Ordinanza
nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 346,
della  legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione
del  bilancio  annuale  e pluriennale dello Stato - legge finanziaria
per il 2005), promosso con Ordinanza dell'1 giugno 2006 dal Tribunale
ordinario  di  Torino  nel  procedimento  civile  vertente  tra  Puma
Francesco e Lapiccirella Luca Angelo, iscritta al n. 245 del registro
ordinanze   2007   e   pubblicata   nella  Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica, edizione straordinaria del 26 aprile 2007.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
Udito  nella  Camera  di  consiglio  del 26 settembre 2007 il giudice
relatore Alfio Finocchiaro.
Ritenuto   che,  con  Ordinanza  dell'1  giugno  2006,  il  Tribunale
ordinario   di   Torino   ha   sollevato  questione  di  legittimita'
costituzionale  dell'art. 1, comma 346, della legge 30 dicembre 2004,
n. 311  (Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale  e
pluriennale  dello  Stato  -  legge  finanziaria  per  il  2005), per
contrasto  con l'art. 24 della Costituzione, perche', subordinando la
validita' del rapporto civilistico di locazione all'adempimento di un
onere,  qual  e'  la  registrazione,  che ha finalita' esclusivamente
fiscali,  condizionerebbe  all'adempimento  di tale onere l'esercizio
del diritto del locatore di agire in giudizio;
     che  il  rimettente riferisce che il procedimento a quo ha avuto
origine  da  una intimazione di sfratto per morosita' con contestuale
citazione per la convalida;
     che l'intimante ha dedotto che l'unita' immobiliare in questione
era  condotta  in  locazione  dall'intimato, in forza di contratto di
locazione  ad  uso  diverso  da  quello  abitativo, sottoscritto il 5
luglio  2005  per  la durata di un anno, per il canone di euro 150,00
trimestrali;  che  il conduttore si era reso moroso nel pagamento del
canone  relativo  a  due trimestri, per l'importo di euro 300,00; che
all'udienza  fissata  ai  sensi dell'art. 663 del codice di procedura
civile  il procuratore dell'intimante, stante l'assenza del convenuto
e  la  ritualita'  della  notifica,  aveva  chiesto  la  pronuncia di
ordinanza di convalida di sfratto;
     che  il  giudice  a  quo,  rilevata la mancata registrazione del
contratto  sottoscritto  tra  le  parti, alla luce dell'art. 1, comma
346,  della  legge  n. 311  del  2004,  nonche' degli artt. 2 e 3 del
d.P.R.  26  aprile  1986,  n. 131 (Approvazione del testo unico delle
disposizioni   concernenti  l'imposta  di  registro)  e  ritenuta  la
nullita' del contratto, ha provveduto, ai sensi degli artt. 426 e 667
cod.  proc. civ., disponendo il mutamento del rito ed assegnando alle
parti termine per il deposito delle memorie integrative;
     che,   nelle  more  dell'udienza  di  discussione,  l'attore  ha
provveduto  alla  registrazione  del  contratto e, in sede di memoria
integrativa   ha   chiesto   che,   previo   accertamento  del  grave
inadempimento  del  conduttore,  il Tribunale pronunci la risoluzione
del  contratto di locazione con conseguente condanna del convenuto al
rilascio dell'immobile;
     che  la  parte  attrice ha sottolineato la efficacia retroattiva
della  tardiva registrazione del contratto che, quale mera condizione
di  esigibilita'  del  canone, consentirebbe al locatore di percepire
retroattivamente   tutti   i  canoni  maturati  successivamente  alla
regolarizzazione     fiscale,     non    inficiando    l'accertamento
dell'inadempimento  del  conduttore - rimesso all'ordinaria azione di
cognizione successiva al mutamento del rito - e, quindi, la pronuncia
di risoluzione;
