ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nei  giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. 8, commi 14 e
15, 9, commi 2, 3 e 11, 10 e 15, comma 2, della legge della Provincia
autonoma  di  Trento 15 dicembre 2004, n. 10 (Disposizioni in materia
di  urbanistica,  tutela  dell'ambiente,  acque pubbliche, trasporti,
servizi  antincendio,  lavori  pubblici  e caccia), della legge della
Provincia  autonoma  di  Trento  6 dicembre 2005, n. 17 (Disposizioni
urgenti  in  materia  di  concessioni  di grandi derivazioni di acque
pubbliche a scopo idroelettrico, modificative dell'art. 1-bis 1 della
legge  provinciale 6 marzo 1998, n. 4), e dell'art. 1, commi da 483 a
492,  della  legge  23 dicembre  2005,  n. 266  (Disposizioni  per la
formazione  del  bilancio  annuale  e pluriennale dello Stato - legge
finanziaria  2006),  promossi  con  due  ricorsi  del  Presidente del
Consiglio  dei  ministri e con un ricorso della Provincia autonoma di
Trento,   notificati   il   15 febbraio  2005,  il  12 gennaio  e  il
27 febbraio  2006,  depositati in cancelleria il 22 febbraio 2005, il
18 gennaio  e  il  3 marzo  2006  ed  iscritti  al n. 26 del registro
ricorsi 2005 ed ai nn. 1 e 40 del registro ricorsi 2006;
    Visti gli atti di costituzione della Provincia autonoma di Trento
e del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  25 settembre  2007 il giudice
relatore Paolo Maddalena;
    Uditi  l'avvocato  dello  Stato Giorgio D'Amato per il Presidente
del  Consiglio  dei  ministri  e  gli avvocati Franco Mastragostino e
Giandomenico Falcon per la Provincia autonoma di Trento.

                          Ritenuto in fatto

    1.  - Con ricorso notificato in data 15 febbraio 2005, depositato
il  successivo  22 febbraio  ed  iscritto  al  numero 26 del registro
ricorsi  dell'anno 2005  il  Presidente  del  Consiglio dei ministri,
rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato, ha
promosso  questione  di  legittimita'  costituzionale  degli artt. 8,
commi 14  e  15,  9,  commi 2,  3 e 11, 10 e 15, comma 2, della legge
della   Provincia   autonoma   di   Trento  15 dicembre  2004,  n. 10
(Disposizioni  in materia di urbanistica, tutela dell'ambiente, acque
pubbliche, trasporti, servizi antincendio, lavori pubblici e caccia).
    Piu' specificatamente il Presidente del Consiglio dei ministri ha
impugnato: l'art. 8, commi 14 e 15, della legge provinciale n. 10 del
2004,  in  relazione  agli  artt. 8,  numero  5,  e 9, numero 10, del
decreto  del  Presidente  della  Repubblica  31 agosto  1972,  n. 670
(Approvazione  del testo unico delle leggi costituzionali concernenti
lo  statuto  speciale per il Trentino-Alto Adige); e, qualora dovesse
trovare  applicazione l'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre
2001,   n. 3   (Riforma  del  titolo  V  della  parte  seconda  della
Costituzione),  in  relazione  all'art. 117,  primo  comma  e secondo
comma,  lettera s),  della  Costituzione;  in  entrambi  i  casi,  in
riferimento  all'art. 17  del  decreto  legislativo  13 gennaio 2003,
n. 36 (Attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche
di  rifiuti),  ed  agli  artt. 11,  12  e  15 del decreto legislativo
5 febbraio  1997,  n. 22  (Attuazione  della direttiva 91/156/CEE sui
rifiuti,  della  direttiva  91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e della
direttiva  94/62/CE  sugli  imballaggi e sui rifiuti di imballaggio),
l'art. 9,  commi 2, 3 e 11, e l'art. 10 della legge provinciale n. 10
del  2004 in relazione all'art. 117, primo comma, della Costituzione;
all'art. 8,   numeri   15   e  16,  dello  statuto  speciale  per  il
Trentino-Alto   Adige;   e,   qualora  dovesse  trovare  applicazione
l'art. 10  della  legge  costituzionale  n. 3  del 2001, in relazione
all'art. 117,  secondo comma, lettere a) e s), della Costituzione; in
entrambi  questi  ultimi  casi,  in  riferimento all'art. 1, comma 5,
della   legge   8 luglio  1986,  n. 349  (Istituzione  del  Ministero
dell'ambiente  e  norme  in  materia  di  danno  ambientale), ed agli
artt. 3  e  seguenti  del  decreto  del  Presidente  della Repubblica
8 settembre   1997,  n. 357  (Regolamento  recante  attuazione  della
direttiva   92/43/CEE   relativa  alla  conservazione  degli  habitat
naturali   e   seminaturali,   nonche'  della  flora  e  della  fauna
selvatiche),  e  successive  modificazioni, l'art. 15, comma 2, della
legge  provinciale  n. 10 del 2004 in relazione al principio di leale
collaborazione,   all'art. 107   dello   statuto   speciale   per  il
Trentino-Alto Adige e 16 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79
(Attuazione  della  direttiva  96/1992/CE recante norme comuni per il
mercato  interno  dell'energia elettrica); in relazione agli artt. 9,
numero  9,  dello  statuto  speciale  per  il  Trentino-Alto Adige e,
qualora   dovesse   trovare   applicazione   l'art. 10   della  legge
costituzionale n. 3 del 2001, in relazione all'art. 117, primo comma,
secondo  comma,  lettere a)  e e), (tenuto anche conto della sentenza
della  Corte di giustizia delle comunita' europee 11 gennaio 2005 nel
procedimento  C-26/2003),  e  terzo  comma,  della  Costituzione;  in
entrambi  questi  ultimi  casi,  in  riferimento  all'art. 1-bis  del
decreto  del Presidente della Repubblica 26 marzo 1977, n. 235 (Norme
di  attuazione  dello  statuto  speciale  della regione Trentino-Alto
Adige  in  materia  di  energia), introdotto dall'art. 11 del decreto
legislativo  11 novembre  1999,  n. 463  (Norme  di  attuazione dello
statuto  speciale  della  Regione  Trentino-Alto  Adige in materia di
demanio  idrico,  di  opere  idrauliche  e  di  concessioni di grandi
derivazioni  a  scopo  idroelettrico,  produzione  e distribuzione di
energia  elettrica),  e  successive modificazioni, ed all'art. 12 del
decreto legislativo n. 79 del 1999.
    2.  -  L'impugnato  art. 8, comma 14, della legge della Provincia
autonoma  di  Trento n. 10 del 2004 sostituisce l'art. 75 del decreto
del    Presidente   della   Giunta   provinciale   26 gennaio   1987,
n. 1-41/Legisl  (Approvazione del testo unico delle leggi provinciali
in  materia  di  tutela dell'ambiente dagli inquinamenti), prevedendo
(art. 75,  comma 1) che «nei casi di particolare urgenza e necessita'
di  tutelare  le  risorse  ambientali e la salute pubblica, la Giunta
provinciale  puo'  disporre  o  autorizzare, anche in deroga ai piani
previsti   dall'art. 65,   il  potenziamento  o  l'ampliamento  delle
discariche esistenti per i rifiuti urbani o la realizzazione di nuovi
impianti  e discariche, se non sussiste altra possibilita', oppure il
ricorso  ad altre forme di smaltimento e recupero dei rifiuti urbani.
Per  le  stesse  finalita'  la  Giunta  provinciale  puo'  disporre o
autorizzare  il  conferimento  e  l'esportazione dei rifiuti urbani e
assimilabili  in impianti localizzati fuori provincia, previa intesa,
se   occorre,   con   la   Regione,   la   Provincia  autonoma  e  le
amministrazioni pubbliche interessate».
    2.1.  -  Il  successivo  comma 15 dello stesso art. 8 della legge
della   Provincia   autonoma  di  Trento  n. 10  del  2004  inserisce
nell'art. 77  del  ricordato  testo  unico delle leggi provinciali in
materia  di  tutela  dell'ambiente  dagli inquinamenti i commi 1-bis,
1-ter  e  1-quater,  prevedendo  le  misure adottabili (e le relative
modalita)  qualora,  in  sede  di progettazione o esecuzione di opere
pubbliche o private, sia rilevata nell'area di intervento la presenza
di   discariche   e   di  stoccaggi  incontrollati  di  rifiuti,  con
contaminazione o meno del sito.
    In  particolare,  l'inserito  comma 1-ter  del  novellato art. 77
prevede  che  per  le  operazioni  di  messa in sicurezza dei siti in
questione  si prescinde dagli adempimenti previsti dagli artt. 11, 12
e  15 del decreto legislativo n. 22 del 1997, concernenti il catasto,
i registri di carico e scarico ed il trasporto dei rifiuti.
    2.2.  -  Il  ricorrente  sostiene  che il comma 14 dell'impugnato
art. 8  rechi  deroghe  agli adempimenti inderogabilmente previsti in
tema  di  discariche  di rifiuti dall'art. 17 del decreto legislativo
n. 36  del  2003  (di  attuazione  della  direttiva 99/31/CE); che il
successivo  comma 15  rechi deroghe agli adempimenti inderogabilmente
previsti  dagli  artt. 11,  12 e 15 del decreto legislativo n. 22 del
1997   (di   attuazione   delle  direttive  91/156/CEE  sui  rifiuti,
91/689/CEE  sui  rifiuti  pericolosi  e  94/62/CE  sugli imballaggi e
rifiuti  di  imballaggi);  e che entrambe le disposizioni eccedano la
competenza  legislativa  provinciale  statutariamente  attribuita  ai
sensi degli artt. 8, numero 5, e 9, numero 10, dello statuto speciale
(che attribuiscono alla Provincia autonoma, rispettivamente, potesta'
legislativa  primaria  in  materia  di  urbanistica  e concorrente in
materia di igiene e sanita).
    A   tenere   conto   del   disposto   dell'art. 10   della  legge
costituzionale  n. 3  del  2001,  continua peraltro il ricorrente, le
disposizioni  in questione sarebbero nondimeno illegittime, invadendo
la  competenza  esclusiva  statale in materia di tutela dell'ambiente
(art. 117,  secondo  comma,  lettera  s,  della  Costituzione)  ed al
contempo  violando  i vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario,
di  cui le richiamate norme dei decreti legislativi nn. 22 del 1997 e
36 del 2003 costituiscono attuazione.
    3.  -  L'impugnato art. 9 della legge della Provincia autonoma di
Trento  n. 10  del 2004 reca la disciplina provinciale di «attuazione
della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa
alla  conservazione  degli  habitat  naturali  e seminaturali e della
flora e della fauna selvatiche».
    3.1.   -  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  censura,
altresi', i commi 2 e 3 dell'art. 9, della medesima legge provinciale
n. 10  del  2004,  i  quali dettano una disciplina difforme da quella
dettata   dal   legislatore  statale  in  sede  di  attuazione  della
richiamata  direttiva  comunitaria,  avvenuta  con  d.P.R. n. 357 del
1997,  come  modificato  dal  d.P.R.  12 marzo  2003, n. 120, recante
«Regolamento  recante modifiche ed integrazioni al d.P.R. 8 settembre
1997,   n. 357,  concernente  attuazione  della  direttiva  92/43/CEE
relativa  alla  conservazione  degli habitat naturali e seminaturali,
nonche'  della  flora  e della fauna selvatiche», ed, in particolare,
assegnano  a  deliberazioni  della  Giunta  provinciale  il potere di
designare autonomamente, come zone speciali di conservazioni (ZSC), i
siti di importanza comunitaria costituenti parte della rete ecologica
europea  denominata «natura 2000», nonche' il successivo comma 11, il
quale  stabilisce  che  i  rapporti  con  la  Commissione  europea in
relazione  alla  valutazione  di  incidenza  dei piani o progetti non
direttamente  connessi  o necessari alla gestione di un sito ZSC sono
tenuti direttamente dal Presidente della Provincia.
    Il  ricorrente  ritiene  che  queste disposizioni contrastino con
l'art. 117,   primo   comma,   della   Costituzione   per  violazione
dell'art. 4   della   direttiva   92/43/CE   che   «sembra  postulare
l'elaborazione  di  un  progetto  di  elenco  unitario  dei  siti  di
importanza   comunitaria  di  ciascuno  Stato  membro  e  un'unitaria
gestione di questi».
    La  difesa  erariale sostiene, poi, che l'art. 9, commi 2, 3 e 11
della  legge  provinciale  impugnata  ecceda  in ogni caso dai limiti
statutari delle competenze provinciali di cui all'art. 8, numeri 15 e
16, dello statuto speciale (che attribuiscono alla Provincia autonoma
potesta'  legislativa primaria, rispettivamente, in materia di caccia
e  pesca  e  di  alpicoltura e parchi per la protezione della flora e
della fauna).
    A   tenere   conto   del   disposto   dell'art. 10   della  legge
costituzionale  n. 3  del  2001,  continua  peraltro l'Avvocatura, le
disposizioni  in questione sarebbero nondimeno illegittime, invadendo
le   competenze   esclusive   dello   Stato   in  materia  di  tutela
dell'ambiente    (art. 117,   secondo   comma,   lettera   s,   della
Costituzione)  e  di  disciplina  dei  rapporti  con l'Unione europea
(art. 117, secondo comma, lettera a, della Costituzione).
    L'attribuzione   dei   descritti  poteri  di  designazione  e  di
comunicazione  ad  organi  regionali,  secondo  la  tesi della difesa
erariale,  contrasterebbe,  in  particolare:  con  l'art. 1, comma 5,
della  legge n. 349 del 1986, ledendo i poteri attribuiti al Ministro
dell'ambiente  per  l'espletamento  della  funzione  di  raccordo con
l'organizzazione  comunitaria; e con «l'art. 3 e ssgg.» del ricordato
decreto  del  Presidente  della Repubblica n. 357 del 1997, incidendo
sui  compiti  spettanti al Ministro dell'ambiente di designare i siti
considerati  ZSC con proprio decreto adottato d'intesa con la Regione
o  Provincia interessata e di coordinare le attivita' delle Regioni e
delle   Province   autonome,  ai  fini  della  loro  rappresentazione
necessariamente  unitaria  presso l'Unione europea, in relazione agli
obblighi  di comunicazione che «unitariamente incidono sull'Autorita'
di  governo nazionale in base alla direttiva, della cui attuazione lo
Stato e' unitariamente responsabile».
    3.2.  -  Il  ricorrente  censura  inoltre  l'art. 10  della legge
provinciale  n. 10  del 2004, il quale reca disposizioni per la prima
applicazione   della   disciplina   dettata  dal  precedente  art. 9,
impugnandolo    «per    quanto    di    ragione»   e   prospettandone
l'illegittimita' in via «consequenziale» a quella dell'art. 9.
    4.  -  L'impugnato  art. 15, comma 2, della legge della Provincia
autonoma  di  Trento n. 10 del 2004 inserisce l'art. 1-bis 1 (recante
la rubrica di «Disposizioni in materia di grandi derivazione di acqua
a  scopo  idroelettrico») nella legge provinciale 6 marzo 1988 (recte
1998),  n. 4 (Disposizioni per l'attuazione del d.P.R. 26 marzo 1977,
n. 235.  Istituzione dell'azienda speciale provinciale per l'energia,
disciplina   dell'utilizzo   dell'energia  elettrica  spettante  alla
Provincia  ai  sensi  dell'art. 13  dello  statuto  speciale  per  il
Trentino-Alto  Adige,  criteri  per  la  redazione  del  piano  della
distribuzione  e  modificazioni  alle  l.p. 15 dicembre 1980, n. 38 e
l.p.  13 luglio  1995,  n. 7),  prevedendo  una articolata disciplina
delle  assegnazioni  e  dei  rinnovi  delle  concessioni delle grandi
derivazioni in questione.
    4.1.  -  Il  ricorrente  ricostruisce anzitutto il complesso iter
normativo della materia in questione, ricordando:
        che  l'art. 9,  numero  9,  dello  statuto  speciale  per  il
Trentino-Alto   Adige,   nell'attribuire  la  competenza  legislativa
concorrente  alla  Provincia  autonoma  in  ordine alla utilizzazione
delle acque pubbliche, ha espressamente escluso le grandi derivazioni
a scopo idroelettrico;
        che  l'art. 11  del  decreto  legislativo  n. 463  del  1999,
recante,  ai  sensi  dell'art. 107  dello  statuto speciale, norme di
attuazione  dello  statuto medesimo in materia di demanio idrico e di
energia idroelettrica, ha peraltro introdotto l'art. 1-bis nel d.P.R.
n. 235 del 1977, recante norme di attuazione statutaria in materia di
energia,  il  quale  delega  (comma  1) alle due Province autonome, a
partire  dal  1° gennaio  2000, l'esercizio delle funzioni statali in
materia di grandi derivazioni idroelettriche e prevede (comma 16) che
la  relativa  disciplina  sia dettata dalle Province nel rispetto dei
principi della legislazione statale e degli obblighi comunitari;
        che   la   disciplina   statale   in   materia   e'  dettata,
principalmente,   dal   decreto   legislativo   n. 79  del  1999  (di
recepimento  della  direttiva 96/1992/CE, recante norme comuni per il
mercato interno dell'energia elettrica), e successive modificazioni.
    4.2. - La difesa erariale ricorda poi:
        che la Commissione europea ha avviato, ai sensi dell'art. 226
del   Trattato,   due   procedure   di   infrazione  (n. 1999/4902  e
n. 2002/2282)  riguardo alle regole di attribuzione delle concessioni
idroelettriche in Italia;
        che,   in  particolare,  queste  procedure  hanno  riguardato
l'art. 12 del decreto del Presidente della Repubblica (recte: decreto
legislativo)  n. 79  del  1999, il quale, a parita' di condizioni tra
richiedenti,  stabilisce  la preferenza del concessionario uscente, e
l'art. 1-bis  del  d.P.R.  n. 235  del  1977,  il  quale  prevede  la
preferenza,  oltre  che  a favore del concessionario uscente, anche a
favore  degli  enti strumentali della Provincia nonche' delle aziende
degli  enti  locali,  in  quanto  ritenute  misure  restrittive della
concorrenza e del mercato;
        che in tale ambito la Commissione paritetica per l'emanazione
delle  norme  di attuazione dello statuto speciale, ex art. 107 dello
statuto   medesimo,   sta   esaminando   uno   schema  normativo  che
ridisciplina  la  potesta'  legislativa della Provincia in materia di
concessioni  idroelettriche,  anche  in  relazione  all'art. 10 della
legge costituzionale n. 3 del 2001.
