,25 in relazione all'art.
117  della  Costituzione  e  all'art. 3 dello statuto speciale di cui
alla legge cost. n. 3/1948.
Le  previsioni dell'allegato I alla legge regionale sono difformi dai
contenuti  degli  allegati  al  decreto  legislativo n. 163/2006, che
recepiscono,  copiandoli,  i  contenuti degli allegati alla direttiva
comunitaria.
Tali  disposizioni  della  norma  regionale,  in quanto si pongono in
contrasto  con la norma comunitaria di riferimento, violano l'obbligo
del  rispetto  del  vincolo  comunitario  di cui all'art. 3, comma 1,
dello  Statuto  sardo,  e  sono pertanto censurabili sotto il profilo
della incostituzionalita'.