     che il giudice a quo rileva che l'art. 1, comma 346, della legge
n. 311 del 2004 prevede che «I contratti di locazione, o che comunque
costituiscono  diritti  relativi  di godimento, di unita' immobiliari
ovvero   di   loro  porzioni,  comunque  stipulati,  sono  nulli  se,
ricorrendone  i  presupposti,  non sono registrati»; che, inoltre, ai
sensi dell'art. 2, comma 1, del d.P.R. n. 131 del 1986, sono soggetti
a  registrazione  «a) gli atti indicati nella tariffa, se formati per
iscritto  nel territorio dello Stato; b) i contratti verbali indicati
nel  comma  primo  dell'art.  3»;  che il successivo art. 3, comma 1,
dello  stesso  d.P.R.  n. 131  del  1986  prevede che sono soggetti a
registrazione «i contratti verbali: a) di locazione o affitto di beni
immobili  esistenti  nel  territorio dello Stato e relative cessioni,
risoluzioni  e  proroghe  anche  tacite»; che, secondo l'art. 5 della
Parte  prima  della  Tariffa allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, sono
soggetti  a  registrazione  in termine fisso gli atti di «locazione e
affitti  di beni immobili: a) quando hanno per oggetto fondi rustici;
[...] b) in ogni altro caso»;
     che, pertanto, dalla lettura coordinata di tali disposizioni, si
evincerebbe la nullita' di tutti i contratti di locazione, ovvero dei
contratti   che   costituiscono   diritti   relativi   di  godimento,
sottoscritti in data successiva al 1 gennaio 2005 e non registrati;
     che,   a   fronte   della   declaratoria  di  nullita',  non  e'
espressamente  prevista la possibilita' di un'eventuale registrazione
tardiva, con effetti sananti ex tunc;
     che  il  rimettente  sospetta,  conseguentemente,  che l'art. 1,
comma  346,  della  legge  n. 311  del 2004 si ponga in contrasto con
l'art.  24,  primo comma, della Costituzione, in quanto, subordinando
il  rapporto  civilistico  all'adempimento  di  un  onere, qual e' la
registrazione,    previsto    esclusivamente    a    fini    fiscali,
condizionerebbe  l'esercizio  del diritto alla tutela giurisdizionale
del  locatore  all'adempimento di un onere tributario, violando cosi'
il suo diritto di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti;
     che,  osserva  il  giudice  a  quo,  la  verifica  dell'avvenuta
registrazione  del  contratto di locazione e' del tutto estranea alle
finalita'   del   giudizio   principale,   diretto   all'accertamento
dell'inadempimento  da  parte  del conduttore degli obblighi nascenti
dal contratto di locazione e, quindi, ad una pronuncia di risoluzione
del rapporto cui consegue il rilascio dell'immobile occupato, essendo
invece la nullita' diretta a colpire e disincentivare i comportamenti
di  coloro  che,  non  provvedendo  alla registrazione del contratto,
pongono  in  essere locazioni produttive di redditi non dichiarati ai
fini delle relative imposte;
     che  il  tenore  letterale  della  norma censurata - prosegue il
rimettente  -  induce  a  ritenere  che  la  stessa abbia previsto la
nullita'  in  tutti  i  casi di omessa registrazione del contratto di
locazione,  introducendo  un'ipotesi  di  nullita' del tutto estranea
rispetto a quelle codificate, di cui all'art. 1418 del codice civile,
determinate  dalla  mancanza  dei requisiti essenziali del contratto,
ovvero dalla illiceita' degli stessi;
     che   tale   previsione  avrebbe  subordinato  gli  effetti  del
contratto   di  locazione  all'esistenza  di  un  requisito  estraneo
successivo  alla  manifestazione  di  volonta'  delle  parti  e  alla
formazione   del   contratto,   individuando  un  ulteriore  elemento
costitutivo  del  contratto,  oltre  a  quelli  codificati e previsti
dall'art. 1325 cod. civ.