    4.3.  -  Il  Presidente  del  Consiglio  ritiene  che l'impugnato
art. 15,  comma 2,  della  legge provinciale n. 10 del 2004, il quale
detta  una unilaterale ed organica disciplina della materia e prevede
che  nella  assegnazione delle concessioni idroelettriche non trovino
piu' applicazione i commi da 6 a 12 dell'art. 1-bis del d.P.R. n. 235
del  1977, essendo stato adottato prima che la Commissione paritetica
prevista   dallo   statuto   speciale   per  il  Trentino-Alto  Adige
provvedesse  alla adozione di nuove norme di attuazione statutaria ed
alla  ridefinizione delle competenze provinciali in materia, violi il
principio   di  leale  collaborazione,  l'art. 107  dello  statuto  e
l'art. 16 del decreto legislativo n. 79 del 1999, il quale demanda ad
apposite  norme  di attuazione statutaria il coordinamento tra le sue
norme di principio e gli ordinamenti delle autonomie speciali.
    4.4.  -  Il  ricorrente  sostiene  inoltre  che  la  disposizione
censurata,  concernendo  le  regole di selezione dei concessionari di
grandi   derivazioni   idroelettriche,   eccederebbe  l'ambito  delle
competenze  statutarie  della Provincia quali definite dal richiamato
art. 9, numero 9, dello statuto.
    Ne'  essa  potrebbe  trovare  fondamento nell'art. 10 della legge
costituzionale  n. 3  del 2001 incontrando un limite nelle competenza
esclusiva  dello  Stato  in materia di concorrenza (art. 117, secondo
comma, lettera e, della Costituzione).
    4.5.  -  In  relazione  al contenuto specifico della disposizione
censurata  l'Avvocatura sostiene che i commi 7, 8 e 9 dell'art. 1-bis
1  della  legge  provinciale n. 4 del 1998, introdotti dall'impugnato
art. 15,   comma 2,   della   legge   provinciale   n. 10  del  2004,
violerebbero   la   competenza  esclusiva  dello  Stato  in  tema  di
concorrenza,  in  quanto  introducono  la possibilita' di affidamento
diretto  della  gestione  delle  grandi  derivazioni di acqua a scopo
idroelettrico  a  societa'  per  azioni  costituite dalla Provincia e
partecipate  nella misura minima del 49 per cento da un socio privato
scelto  con  procedura di evidenza pubblica, realizzando in tal senso
una  condizione  di minore apertura del mercato di settore rispetto a
quella  prefigurata dalla norma statale (art. 12 del d.lgs. n. 79 del
1999,   costituente   principio   fondamentale),   la   quale  impone
l'affidamento a seguito di procedura di gara.
    Sotto  questo profilo e tenuto conto dei principi affermati dalla
sentenza   della   Corte   di   giustizia  dell'11 gennaio  2005  nel
procedimento C-26/2003 in tema di affidamenti diretti, i commi 7, 8 e
9  del  suddetto  art. 1-bis 1, contrasterebbero pure con l'art. 117,
primo  comma, della Costituzione, che vincola la potesta' legislativa
al rispetto dell'ordinamento comunitario.
    4.6.  -  La  difesa  erariale  ritiene  poi  che  gli altri commi
dell'art. 1-bis  1  della legge provinciale n. 4 del 1998, introdotto
dall'impugnato  art. 15,  comma 2,  della legge provinciale n. 10 del
2004,   non  terrebbero  conto  dell'indispensabilita'  di  norme  di
attuazione  per il trasferimento delle funzioni e, fermi i precedenti
rilievi ad essi riferibili, anche nella prospettiva di una competenza
concorrente,   attinente   alla   materia  «produzione,  trasporto  e
distribuzione  dell'energia»,  risulterebbero comunque non rispettosi
dei  principi  fondamentali desumibili dalla legislazione statale, in
violazione  dell'art. 117, terzo comma, Cost., oltre che del comma 16
dell'art. 1-bis del d.P.R. n. 235/1977.
    In particolare:
        il comma 2, lettera a), del predetto art. 1-bis 1 prevede che
la  concessione  di  grande  derivazione  a scopo idroelettrico possa
avere una durata anche inferiore al termine massimo di anni trenta ed
in  tal  senso  contrasterebbe  con  il  principio fondamentale della
normativa   nazionale   di  liberalizzazione  del  settore,  espresso
nell'art. 12,  comma 3,  del  d.lgs.  n. 79 del 1999, attuativo della
direttiva   96/1992/CE,  che  fissa  in  trenta  anni,  su  tutto  il
territorio nazionale, la durata di tali concessioni;
        i   successivi  commi 12,  13  e  14  del  medesimo  articolo
prevedono  e  regolano  la  possibilita' per la giunta provinciale di
concedere  discrezionalmente  il  rinnovo  (anche senza necessita' di
procedura  di  evidenza  pubblica)  ed  in  tal  senso escluderebbero
l'applicabilita'  del  principio  fondamentale  di  cui  all'art. 12,
comma 7,  del d.lgs. n. 79 del 1999 sulla prorogabilita' (su semplice
iniziativa   del  concessionario)  delle  concessioni  scadute  o  in
scadenza  entro il 31 dicembre 2010, in assenza di diverse previsioni
delle norme di attuazione.
    La  discrezionalita'  della  giunta  provinciale  di concedere il
rinnovo  delle  concessioni  di  grandi  derivazioni di acqua a scopo
idroelettrico  prevista  dagli  appena  ricordati  commi 12,  13 e 14
dell'art. 1-bis  1  della legge provinciale n. 4 del 1998, introdotti
dall'impugnato  art. 15,  comma 2,  della legge provinciale n. 10 del
2004,  violerebbe anche la competenza esclusiva statale in materia di
rapporti  con  l'Unione  europea (art. 117, secondo comma, lettera a,
della  Costituzione), in quanto spetterebbe allo Stato, unitariamente
responsabile  nei  confronti  dell'Unione  europea, la definizione in
termini  generali  del  possibile  prolungamento delle concessioni in
questione  sulla  base  degli  accordi  in  via di definizione con la
Commissione  europea  a  superamento  delle  procedure  di infrazione
avviate da questa.
    4.7.  -  Successivamente  alla  proposizione del ricorso e' stata
emanata  la  legge  provinciale  6 dicembre 2005, n. 17 (Disposizioni
urgenti  in  materia  di  concessioni  di grandi derivazioni di acque
pubbliche a scopo idroelettrico, modificative dell'art. 1-bis 1 della
legge  provinciale  6 marzo  1998,  n. 4),  che  e' intervenuta sulla
disposizione  introdotta dall'impugnato art. 15, comma 2, della legge
provinciale   n. 10  del  2004:  sostituendone  i  commi 1,  6  e 12;
introducendo  i  commi  da 1-bis a 1-septies, apportando modifiche ai
commi 2,  lettere a),  l)  ed  m),  3,  4,  5,  13,  lettera d) e 15;
abrogando i commi 14 e 16.
    Per quanto attiene al presente ricorso assumono rilievo:;
        la  sostituzione  del  comma 1  dell'art. 1-bis 1 della legge
provinciale  n. 4  del  1998,  in  quanto,  tra l'altro, la Provincia
autonoma  antepone  al  precedente testo normativo la affermazione di
stare  esercitando  la  competenza  legislativa prevista dal comma 16
dell'art. 1-bis  del  d.P.R. n. 235 del 1977 (introdotto dall'art. 11
del  decreto  legislativo  n. 463  del  1999) e prevede che non siano
applicabili  alle  concessioni  in  questione i commi da 7 a 11 e 12,
quarto  e  quinto  periodo,  (e quindi non piu' i commi da 6 a 12) di
detto art. 1-bis del d.P.R. n. 235 del 1977;
        le  modifiche  degli  impugnati  commi 2,  lettera a),  e 13,
lettera d);
        la sostituzione dell'impugnato comma 12, il quale prevede che
la  Giunta  provinciale  puo'  disporre  il rinnovo delle concessioni
sulla  base  delle  istanze  presentate  dagli  interessati e secondo
quanto prescritto dai commi da 1-ter a 1-septies e 13;;
        la abrogazione del comma 14.
    4.8.  -  Sempre  successivamente alla proposizione del ricorso e'
poi  intervenuto  l'art. 1,  comma 483, della legge 23 dicembre 2005,
n. 266  (Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale  e
pluriennale  dello  Stato  -  legge  finanziaria  2006),  il quale ha
integralmente  sostituito  i  commi 1  e  2  dell'art. 12 del decreto
legislativo n. 79 del 1999 e ne ha abrogato i commi 3 e 5.
    5.  -  La  Provincia  autonoma di Trento si e' costituita con una
memoria nella quale prospetta l'inammissibilita' e l'infondatezza del
ricorso,  «per  le  ragioni che verranno esposte con separata memoria
nel corso del giudizio».
    6.  -  In  data  20 gennaio 2006 e' stata depositata una concorde
richiesta  delle  parti  di  rinvio della discussione del ricorso, in
ragione  della  promulgazione della legge della Provincia autonoma di
Trento  n. 17  del  2005,  recante  nuova disciplina della materia in
questione,  e della sua impugnazione (ricorso n. 1 del 2006) da parte
del Presidente del Consiglio dei ministri.
    Questa  Corte,  attesa  la connessione oggettiva e soggettiva dei
ricorsi,  ha  conseguentemente  disposto  il  rinvio  dell'udienza al
2 maggio  2006  al  fine  di consentire la trattazione unitaria delle
relative questioni.
    7.  -  In  prossimita' dell'udienza pubblica del 2 maggio 2006 le
parti hanno depositato memorie.
    8.  -  Il Presidente del Consiglio dei ministri ha depositato una
memoria  nella quale, sostanzialmente, ribadisce i motivi del ricorso
in  riferimento  agli impugnati artt. 8, commi 14 e 15, 9, commi 2, 3
ed 11, e 10 della legge provinciale n. 10 del 2004.
    In   ordine   alla   questione   della  disciplina  delle  grandi
concessioni   a   scopo  idroelettrico,  oggetto  delle  disposizioni
dell'impugnato  art. 15,  comma 2,  della  medesima legge provinciale
n. 10  del  2004,  la  difesa erariale rinvia, altresi', alla memoria
depositata   nell'ambito  del  connesso  giudizio  avverso  la  legge
provinciale n. 17 del 2005 (ricorso n. 1 del 2006).
    9.  - La Provincia autonoma di Trento, a sua volta, ha depositato
una  memoria,  nella quale argomenta le proprie difese in riferimento
alle censure proposte avverso gli artt. 8, commi 14 e 15, 9, commi 2,
3 ed 11, e 10 della legge provinciale n. 10 del 2004.
    In ordine alla censure proposte avverso l'art. 15, comma 2, della
medesima  legge  provinciale  n. 10  del  2004, la difesa provinciale
sostiene che, non avendo la norma avuto applicazione (circostanza che
risulterebbe   da   una   attestazione  del  dirigente  del  Servizio
Utilizzazione   delle  acque  pubbliche  depositata  unitamente  alla
memoria)   prima   della   sua  sostituzione  da  parte  della  legge
provinciale   n. 17   del   2005,  sarebbe  cessata  la  materia  del
contendere. Quanto al merito della questione, peraltro, la resistente
Provincia   autonoma   rinvia,  anch'essa,  alla  memoria  depositata
nell'ambito del connesso giudizio sul ricorso n. 1 del 2006.
    9.1. - La Provincia autonoma di Trento, dopo avere ricostruito il
quadro  normativo,  articola distintamente le difese in ordine ai due
gruppi  di censure, riferiti rispettivamente alla materia dei rifiuti
(artt. 8, commi 14 e 15, delle legge provinciale n. 10 del 2004) ed a
quella  delle zone speciali di conservazione (art. 9, commi 2, 3 e 1,
e art. 10 della medesima legge).
    9.2.  -  In  riferimento  alla  materia dei rifiuti la resistente
Provincia   sostiene   la  inammissibilita',  per  genericita'  della
formulazione, e, nel merito, la infondatezza del ricorso.
    Per   quanto   attiene  alle  censure  proposte  dallo  Stato  in
riferimento  all'art. 117  della  Costituzione  la difesa provinciale
eccepisce  una  generale  inammissibilita'  determinata dalla mancata
giustificazione,  da  parte  dello  Stato, delle ragioni per le quali
tale   norma   costituzionale   dovrebbe  applicarsi  alla  autonomia
speciale.
    9.2.1.  -  La  previsione dell'impugnato art. 8, comma 14, per il
quale  «nei  casi  di particolare urgenza e necessita' di tutelare le
risorse  ambientali  e la salute pubblica, la Giunta provinciale puo'
disporre   o   autorizzare,   anche   in  deroga  ai  piani  previsti
dall'art. 65,  il  potenziamento  o  l'ampliamento  delle  discariche
esistenti per i rifiuti urbani o la realizzazione di nuovi impianti e
discariche,  se non sussiste altra possibilita', oppure il ricorso ad
altre  forme  di smaltimento e recupero dei rifiuti urbani» e «per le
stesse finalita' la Giunta provinciale puo' disporre o autorizzare il
conferimento  e  l'esportazione  dei rifiuti urbani e assimilabili in
impianti  localizzati fuori provincia, previa intesa, se occorre, con
la  Regione,  la  Provincia  autonoma  e le amministrazioni pubbliche
interessate»,  secondo la resistente, prefigurerebbe una possibilita'
di  deroga  alle previsione programmatorie di smaltimento dei rifiuti
urbani,  assolutamente limitata a casi eccezionali e di somma urgenza
e si porrebbe, quindi, su di un livello di scelte strategiche.
    Tale  previsione  non  si  porrebbe  contro la legislazione dello
Stato,  ma  costituirebbe  una  valvola di sicurezza del sistema, una
norma  di  chiusura  del  sistema  di  contenimento  dei  rifiuti per
fronteggiare singoli e imprevedibili casi con strumenti di emergenza,
ma  sempre  nel  rispetto  della  prassi,  assurta  a principio della
materia,  del  previo  accordo con l'ente territoriale interessato in
ipotesi di smaltimento dei rifiuti in territorio extraprovinciale.
    9.2.2.    -   La   disciplina   recata   dall'art. 8,   comma 15,
dell'impugnata  legge  provinciale n. 10 del 2004 tenderebbe, secondo
la  difesa  provinciale,  a risolvere un problema pratico. Quello del
rinvenimento,  in  occasione  di  scavi  dovuti alla realizzazione di
lavori, di materiali residuati.
    La  legge  provinciale  perseguirebbe  lo  scopo di consentire lo
smaltimento  in  loco  di rifiuti non pericolosi, senza dare luogo, a
cantiere  aperto, a procedure complicate e, in sostanza, delineerebbe
i generici poteri gia' concessi ai Sindaci in materia.
    La  previsione  non  violerebbe l'art. 17 del decreto legislativo
n. 36  del  2003,  dato  che non si tratterebbe di una nuova forma di
smaltimento   sostitutiva  di  quelle  disciplinate  dalla  normativa
statale   e  provinciale  precedente  ne'  di  una  nuova  specie  di
discarica,  ma  unicamente  di  un  intervento di bonifica di un sito
inquinato,  peraltro  subordinata a stringenti condizioni e assistita
da idonee garanzie.
    Neppure  essa  sarebbe lesiva dei principi recati dagli artt. 11,
12  e  15  del  decreto  legislativo n. 22 del 1997, dal cui rispetto
espressamente la norma provinciale impugnata dispensa le procedura di
bonifica  de  qua,  atteso  che le richiamate disposizioni statali in
tema  di  registro  e di trasporto dei rifiuti non si applicherebbero
comunque al caso di specie.
    In  sostanza  la  norma  provinciale  non  avrebbe  un  contenuto
costitutivo,  quale  esenzione  da  un  obbligo  derivante  da  legge
statale,  bensi'  si limiterebbe a certificare e a dare atto che tale
obbligo non sussiste.
    Sostiene,  al  riguardo, la Provincia autonoma che non troverebbe
infatti  applicazione  la  disciplina  in  materia  di  registro  dei
rifiuti,  atteso  che  questi non vengono prodotti, ma solo rinvenuti
nel  sito  dei  lavori  di  scavo, e, qualora non pericolosi, vengono
sistemati  in  sicurezza  in  loco, ma non smaltiti, ne' rimossi, ne'
allontanati.  Per  le  stesse  ragioni,  neppure  si applicherebbe la
normativa  statale in materia di trasporto di rifiuti, dato che essi,
nello  specifico,  non  sarebbero  in  alcun  modo  trasportati.  Ove
peraltro  cio'  si  verificasse,  sostiene  la  resistente Provincia,
l'attivita' di trasporto rientrerebbe nella disciplina statale, senza
che  la  impugnata  norma  provinciale interferisca in alcun modo con
essa.
    9.3.  -  In  riferimento  alla  materia  delle  zone  speciali di
conservazione la Provincia autonoma di Trento, dopo avere ricostruito
il  quadro normativo e i motivi del ricorso, eccepisce, anzitutto, la
inammissibilita'  di  tutte  le censure fondate sul d.P.R. n. 357 del
1997.
    9.3.1.  -  La Provincia richiama, al riguardo, la sentenza n. 425
del  1999  della  Corte  costituzionale,  con  la  quale  le e' stato
rigettato   il  ricorso  proposto  avverso  il  predetto  regolamento
governativo  sul  presupposto  che  la  sua emanazione da parte dello
Stato,  in via sostitutiva e preventiva dell'inerzia provinciale, non
ledesse  la  sua  sfera  di  attribuzioni  costituzionali  in  quanto
resterebbe  comunque inalterato il potere della Provincia autonoma di
dare  attuazione  direttamente  alla  direttiva comunitaria e che, in
tale  caso,  tale  potere  incontrerebbe  i soli limiti dettati dalla
legislazione  dello Stato, non potendosi, al di fuori di tali limiti,
ipotizzarsi  un  vincolo  da  parte  di  un regolamento statale della
potesta' normativa provinciale.
    La    difesa   provinciale   richiama,   inoltre,   il   disposto
dell'art. 11,  comma 8,  della  legge  4 febbraio  2005, n. 11 (Norme
generali  sulla  partecipazione  dell'Italia  al  processo  normativo
dell'Unione  europea  e  sulle procedure di esecuzione degli obblighi
comunitari),  ispirato  al  medesimo principio del carattere cedevole
dei  regolamenti statali di attuazione di direttive comunitarie nelle
materie di competenza legislativa regionale e provinciale.
    Secondo la Provincia, oltre che inammissibili, le censure statali
fondate  sul d.P.R. n. 357 del 1997 sono pure infondate, dacche' tali
norme  regolamentari  non costituiscono vincolo costituzionale per la
legislazione provinciale.
    9.3.2.  -  Specificamente  inammissibile sarebbe, poi, la censura
statale  che  secondo  la  Provincia sarebbe riferita alla violazione
della  competenza  esclusiva in materia di ambiente ed ecosistema, in
relazione  agli  artt. 3  e  seguenti del d.P.R. n. 357 del 1997, per
genericita'  del  motivo  del  ricorso  e mancata illustrazione delle
ragioni  del  presunto  contrasto tra tali norme e quelli provinciali
impugnate.
