IL TRIBUNALE

    Alla  pubblica  udienza  dell'8 maggio  2007,  ha  pronunciato la
seguente  ordinanza  nel  procedimento  penale n. 731/06 R.G. avverso
Marzi   Flaviano,  imputato  dei  delitti  previsti  e  puniti  dagli
artt. 594 c.p. e 612 c.p.
    Premesso  che  nel  procedimento  indicato,  in sede di questioni
preliminari,   il  pubblico  ministero  sollecitava  il  tribunale  a
sollevare  la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 157,
primo  comma  c.p.,  come  modificato  dalla legge n. 251/2005, nella
parte  in  cui assoggettava i reati di competenza del giudice di pace
puniti  con  la  sola  pena  pecuniaria  ai  piu'  lunghi  termini di
prescrizione ivi previsti, anziche' al termine di prescrizione di tre
anni, per contrasto con l'art. 3 della Costituzione.
    Ritenuto  che  la  questione  e'  rilevante  e non manifestamente
infondata.
    E'  rilevante  perche', nel caso si accogliesse la questione, con
conseguente  applicazione  dei nuovi termini di prescrizione, i reati
contestati all'imputato sarebbero prescritti.
    La questione inoltre non e' manifestamente infondata. I reati per
cui  si  procede sono di competenza del giudice di pace; il tribunale
monocratico,  che  li  conosce  in forza della disciplina transitoria
(artt. 4,  primo  comma,  lettera  a),  63 e 64, d.lgs. n. 274/2000),
applica le stesse pene che applicherebbe il giudice di pace.
    Il  reato  di  ingiuria, non aggravato ai sensi dell'ultimo comma
dell'art. 594  c.p., e il reato di minaccia semplice, sono puniti con
la  sola  pena  pecuniaria,  cosicche'  il  termine  di  prescrizione
stabilito  dall'art. 157,  primo  comma  c.p.  e ad essi applicabile,
trattandosi di delitti, e' di sei anni.
    Altra  norma  del  medesimo  articolo  (quinto  comma) assoggetta
peraltro  al  termine  di  prescrizione  triennale i reati puniti con
«pene  diverse  da  quella detentiva e da quella pecuniaria». Per non
svuotare  la  norma  di  ogni  contenuto  precettivo  immediato e non
subordinare  la sua operativita' ad ulteriori interventi legislativi,
che introducano reati sanzionati con pene diverse da quella detentiva
o pecuniaria o modifichino il trattamento sanzionatorio di reati gia'
esistenti, si deve ritenere che il quinto comma dell'art. 157 c.p. si
riferisca ai reati di competenza del giudice di pace per i quali sono
stabiliti  le  sanzioni  della permanenza domiciliare o del lavoro di
pubblica  utilita', pene sicuramente diverse da quelle detentive e da
quelle  pecuniarie,  anche  se, agli effetti di cui all'art. 58 legge
citata,  sono  equiparati  alle  prime. L'equiparazione formale posta
dall'art. 58  legge  citata  non costituisce un ostacolo insuperabile
all'opzione  ermeneutica  accolta  nella  presente  sede, ben potendo
detta  equiparazione,  stabilita  con  riferimento  ad  «ogni effetto
giuridico»,  essere  derogata  nella materia della prescrizione dalla
legge  n. 251/2005, successiva e speciale. Ne consegue che i reati di
competenza del giudice di pace punibili con la detenzione domiciliare
e  il  lavoro  di pubblica utilita' si prescrivono nel termine di tre
anni.
    Da   cio'   consegue  l'irrazionalita'  di  una  diversa  e  piu'
sfavorevole  disciplina  della prescrizione per i reati di competenza
del giudice di pace di minore gravita' e in quanto tali puniti con la
sola  pena  pecuniaria, per i quali i termini di prescrizione sono di
sei  anni  se  si tratta di delitti e di quattro anni se si tratta di
contravvenzioni,  rispetto ai reati di competenza del giudice di pace
di  maggiore  gravita',  sanzionati  con  la  pena  della  permanenza
domiciliare e del lavoro di pubblica utilita', per i quali il termine
di  prescrizione  e'  di tre anni. Detta ingiustificata diversita' di
disciplina  viola, ad avviso del tribunale procedente, l'art. 3 della
Costituzione.