     che  la previsione della sanzione della nullita', collegata alla
violazione  di  un  incombente  di natura fiscale, pare al rimettente
irragionevole,  nella  misura  in  cui  determina  la caducazione del
contratto  per  effetto  dell'omissione  di  un adempimento di natura
tributaria  imposto  ad entrambe le parti, successivo alla formazione
del  sinallagma contrattuale e, peraltro, affidato alla competenza di
un organo amministrativo estraneo alla negoziazione;
     che  il dubbio di costituzionalita' della disposizione censurata
si  pone  -  secondo il giudice a quo - anche alla luce degli effetti
che  un'eventuale  declaratoria  di nullita' produrrebbe nel rapporto
tra  le  parti, investendo in radice il contratto, e determinando, da
un lato, la perdita del diritto del locatore di ricevere il canone di
locazione  e,  dall'altro,  qualificando  lo  stesso conduttore quale
occupante  sine  titulo con diritto alla restituzione di tutto quanto
versato in precedenza in forza del contratto inesistente;
     che   il   tenore   letterale   (e  testuale)  della  norma  non
consentirebbe  di  ritenere  condivisibili  le opzioni ermeneutiche -
avanzate  nell'immediatezza dell'entrata in vigore delle disposizioni
denunciate - secondo le quali il contratto non registrato non sarebbe
affetto  da  nullita',  ma solo sottoposto alla condizione sospensiva
della registrazione, con la conseguenza che, adempiuto tale onere, lo
stesso  riacquisterebbe  efficacia  ex  tunc, ai sensi dell'art. 1360
cod.  civ.,  producendo  gli effetti tipici del rapporto di locazione
dalla data della stipula;
     che,  atteso  il diverso tenore letterale della norma denunciata
rispetto  alla  previsione  contenuta  nell'art.  13  della  legge  9
dicembre  1998,  n. 431  (Disciplina  delle  locazioni e del rilascio
degli  immobili  adibiti  ad uso abitativo), l'irragionevolezza della
norma   non   pare   al  rimettente  esclusa  neppure  alla  luce  di
un'interpretazione  costituzionalmente orientata e adeguatrice, cosi'
come  offerta  dalle argomentazioni esposte dalla Corte di cassazione
con la sentenza n. 16089 del 27 ottobre 2003;
     che il dubbio di illegittimita' costituzionale emergerebbe anche
alla  luce delle implicazioni scaturenti dal disposto di cui all'art.
13,  comma  5, della legge n. 431 del 1998, e dalla previsione di cui
all'art.  32  della  legge  27  luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle
locazioni di immobili urbani);
     che,   a  fronte  della  nullita'  assoluta  dei  contratti  non
registrati,  il  comma  6  dell'art. 13 della legge n. 431 del 1998 -
nella  parte  in  cui  prevede,  per  i contratti di locazione ad uso
abitativo, che «i riferimenti alla registrazione del contratto di cui
alla  presente  legge non producono effetti se non vi e' l'obbligo di
registrazione   del   contratto   stesso»   -   dovrebbe   intendersi
implicitamente  abrogato  per  i  soli contratti ad uso abitativo non
scritti stipulati successivamente al 1 gennaio 2005;
     che  parimenti,  a fronte di detta nullita', il conduttore di un
immobile  locato  ad  uso  diverso  da quello abitativo perderebbe il
diritto  all'indennita' di avviamento riconosciuta dall'art. 34 della
legge n. 392 del 1978;
     che  secondo  il giudice a quo, inoltre, trattandosi di nullita'
rilevabile  d'ufficio  e  da parte di chiunque vi abbia interesse, la
possibile  declaratoria  di  nullita'  del  contratto  non registrato
esporrebbe  il conduttore ad una situazione di incertezza, trovandosi
lo  stesso  esposto al rischio di veder caducato il proprio contratto
di  locazione  ad  opera  di  un terzo, acquirente dell'immobile gia'
locato con contratto non registrato;
     che  le  considerazioni  svolte  non possono non tenere conto di
quanto  gia'  evidenziato  dalla Corte costituzionale con la sentenza
n. 333  del  2001,  nella  parte  in cui ha ribadito l'incontestabile
principio secondo il quale gli oneri tributari non possono costituire
condizioni per l'esercizio di un diritto del tutto estraneo al motivo
dell'imposizione   fiscale,   e   ha   confermato  la  necessita'  di
distinguere  tra  gli  oneri  imposti  ai  fini di un migliore e piu'
efficiente  svolgimento del processo e quelli del tutto estranei alle
finalita'   processuali,   non  sussistendo  alcuna  connessione  tra