    9.3.3.  - In ordine alle censure statali riferite alla violazione
della  direttiva  92/43/CE  (art. 4)  e  della  legge n. 349 del 1986
(art. 1,  comma 5),  la  Provincia  autonoma  di Trento ne eccepisce,
anzitutto,  l'inammissibilita',  dacche'  proposte  in relazione agli
artt. 117,    secondo   comma,   lettera a)   e   lettera s),   della
Costituzione.  Secondo  la  difesa  provinciale  si tratterebbe di un
parametro  improprio,  non  riferibile  alla autonomia speciale della
Provincia  di  Trento, ed il ricorso del Presidente del Consiglio dei
ministri non avrebbe argomentato le ragioni per le quali quelle norme
dovrebbero applicarsi, con conseguente sua inammissibilita'.
    9.3.4. - Nel merito tali censure sarebbero, peraltro, infondate.
    9.3.5.  -  Quanto  alla  violazione  dell'art. 4  della direttiva
comunitaria,  la  questione  sarebbe  irrilevante,  atteso che per il
riferimento  ivi contenuto allo Stato membro avrebbe carattere neutro
e  non potrebbe modificare l'ordine costituzionale o statutario delle
competenze,   non  assumendo  rilievo  alcuno,  rispetto  al  diritto
comunitario, i criteri interni di riparto di esse.
    9.3.6.  -  La  Provincia  autonoma  di  Trento  richiama, poi, la
sentenza  della Corte costituzionale n. 265 del 2003, con la quale le
e'  stato  dichiarato  inammissibile  il  ricorso proposto avverso il
decreto  ministeriale  di  pubblicizzazione  dei  siti  di  interesse
comunitario   (SIC)   per  la  mancanza  di  interesse  in  capo alla
Provincia, «in quanto il decreto non precludeva l'ulteriore esercizio
del potere di individuazione dei siti rilevanti da parte della Giunta
provinciale  [...]  nelle  more  del  completamento  del procedimento
comunitario».
    La  difesa  provinciale  afferma che «se per l'individuazione dei
SIC lo Stato si limita a recepire le scelte regionali e a comunicarle
alla Commissione, non si comprende perche' non dovrebbe spettare alle
Regioni  anche  il potere di designazione dei siti come zone speciali
di  conservazione,  ex  art. 4,  par.  4,  della direttiva, che e' un
potere a carattere sostanzialmente vincolato».
    9.3.7.  -  Quanto  alla dedotta violazione dell'art. 117, secondo
comma,  lettera a),  della  Costituzione,  la censura statale sarebbe
infondata sotto vari aspetti.
    Anzitutto, perche' le norme impugnate non regolerebbero affatto i
rapporti dello Stato con l'Unione europea.
    Inoltre,  sempre  secondo la difesa provinciale, stante l'oggetto
delle  norme  impugnate,  non  sussisterebbero  affatto  esigenze  di
rappresentazione unitaria delle scelte regionali presso l'Unione.
    La  resistente  osserva  che,  in effetti, la decisione dell'ente
territoriale  di  superare  la conclusione negativa della valutazione
d'incidenza e di realizzare comunque un piano, adottando le opportune
misure  compensative,  rappresenta  un'eventualita'  particolare  che
potrebbe  riguardare  una  certa Regione in un qualsiasi momento. Per
tale  motivo,  sarebbe  pienamente giustificato che i rapporti con la
Commissione siano tenuti direttamente dall'ente interessato, «sarebbe
invece   incongruo  e  macchinoso  che  gli  organi  competenti  alla
decisione dovessero parlarsi [...] per interposta persona».
    La  Provincia autonoma osserva, pure, che nemmeno l'inapplicabile
e  non  vincolante d.P.R. n. 357 del 1997 contiene norme contrastanti
con  la  previsione  dell'art. 9,  comma 11,  della legge provinciale
n. 10  del  2004  ne'  esso  assegna  al  Ministro alcuna funzione di
comunicazione  in  riferimento alla fattispecie regolata dall'art. 6,
paragrafo 4, della direttiva comunitaria in questione.
    9.3.8.  -  Parimenti  infondata sarebbe la questione ove valutata
alla  luce dell'art. 1, comma 5, o dell'art. 5 della legge n. 349 del
1986.
    La  prima  norma,  secondo  la  Provincia autonoma di Trento, non
intenderebbe  riconoscere  al  Ministro  dell'ambiente  il compito di
raccordo fra Unione europea e Regioni, ma solo individuare l'apparato
statale  competente  quando  spetti  allo  Stato  dare  attuazione ad
obblighi comunitari o internazionali in materia di ambiente.
    La  seconda  norma, relativa alla materia dei parchi, non avrebbe
poi alcuna pertinenza con le norme censurate.
    9.3.9.    -   La   Provincia   di   Trento   eccepisce   poi   la
inammissibilita',  per  genericita'  della  formulazione del ricorso,
delle  censure riferite alla violazione delle disposizioni statutarie
(art. 8,  comma 15  e 16, dello statuto speciale per il Trentino-Alto
Adige)
    9.3.10. - Inammissibile sarebbe, infine, pure la censura proposta
avverso l'art. 10 della legge provinciale n. 10 del 2004.
    Tale  norma,  che  il  ricorrente  censura  in via consequenziale
all'art. 9,  non  avrebbe  infatti alcuna attinenza con gli impugnati
commi 2,  3  ed  11  dello  stesso  art. 9.  Ma  detterebbe regole di
attuazione   di  norme  di  principio  recate  in  altri  commi,  non
impugnati,   del   medesimo   articolo.  Difetterebbe,  pertanto,  la
consequenzialita'  tra  le  censure  e sarebbe impossibile dare senso
alle generiche deduzioni del ricorso.
    10.  -  Con  ricorso notificato il 12 gennaio 2006, depositato il
successivo  18 gennaio  ed  iscritto  al  n. 1  del  registro ricorsi
dell'anno 2006    il   Presidente   del   Consiglio   dei   ministri,
rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato, ha
impugnato   anche   la  legge  della  Provincia  autonoma  di  Trento
6 dicembre   2005,   n. 17   (Disposizioni   urgenti  in  materia  di
concessioni   di  grandi  derivazioni  di  acque  pubbliche  a  scopo
idroelettrico, modificative dell'art. 1-bis 1 della legge provinciale
6 marzo 1998, n. 4).
    11. - Il Presidente del Consiglio dei ministri rileva, anzitutto,
che  la  competenza in materia di grandi derivazioni di acqua a scopo
idroelettrico,  inizialmente esclusa dall'art. 9, n. 9, dello statuto
speciale,  e'  stata  poi  delegata alla Provincia autonoma di Trento
dall'art. 1-bis,  comma 16,  secondo  periodo,  del d.P.R. n. 235 del
1977  (norma  di  attuazione  statutaria), con il limite dei principi
della legislazione statale e degli obblighi comunitari.
    Il  ricorrente  sostiene  che detta competenza delegata abbia «in
pratica»  gli  stessi  limiti  di quella riconosciuta in materia alle
Regioni  ordinarie  dall'art. 117 della Costituzione, come modificato
dalla  legge  costituzionale  n. 3 del 2001, sicche', escluso che gli
enti di autonomia ordinaria godano di un regime di maggiore autonomia
e, pertanto, esclusa l'applicabilita' del disposto dell'art. 10 della
medesima  legge  costituzionale, la competenza provinciale in materia
di derivazioni idroelettriche dovrebbe essere valutate in ragione del
parametro statutario.
    11.1.  -  La  difesa  erariale  individua i principi fondamentali
della  legislazione  statale in materia di concessioni idroelettriche
nelle  previsioni dell'art. 12 del decreto legislativo n. 79 del 1999
(di attuazione della direttiva 96/1992/CE recante norme comuni per il
mercato interno dell'energia elettrica).
    Tali  previsioni sarebbero inderogabili per gli enti territoriali
sia  perche'  funzionali  alla  liberalizzazione  del mercato interno
dell'energia  elettrica  (e  pertanto  attinenti  alla  materia della
tutela  della concorrenza) sia perche' le concessioni idroelettriche,
che  interessano fiumi che attraversano piu' territori regionali, non
potrebbero che avere disciplina unitaria.
    L'Avvocatura    ritiene    che    tali    previsioni    sarebbero
sostanzialmente  corrispondenti  a quelle dettate dall'art. 1-bis del
d.P.R.  n. 235  del  1977.  In particolare i commi 7 e 8 del predetto
art. 1-bis  corrisponderebbero  al  comma 2  dell'art. 12 del decreto
legislativo n. 79 del 1999; i commi 9, 10 ed 11 corrisponderebbero al
comma 3.
    L'impugnata  legge  provinciale  n. 17 del 2005, laddove (art. 1,
comma 1)  esclude  l'applicazione  dei  commi  da 7 a 11 ed il terzo,
quarto  e  quinto  periodo  del  comma 12  dell'art. 1-bis del d.P.R.
n. 235 del 1977 e detta una diversadisciplina della materia, sarebbe,
allora,  illegittima  sotto  un  duplice profilo: perche' con essa la
Provincia  pretenderebbe di modificare unilateralmente una disciplina
adottata  bilateralmente,  in  base  alla speciale procedura prevista
dall'art. 107  dello  statuto  speciale  per  il Trentino-Alto Adige;
perche' violerebbe norme statali costituenti principi fondamentali. E
questo  sia  nell'ottica  di  una  competenza statutaria delegata sia
nell'ipotesi  di  una  competenza  provinciale  ai sensi dell'art. 10
della legge costituzionale n. 3 del 2001.
    11.2.  - Il Presidente del Consiglio dei ministri chiarisce, poi,
che  anche i commi 5 e 6 del d.lgs. n. 79 del 1999, che prevedono una
proroga   al   31 dicembre   2010   delle   concessioni  in  scadenza
anteriormente  e  che  la  gara  pubblica  per  l'attribuzione  della
concessione  e'  indetta  non oltre cinque anni prima della scadenza,
detterebbero   principi   fondamentali   della  materia,  atteso  che
l'utilizzazione  di  una  concessione  di grande derivazione comporta
impegni  imprenditoriali di entita' notevole e che sarebbe necessario
garantire  spazi  temporali  uniformi  per gli interessati alle nuove
concessioni.
    11.3.  -  Il  ricorrente  ricorda  le due procedure di infrazione
(n. 1999/4902 e n. 2002/2282, richiamate pure dalla legge provinciale
impugnata)  avviate dalla Commissione europea, ai sensi dell'art. 226
del  Trattato, riguardo alle regole di attribuzione delle concessioni
idroelettriche  in  Italia, per il diritto di preferenza a favore del
concessionario uscente e, nella Regione Trentino-Alto Adige, a favore
delle  aziende  elettriche delle Province e degli enti locali. E che,
«per   neutralizzare   le  contestazioni»  nell'art. 1,  commi 483  e
seguenti,  della  legge n. 266 del 2005 e' stata introdotta una nuova
disciplina in materia.
    Tale  ultima  normativa avrebbe indiscutibile natura di principio
fondamentale,   dacche'  rivolta  ad  introdurre  una  disciplina  di
applicazione generale, che assicuri il rispetto dei limiti comunitari
su tutto il territorio nazionale.
    La  legge  provinciale  n. 17  del  2005  sarebbe,  peraltro,  in
contrasto anche con questa nuova disciplina statale.
    11.4.   -   In  relazione  al  contenuto  specifico  della  legge
provinciale  censurata  l'Avvocatura  generale  dello  Stato  rileva,
anzitutto,  che  la  Provincia  si  e'  riservata  la  verifica di un
interesse pubblico prevalente ad un uso diverso delle acque, in tutto
o in parte incompatibile con l'uso a fine idroelettrico.
    Tale  previsione  sarebbe illegittima in quanto «se la competenza
alla  valutazione  e'  assegnata alla Provincia, l'interesse pubblico
rilevante  e'  quello provinciale, non tenendo conto che l'uso a fine
idroelettrico investe interessi di carattere nazionale, come e' detto
espressamente dall'art. 117, terzo comma, Cost.».
    Inoltre,    continua    l'Avvocatura,    «l'interesse    pubblico
sussisterebbe   anche  nel  caso  di  diretto  utilizzo  delle  acque
pubbliche,   anche   a   scopo   idroelettrico,  da  parte  dell'ente
proprietario  mediante  strutture alla proprie dirette dipendenze. Di
conseguenza  un  interesse  di  queste strutture all'utilizzo diretto
anche a scopo non idroelettrico, lo farebbe diventare solo per questo
prevalente».
    «Questo utilizzo sarebbe consentito qualora assumesse prioritaria
rilevanza  la  sicurezza  delle  popolazioni  e dei territori a valle
delle  opere  di  presa  ovvero delle opere che determinano l'invaso,
popolazioni  che  possono  essere  solo  quelle  della  Provincia dal
momento  che  quest'ultima  non puo' attribuirsi poteri che investono
territori diversi».
    Secondo  il ricorrente «la riserva a queste condizioni» finirebbe
«con  l'integrare  anche  una  nuova violazione comunitaria analoga a
quella  gia' contestata», alla quale si aggiungerebbe, «piuttosto che
porvi rimedio».
    11.5.  -  L'Avvocatura  censura  poi il comma 2 dell'art. 1 della
impugnata  legge  della provincia di Trento n. 17 del 2005, sotto due
profili.
    Per  contraddittorieta',  in  quanto  la  norma si riferisce alle
domande  previste  nel  comma 6 dell'art. 1-bis del d.P.R. n. 235 del
1977,   che  nel  primo  comma  del  medesimo  articolo  della  legge
provinciale impugnata e' stato dichiarato non piu' applicabile.
    Per  violazione dell'art. 12, comma 6, del d.lgs. n. 79 del 1999,
nonche' degli artt. 43 e 49 del Trattato CE, in quanto nel fissare al
31 dicembre 2005 la data di presentazione delle domande violerebbe la
previsione,  costituente  principio fondamentale della materia, della
proroga  delle concessioni fino al 31 dicembre 2010 per riconoscere a
tutte  le  imprese  interessate  lo  stesso  tempo per predisporre le
proprie domande.
    11.6.  -  La  difesa  erariale  censura  infine il nuovo comma 12
dell'art. 1-bis della legge provinciale n. 4 del 1998 (introdotto dal
comma 8  dell'art. 1  della  impugnata  legge  provinciale  n. 17 del
2005),  il  quale prevede, in prima applicazione e a date condizioni,
il  rinnovo delle concessioni di grande derivazione in atto alla data
di entrata in vigore della legge.
    L'Avvocatura  sostiene  che tale previsione violerebbe i principi
fondamentali formulati nell'art. 12 del decreto legislativo n. 79 del
1999 e nei commi 483 e seguenti della legge n. 277 del 2005, nonche',
e prima ancora, gli artt. 43 e 49 del Trattato CE.
    Non   eviterebbe  l'illegittimita'  della  norma  la  previsione,
contenuta  nell'ultima parte dell'art. 1-ter e del-l'art. 1-bis della
legge  provinciale  n. 4  del  1998 (introdotto dall'art. 1, comma 2,
della  impugnata  legge provinciale n. 17 del 2005), per la quale «le
domande»  di  rinnovo,  «fermo  restando  quanto previsto dall'ultimo
periodo  del comma 1 e dal comma 13, possono essere accolte solo dopo
l'entrata  in  vigore  del  decreto legislativo previsto dall'art. 15
della  legge 18 aprile 2005, n. 62 (Disposizioni per l'adempimento di
obblighi   derivanti  dall'appartenenza  dell'Italia  alle  comunita'
europee  -  legge  comunitaria  2004),  a condizione che tale decreto
preveda  disposizioni  transitorie in materia di proroga o di rinnovo
senza  gara  delle  concessioni  in atto», in quanto «le disposizioni
transitorie  in  materia di proroga o di rinnovo delle concessioni in
atto,  che  fossero inserite nel decreto legislativo emanato ai sensi
dell'art. 15   della   legge  62/2006»  (recte:  2005)  «resterebbero
sostituite dalla disciplina provinciale».
    Il  disposto  del  comma 1-quinqiues, lettera a), dell'art. 4 del
1998   (introdotto   dall'art. 1,   comma 2,  della  impugnata  legge
provinciale  n. 17  del  2005),  laddove  prevede  che  la  Provincia
autonoma  indichi, nel bando contenente l'elenco delle concessioni in
scadenza   nel  quinquennio,  le  domande  presentate  ai  sensi  del
comma 1-ter   del   medesimo   articolo   (anch'esso  introdotto  dal
richiamato  art. 1,  comma 2,  della legge provinciale impugnata), il
quale si riferisce alle domande di rinnovo delle concessioni, secondo
la  difesa erariale, comproverebbe, oltretutto, che la disciplina del
rinnovo non avrebbe carattere transitorio, ma sarebbe di applicazione
generale.
    12.  -  La  Provincia autonoma di Trento si e' costituita con una
memoria nella quale prospetta l'inammissibilita' e l'infondatezza del
ricorso,  «per  le  ragioni che verranno esposte con separata memoria
nel corso del giudizio».
    13.  - In prossimita' dell'udienza pubblica del 2 maggio 2006, le
parti  hanno depositato memorie nelle quali sviluppano argomentazioni
tanto  in  ordine  alla legge provinciale n. 10 del 2004 (oggetto del
ricorso n. 26 del 2005) quanto in ordine alla legge provinciale n. 17
del 2005 (oggetto del ricorso n. 1 del 2006).
    14. - Nella sua memoria il Presidente del Consiglio dei ministri,
in  buona  sostanza,  ribadisce  e  sviluppa  gli  argomenti  posti a
fondamento nel ricorso.
    In aggiunta a tali argomenti l'Avvocatura esprime un dubbio sulla
conformita'   a  Costituzione  della  norma  statutaria  (art. 1-bis,
comma 16,  del  d.P.R.  n. 235  del  1977)  che delega alla Provincia
autonoma   funzioni   normative  in  materia  di  grandi  derivazioni
idroelettriche.   Cio'   in   quanto   lo  statuto  speciale  per  il
Trentino-Alto  Adige  espressamente  (art. 9, comma 9) eccettua dalla
competenza  provinciale  tale  oggetto  e  le norme di attuazione non
potrebbero incidere in senso modificativo dello statuto.
    15. - Nella sua memoria la Provincia autonoma di Trento sostiene,
anzitutto, che l'approvazione della legge provinciale n. 17 del 2005,
modificativa dell'art. 15, comma 2, della legge provinciale n. 10 del
2004  avrebbe  determinato la cessazione della materia del contendere
in  ordine  al  ricorso (n. 26 del 2005) proposto dallo Stato avverso
tale antecedente disposizione.
    «In  ogni  modo»  scrive la difesa provinciale «le argomentazioni
qui svolte varrebbero corrispondentemente anche in relazione al primo
ricorso».
    15.1.   -   La   resistente  Provincia,  dopo  avere  ricostruito
l'evoluzione  del  quadro  normativo  statutario in materia di grandi
derivazioni  a  scopo  idroelettrico e le vicende collegate al parere
motivato  della  Commissione  europea  di  non conformita' al diritto
comunitario  delle  preferenze  accordate  ai  concessionari  uscenti
dall'art. 12  del  d.lgs.  n. 79 del 1999 ed alle societa' degli enti
locali  e  territoriali  dall'art. 1-bis  del  d.P.R. n. 235 del 1977
(introdotto dal decreto legislativo, di attuazione statutaria, n. 463
del   1999),   eccepisce  l'inammissibilita'  delle  censure  statali
riferite  alla  violazione da parte della legge provinciale n. 17 del
2005 della legge n. 266 del 2005 (art. 1, commi da 483 a 492).
