LA CORTE DI APPELLO Sul reclamo proposto con ricorso prodotto in data 2 gennaio 2007 da Peotta Angela, rappresentata e difesa dai procc. avv. Aldo Campesan ed Alberto Righi del Foro di Vicenza, elettivamente domiciliata presso lo studio in Venezia, San Marco n. 4590, dell'avv. Enrico Tonolo per mandato in ricorso introduttivo del reclamo, reclamante; in punto: reclamo ex art. 26 l.f. Oggetto: riforma del decreto del Tribunale di Vicenza, depositato in data 19 dicembre 2006 e comunicato in data 21 dicembre 2006, causa trattata all'udienza di Camera di consiglio del 7 giugno 2007, ha pronunciato la seguente ordinanza. Angela Peotta interpone reclamo avverso il decreto con cui il Tribunale di Vicenza rigetto' l'istanza di essa reclamante intesa all'ammissione al beneficio della liberazione dai debiti residui nei confronti dei creditori concorsuali non soddisfatti, sul rilievo che in forza della previsione recata dall'art. 150 del d.lgs. 29 gennaio 2006, n. 5, la disposizione dell'art. 142 legge fallimentare, introdotta con il richiamato d.lgs., non trovi applicazione per le procedure che, pur concluse nella vigenza della legge di riforma, abbiano avuto inizio anteriormente all'entrata in vigore della stessa. La Corte, sul riflesso della natura sostanziale della previsione recata dall'art. 142 legge fallimentare introdotta dalla legge di riforma, e' orientata, viceversa, a ritenere che l'istituto delineato da detta norma sia applicabile alle procedure che, quale quella che ne occupa, pur iniziate anteriormente all'entrata in vigore della legge di riforma, siano dichiarate chiuse con decreto pronunciato nella vigenza di questa. Tanto premesso quanto alla rilevanza della questione di legittimita' costituzionale del sistema introdotto dal combinato disposto degli artt. 142 e 143 legge fallimentare, si osserva, quanto al merito della questione stessa: lo speciale istituto introdotto dalla disposizione dell'art. 142 legge fallimentare come modificata dal d.lgs. 29 gennaio 2006, n. 5, e' preordinato alla liberazione del fallito persona fisica dai debiti concorsuali che residuano insoddisfatti e si conclude, in caso di esito favorevole del procedimento, con la dichiarazione di inesigibilita', nei confronti del debitore gia' dichiarato fallito, dei debiti concorsuali non soddisfatti integralmente, producendo effetti anche nei confronti dei creditori anteriori all'apertura della procedura di liquidazione che non abbiano presentato domanda di ammissione al passivo, ma nei limiti della sola eccedenza rispetto a quanto avrebbero avuto diritto a percepire nel concorso; la disposizione dell'art. 143 legge fallimentare, nel regolare il procedimento adducente al provvedimento di liberazione dai debiti sopra descritto, prevede che il tribunale vi provveda con il decreto di chiusura del fallimento ovvero sul ricorso del debitore, presentato entro l'anno successivo alla chiusura del fallimento, verificate le condizioni di cui all'art. 142 stessa legge e «sentito il curatore ed il comitato dei creditori»; il tenore di detta previsione, tale da non lasciare adito a dubbi in ordine alla non necessarieta' della partecipazione dei creditori concorsuali (che con l'intervento nella procedura concorsuale, hanno esercitato il proprio diritto) mentre non pone problemi di partecipazione degli stessi nell'ipotesi in cui il provvedimento di liberazione dai debiti sia pronunciato contestualmente al decreto di chiusura del fallimento, tale provvedimento costituendo epilogo di un procedimento nel quale i creditori ammessi sono in condizione di esercitare un ruolo attivo di interlocuzione, appare, viceversa, gravemente pregiudizievole del diritto dei detti creditori alla difesa delle proprie ragioni nell'ipotesi in cui la liberazione dai debiti non integralmente soddisfatti venga pronunciata successivamente alla chiusura del fallimento, su istanza del debitore, non predisponendo alcuno stanziamento (notificazione, comunicazione, pubblicazione) idoneo a portare a conoscenza dei creditori concorsuali (che, come detto, svolgendo la domanda di ammissione al passivo hanno esercitato il proprio diritto) l'inizio di un procedimento foriero, in caso di accoglimento dell'istanza del debitore, di sostanziali conseguenze sui loro diritti di credito; in relazione alla mancata previsione della necessita' se non della partecipazione dei creditori concorsuali al procedimento di liberazione dei debiti quanto meno della messa a conoscenza degli stessi, con idoneo mezzo, dell'instaurazione del procedimento, onde garantire ai detti soggetti l'esercizio del diritto ad intervenirvi, e' legittimo il dubbio sulla compatibilita' della disposizione dell'art. 143 legge fallimentare con il diritto, garantito a chiunque dalla norma dell'art. 24 della Costituzione, ad agire in giudizio per la tutela dei propri diritti, nella misura in cui non assicura al titolare del diritto di credito della cui esigibilita' si decide, l'effettiva possibilita' di partecipare, con facolta' di interlocuzione, al procedimento; ne' l'esigenza di assicurare il pieno esercizio del richiamato diritto costituzionale sembra soddisfatta dall'attribuzione, ai creditori non integralmente soddisfatti, della facolta' di proporre reclamo avverso il decreto che pronuncia l'inesigibilita' di tali crediti, giacche' superate anche le pur legittime riserve sia sulla doverosita', per l'ipotesi di procedimento instaurata su istanza del debitore successivamente alla chiusura del fallimento, degli strumenti predisposti dalla legge per rendere conoscibile il decreto di chiusura del fallimento, che dell'idoneita' degli stessi ad assicurare un'utile (considerati i ristrettissimi termini concessi per l'impugnazione) conoscenza del provvedimento, rimane comunque il fatto che la piena esplicazione del diritto di difesa dei creditori e' preclusa per il procedimento di primo grado.