adempimenti fiscali e finalita' insite nel processo ordinario;
     che,  ad  avviso  del  rimettente,  la  questione  sollevata  e'
rilevante  ai fini della decisione della controversia, in quanto, non
distinguendo  la norma censurata tra contratti di locazione a seconda
che  abbiano ad oggetto immobili destinati ad uso abitativo ovvero ad
uso   diverso,   l'obbligo   della  registrazione  e  la  conseguente
declaratoria  di nullita' investe ogni rapporto di locazione sorto in
data successiva al 1 gennaio 2005;
     che,   di   conseguenza,  la  decisione  circa  la  legittimita'
costituzionale  della  norma  stessa appare preliminare e decisiva ai
fini  della  valutazione  della  fondatezza  o  meno della domanda di
risoluzione  proposta  dal locatore avente ad oggetto un contratto ad
uso  diverso  da  quello  abitativo  stipulato  dalle  parti  in data
successiva  al  1 gennaio 2005 e, come tale, soggetto alla disciplina
di cui all'art. 1, comma 346, della legge n. 311 del 2004;
     che  nel giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  chiedendo  che  la  questione venga dichiarata manifestamente
infondata,  osservando  che  la  norma  denunciata  non introduce una
condizione  al  diritto  di  agire  in  giudizio,  ma opera sul piano
sostanziale,  limitandosi  a  sancire  una  nullita' non prevista dal
codice  civile,  con  la  conseguenza  che  tale  norma non introduce
ostacoli  all'esercizio  del  diritto alla tutela giurisdizionale, ma
eleva la norma tributaria al rango di norma imperativa, la violazione
della quale determina la nullita' del negozio ai sensi dell'art. 1418
cod. civ.
Considerato  che  il  Tribunale  ordinario  di  Torino  dubita  della
legittimita'  costituzionale  dell'art.  1, comma 346, della legge 30
dicembre  2004,  n. 311  (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale  e  pluriennale dello Stato - legge finanziaria per il 2005),
nella parte in cui prevede che i contratti di locazione sono nulli se
non sono registrati, pur ricorrendo i presupposti per effettuare tale
registrazione,  per  contrasto  con  l'art.  24  della  Costituzione,
perche',  subordinando  il rapporto civilistico all'adempimento di un
onere,  quale  e'  la  registrazione, che ha finalita' esclusivamente
fiscali,  condizionerebbe  all'adempimento  di tale onere l'esercizio
del diritto del locatore di agire in giudizio;
     che viene, inoltre, adombrata - in assenza, peraltro, di formale
evocazione   del   parametro   di   cui   all'art.   3   Cost.  -  la
irragionevolezza della norma censurata, in quanto la previsione della
sanzione  della  nullita', collegata alla violazione di incombenti di
natura  fiscale,  determinerebbe  la  caducazione  del  contratto per
effetto dell'omissione di un adempimento di natura tributaria imposto
ad  entrambe  le  parti,  successivo  alla  formazione del sinallagma
contrattuale  e  affidato alla competenza di un organo amministrativo
estraneo alla negoziazione;
     che  la  censura  relativa alla violazione dell'art. 24 Cost. e'
manifestamente    infondata    per   l'inconferenza   del   parametro
costituzionale  invocato,  dal  momento  che nell'ordinanza non viene
chiarito  sotto  quale  profilo  sia  prospettata la violazione della
citata  disposizione  costituzionale, stante il carattere sostanziale
della  norma  denunciata, che non attiene alla materia delle garanzie
di  tutela  giurisdizionale,  limitandosi  a sancire una nullita' non
prevista dal codice civile;
     che tale norma, come esattamente rilevato dalla difesa erariale,
non  introduce  ostacoli  al  ricorso alla tutela giurisdizionale, ma
eleva la norma tributaria al rango di norma imperativa, la violazione
della quale determina la nullita' del negozio ai sensi dell'art. 1418
cod.  civ.  (nello  stesso  senso, per l'infondatezza della questione
quando  sia  invocato, con particolare riguardo all'art. 24 Cost., un
parametro  inconferente,  ex plurimis, ordinanze numeri 181 e 180 del
2007, n. 297 del 2004, n. 940 del 1988);
     che  il  richiamo  alla  irragionevolezza  della norma censurata
costituisce  un  mero  argomento  teso  a  supportare  la  denunciata
violazione dell'art. 24 Cost.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e
9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte
costituzionale.