    La norma statale invocata quale parametro interposto del giudizio
di costituzionalita' in via principale e' infatti successiva a quella
provinciale  impugnata, il che escluderebbe in radice alcun possibile
vizio  di  questa.  Potendosi semmai discutere della necessita' di un
adeguamento   dell'ordinamento   provinciale   alla  nuova  normativa
statale,  nel termine di sei mesi previsto dal decreto legislativo di
attuazione statutaria n. 266 del 1992.
    15.2.  -  Le  censure  sarebbero,  tuttavia e sotto piu' profili,
infondate.
    Sostiene,  al  riguardo  la difesa provinciale, che la competenza
normativa dalla Provincia esercitata sussisterebbe tanto alla stregua
delle  attribuzioni  statutarie  quanto  per  effetto dell'estensione
operata  dall'art. 10  della  legge  costituzionale n. 3 del 2001 del
regime   ordinario   previsto   dall'art. 117,   terzo  comma,  della
Costituzione in materia di energia.
    La  Provincia  denuncia,  anzi,  un  vizio logico del ricorso del
Presidente  del  Consiglio  dei ministri che, a suo dire, da un lato,
negherebbe  l'applicazione  dell'art. 10  della  legge costituzionale
n. 3  del  2001  (e  la  conseguente  espansione  delle  attribuzioni
normative   provinciali)   sull'assunto  che  ad  essa  gia'  sarebbe
attribuita   una  potesta'  legislativa  concorrente  in  materia  di
energia,  dall'altro,  negherebbe  che  la  Provincia  abbia potesta'
legislativa in materia di grandi derivazioni a scopo idroelettrico.
    Per  la  Provincia  autonoma,  che richiama sul punto le sentenze
n. 383  del  2005  e  n. 8  del  2004 della Corte costituzionale, non
sarebbe invece dubitabile la applicazione dell'art. 10 in questione e
non  sarebbe,  pertanto,  possibile  per lo Stato l'invocazione della
disciplina statutaria quando essa risulti piu' restrittiva per l'ente
territoriale di quella dettata per le Regioni ordinarie.
    Sarebbero  pertanto inammissibili ed infondate le censure statali
proposte in relazione al mancato rispetto di norme statali non aventi
natura di principio fondamentale.
    15.3.  -  Peraltro,  secondo  la  Provincia  autonoma  di Trento,
sarebbero vincolanti i soli principi di legge statale non contrari al
diritto  comunitario,  spettando  altrimenti all'ente territoriale di
dare  attuazione a questo anche in difformita' dalle previsioni delle
leggi dello Stato.
    15.3.1.  -  Nello  specifico la contrarieta' «della normativa del
decreto  legislativo  n. 235 del 1977» al diritto comunitario sarebbe
ammessa dallo stesso ricorrente, il quale nel ricorso specificherebbe
che «i commi da 483 e seguenti della legge n. 266 del 2006 [...] sono
stati   introdotti   per   neutralizzare   la   contestazione   della
Commissione».
    Non  sarebbe  pertanto  possibile  per  lo  Stato  invocare  tale
parametro nel giudizio.
    15.3.2.  -  La  stessa sopraggiunta legge n. 266 del 2005 sarebbe
poi,  in  parte  qua, in contraddizione con il diritto comunitario e,
pertanto,  parimenti  non  deducibile quale parametro nel giudizio in
questione.
    La  Provincia,  oltre  a rinviare al suo ricorso (n. 40 del 2006)
avverso  la  legge  n. 266  del  2005,  puntualizza,  infatti, che la
previsione  della  proroga dei rapporti concessori in essere (art. 1,
comma 485,   della   legge   n. 266   del   2005),  oltre  ad  essere
(illegittimamente)   di   dettaglio,  non  realizzerebbe  affatto  il
dichiarato  fine  di  tutela  della  concorrenza (di cui all'invocato
art. 117,  secondo  comma,  lettera  e,  della  Costituzione) ed anzi
contrasterebbe con i principi del libero mercato concorrenziale.
    15.4.  -  Di  contro  nessun  vizio,  per  la Provincia autonoma,
sarebbe  ravvisabile nell'art. 1-bis 1 della legge provinciale, quale
novellato  dalla  impugnata legge provinciale n. 17 del 2005, dacche'
essa   non  si  discosterebbe  dalla  legislazione  statale  «se  non
limitatamente   alla   parte   in  cui,  disciplinando  un  confronto
concorrenziale  tra  il  concessionario  uscente  e  tutti coloro che
abbiano  presentato  domanda  per l'assegnazione, alla scadenza della
concessione,    prevede    all'esito    della    medesima   procedura
concorrenziale  il  riconoscimento  di  una  preferenza  a favore del
concessionario uscente o degli enti provinciali ed aziende degli enti
locali».
    In  sostanza,  con  la norma censurata, la Provincia autonoma non
avrebbe  fatto  altro  che disapplicare espressamente quanto previsto
dalla  normativa  di  attuazione statutaria in ordine alle preferenze
contrarie  al  diritto  comunitario. Si tratterebbe, peraltro, di una
previsione    a    carattere   meramente   dichiarativo,   dato   che
l'inapplicabilita'  delle  norme delle predette attuazioni statutarie
discenderebbe direttamente dal diritto comunitario.
    15.5. - La censurata legge provinciale n. 17 del 2005, secondo la
resistente   Provincia   autonoma  di  Trento,  non  sarebbe  neppure
contraria ai principi fondamentali statali in materia di energia.
    15.5.1.  -  Per  quanto  attiene  alla contestata possibilita' di
rinnovo  per  anni  dieci  delle  concessioni  in  essere  in caso di
adeguati  interventi  di ammodernamento la previsione provinciale non
si   discosterebbe  dalla  prorogabilita',  sempre  per  dieci  anni,
prevista  dal  comma 485 dell'art. 1 della legge n. 266 del 2005. Con
l'unica  differenza  che  secondo  la  normativa  statale  la proroga
conseguirebbe  automaticamente,  in  presenza  di  interventi  di una
entita'   economica   espressamente   determinata,  mentre  la  legge
provinciale  collegherebbe  il  diritto  al  rinnovo ad un preventivo
riesame  e  ad  una  nuova  valutazione discrezionale degli interessi
pubblici  concorrenti con quello al mero sfruttamento economico della
risorsa idrica.
    15.5.2.  -  Per quanto attiene alla specificazione (art. 1-bis 1,
comma 1, della legge provinciale n. 4 del 1998, novellato dalla legge
provinciale  n. 17  del  2005)  della  sussistenza  di  un  interesse
pubblico   prevalente   alla   riassegnazione   o  al  rinnovo  della
concessione  nel  caso  di  utilizzo  delle  acque pubbliche da parte
dell'ente  proprietario  «mediante  strutture  alle  proprie  dirette
dipendenze,  qualora  assuma prioritaria rilevanza la sicurezza delle
popolazioni e dei territori a valle delle opere di presa ovvero delle
opere  che  determinano  l'invaso»,  la  Provincia sostiene che dette
strutture  non sarebbero quelle cui si riferivano le comunitariamente
illegittime  preferenze  e che non esisterebbe un interesse di queste
strutture   separabile   dall'interesse   pubblico   valutato   dalla
Provincia.
    15.5.3.  -  La  Provincia  autonoma  di  Trento  denuncia  poi la
oscurita'  della  censura proposta dallo Stato sul presupposto che la
legge   provinciale   n. 17  del  2005,  da  un  lato,  dichiarerebbe
l'inapplicabilita'  del comma 6 dell'art. 1-bis del d.P.R. n. 235 del
1977, dall'altro si riferirebbe a questa medesima disposizione.
    La  difesa  provinciale  rileva  che  ad  essere stati dichiarati
inapplicabili  sarebbero  i  soli commi da 7 a 11 dell'art. 1-bis del
decreto, sicche' la censura non avrebbe un chiaro senso.
    15.5.4.   -  Quanto,  infine,  alla  censura  del  rinnovo  delle
concessioni a favore dei concessionari uscenti, la difesa provinciale
eccepisce  la non pertinenza ed ammissibilita' delle censure proposte
in  riferimento  a norme statali ancora da emanare (quali sarebbero i
decreti  legislativi  previsti  dalla legge n. 62 del 2006) e che non
sarebbe   dubitabile  il  carattere  transitorio  di  una  previsione
destinata,  per espresso e chiaro disposto normativo, ad operare solo
in sede di prima applicazione della legge.
    16.  -  In  data  19 aprile 2006 e' stata depositata una concorde
richiesta  delle  parti  di  rinvio della discussione del ricorso, in
ragione  della  promulgazione  della  legge  n. 266 del 2005, recante
(art. 1,  commi  da  483  a  492)  nuova  disciplina della materia in
questione, e della sua impugnazione (ricorso n. 40 del 2006) da parte
della Provincia autonoma di Trento.
    Questa  Corte,  attesa  la connessione oggettiva e soggettiva dei
vari  ricorsi, ha conseguentemente disposto il rinvio all'udienza del
10 ottobre  2006  al fine di consentire la trattazione unitaria delle
relative questioni.
    17. - Con ricorso notificato in data 27 febbraio 2005, depositato
il  successivo  3 marzo ed iscritto al numero 40 del registro ricorsi
dell'anno 2006  la Provincia autonoma di Trento ha promosso questione
di  legittimita'  costituzionale  di  varie  disposizioni della legge
23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale  e  pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2006), tra le
quali  quelle  dettate  dell'art. 1  commi da 483 a 492 in materia di
grandi derivazioni di acqua a scopo idroelettrico.
    17.1.  -  I  predetti  commi da 483 a 492 dell'art. 1 della legge
n. 266   del   2005   introducono  una  articolata  disciplina  delle
concessioni  di  grandi  derivazioni  di acqua a scopo idroelettrico,
prevedendo sia regole immediate e transitorie sia regole destinate ad
operare «a regime».
    17.2  -  A tale secondo ambito sono riconducibili la regola della
gara pubblica (comma 483) quale principio generale per l'attribuzione
delle   concessioni  e  quelle  relative  alla  trasferibilita'  (con
relativi  criteri  di  stima anche solo) del ramo di azienda relativo
all'esercizio della concessione stessa (commi 489 e 490).
    17.3.  - Immediata applicazione sono invece destinate ad avere le
regole  dettate in tema di proroga di dieci anni delle concessioni in
essere (comma 485).
    Tale proroga e' normativamente (comma 485) posta in relazione «ai
tempi   di   completamento   del   processo   di  liberalizzazione  e
integrazione  europea  del  mercato  interno  dell'energia elettrica,
anche  per  quanto  riguarda  la  definizione  di  principi comuni in
materia  di  concorrenza  e  parita'  di trattamento nella produzione
idroelettrica».
    Essa  e'  subordinata  anzitutto al pagamento per quattro anni, a
decorrere  dal  2006, di un canone aggiuntivo unico calcolato in base
alla  potenza energetica nominale installata, che viene ripartito per
cinque  sesti  allo  Stato  e  per  il restante ai comuni interessati
(comma 486).
    Per  beneficiare della proroga sono inoltre necessari (comma 485)
interventi  di  ammodernamento  degli  impianti,  che  sono  ritenuti
congrui  alle  condizioni  (quantitative,  qualitative  e  temporali)
previste dal comma 487.
    Il  comma 488  disciplina  le  modalita'  di  presentazione delle
domande  di  proroga, quelle degli accertamenti delle amministrazioni
competenti  e  gli  effetti (decadenza dalla concessione) del mancato
completamento degli investimenti di ammodernamento.
    17.4.  -  I  commi 491 e 492 qualificano le disposizioni predette
quali  regole  dettate  in  materia di tutela della concorrenza ed in
attuazione  degli impegni comunitari dello Stato e fissano il termine
(novanta   giorni)   alle  Regioni  ed  alle  Province  autonome  per
armonizzare i propri ordinamenti alla nuova disciplina.
    Il  comma 484,  in  questo  ambito,  abroga l'art. 16 del decreto
legislativo  n. 79  del  1999  che, nel disciplinare la materia delle
grandi  concessioni idroelettriche, faceva salvezza delle prerogative
statutarie  della  Regione  autonoma  Valle  d'Aosta e delle Province
autonome  di Trento e Bolzano e demandava il necessario coordinamento
agli speciali decreti legislativi di attuazione statutaria.
    18.  -  La  Provincia  autonoma di Trento, premessa una analitica
ricostruzione della evoluzione delle proprie competenze in materia di
acque e criticata la stessa tecnica normativa seguita dal legislatore
nazionale   nella  approvazione,  in  unico  articolo,  suddiviso  in
centinaia di commi, dell'intera manovra finanziaria e nell'inclusione
in essa di riforme di sistema, quali quelle in esame, oltretutto gia'
oggetto  di  notevole  contrasto in sede di istruttoria tecnica della
Conferenza   Stato-Regioni,   denuncia  anzitutto  la  illegittimita'
costituzionale  della  generalita'  delle  disposizioni in questione,
ritenendo  che esse restringerebbero la propria autonomia statutaria,
violando    le   competenze   provinciali   delineate   dai   decreti
presidenziali  di  attuazione statutaria numeri 115 del 1973, 381 del
1974,  235  del  1977  (come  modificato  dal  decreto legislativo di
attuazione   statutaria  n. 463  del  1999),  e  ritenendo  che  esse
violerebbero,  altresi'  ed  in  diversa  prospettiva, gli artt. 117,
secondo comma, lettera e), e terzo comma, e 118 della Costituzione.
    18.1.  -  La ricorrente precisa peraltro, in via preliminare, che
le  varie  censure sono proposte in ragione di una ritenuta possibile
diretta incidenza dell'art. 1, commi da 483 a 492, della legge n. 266
del 2005 sulla autonomia provinciale.
    Rileva infatti la Provincia autonoma di Trento che, ad onta della
clausola  di  salvaguardia  dettata dal comma 610 del medesimo art. 1
della  legge  n. 266  del  2005 (che sembrerebbe fare salvo il regime
speciale  delle Regioni e Province autonome), il precedente comma 484
espressamente  abroga  il  ricordato  art. 16 del decreto legislativo
n. 79 del 1999, il successivo comma 491 autoqualifica le prescrizioni
normative  come  competenza  legislativa  esclusiva  statale ai sensi
dell'art. 117,  secondo  comma, lettera e), della Costituzione e come
attuazione  dei  principi  comunitari  resi nel parere motivato della
Commissione  europea in data 4 gennaio 2004, ed, infine, il comma 492
fissa  il  termine  di  novanta  giorni sia per le Regioni sia per le
Province  autonome  per  l'armonizzazione dei propri ordinamenti alle
norme dettate dai commi da 483 a 491.
    Dal  combinato  disposto di tali previsioni la ricorrente trae il
convincimento  che  le  norme  statali  intenderebbero  vincolare  ed
applicarsi anche in riferimento alle autonomie speciali.
    La  impugnazione  e', pertanto, proposta su tale presupposto, con
il  chiarimento  che  essa  «non avrebbe ragione di essere qualora si
dovesse  ritenere  che le norme statali, ed in particolare la proroga
delle  concessioni  in essere da essa disposta, non sono destinate ad
applicarsi nel territorio provinciale».
    18.2.  -  La  generale  contestazione  dell'intervento  normativo
statale  e' argomentata dalla Provincia autonoma di Trento, in quanto
la  legge statale interviene a regolare una materia gia' disciplinata
da   norme   di  attuazione  statutaria,  aventi  natura  primaria  e
competenza riservata, ed in difformita' da esse.
    Sarebbe,  inoltre,  illegittimo,  secondo  la  ricorrente, che lo
Stato abroghi con legge ordinaria disposizioni di legge (quale quelle
dettata  dall'abrogato  art. 16  del d.lgs. n. 79 del 1999) che fanno
espresso rinvio a norme di attuazione.
    Sarebbe,  infine, illegittimo prevedere (come fanno espressamente
i  commi  nn. 484  e  492  dell'art. 1 della legge n. 266 del 2005) a
carico della Provincia autonoma obblighi di adeguamento della propria
legislazione in un termine (novanta giorni) meno ampio di quello (sei
mesi)  previsto  dal  decreto  legislativo  n. 266 del 1992 (norma di
attuazione  statutaria,  concernente  il rapporto tra leggi statali e
leggi regionali e provinciali).
    18.3.  -  La  ricorrente  muove, poi, delle censure specifiche in
ordine  alla  prevista (comma 485) proroga dei rapporti concessori in
atto.
    18.3.1.  -  In  primo  luogo, la proroga sarebbe in contrasto con
l'art. 1-bis  del  decreto del Presidente della Repubblica n. 235 del
1977,  introdotto  dal  decreto legislativo n. 463 del 1999, il quale
alla  scadenza  del  rapporto  concessorio,  da  un  lato, prevede il
principio   della  gara  per  la  riassegnazione  della  concessione,
dall'altro,  riconosce all'ente territoriale il diritto ad apprezzare
l'esistenza  di  un  prevalente  interesse pubblico ad un diverso uso
delle acque.
    18.3.2.  -  In secondo luogo, la proroga, venendo ad impedire, in
mancanza  di  un  interesse  prevalente  ad  un uso diverso, un nuovo
affidamento  a  condizioni economicamente piu' vantaggiose rispetto a
quelle  originarie,  sarebbe  lesivo dell'autonomia finanziaria della
Provincia autonoma.
    18.3.3.  -  In  terzo  luogo,  la  ricorrente Provincia di Trento
contesta  la  coerenza  della  introdotta  proroga  con  il principio
costituzionale  della  tutela  della  concorrenza, che il legislatore
nazionale invoca a fondamento delle previsioni impugnate.
    Per  la  ricorrente,  sarebbe persino «provocatorio» che lo Stato
richiami  l'art. 117,  secondo  comma, lettera e), della Costituzione
per  introdurre  norme  quali  quelle  di proroga del tutto contrarie
all'instaurazione   di   mercati   concorrenziali  e  alle  politiche
comunitarie di liberalizzazione.
    L'introduzione  della  proroga  dei rapporti concessori in essere
sarebbe  in  effetti  avvenuta,  a  dire  della  ricorrente,  non per
tutelare  la  concorrenza  del  settore  economico interessato bensi'
quale  compensazione per le concessionari uscenti della cancellazione
della   preferenza   ad   esse  accordata  dall'art. 12  del  decreto
legislativo  n. 79  del 1999, norma abrogata dallo stesso legislatore
statale  a  seguito del parere motivato di non conformita' di essa al
diritto  comunitario reso dalla Commissione europea in data 4 gennaio
2004.
