IL GIUDICE DI PACE Ha pronunciato la seguente ordinanza. Letti gli atti dei procedimento penale n. 612/03 a carico di Bianchi Rosa nata in Alzano Lombardo il 6 aprile 1948; Atteso che il predetto e' chiamato a rispondere con atto di citazione emesso il 2 dicembre 2003 del reato di cui all'art. 520 c.p.; Letta la richiesta del difensore dell'imputato, con la quale si prospetta l'intervenuta prescrizione ai sensi dell'art. 157, comma 5 c.p., come novellato dall'art. 6 della legge n. 251/2005; Ritenuto che, a tale riguardo va richiamato il contenuto dell'ordinanza n. 29786 del 2006 della Corte suprema di cassazione del seguente tenore: «Ebbene, a proposito delle sanzioni applicabili dal giudice di pace o dal giudice comunque chiamato a giudicare dei reati di competenza del giudice di pace, il d.lgs. n. 274 dei 2000, art. 52, stabilisce una sorta di summa divisio tra i reati per i quali e' prevista la sola pena della multa o dell'ammenda, per i quali continuano ad applicarsi le pene pecuniarie vigenti, e tutti gli altri reati per i quali il comma 2 dello stesso articolo stabilisce che, in luogo delle pene detentive, si applichi - con mecanismi differenziati a seconda delle varie ipotesi ivi prese in considerazione - o la pena pecuniaria della specie corrispondente, o la pena della permanenza domiciliare o quella dei lavoro di pubblica utilita' (ove per il reato sia prevista la pena detentiva alternativa a quella pecuniania, le sanzioni "paradetentive" sono applicabili soltanto se la pena detentiva e' superiore nel massimo a sei mesi). In sostanza, per le ipotesi meno gravi, per le quali la sanzione applicabile e' solo la pena pecuniaria, il termine di prescrizione e', a norma del novellato art. 157 c.p., quello previsto dai primo comma (sei anni se si tratta di delitto e quattro anni se si tratta di contravvenzione); nei casi di maggior gravita', quali quelli per i quali sono applicabili le pene della permanenza domiciliare o del lavoro di pubblica utilita', il termine, inspiegabilmente, si riduce a tre anni. La previsione che qui si censura appare dunque priva di razionalita' intrinseca e tale da vulnerare, ad un tempo, il principio di ragionevolezza ed il canone della uguaglianza presidiati dall'art. 3 Cost.». Rilevato che il denunciato profilo di incostituzionalita' rilevante e non manifestamente infondato.