    Nel  caso  del  Trentino-Alto  Adige, nel cui ambito territoriale
l'art. 1-bis del d.P.R. n. 235 del 1977 (introdotto dal d.lgs. n. 463
del 1999 in attuazione del disposto dell'art. 16 del d.lgs. n. 79 del
1999)  prevedeva  non  solo la preferenza a favore del concessionario
uscente  ma  anche  quella  a favore delle aziende degli enti locali,
tale  proroga,  sempre  a  dire  della  ricorrente, opererebbe a solo
vantaggio   delle  concessionarie  uscenti,  ma  pregiudicherebbe  le
«legittime  aspettative  degli enti locali di potere subentrare nella
gestione,  se  non  in virtu' della preferenza - che pure ad essi era
accordata  -  in  virtu'  almeno  di  procedure  competitive  di gara
finalmente attivate».
    La  Provincia  autonoma  di  Trento ricorda, poi, come la proroga
prevista   dall'art. 1,   comma 485,  della  legge  n. 266  del  2005
interferisca   con   le  procedure  concorsuali  gia'  avviate  dalla
ricorrente  alla data del 31 dicembre 2005, secondo il disposto della
legge  provinciale  n. 17 del 2005 (a sua volta impugnata dallo Stato
con  il  ricorso  n. 1  del 2006), in riferimento alle concessioni in
essere  nel  territorio del Trentino-Alto Adige (tutte in scadenza il
31 dicembre 2010).
    La  proroga  delle concessioni al 31 dicembre 2020 renderebbe, in
sostanza,  inutili le procedure avviate e avrebbe, in definitiva come
unico  obiettivo  la  conservazione degli interessi dei concessionari
uscenti.
    18.3.4.  -  La  proroga  viene,  poi,  contestata dalla Provincia
autonoma  di  Trento  pure  in  relazione alle condizioni cui essa e'
collegata.
    Rileva  anzitutto  la  ricorrente  che  sia  del tutto arbitrario
ricollegare la proroga ad interventi di ammodernamento degli impianti
gia'  avvenuti («evidentemente all'interno del quadro economico della
precedente  concessione»)  alla data di entrata in vigore della legge
(e di operativita' della introdotta proroga).
    Parimenti  illegittimo  sarebbe,  poi,  che  nella valutazione di
congruita'  degli interventi ancora da effettuare di ammodernamento e
di  miglioramento  delle  prestazioni energetiche ed ambientali degli
impianti non sia attribuito ruolo alcuno alla Provincia autonoma, cui
pure spettano rilevanti competenze in materia.
    18.3.5. - La Provincia autonoma di Trento ritiene poi illegittimo
il  comma 488,  che  disciplina  le  modalita' di presentazione delle
domande  di proroga e quelle degli accertamenti delle amministrazioni
competenti.
    Risulterebbero,  in  particolare, violati l'art. 1-bis del d.P.R.
n. 235 del 1977, che rimette alla legge provinciale, nel rispetto dei
principi  della  legislazione statale e degli obblighi comunitari, la
materia   delle   concessioni   di   grande   derivazione   a   scopo
idroelettrico, e gli artt. 2 e 4 del d.lgs. n. 266 del 1992.
    18.3.6.   -  Specifico  rilievo  muove  poi  la  ricorrente  alla
previsione  (comma 486) di un canone aggiuntivo quadriennale a carico
della concessionaria beneficiaria della proroga.
    La Provincia di Trento precisa anzitutto che, ai sensi del d.P.R.
n. 115  del  1973  (come  modificato  dal d.lgs. n. 463 del 1999), il
demanio  idrico e' stato interamente trasferito alla propria potesta'
legislativa  ed  amministrativa  e  che, ai sensi dell'art. 1-bis del
d.P.R.  n. 235 del 1977 (come modificato dal d.lgs. n. 463 del 1999),
la  disciplina  dei  canoni delle concessioni di grande derivazione a
scopo idroelettrico e' stata ad essa delegata.
    La  ricorrente sostiene, poi, che tale delega sia stata assorbita
nella  potesta'  legislativa  concorrente  in  materia di energia, ai
sensi  dell'art. 117,  terzo comma, della Costituzione e dell'art. 10
della  legge  costituzionale  n. 3  del  2001,  e  che  in tale nuovo
contesto  normativo non sia dubbio che ad essa spettino integralmente
i canoni relativi al demanio idrico trasferito.
    Il  comma 486  dell'art. 1 della legge n. 266 del 2005, tuttavia,
prevedrebbe,  quale  corrispettivo della illegittima proroga a favore
del concessionario uscente, un canone unico aggiuntivo a favore dello
Stato  (per  cinque  sesti)  e dei comuni interessati (per il residuo
sesto).
    Tale  previsione  lederebbe,  pertanto,  l'autonomia  finanziaria
provinciale e, in particolare, l'art. 1-bis, ultimo comma, del d.P.R.
n. 235  del  1977,  per  il quale «i proventi derivanti dall'utilizzo
delle acque pubbliche, ivi compresi i canoni demaniali di concessione
di  grandi derivazioni a scopo idroelettrico, spettano alla provincia
competente per territorio».
    18.4.   -   La   ricorrente   contesta,   infine,   il  comma 491
dell'impugnato  art. 1  della  legge  n. 266 del 2005, in quanto essa
conterrebbe  una qualificazione dell'intero articolo in questione (in
realta' da riferirsi, piu' correttamente, ai soli commi da 483 a 490)
quali  norme  di competenza esclusiva statale ai sensi dell'art. 117,
secondo  comma,  lettera e),  della  Costituzione e di attuazione dei
principi  comunitari  resi  nel  parere  motivato  della  Commissione
europea in data 4 gennaio 2004.
    La  Provincia  autonoma  di  Trento,  a  prescindere dagli stessi
rilievi  sopra  ricordati  sul  riparto  di competenza legislativa in
materia,   contesta   sia   la   «palese»  non  corrispondenza  delle
disposizioni in questione con gli invocati principi comunitari sia la
pretesa  dello Stato di potere «autoqualificare» le norme, essendo la
natura di esse un dato obiettivo, soggetto ad accertamento e verifica
da  parte  della  Corte costituzionale, e non l'effetto di una scelta
volontaristica dello Stato.
    19.  -  Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  si  e'  costituito
eccependo  la  inammissibilita'  e  la  infondatezza del ricorso, sul
presupposto  che  le  norme  censurate  non  sarebbero  applicabili o
comunque non sarebbero lesive per la ricorrente Provincia autonoma.
    19.1.  -  La difesa erariale richiama, in proposito, il comma 610
dell'impugnato  art. 1  della legge n. 266 del 2005, secondo il quale
«le  disposizioni della presente legge sono applicabili nelle regioni
a  statuto  speciale  e  nelle  province autonome di Trento e Bolzano
compatibilmente   con  i  rispettivi  statuti».  E  sostiene  che  il
combinato  disposto  questa  disposizione  e  di  quella  dettata dal
precedente  comma 492,  che fissa in novanta giorni il termine per le
Province  autonome per l'adeguamento alla nuova legislazione statale,
sia  da  intendere  nel  senso che «nella eventualita' che tra quelle
portate  dai  commi da 483 a 492 ci fossero alcune norme applicabili,
anche  come  principi  fondamentali,  alle  Regioni  e  alle Province
autonome  senza necessita' di norme di attuazione perche' compatibili
con  gli Statuti» viene «assegnato un termine perche' le Regioni e le
Province   autonome»   provvedano  «alla  armonizzazione  dei  propri
ordinamenti».
    In  sostanza  il comma 610, che si riferisce all'intero art. 1, e
quindi a disposizioni tra loro estremamente eterogenee, costituirebbe
una  norma generale e di chiusura, rispetto a quella speciale dettata
dal  comma 492, di modo che la prima escluderebbe la verificazione di
una  antinomia  reale  tra disciplina statale e statutaria, mentre la
seconda  si  riferirebbe  alle ipotesi di norme statali in materia di
grande   derivazione   idroelettrica   direttamente  applicabili  nel
territorio provinciale.
    20.  -  Con  unica memoria depositata in prossimita' dell'udienza
del  10 ottobre  2006 il Presidente del Consiglio dei ministri svolge
articolate  argomentazioni  in  riferimento ai ricorsi nn. 1 e 40 del
2006,  sottolineandone  la  stretta connessione per oggetto di talune
delle questioni in esse proposte.
    21. - In riferimento al ricorso n. 1 del 2006, la difesa erariale
sottolinea  che  la Provincia autonoma di Trento nelle sue difese non
avrebbe indicato chiaramente su quale fonte basi il potere esercitato
ed oggetto di contestazione.
    21.1.   -   Atteso   che  si  tratta  di  controversia  circa  la
legittimita'  del  potere  normativo  l'Avvocatura  ritiene anzitutto
superflua   l'invocazione   da  parte  della  Provincia  autonoma  di
disposizioni relative alla potesta' amministrativa.
    21.2.  -  La  difesa  erariale  contesta  poi che possa utilmente
invocarsi,  per la soluzione della controversia, la previsione recata
dall'art. 1-bis  del  d.P.R.  n. 235  del  1977  (come modificato dal
decreto  legislativo  n. 463  del  1999),  cui  invece  fa  frequente
riferimento la Provincia di Trento.
    Trattandosi  di  un  decreto presidenziale (e ora legislativo) di
attuazione  statutaria  emanato  ai sensi dell'art. 107 dello statuto
speciale  di  autonomia, essa non potrebbe recare modificazione dello
statuto  stesso, che espressamente (art. 9, n. 9) esclude la potesta'
legislativa  delle Province autonome in materia di grandi derivazioni
a  scopo  idroelettrico,  dacche'  le  relative  modificazioni devono
passare  necessariamente  attraverso  la  diversa  procedura prevista
dall'art. 103  dello statuto, ovvero mediante la promulgazione di una
legge di revisione costituzionale.
    Per  non  incorrere  in  dubbi di costituzionalita', pertanto, la
previsione   recata   dal   richiamato   art. 1-bis  dovrebbe  essere
interpretata  in  senso  meramente  integrativo,  e non modificativo,
dello statuto.
    In tale ottica, secondo il Presidente del Consiglio dei ministri,
i principi della legislazione statale vincolanti la delegata potesta'
legislativa  provinciale  in  materia  di  grandi derivazioni a scopo
idroelettrico  andrebbero  intesi  in  senso molto ampio e, comunque,
piu' esteso dei meri principi fondamentali della materia stessa.
    Sia   in   quest'ottica   sia  in  una  diversa  prospettiva  che
equiparasse  i  principi  di cui all'art. 1-bis del d.P.R. n. 235 del
1977  (come  modificato  dal  decreto legislativo n. 463 del 1999) ai
principi   fondamentali  di  cui  all'art. 117,  terzo  comma,  della
Costituzione, risulterebbe, a dire dell'Avvocatura, che la competenza
statutaria  dell'ente  autonomo  non  sia  piu' ampia di quella delle
Regioni  ordinarie, con conseguente irrilevanza della disposizione di
attuazione  statutaria ai fini della decisione della controversia, da
risolversi,  invece,  alla  luce  del riparto delineato dall'art. 117
della Costituzione.
    21.3. - Il Presidente del Consiglio, dopo avere cosi' individuato
l'ambito  normativo  nel  quale  inquadrare  la  questione,  contesta
l'argomentazione  della  Provincia  autonoma  di Trento, laddove essa
assume  di essere intervenuta con la legge provinciale n. 17 del 2005
al  fine  di  superare  tanto  la  non  conformita'  (accertata dalla
Commissione  della comunita' europea) dei principi della legislazione
in   materia   di   concessioni  idroelettriche  statale  al  diritto
comunitario quanto l'inerzia degli organi dello Stato al riguardo.
    Sostiene  la  difesa  erariale, che nessuna norma o principio del
diritto  comunitario  possa determinare uno spostamento di competenza
degli  enti  nazionali  e  meno che mai una eventuale inerzia statale
possa  legittimare  un  insussistente  potere  sostitutivo  da  parte
dell'ente territoriale.
    21.4.   -  L'Avvocatura  contesta,  altresi',  che  la  eventuale
contrarieta'  di un principio di legge statale al diritto comunitario
legittimi  una  Regione  o  una  Provincia autonoma a disapplicare lo
stesso.
    Tale  tesi,  che  secondo  la difesa erariale sarebbe in sostanza
portata  avanti  dalla  Provincia  di  Trento  con  la  sua censurata
attivita' normativa, sarebbe, sempre a dire dell'Avvocatura, erronea.
Cio'  in  quanto  l'atto  statale,  sebbene inapplicabile ai rapporti
giuridici   riguardati  dalla  normativa  comunitaria,  conserverebbe
comunque idoneita' a produrre effetti nell'ordinamento interno.
    Peraltro,  continua l'Avvocatura, se pure potesse ritenersi che i
principi  di  legge  statali  contrastanti con il diritto comunitario
vengano  a  perdere  del tutto la propria efficacia, nondimeno non ne
deriverebbe  la  possibilita'  di  intervento  normativo  regionale o
provinciale  ad  essi  difforme.  Cio'  in  quanto  la  loro mancanza
genererebbe  un  vuoto  normativo da cui discenderebbe la sospensione
della  potesta'  normativa  dell'ente  territoriale, che non potrebbe
svolgersi   se  non  in  presenza  ed  in  conformita'  dei  principi
fondamentali della legge statale.
    Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, pertanto, anche
«seguendo  la premessa proposta dalla Provincia la sua legge verrebbe
ad  essere  costituzionalmente  illegittima per mancanza dei principi
fondamentali».
    22.  -  La  medesima argomentazione viene articolata dalla difesa
erariale  in  riferimento  al  ricorso n. 40 del 2006, proposto dalla
Provincia  autonoma  di  Trento avverso l'art. 1, commi da 483 a 492,
della legge n. 266 del 2005.
    22.1. - Sostiene infatti l'Avvocatura che se queste disposizioni,
modificative  dei  precedenti  principi  fondamentali  della materia,
recati  dall'art. 12  del decreto legislativo n. 79 del 1999, fossero
dichiarate   costituzionalmente   illegittime,   ne   deriverebbe  la
illegittimita' costituzionale della legge provinciale n. 17 del 2005,
per   mancanza   di   principi   fondamentali  tanto  in  riferimento
all'art. 1-bis  del  d.P.R.  n. 235  del  1977  quanto in riferimento
all'art. 117, terzo comma, della Costituzione.
    22.2.  -  La  difesa erariale passa poi in rassegna i vari motivi
del  ricorso  della  Provincia  autonoma  di Trento, sia ribadendo le
difese gia' sviluppate nell'atto di costituzione sia muovendo ad essi
specifiche e nuove eccezioni.
    22.2.1. - In particolare, l'Avvocatura sostiene che la contestata
«autoqualificazione»  delle  disposizioni  impugnate  dalla Provincia
autonoma  quali norme di legislazione esclusiva dello Stato, ai sensi
dell'art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, esprima
unicamente  la  convinzione  dello  Stato  al  riguardo  e  che  sia,
pertanto, una qualificazione priva di valore deontico e prescrittivo.
    22.2.2.  - La difesa erariale ritiene, peraltro, che le impugnate
previsioni  in  materia  di  gare per l'affidamento delle concessioni
rientrino effettivamente nella indicata materia della concorrenza.
    22.2.3.  -  Non  lesiva  sarebbe  poi la previsione del comma 492
dell'impugnato  art. 1  della  legge  n. 266 del 2005, atteso che «il
termine di novanta giorni» fissato per l'adeguamento dell'ordinamento
provinciale ai nuovi principi di legge statale «ha carattere soltanto
acceleratorio.   Lo  prova  il  fatto  che,  pur  non  essendo  stato
rispettato, non e' successo nulla».
    22.2.4.  -  Neppure  lesiva  sarebbe,  a dire dell'Avvocatura, la
abrogazione  dell'art. 16  del  decreto  legislativo  n. 79  del 1999
prevista  dal  successivo  comma 484, dacche' da tale abrogazione non
deriverebbe  alcuna  lesione  delle  prerogative statutarie dell'ente
autonomo, le quali anzi sono state riaffermate dal comma 492.
    22.2.5.  - Il Presidente del Consiglio dei ministri rimarca, poi,
come  la Provincia autonoma non possa rivendicare ad un tempo sia gli
spazi  di  autonomia statutaria sia l'applicazione dell'art. 10 della
legge costituzionale n. 3 del 2001, ne' desumere potesta' legislative
dalle   norme   che   disciplinano   le  funzioni  amministrative.  E
puntualizza   come   essa   sia   tenuta  al  rispetto  dei  principi
fondamentali  definiti  dalla  legge dello Stato tanto in riferimento
all'art.1-bis  del  d.P.R.  n. 235  del  1977  quanto  in riferimento
all'art. 117, terzo comma, della Costituzione.
    22.2.5.1.  -  Una  volta ritenuto, come sostiene la stessa difesa
erariale,  che  le  previsioni impugnate relative alle gare rientrino
nella  materia  della tutela della concorrenza, perderebbero valore i
motivi  del  ricorso  della  Provincia, atteso che la materia rientra
nella  legislazione esclusiva dello Stato e che l'art. 9, n. 9, dello
statuto   speciale   ha   escluso   espressamente   dalla  competenza
provinciale le grandi derivazioni a scopo idroelettrico.
    22.2.5.2.  -  Sempre alla materia della tutela della concorrenza,
oltre che al principio di sussidiarieta', sarebbero poi riconducibili
le  competenze  statali  previste dall'art. 1, comma 483, lettera a),
n. 2, della legge n. 266 del 2005, trattandosi di attivita' incidenti
sull'intero mercato nazionale dell'energia.
    22.2.6. - L'Avvocatura sostiene, poi, che la proroga prevista dal
comma 485  ha carattere transitorio ed e' introdotta «in relazione ai
tempi  di  completamento  del  processo  di  liberalizzazione».  Tale
previsione, «se anche non dovesse ritenersi rivolta alla tutela della
concorrenza,  costituirebbe  sicuramente  un  principio fondamentale,
perche'  rivolto  alla  tutela  del  mercato,  che per definizione e'
nazionale».
    Per  le  stesse  ragioni  sarebbero  legittime  la previsione del
comma 487,  che  a quella del comma 485 e' strettamente connessa e la
previsione   del  comma 488  (autocertificazione  dell'entita'  degli
investimenti   effettuati,   in  corso  o  deliberati  da  parte  del
concessionario).  In  particolare, quest'ultima norma sarebbe affatto
estranea all'ambito di competenze provinciali.
    22.2.7.  -  Neppure  lesiva  della  Provincia  autonoma di Trento
sarebbe   per   la  difesa  erariale  l'introduzione  del  un  canone
aggiuntivo  previsto dal successivo comma 486. «In quanto aggiuntivo»
esso  non  inciderebbe  infatti «sui canoni che sono stati attribuiti
alla Provincia».
    22.2.8.  -  Rientrerebbe  sempre  nella tutela della concorrenza,
infine,  e  costituirebbe  una  norma  di  principio  fondamentale la
previsione  (comma  489)  della  trasferibilita' del ramo di azienda.
Peraltro  essa,  secondo  l'Avvocatura, potrebbe pure ricondursi alla
competenza  statale  in  materia  di  ordinamento  civile  (art. 117,
secondo comma, lettera l, della Costituzione).
    22.3.  -  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  conclude
chiedendo  l'accoglimento  del ricorso n. 1 del 2006 da esso proposto
avverso  la  legge  della  Provincia  di  Trento n. 17 del 2005 ed il
rigetto  del  ricorso  40  del 2006 proposto dalla medesima Provincia
avverso l'art. 1, commi da 483 a 492, della legge n. 266 del 2005.
    23.   -  Con  due  distinte  memorie  depositate  in  prossimita'
dell'udienza  del  10 ottobre  2006  la  Provincia autonoma di Trento
replica  alla  memoria  del  Presidente  del  Consiglio  dei ministri
depositata  per  l'udienza del 2 maggio 2006 nel giudizio relativo al
ricorso  n. 1  del  2006  ed  all'atto  di  costituzione dal medesimo
depositata nel giudizio relativo al ricorso n. 40 del 2006.
    24.  -  In  riferimento  al ricorso n. 1 del 2006 (ma sviluppando
argomenti  riferiti  pure  alla  legge  provinciale  n. 10  del 2004,
oggetto del distinto ricorso n. 26 del 2005) la Provincia autonoma di
Trento  replica  alla  memoria  dell'Avvocatura,  ribadendo contro la
contestazione  statale,  di  avere  competenza,  anche  normativa, in
materia di grandi derivazioni a scopo idroelettrico.
    24.1.  -  La difesa provinciale contesta, anzitutto, che le leggi
provinciali  nn. 10  del  2004  e  17  del 2005 siano contrarie, come
assume   il   Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  al  diritto
comunitario.
    La Provincia autonoma, anzi, sostiene di aver dato con le proprie
leggi  provinciali  attuazione  proprio  a  quei principi del diritto
comunitario  che lo Stato avrebbe palesemente violato non solo con le
norme  valutate dalla Commissione europea nel suo parere motivato, ma
anche con le disposizioni inserite nella legge finanziaria n. 266 del
2005 (art. 1, commi da 483 a 492).
    24.2.  - L'adeguamento al diritto comunitario, le disposizioni di
attuazione   statutaria   (aventi   la  funzione  di  interpretazione
evolutiva  dello  statuto  speciale)  e l'art. 117, terzo comma della
Costituzione,   applicabile   in   virtu'   della   clausola  dettata
dall'art. 10    della    legge    costituzionale   n. 3   del   2001,
costituirebbero,  secondo  la Provincia, i titoli di competenza delle
leggi provinciali censurati dallo Stato.
    24.3.  -  La  difesa  provinciale  contesta,  poi,  che il «nuovo
comma 12  dell'art. 1-bis  della legge provinciale» (recte: l'art. 1,
comma 12,  della  legge della Provincia di Trento n. 17 del 2005, che
sostituisce  il  comma 12  dell'art. 1-bis  1 della legge provinciale
n. 4  del  1998),  il quale prevede la possibilita' del rinnovo delle
concessioni  di  grande  derivazione  di acque pubbliche a favore dei
concessionari  uscenti  per  un  periodo  massimo  di  dieci anni, in
presenza  di  determinate  condizioni,  da  valutarsi  ad opera della
Giunta provinciale, contrasti con il diritto comunitario.
    Il  contrasto  sarebbe  escluso,  a  dire  della  Provincia,  dal
carattere  transitorio  della  norma  e  dal  fatto che il successivo
comma 15  (sempre  dell'art. 1-bis 1 della legge provinciale n. 4 del
1998)  ancora  il  termine  di rinnovo al minore termine di proroga o
rinnovo  delle  concessioni  in  atto  eventualmente  previsto  dalla
normativa   statale,  qualora  quest'ultima  subisse  mutamenti  dopo
l'entrata in vigore della legge provinciale.
    La difesa provinciale osserva, al riguardo, che lo Stato, proprio
con  la  legge  n. 266 del 2005, ha previsto la proroga decennale dei
rapporti  concessori in atto e afferma che «non sembra che il Governo
possa reagire, tramite l'Avvocatura, accusando la Provincia di scelte
legislative  che  sono  rimaste nel solco della legislazione statale,
nel tentativo, anzi, di migliorarla».
    La  Provincia, ancora, rimarca il carattere «schizofrenico» dello
Stato   che   impugnerebbe   «per  asserita  violazione  delle  norme
comunitarie  la  legge  provinciale che si adegua ad una legislazione
statale  contestata  dalla  Commissione,  quando  il  Governo stesso»
avrebbe  «ulteriormente  deviato dagli obiettivi comunitari, dettando
in tal senso nuove norme cha ha imposto con la legge Finanziaria».
    A  suo  dire,  la  Provincia  autonoma  di Trento avrebbe «inteso
intervenire d'urgenza, sospendendo in modo esplicito disposizioni del
vecchio  decreto  di  trasferimento  palesemente  contrastanti con le
norme comunitarie (cosi' come risulta dai rilievi della Commissione),
e   dunque   gia'  di  per  se'  non  applicabili,  in  attesa  della
approvazione  della  nuova  norma  di  attuazione  e,  dunque, con un
atteggiamento piu' che giustificato».
    24.4.  -  La difesa provinciale contesta, infine, l'oscurita' del
ricorso  statale  nella parte relativa al primo comma dell'art. 1-bis
(recte:  all'art. 1, comma 1, della legge provinciale n. 17 del 2005,
il  quale  sostituisce  il  comma 1  dell'art. 1-bis  1  della  legge
provinciale n. 4 del 1998).
    La   previsione   in   questione,  peraltro,  sarebbe  pienamente
legittima secondo la Provincia autonoma di Trento, atteso che essa si
limiterebbe   «a   proteggere   l'interesse   alla   sicurezza  delle
popolazioni e dei territori a valle, contro la prevalenza del diritto
di   sfruttamento   da  parte  dell'ente  proprietario,  secondo  una
gerarchia  di  valori  che  nessuno»  potrebbe  «contestare,  al  cui
vertice» sarebbe «collocata la sicurezza della comunita' locale».
    25.  -  In  riferimento  al  ricorso  n. 40 del 2006 la Provincia
autonoma  di  Trento  replica all'atto di costituzione del Presidente
del Consiglio dei ministri, rilevando anzitutto che la tesi da questi
avanzata  della  non  riferibilita' delle disposizioni impugnate alla
Provincia  autonoma in ragione della clausola di salvaguardia dettata
dal comma 610 dell'art. 1 della legge n. 266 del 2005 equivale ad una
confessione  della  incompatibilita'  delle  stesse  con  le  proprie
prerogative statutarie.
    Quanto   alla   questione   della   riferibilita'  o  meno  delle
disposizioni  dettate  dai commi da 483 a 492 dell'art. 1 della legge
n. 266  del  2005  agli  enti  territoriali autonomi, la Provincia di
Trento, in sostanza, ribadisce le argomentazioni del ricorso, secondo
cui  la  espressa  abrogazione  dell'art. 16  del decreto legislativo
n. 79  del  1999  (prevista dal comma 484) e l'obbligo di adeguamento
della  legislazione  provinciale  alla  legge  statale  (previsto dal
comma 492)   impedirebbero   la   interpretazione   «adeguatrice»   e
neutralizzante, proposta dall'Avvocatura.
    Inoltre,  secondo  la  Provincia  autonoma, pure accedendo a tale
opzione  interpretativa sarebbe comunque da accogliersi il ricorso in
riferimento  agli appena ricordati commi 484 e 492, quantomeno per il
principio di certezza del diritto.
    26.  -  In  prossimita' dell'udienza del 10 ottobre 2006 le parti
hanno  fatto  concorde  richiesta di rinvio dei giudizi in questione,
sostenendo che era in fase di definizione il procedimento di adozione
di  nuove  norme  di  attuazione  statutaria  in  materia  di  grandi
derivazioni idroelettriche.
    Questa  Corte  ha conseguentemente disposto il rinvio dei giudizi
all'udienza del 25 settembre 2007.
    27.  - In prossimita' dell'udienza pubblica del 25 settembre 2007
la Provincia autonoma di Trento ha depositato tre distinte memorie.
    27.1.  -  La  prima  e' in riferimento al ricorso n. 26 del 2005,
limitatamente   ai  profili  attinenti  all'art. 8,  commi 14  e  15,
all'art. 9,  commi 2,  3 e 11, ed all'art. 10 della legge provinciale
n. 10 del 2004.
    27.2.  -  La  seconda  e' riferita al ricorso n. 1 del 2006 ed in
essa  vengono  svolti  argomenti in ordine alla complessiva questione
delle   concessioni   di   grande   derivazione   di  acqua  a  scopo
idroelettrico  (e  pertanto anche in riferimento al ricorso n. 26 del
2005,   per   quanto   attiene   all'art. 15,  comma 2,  della  legge
provinciale n. 10 del 2004).
    27.3.  -  La  terza  attiene,  infine, al ricorso n. 40 del 2006,
sempre   connesso,   per   materia,   alla   questione  delle  grandi
derivazioni.
    28.  -  Nella  prima  memoria la Provincia di Trento replica alla
memoria  dell'Avvocatura  dello  Stato  del 13 aprile 2006, ribadendo
nella sostanza le difese gia' sviluppate nelle precedenti memorie.
    28.1.  - In ordine alla questione riferita all'art. 9, commi 2, 3
e 11 ed all'art. 10 della legge provinciale n. 10 del 2004, la difesa
provinciale  da',  anzitutto, atto che le disposizioni censurate sono
state  dapprima  modificate  (seppure  in modo non rilevante rispetto
alla  censura  proposta  dal  Presidente  del Consiglio dei ministri)
dall'art. 55,  commi 1 e 2, della legge provinciale 29 novembre 2006,
n. 11  (Disposizioni  per  la  formazione del bilancio annuale 2007 e
pluriennale  della  Provincia  autonoma di Trento - legge finanziaria
2007), e successivamente abrogate dall'art. 115, comma 1, lettera qq)
della legge provinciale 23 maggio 2007, n. 11 (Governo del territorio
forestale  e montano, dei corsi d'acqua e delle aree protette), a far
data  dalle  date  indicate  nei  regolamenti previsti dalla suddetta
legge.
    La Provincia precisa che l'abrogazione non e' ancora intervenuta,
non  essendo  stati ancora adottati i regolamenti in questione, e che
comunque  gli  artt. 37  e  39 della legge provinciale n. 11 del 2007
(peraltro  non  impugnati  dal Presidente del Consiglio dei ministri)
hanno  un  contenuto  sostanzialmente  riproduttivo  delle  censurate
disposizioni della legge provinciale n. 10 del 2004.
    28.2.   -  Nel  merito,  la  Provincia  di  Trento  eccepisce  la
inammissibilita'  delle deduzioni svolte dalla Avvocatura dello Stato
nella  predetta  memoria  in  ordine alle zone di protezione speciale
(ZPS).
    La  Provincia  rileva,  in particolare, che il ricorso originario
del  Governo  riguardava unicamente la disciplina provinciale in tema
di  zone  speciali  di  conservazione  (ZSC),  dettata  dai censurati
commi 2 e 3 dell'art. 9 della legge provinciale n. 10 del 2004, e non
le ZPS, regolate dal comma 4 del medesimo art. 9.
    La  difesa  provinciale richiama, in proposito, le sentenze della
Corte  costituzionale  n. 98  del  2007, n. 246 del 2006 e n. 113 del
2003, le quali hanno ritenuto inammissibili integrazioni o estensione
dei motivi del ricorso con le successive memorie del giudizio.
    E  contesta,  altresi',  che  la  disciplina dettata dall'art. 9,
comma 4,  della  legge  provinciale n. 10 del 2004 contrasti in alcun
modo con il d.P.R. n. 357 del 1997.
    29.  -  Nella  seconda  memoria  la  Provincia autonoma di Trento
ricostruisce  la  complessiva  vicenda  normativa,  dando  atto delle
successive modifiche legislative intervenute in materia.
    29.1.  La  difesa  provinciale  richiama,  anzitutto,  il decreto
legislativo  7 novembre  2006,  n. 289  (Norme  di  attuazione  dello
statuto speciale della regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol,
recanti  modifiche  al  d.P.R.  26 marzo  1977, n. 235, in materia di
concessioni   di   grandi   derivazioni),   il  quale  ha  sostituito
l'art. 1-bis  del  decreto del Presidente della Repubblica n. 235 del
1977,  prevedendo  che  «spetta alle Province autonome di Trento e di
Bolzano,  per  il  rispettivo  territorio,  secondo  quanto  disposto
dall'art. 01  e  nel  rispetto degli obblighi comunitari, l'esercizio
delle  funzioni  gia'  esercitate  dallo  Stato  in materia di grandi
derivazioni  a  scopo  idroelettrico» (comma 1) e che «in relazione a
quanto  disposto  dal  comma 1,  con  legge provinciale, nel rispetto
degli  obblighi  internazionali,  dell'art. 117, secondo comma, della
Costituzione,  nonche'  dei  principi  fondamentali delle leggi dello
Stato,  sono  disciplinate le grandi derivazioni di acque pubbliche a
scopo idroelettrico» (comma 2).
    La Provincia ricorda, poi, che il medesimo decreto legislativo ha
abrogato  i commi da 6 a 12 del suddetto art. 1-bis del d.P.R. n. 235
del  1977, come modificato dal d.lgs. n. 463 del 1999, nella parte in
cui  prevedevano  il  regime di preferenze a favore dei concessionari
uscenti,  delle  aziende  o  societa'  degli enti locali e degli enti
strumentali  o societa' della Provincia e che questo dovrebbe portare
alla  archiviazione  della  procedura  di infrazione in corso davanti
alle autorita' comunitarie.
    29.2.  -  La  Provincia  di  Trento  richiama, inoltre, l'art. 6,
comma 7-ter,  del  decreto-legge 28 dicembre 2006, n. 300 (Proroga di
termini  previsti da disposizioni legislative e finanziarie diverse),
aggiunto dalla legge di conversione 26 febbraio 2007, n. 17, il quale
ha  escluso la applicazione della proroga delle concessioni di grande
derivazione a scopo idroelettrico di cui all'art. 1, comma 485, della
legge  n. 266  del  2005,  nel  territorio delle Province autonome di
Trento e Bolzano ed ha previsto che le concessioni di cui al comma 15
dell'art. 1-bis  del  d.P.R.  n. 235 del 1977, scadono il 31 dicembre
2010  e  le  concessioni  diverse  da  quelle di cui a detto comma 15
scadono   alla   data  risultante  dai  rispettivi  provvedimenti  di
concessione.
    29.3.  -  La  difesa  provinciale  richiama, poi, l'art. 25 della
legge provinciale n. 11 del 2006, la quale ha modificato l'art. 1-bis
1   della   legge   provinciale  n. 4  del  1998,  ridisciplinando  i
procedimenti  per il rilascio delle concessioni di grandi derivazioni
di  acqua  a  scopo idroelettrico, ed, in particolare, ha abrogato le
disposizioni  del  predetto  art. 1-bis 1 (introdotte dalla impugnata
legge  provinciale  n. 10  del  2004  e  modificate  dalla  parimenti
impugnata  legge  provinciale  n. 17  del  2005)  che dichiaravano la
inapplicabilita'   delle   norme  di  attuazione  statutaria  di  cui
all'art. 1-bis  del d.P.R. n. 235 del 1977 in quanto contrastanti con
il diritto comunitario.
    La  Provincia  autonoma  di  Trento  rimarca la circostanza della
mancata  impugnazione di detta previsione da parte del Presidente del
Consiglio dei ministri.
    29.4.   -  La  difesa  provinciale  richiama,  infine,  la  legge
provinciale  27 luglio  2007, n. 14 (Modifiche alla legge provinciale
6 marzo 1998, n. 4, in materia di concessioni di grandi derivazioni a
scopo   idroelettrico   e   modifiche   alla   legge  provinciale  16
giugno 2006,  n. 3 in materia di Agenzia provinciale per i pagamenti.
Arpag)  il  cui  art. 1 ha inserito il comma 15-bis nell'art. 1-bis 1
della  legge  provinciale n. 4 del 1998, stabilendo che «se alla data
di  scadenza  di  una  concessione  non  si  e'  ancora  concluso  il
procedimento di individuazione del nuovo concessionario, o in caso di
rinuncia,   decadenza   o   revoca,   la  Provincia  puo'  provvedere
direttamente   all'esercizio   della   grande   derivazione  a  scopo
idroelettrico,  per  il tempo strettamente necessario al procedimento
delle procedure di assegnazione».
    29.5.  -  Da  tali  interventi normativi la Provincia autonoma di
Trento  ritiene  che:  a)  risulti  confermata  la propria competenza
legislativa  in  materia;  b)  sia  stato  sanato il contrasto tra il
diritto comunitario e il diritto nazionale.
    29.6.  -  A  lla  luce  di  queste  riferite evoluzioni la difesa
provinciale sostiene:
        a) che  la censura di «eccesso di competenza» (per violazione
dell'art. 9,  numero  9  dello  statuto ovvero dell'art. 117, secondo
comma,   lettera  e,  della  Costituzione)  sia  stata  ulteriormente
smentita;
        b) che  in  ordine  alla  censura statale riferita al comma 1
dell'art. 1-bis  1  della  legge  provinciale  n. 4  del 1998 sarebbe
cessata la materia del contendere, dato che le norme (secondo e terzo
periodo)  sono state abrogate dal decreto legislativo n. 289 del 2006
e,   in   concreto,   non  sarebbero  mai  state  applicate,  perche'
dichiaravano  l'inapplicabilita'  delle norme sulle preferenze, cioe'
di   norme   che  comunque  non  avrebbero  potuto  operare  data  la
sospensione  delle  procedure  concorrenziali disposta dai successivi
commi 1-sexies e 1-septies;
        b1)  che  alla medesima conclusione in ordine alla cessazione
della  materia del contendere sulla questione proposta in riferimento
al  comma 1  dell'art. 1-bis  1 della legge provinciale n. 4 del 1998
per  la  violazione  dei  principi  fondamentali  di  cui  al decreto
legislativo  n. 79  del  1999 dovrebbe comunque pervenirsi, posto che
l'art. 12   di  detto  decreto  e'  stato  modificato  dal  comma 483
dell'art. 1 della legge n. 266 del 2005;
        c) che   il   principio  fondamentale  dettato  dall'art. 12,
comma 7,  del  decreto  legislativo  n. 79  del  1999,  in materia di
proroga  al 31 dicembre 2010 dei rapporti concessori in corso, di cui
lo  Stato  ha  lamentato  la violazione, non sarebbe applicabile alla
Provincia   di   Trento,   data   la   diversa  disciplina  contenuta
nell'art. 1-bis, comma 15, del d.P.R. n. 235 del 1977, introdotta con
norma  successiva  (decreto legislativo n. 463 del 1999) e prevalente
(trattandosi  di  norma  di  attuazione  statutaria).  Il che sarebbe
confermato prima dal d.lgs. n. 289 del 2006, il quale ha inserito nel
predetto  art. 1-bis un comma 15-bis specificando che «le concessioni
diverse  da  quelle  previste  dai  commi 14  e  15 scadono alla data
risultante   dai  rispettivi  procedimenti  di  concessione»,  e  poi
dall'art.  6,  comma 7-ter, del decreto-legge n. 300 del 2006, per il
quale  «le concessioni di cui al comma 15 dell'art. 1-bis del decreto
del  Presidente  della  Repubblica  n. 235  del  1977,  scadono il 31
dicembre  2010  e  le  concessioni  diverse  da quelle di cui a detto
comma 15  scadono alla data risultante di rispettivi provvedimenti di
concessione»;
        d) che  la censura fondata sulla violazione dell'art. 1 della
legge  n. 266  del  2005  sarebbe,  oltre  che  generica, palesemente
infondata,  posto  che  i  commi 484,  491  e  492  di detto articolo
sarebbero  da  ritenere  del  tutto superati o comunque inapplicabili
alla luce della successiva norma di attuazione statutaria dettata dal
d.lgs.  n. 289 del 2006 e considerato che il comma 485 (riferito alla
proroga   dei  rapporti  concessori  in  atto)  e'  stato  dichiarato
inapplicabile  alla Provincia di Trento dall'art. 6, comma 7-ter, del
decreto-legge n. 300 del 2006;
        e) che  pure in ordine alle questioni riferite alla procedura
concorrenziale  prevista  dall'art. 1-bis  1  della legge provinciale
n. 4 del 1998 sarebbe cessata la materia del contendere, essendo tale
previsione  stata  abrogata dalla legge provinciale n. 11 del 2006 ed
essendo   stata  comunque  sospesa  tale  procedura,  salvo  la  fase
preliminare di ricezione delle domande e di pubblicazione dell'avviso
di  cui  al  comma 1-quinquies, e non potendosi considerare tali fasi
preliminari  non sospese di alcun attuale rilievo giuridico, dato che
questi  procedimenti sono stati dichiarati estinti dall'art. 25 della
legge provinciali n. 11 del 2006.
    30.  - Nella terza memoria la Provincia autonoma di Trento svolge
argomenti  del  tutto  analoghi  per  sostenere  la  cessazione della
materia  del contendere in ordine al proprio ricorso proposto avverso
la  legge  n. 266 del 2005. Nel merito la difesa provinciale insiste,
peraltro, nelle censure proposte nel ricorso.
    31.  - In prossimita' dell'udienza pubblica del 25 settembre 2007
anche  il  Presidente  del Consiglio dei ministri ha depositato delle
memorie.
    32. - In una prima memoria, riferita al ricorso n. 1 del 2006 (ma
contenente riferimenti pure al precedente ricorso n. 26 del 2005), la
Avvocatura   dello   Stato  sviluppa  argomentazioni  sostanzialmente
analoghe  a  quelle  svolte  nella  precedente memoria depositata per
l'udienza pubblica del 10 ottobre 2006.
    La  difesa  erariale, peraltro, aggiunge considerazioni in ordine
alla applicabilita' alle concessioni di grandi derivazioni di acqua a
scopo  idroelettrico della disciplina dettata dal decreto legislativo
29 dicembre  2003,  n. 387  (Attuazione  della  direttiva  2001/77/CE
relativa  alla  promozione  dell'energia  elettrica prodotta da fonti
energetiche  rinnovabili  nel  mercato  interno  dell'elettricita), e
insiste nell'accoglimento dei ricorsi.
    33. - In una seconda memoria, riferita al ricorso n. 40 del 2006,
la  Avvocatura  dello  Stato  da'  atto  della  nuova  disciplina  di
attuazione statutaria recata dal decreto legislativo n. 289 del 2006,
sostenendo  che  alla luce di questa «quanto meno dal novembre 2006 i
rapporti  tra  Province  autonome  e  lo  Stato, in materia di grandi
concessioni  di  grandi  derivazioni  d'acqua  a scopo idroelettrico,
vanno  valutati  alla  stregua delle norme di attuazione richiamate e
non  delle  norme  impugnate che fino ad allora nelle Province stesse
non hanno trovato applicazione».
    La   difesa   erariale   conclude   nel   senso,   se  non  della
inammissibilita',  quanto  meno  della  improcedibilita'  del ricorso
provinciale  avverso  i  commi  da  483 a 492 dell'art. 1 della legge
n. 266 del 2005.

                       Considerato in diritto

    1.  - Con ricorso notificato in data 15 febbraio 2005, depositato
il  successivo  22 febbraio  ed  iscritto  al  n. 26 del registro dei
ricorsi  dell'anno 2005,  il  Presidente  del Consiglio dei ministri,
rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato, ha
promosso  questione  di  legittimita'  costituzionale  degli artt. 8,
commi 14  e  15,  9,  commi 2, 3 ed 11, 10 e 15, comma 2, della legge
della   Provincia   autonoma   di   Trento  15 dicembre  2004,  n. 10
(Disposizioni  in materia di urbanistica, tutela dell'ambiente, acque
pubbliche, trasporti, servizi antincendio, lavori pubblici e caccia).
    1.1.  -  Con ricorso notificato il 12 gennaio 2006, depositato il
successivo  18 gennaio  ed  iscritto  al  n. 1  del  registro ricorsi
dell'anno 2006    il   Presidente   del   Consiglio   dei   ministri,
rappresentato  e  difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha poi
impugnato  la  legge  della  Provincia  autonoma di Trento 6 dicembre
2005, n. 17 (Disposizioni urgenti in materia di concessioni di grandi
derivazioni  di  acque  pubbliche a scopo idroelettrico, modificative
dell'art. 1-bis 1 della legge provinciale 6 marzo 1998, n. 4).
    1.2.   -   Con  ricorso  notificato  in  data  27 febbraio  2005,
depositato  il  successivo  3 marzo  ed  iscritto  al  numero  40 del
registro  ricorsi  dell'anno 2006 la Provincia autonoma di Trento ha,
infine,  promosso  questione  di legittimita' costituzionale di varie
disposizioni  della  legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per
la  formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge
finanziaria  2006), tra le quali quelle dettate dall'art. 1, commi da
483  a  492,  in  materia  di  grandi  derivazioni  di  acqua a scopo
idroelettrico.
    1.3. - Il presente giudizio, per quanto riguarda il ricorso n. 40
del  2006,  attiene  unicamente  a tali ultime previsioni, affini per
oggetto a quelle censurate dallo Stato con i precedenti ricorsi n. 26
del  2005  e  n. 1  del  2006,  essendo  le  altre questioni trattate
separatamente.
    1.4. - Il primo dei ricorsi indicati pone tre questioni relative,
rispettivamente,  alle materie dei rifiuti, della conservazione degli
habitat  naturali  e delle concessioni di grandi derivazioni di acque
pubbliche  a  scopo  idroelettrico.  Il  secondo  ed il terzo ricorso
pongono, seppure in una prospettiva diametralmente opposta, questioni
sostanzialmente    affini    in   materia   di   grandi   derivazioni
idroelettriche.
    2.  -  Considerata  la  parziale identita' delle questioni, i tre
giudizi possono essere riuniti per essere decisi con unica sentenza.
    2.1.  -  In  relazione  alla  materia  delle  grandi  derivazioni
idroelettriche, alla luce della sopravvenuta disciplina di attuazione
statutaria  dettata  dal  decreto legislativo 7 novembre 2006, n. 289
(Norme  di  attuazione  dello statuto speciale della regione autonoma
Trentino-Alto  Adige/Südtirol,  recanti  modifiche al d.P.R. 26 marzo
1977,  n. 235,  in  materia di concessioni di grandi derivazioni), il
Presidente  del Consiglio dei ministri ha rinunciato ai ricorsi n. 26
del  2005  e  n. 1  del  2006  e  la  Provincia autonoma di Trento ha
rinunciato al ricorso n. 40 del 2006.
    Le rinunce sono state ritualmente accettate.
    In riferimento a tali questioni deve, pertanto, essere dichiarata
l'estinzione del giudizio.
    3. - Restano, dunque, da esaminare i profili del ricorso proposto
dallo  Stato  avverso  la  legge  provinciale n. 10 del 2004 (ricorso
n. 26  del 2005) riguardanti la disciplina dei rifiuti e quella della
conservazione degli habitat naturali.
    Al  riguardo  deve,  inoltre,  precisarsi  che le norme impugnate
relative   alla  conservazione  degli  habitat  naturali  sono  state
riprodotte  nella successiva legge provinciale 23 maggio 2007, n. 11,
agli  artt. 37  e 39, per cui il ricorso del Presidente del Consiglio
dei  ministri  deve  intendersi  come  riferito anche a queste ultime
disposizioni.
    3.1.  -  In  relazione  ad  entrambi i sopra indicati profili, la
difesa della Provincia autonoma di Trento eccepisce anzitutto, in via
preliminare,  l'inammissibilita' del ricorso per non aver chiarito il
ricorrente  se  intende riferirsi alle competenze di cui allo statuto
speciale  o a quelle di cui alla Costituzione, e, per quanto riguarda
le discariche dei rifiuti, per non aver precisato di quali violazioni
si tratta.
    L'eccezione  non  e'  fondata.  Infatti,  per  quanto  riguarda i
rifiuti,  e'  agevolmente  comprensibile  quali  siano  le violazioni
contestate,  e, per quanto riguarda gli habitat naturali, e' evidente
che  il ricorrente censura innanzitutto che le disposizioni impugnate
«eccedono»   dalle   materie  statutarie,  ed  in  secondo  luogo  fa
riferimento  alla  disposizione  costituzionale  di cui all'art. 117,
comma secondo, lettera s) della Costituzione, per l'ipotesi in cui si
ritenga   applicabile   detto  parametro  costituzionale,  alla  luce
dell'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001.
    4.  -  Occorre  poi premettere, per la soluzione del problema del
riparto  di  competenze  tra  Stato,  Regioni  e Province autonome in
materia di ambiente, che sovente l'ambiente e' stato considerato come
«bene immateriale».
    Sennonche',  quando  si guarda all'ambiente come ad una «materia»
di  riparto  della  competenza  legislativa  tra  Stato e Regioni, e'
necessario  tener  presente  che  si  tratta  di  un bene della vita,
materiale  e complesso, la cui disciplina comprende anche la tutela e
la  salvaguardia  delle  qualita' e degli equilibri delle sue singole
componenti. In questo senso, del resto, si e' gia' pronunciata questa
Corte  con  l'ordinanza  n. 144  del  2007,  per distinguere il reato
edilizio da quello ambientale.
    Oggetto  di  tutela,  come si evince anche dalla Dichiarazione di
Stoccolma   del   1972,   e'   la   biosfera,   che  viene  presa  in
considerazione, non solo per le sue varie componenti, ma anche per le
interazioni fra queste ultime, i loro equilibri, la loro qualita', la
circolazione  dei  loro  elementi,  e  cosi'  via.  Occorre, in altri
termini,  guardare all'ambiente come «sistema», considerato cioe' nel
suo  aspetto dinamico, quale realmente e', e non soltanto da un punto
di vista statico ed astratto.
    La  potesta'  di  disciplinare  l'ambiente nella sua interezza e'
stato  affidato, in riferimento al riparto delle competenze tra Stato
e Regioni, in via esclusiva allo Stato, dall'art. 117, comma secondo,
lettera s),  della  Costituzione,  il  quale,  come e' noto, parla di
«ambiente»  in  termini  generali  e  onnicomprensivi.  E  non  e' da
trascurare  che  la  norma  costituzionale  pone  accanto alla parola
«ambiente» la parola «ecosistema».
    Ne  consegue  che  spetta allo Stato disciplinare l'ambiente come
una  entita'  organica, dettare cioe' delle norme di tutela che hanno
ad  oggetto  il  tutto e le singole componenti considerate come parti
del tutto.
    Ed e' da notare, a questo proposito, che la disciplina unitaria e
complessiva  del  bene  ambiente inerisce ad un interesse pubblico di
valore costituzionale primario (sentenza n. 151 del 1986) ed assoluto
(sentenza  n. 210  del  1987),  e  deve garantire, (come prescrive il
diritto   comunitario)  un  elevato  livello  di  tutela,  come  tale
inderogabile da altre discipline di settore.
    Si  deve  sottolineare,  tuttavia, che, accanto al bene giuridico
ambiente  in senso unitario, possano coesistere altri beni giuridici,
aventi  ad  oggetto  componenti  o  aspetti  del  bene  ambiente,  ma
concernenti interessi diversi giuridicamente tutelati.
    Si parla, in proposito, dell'ambiente come «materia trasversale»,
nel  senso  che  sullo  stesso  oggetto insistono interessi diversi :
quello  alla  conservazione  dell'ambiente e quelli inerenti alle sue
utilizzazioni.  In  questi  casi,  la  disciplina  unitaria  del bene
complessivo  ambiente,  rimessa  in via esclusiva allo Stato, viene a
prevalere  su quella dettata dalle Regioni o dalle Province autonome,
in  materie  di  competenza  propria,  ed  in  riferimento  ad  altri
interessi.
    Cio'  comporta  che  la  disciplina  ambientale,  che  scaturisce
dall'esercizio  di  una  competenza esclusiva dello Stato, investendo
l'ambiente  nel  suo complesso, e quindi anche in ciascuna sua parte,
viene a funzionare come un limite alla disciplina che le Regioni e le
Province  autonome  dettano  in altre materie di loro competenza, per
cui  queste ultime non possono in alcun modo derogare o peggiorare il
livello di tutela ambientale stabilito dallo Stato.
    E'  quanto  ha  affermato la sentenza n. 246 del 2006, secondo la
quale  «la  giurisprudenza  costituzionale  e'  costante nel senso di
ritenere  che  la  circostanza  che  una  determinata  disciplina sia
ascrivibile  alla materia «tutela dell'ambiente» di cui all'art. 117,
secondo comma, lettera s), della Costituzione, se certamente comporta
il  potere  dello  Stato  di  dettare standard di protezione uniformi
validi  su  tutto  il  territorio nazionale e non derogabili in senso
peggiorativo da parte delle Regioni, non esclude affatto che le leggi
regionali  emanate  nell'esercizio  della potesta' concorrente di cui
all'art. 117,   terzo   comma,   della   Costituzione,  o  di  quella
«residuale» di cui all'art. 117, quarto comma, possano assumere tra i
propri  scopi  anche  finalita'  di tutela ambientale (si vedano, tra
molte,  le  sentenze  numeri 183 del 2006; 336 e 232 del 2005; n. 259
del 2004 e n. 407 del 2002)».
    La  segnalata  particolarita' della disciplina del bene giuridico
ambiente considerato nella sua completezza ed unitarieta' riverbera i
suoi effetti anche quando si tratta di Regioni speciali o di Province
autonome,  con l'ulteriore precisazione, pero', che qui occorre tener
conto degli statuti speciali di autonomia.
    E a questo proposito bisogna ricordare che allorche' si tratta di
Regioni  a  statuto  speciale  o  di  Province autonome, gli statuti,
nell'attribuire  competenze  legislative  a detti enti distinguono le
materie  oggetto  di una potesta' legislativa primaria, dalle materie
oggetto di una potesta' legislativa concorrente.
    Il  primo  problema che si pone nel presente giudizio e' pertanto
quello di stabilire se ci sia una competenza della Provincia autonoma
nella  materia di cui si discute, essendo noto che tutto cio' che gli
statuti  non  riservano  all'ente  di autonomia resta attribuito alla
competenza  dello  Stato,  salvo  quanto stabilito dall'art. 10 della
legge costituzionale n. 3 del 2001. Ed in secondo luogo, qualora tale
competenza  sussista,  se  si  tratti  di  una  competenza primaria o
concorrente, poiche', nel primo caso, la Provincia autonoma e' tenuta
ad osservare soltanto i principi generali dell'ordinamento e le norme
fondamentali  di  riforma  economica e sociale, e nel secondo caso e'
tenuta  ad  osservare  anche  i  principi fondamentali della materia,
dettati dalle leggi statali.
    5.  -  Per  quanto riguarda il settore dei rifiuti, il Presidente
del  Consiglio  dei ministri ha impugnato i commi 14 e 15 dell'art. 8
della   legge   provinciale  n. 10  del  2004,  rispettivamente,  per
violazione  dell'art. 17  del  decreto  legislativo  13 gennaio 2003,
n. 36  (Attuazione  della direttiva 99/31/CE relativa alle discariche
dei  rifiuti),  e  per violazione degli artt. 11, 12 e 15 del decreto
legislativo   5 febbraio  1997,  n. 22  (Attuazione  della  direttiva
91/156/CE   sui   rifiuti,  della  direttiva  91/698/CE  sui  rifiuti
pericolosi  e della direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti
di imballaggi).
    Il  comma 14 dell'art. 8 impugnato, che sostituisce l'art. 75 del
decreto  del  Presidente della Giunta provinciale n. 1-41/Legisl. del
1987,  dispone,  per  quanto interessa il presente ricorso, che: «nei
casi  di  particolare  urgenza  e  necessita'  di tutelare le risorse
ambientali  e la salute pubblica, la Giunta provinciale puo' disporre
o  autorizzare,  anche  in  deroga ai piani previsti dall'art. 65, il
potenziamento  o  l'ampliamento  delle  discariche  esistenti  per  i
rifiuti  urbani o la realizzazione di nuovi impianti e discariche, se
non  sussiste altra possibilita', oppure il ricorso ad altre forme di
smaltimento e recupero dei rifiuti urbani. Per le stesse finalita' la
Giunta  provinciale  puo'  disporre  o  autorizzare il conferimento e
l'esportazione   dei   rifiuti  urbani  e  assimilabili  in  impianti
localizzati  fuori  Provincia,  previa  intesa,  se  occorre,  con la
Regione,   le   Province  autonome  e  le  amministrazioni  pubbliche
interessate; inoltre la Giunta puo' rideterminare, anche in deroga ai
piani  previsti dall'art. 65, i bacini di conferimento degli impianti
ubicati   in   Provincia,  indicando  le  forme  e  le  modalita'  di
coordinamento  tra  gli  enti  locali responsabili della gestione dei
rifiuti urbani».
    Il  comma 15  dell'art. 8,  che  sostituisce  l'art. 77 del sopra
indicato  decreto  del  Presidente della Giunta provinciale, dispone,
per  quanto  interessa il presente ricorso, che: «qualora, in sede di
progettazione  o  di  esecuzione  di  opere  pubbliche o private, sia
rilevata  nell'area  di  intervento  la  presenza  di discariche e di
stoccaggi  incontrollati  di  rifiuti,  esclusi i rifiuti pericolosi,
realizzati   prima  del  16 dicembre  1999,  l'amministrazione  o  il
soggetto  interessato  o  il  relativo  appaltatore  provvede, per le
finalita' di bonifica del comma 1, con le seguenti modalita' [...] c)
per   le   operazioni  di  messa  in  sicurezza  si  prescinde  dalla
prestazione   di  garanzie  finanziarie,  nonche'  dagli  adempimenti
previsti  dagli  artt. 11,  12 e 15 del decreto legislativo n. 22 del
1997, tranne che per i rifiuti allontanati dal sito».
    In proposito, ed in relazione a quanto si e' sopra detto, occorre
innanzitutto  precisare  che  lo  statuto della Provincia autonoma di
Trento  non prevede come competenza della Provincia stessa il settore
dei  rifiuti,  non potendosi ritenere che questi rientrino, ai sensi,
rispettivamente,  dell'art. 8,  numero  5,  e dell'art. 9, numero 10,
dello  statuto  (nel quale ultimo caso varrebbero comunque i principi
dettati  dalle  leggi dello Stato; art. 5 dello stesso statuto) nella
nozione  di  «urbanistica  e  piani  regolatori», ovvero di «igiene e
sanita».  Ne  consegue  che  essi  non  possono  che  ricadere  nella
competenza  dello  Stato,  in  base  ai  sopra ricordati principi che
regolano  i  rapporti  tra  Stato  ed  autonomie.  E'  da  avvertire,
peraltro,  che  la  competenza  dello Stato, come si e' detto, e' poi
espressamente  prevista  dall'art. 117, comma secondo, lettera s), il
quale  parla  di  una competenza esclusiva in materia di «ambiente ed
ecosistema».  Tale  competenza esclusiva, inoltre, non esclude che lo
Stato  possa anche attribuire alla Provincia funzioni al riguardo. Ed
e'  da  ricordare  a  questo proposito che gia' l'art. 85 del decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti
amministrativi  dello  Stato  alle  regioni  e  agli  enti locali, in
attuazione  del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), ripreso poi
dal  decreto  legislativo  3 aprile  2006,  n. 152  (Norme in materia
ambientale),  attribuiva  alle  Regioni  le competenze concernenti la
gestione  dei  rifiuti,  e  che  le norme statali di attuazione delle
direttive  comunitarie,  per quanto attiene alla Provincia di Trento,
non  fanno  eccezione  a  questo  principio  (ad  esempio  per quanto
concerne i piani di adeguamento delle discariche).
    Occorre  inoltre precisare, in relazione a tale argomento, che le
norme statali di cui si discute sono norme di attuazione di direttive
comunitarie, che la Provincia autonoma e' tenuta ad osservare.
    Venendo  all'esame  della  questione, occorre sottolineare che il
comma 14  dell'art. 8,  pur facendo riferimento ai casi di necessita'
ed  urgenza,  in  realta'  non  pone un regime particolare riferito a
questa  ipotesi  eccezionale,  ma crea un regime alternativo a quello
predisposto  dallo  Stato  in attuazione di direttive comunitarie, in
ordine  all'uso delle discariche esistenti, alla costruzione di nuovi
impianti,  al  trasporto  dei rifiuti, all'utilizzo di altre forme di
smaltimento  ed alla modifica dei bacini di conferimento. Sennonche',
l'Avvocatura  generale dello Stato, censurando soltanto la violazione
dell'art. 17  del  d.lgs.  n. 36  del  2003,  che  si  riferisce alle
discariche   esistenti  (in  attuazione  della  direttiva  99/31/CE),
impugna  unicamente  le  norme  che riguardano il potere della Giunta
provinciale   di   disporre   o   autorizzare   il   potenziamento  o
l'ampliamento  delle  discariche  esistenti. E' in relazione a queste
ultime che la Corte deve pronunciarsi.
    Ed  in  proposito e' sufficiente ricordare che il citato art. 17,
del  d.lgs.  n. 36  del  2003  pone  due  regole  fondamentali: a) le
discariche  gia'  autorizzate  possono continuare a ricevere rifiuti,
per  i  quali  sono  state  autorizzate, fino al 31 dicembre 2006; b)
entro   sei   mesi   dall'entrata  in  vigore  del  medesimo  decreto
legislativo,  il  titolare  dell'autorizzazione, o, su sua delega, il
gestore della discarica, deve presentare all'autorita' competente «un
piano di adeguamento della discarica stessa alle previsioni di cui al
presente decreto, incluse le garanzie finanziarie». Il comma 14, come
risulta  dalla semplice lettura del testo, dispensa invece, sia dalla
data   di   scadenza   per   l'utilizzazione  delle  discariche  gia'
autorizzate,  sia  dal  piano di adeguamento delle discariche stesse.
Esso,  dunque,  relativamente  alla  parte  impugnata, deve ritenersi
costituzionalmente illegittimo.
    Per quanto riguarda il comma 15, occorre ricordare che questo, in
riferimento  all'ipotesi  del  rinvenimento di una discarica o di uno
stoccaggio  di  rifiuti  abusivi,  prevede che si puo' procedere alla
bonifica  del  sito e che «per l'esecuzione delle operazioni di messa
in   sicurezza   si   prescinde   dalla  prestazioni  delle  garanzie
finanziarie,  nonche' dagli adempimenti previsti dagli artt. 11, 12 e
15  del  decreto  legislativo  n. 22  del  1997  (di attuazione della
direttiva  91/156/CE  sui  rifiuti,  della  direttiva  91/689/CE  sui
rifiuti  pericolosi e della direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e sui
rifiuti  di  imballaggio),  tranne  che per i rifiuti allontanati dal
sito» (paragrafo 1-ter, lettera c).
    Il  ricorso  dell'Avvocatura  generale dello Stato non lamenta la
deroga  dell'obbligo  di  prestazione  delle garanzie finanziarie, ma
solo  la violazione degli artt. 11 (catasto rifiuti), 12 (registro di
carico  e  scarico)  e  15 (formulario di identificazione dei rifiuti
trasportati),  sicche'  e'  solo  in  relazione  a queste censure che
occorre decidere.
    La  disposizione  impugnata, se interpretata nel senso che per le
operazioni   di   messa   in   sicurezza  si  procede  soltanto  alla
«movimentazione»  in  sito  dei  rifiuti, e non alla loro «raccolta e
trasporto»,  come  fa  pensare  l'inciso  «tranne  che  per i rifiuti
allontanati  dal  sito»,  non presenta profili di lesivita'. Le norme
statali  di  cui agli artt. 11, 12 e 15 del d.lgs. n. 22 del 1997, si
riferiscono  infatti solo alla «raccolta ed al trasporto» dei rifiuti
e  non  alla  loro  movimentazione all'interno di un'area privata. Lo
conferma,  del  resto,  l'art. 193,  comma 9,  del successivo decreto
legislativo  n. 152 del 2006, secondo il quale «la movimentazione dei
rifiuti esclusivamente all'interno di aree private non e' considerata
trasporto ai fini della parte quarta del presente decreto».
    La  dizione  usata  dal  legislatore  provinciale  deve, in altri
termini,   considerarsi   impropria,   poiche'   non   si  tratta  di
disapplicazione di norme statali, come farebbe ritenere l'espressione
«si prescinde», ma di semplice loro non pertinenza al caso.
    Alla  luce  della  su  esposta  interpretazione,  il ricorso deve
dunque essere rigettato sul punto.
    6. - Per quanto riguarda la conservazione degli habitat naturali,
la  questione  concerne  la  «designazione»  delle  «zone speciali di
conservazione»  (ZSC)  ed  «i  rapporti» da tenere con la Commissione
europea in caso di incidenza su dette zone di piani ed interventi che
possano  richiedere  una  limitazione  delle  misure  previste per la
tutela ambientale di tali zone.
    Le  norme  provinciali impugnate dal Presidente del Consiglio dei
ministri sono le seguenti.
    L'art. 9,  commi 2  e  3  della legge Provinciale, il quale cosi'
recita:  «La disciplina stabilita dal presente articolo si applica ai
siti  e  alle  zone  ricadenti  nel  territorio provinciale [...]. La
Giunta provinciale, con proprie deliberazioni, anche sulla base degli
esiti  dell'attivita'  di  monitoraggio  di cui al comma 7, designa i
siti  di  importanza  comunitaria di cui al comma 2, lettera a), come
zone  speciali  di  conservazione  a  norma dell'art. 4, paragrafo 4,
della direttiva 92/43/CE».
    L'art. 9, comma 11, il quale prevede che: «Qualora la valutazione
di  incidenza sui progetti [...] dia luogo a conclusioni negative, il
superamento  di  tali  esiti  puo' essere deciso esclusivamente dalla
Giunta  Provinciale,  su  richiesta  del  soggetto  interessato,  nel
rispetto dei criteri e dei limiti stabiliti dall'art. 6, paragrafo 4,
della  direttiva  92/43/CE. I rapporti con la Commissione europea, ai
sensi dell'art. 6, paragrafo 4, della direttiva 92/43/CE, sono tenuti
direttamente   dal   Presidente  della  Provincia,  che  provvede  ad
informare  anche  il  Ministero  dell'ambiente  e  della  tutela  del
territorio».
    L'art. 10  della  stessa  legge provinciale riguarda le misure di
salvaguardia  da  adottare  in  attesa  della  messa  a  punto  delle
ordinarie   misure   di   conservazione   delle   zone   speciali  di
conservazione.   Si   tratta   cioe'  di  norme  consequenziali  alle
disposizioni di cui al comma 5 dell'art. 9.
    7.  -  Per la migliore comprensione della questione, e' opportuno
ricordare  che il procedimento prevede: una «individuazione» dei siti
da   considerare   come   «siti  di  importanza  comunitaria»  (SIC),
effettuata  dalle  Regioni e dalle Province autonome; la trasmissione
di   detta   individuazione,   da  parte  dello  Stato  membro,  alla
Commissione   europea;   l'approvazione   da  parte  di  quest'ultima
dell'elenco  dei  siti; la scelta, sempre da parte della Commissione,
di quelli che essa ritiene di importanza naturalistica tale da essere
considerati  come  «zone  speciali  di  conservazione»;  ed infine la
«designazione» di detti siti come «zone speciali di conservazione» da
parte  dello  stesso Stato membro, il quale, nel frattempo, ha dovuto
«classificare»  i  siti  ZSC  come  una  speciale  tipologia di «area
protetta».
    Per  quanto concerne i rapporti con la Commissione europea, dalle
stesse  direttive si desume che questi rapporti debbono essere tenuti
dallo Stato membro.
    Occorre  inoltre  precisare  che  la specifica materia oggetto di
contestazione  rientra  nella  competenza  primaria  della  Provincia
autonoma,  poiche'  l'art. 8, comma 16 dello statuto attribuisce alla
Provincia  stessa  la  competenza  in materia di «parchi e protezione
della  flora  e della fauna». Ne consegue, come si e' sopra chiarito,
che  la  potesta'  legislativa  della  Provincia, in questa specifica
materia,  deve  essere esercitata in armonia con la Costituzione ed i
principi  dell'ordinamento giuridico della Repubblica, nonche' con il
rispetto  degli  obblighi internazionali, degli interessi nazionali e
delle   norme   fondamentali   di  riforma  economico  sociale  della
Repubblica.
    8.  -  Il Presidente del Consiglio dei ministri impugna le citate
norme  provinciali  di  cui  all'art. 9,  commi 2 e 3, concernenti il
potere   di   «designazione»   dei   siti   come   zone  speciali  di
conservazione,  per violazione dell'art. 5 della legge 8 luglio 1986,
n. 349 (Istituzione del Ministero dell'ambiente e norme in materia di
danno  ambientale),  e  dell'art. 3  del decreto del Presidente della
Repubblica  8 settembre  1997, n. 357 (Regolamento recante attuazione
della  direttiva  92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat
naturali   e   seminaturali,   nonche'  della  flora  e  della  fauna
selvatiche).  Tale  ultima  disposizione  prevede che le Regioni e le
Province  autonome  di  Trento  e  Bolzano  «individuano»  i  siti di
interesse  comunitario  per  la  costituzione  della  rete  ecologica
europea   denominata  «Natura  2000»  e  ne  danno  comunicazione  al
Ministero  dell'ambiente,  il  quale raccoglie tali indicazioni in un
elenco  che  invia  alla  Commissione europea, tenuta, a sua volta, a
scegliere,  tra  tali  siti,  le  zone  speciali di conservazione. Lo
stesso  Ministero  dell'ambiente provvede poi a «designare», d'intesa
con le Regioni, detti siti quali zone speciali di conservazione.
    La  difesa  della  Provincia  eccepisce che detto regolamento, ai
sensi  anche  della  sentenza  della  Corte costituzionale n. 425 del
1999,  non  puo'  vincolare  la Provincia stessa, e che, comunque, si
tratta di un regolamento cedevole, il quale ha perso di efficacia con
l'entrata in vigore delle norme impugnate, che sono da intendere come
norme di attuazione della direttiva comunitaria.
    Tale  eccezione,  per  quanto  esatta  -  poiche'  il regolamento
statale  di  attuazione  delle  direttive comunitarie in questione ha
natura   cedevole   rispetto   alla   successiva  legge  regionale  o
provinciale  di  attuazione  -  non  rileva  ai fini della decisione,
venendo   in   evidenza   la   violazione   dei   principi   generali
dell'ordinamento (sentenza n. 425 del 1999).
    Il   ricorso   e'  fondato,  poiche'  le  disposizioni  impugnate
contrastano con detti principi generali dell'ordinamento, nonche' con
le  norme  fondamentali di riforma economica e sociale invocati dallo
Stato.
    Si  tratta  del  principio  di  cui all'art. 5, commi 1e 2, della
legge  n. 349  del  1986,  il  quale  e' stato integrato dall'art. 8,
comma 3, della legge 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree
protette),  secondo il quale «qualora il parco o la riserva interessi
il territorio di una Regione a statuto speciale o Provincia autonoma,
si procede d'intesa».
    Se  si  tiene  presente  che i parchi e le riserve, cosi' come le
zone   speciali   di  conservazione,  sono  classificati  come  «aree
protette»,  e' fin troppo evidente che il riferimento all'intesa, per
la  designazione  ed  istituzione  dei parchi e delle riserve, deve a
maggior  ragione riferirsi anche alle zone speciali di conservazione.
Tanto  piu'  che  tali  zone  sono  di  interesse internazionale e la
designazione  di  aree  protette internazionali spetta allo Stato, ai
sensi del citato art. 5, comma 2, della legge n. 349 del 1986.
    Cio'  e'  confermato, peraltro, dalla sentenza n. 366 del 1992 di
questa  Corte,  nella  quale  si legge che «come questa Corte ha piu'
volte  affermato,  pur  in  assenza  della  legge  quadro  sulle aree
protette  [...], le attivita' ora elencate (e cioe' «la competenza di
individuazione   delle   aree   protette   di   rilievo  nazionale  o
internazionale,  nonche'  quelle relative alla loro classificazione e
all'istituzione  su di esse di parchi nazionali o di riserve naturali
statali»)  rientrano  nella competenza del soggetto che deve valutare
l'interesse   naturalistico   che   si   intende  perseguire  con  la
costituzione  del  parco o della riserva naturale [...]. Sicche', ove
l'interesse    considerato   sia   non   irragionevolmente   ritenuto
d'importanza  nazionale  o  internazionale,  le  competenze  relative
all'individuazione   delle   aree,   alla   loro   classificazione  e
all'istituzione  su di esse di parchi nazionali o di riserve naturali
statali  (e,  quindi,  all'istituzione  di  un  regime  vincolistico,
consistente nell'adozione di «misure di conservazione», su altri tipi
di  aree  protette  di  rilievo  internazionale) spettano allo Stato,
qualunque sia l'ubicazione dell'area da proteggere».
    Ed  e'  inoltre  da sottolineare che, come si evince dagli stessi
commi 1  e  3  dell'art. 9  della legge provinciale impugnata, per la
materia in esame, occorre distinguere la «individuazione» dei siti di
importanza  comunitaria,  dalla «designazione» delle zone speciali di
conservazione, e che «individuazione» e «designazione» esprimono, nel
caso  di  specie,  due concetti diversi, consistendo l'individuazione
nella   pura   indicazione   del  sito,  e  costituendo,  invece,  la
«designazione» l'atto che sottopone la zona prescelta ad uno speciale
statuto  vincolistico,  consistente nell'adozione di speciali «misure
di  conservazione».  In  altri  termini,  la  parola  «designazione»,
utilizzata  nella  direttiva comunitaria ha lo stesso significato che
l'ordinamento     nazionale     ha     tradizionalmente    attribuito
all'espressione «istituzione di un'area protetta».
    Dunque, la «designazione» di quella particolare area protetta che
e'  stata  classificata come zona speciale di conservazione, non puo'
essere  effettuata  unilateralmente dalla Giunta provinciale, ma deve
essere  effettuata dallo Stato d'intesa con la Provincia autonoma. Se
ne deve dedurre che i commi 2 e 3 dell'art. 9 della legge provinciale
n. 10 del 2004 sono costituzionalmente illegittimi.
    Per  quanto riguarda le censure riferite al comma 11 dello stesso
art. 9,  e'  da  precisare  che il ricorrente non si lamenta soltanto
dell'attribuzione  alla  Giunta  provinciale del potere di «superare»
l'esito  negativo  della  procedura  di  valutazione di incidenza dei
progetti sulle zone speciali di conservazione, ma anche del fatto che
esso  attribuisce al Presidente della Giunta la competenza a tenere i
«rapporti»  con  la Commissione europea in relazione a detta materia.
Si  tratta del potere di interloquire con la Commissione europea, che
spetta  allo Stato, ai sensi dell'art. 1, comma 5, della legge n. 349
del  1986  (che  attribuisce  al Ministro dell'ambiente il compito di
rappresentare  l'Italia  presso gli organismi della comunita' Europea
in  materia  di  ambiente  e  di  patrimonio  culturale),  in base al
principio  sancito  dai  commi  terzo  e  quinto  dell'art. 117 della
Costituzione,  i  quali  attribuiscono  allo  Stato  la  competenza a
disciplinare  i  rapporti delle Regioni e delle Province autonome con
l'Unione  europea  e  a definire le procedure di partecipazione delle
stesse,  nelle materie di loro competenza, alla formazione degli atti
comunitari.
    L'invocato  art. 1,  comma 5,  della  legge  n. 349  del  1986 e'
pienamente  ribadito  dall'art. 5  della  legge 5 giugno 2003, n. 131
(Disposizioni  per  l'adeguamento  dell'ordinamento  della Repubblica
alla  legge  costituzionale  n. 3  del  2001),  il  quale conferma il
principio  della  unitarieta'  della rappresentazione della posizione
italiana nei confronti dell'Unione europea.
    La  Provincia  autonoma  di  Trento  non  puo' pertanto ascrivere
direttamente   alla   propria   competenza  il  potere  di  mantenere
«rapporti»  con  l'Unione  europea,  prescindendo  dalle  leggi dello
Stato.
    Le  relative  disposizioni  impugnate devono ritenersi, pertanto,
costituzionalmente illegittime.
    9.  -  Quanto all'art. 10 della legge provinciale n. 10 del 2004,
le  censure  sono  inammissibili,  poiche' il ricorrente considera le
norme contenute in detto articolo come consequenziali a quelle di cui
ai  commi 2  e  3  dell'art. 9,  mentre  esse  sono consequenziali al
comma 5  del  medesimo  articolo,  comma  che non e' stato oggetto di
impugnazione.