IL TRIBUNALE Letti gli atti del procedimento a carico di Diagne Daouda, nato a Meckhe (Senegal) il 2 novembre 1966, Diagne Moustapha, nato a Meckhe (Senegal) il 28 agosto 1984, Gaye Serigne Amadou Bamba, nato a Pikine (Senegal) il 31 ottobre 1964 e Beccari Guido Paolo Luigi, nato a Massa l'8 luglio 1967, imputati: A) del reato di cui agli artt. 110 c.p., 5 terzo comma, d.lgs. n. 153/1997, per avere, in concorso tra loro, il Diagne Daouda nella qualita' di titolare dell'omonima ditta individuale, con sede a Mondovi', v. Rinchiuso, 4/A, esercente l'attivita' di Call Center e Money Transfer, Diagne Moustapha nella qualita' di collaboratore di tale ditta, Gaye Serigne Amadou Bamba, nella qualita' di socio in partecipazione di tale ditta, Beccari Guido Paolo Luigi, nella qualita' di legale rappresentante della Prima 13 S.r.l. (acquirente, dal 29 aprile 2005, del suddetto ramo d'azienda), operando la ditta individuale Diagne Daouda quale agente in attivita' finanziaria, per conto dell'intermediario finanziario Omnia Finanziaria S.r.l., in forza di contratto di submandato stipulato in data 23 agosto 2002, svolto attivita' di intermediazione finanziaria, ed in particolare effettuato operazioni di trasferimento di denaro, senza essere iscritti nel prescritto elenco degli agenti, in attivita' finanziaria, di cui all'art. 3, d.lgs. 25 settembre 1999, n. 374. B) Del reato di cui agli artt. 110, 81 cpv. cp., 2, ottavo comma d.l. n. 143/1991, conv. in legge n. 197/1991, per avere, in concorso tra loro, con piu' azioni esecutive di un medesimo disegno criminose, Diagne Daouda nella qualita' di titolare dell'omonima ditta individuale, con sede in Mondovi', v. Rinchiuso, 4/A, esercente attivita' di Call Center e Money Trasfer, Diagne Moustapha nella qualita' di collaboratore di tale ditta, Gaye Serigne Amadou Bamba, nella qualita' di socio in partecipazione di tale ditta, effettuato operazioni di trasferimento di denaro, indicando le proprie generalita' in luogo di quelle dei soggetti per conto dei quali le operazioni venivano effettuate. In Mondovi, nel periodo dal 9 settembre 2002 al 6 giugno 2005. In ordine alla questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 5, ottavo comma, d.lgs. n. 153/1997, in relazione agli artt. 76, 77 Cost. ed all'art. 15, primo comma, lett. c), legge n. 52/1996, nonche' all'art. 25, secondo comma Cost.; Sentito il p.m. che si e' messo; Premesso che la difesa rileva, in primis l'illegittimita' costituzionale dell'art. 5, terzo comma, d.lgs. n. 153/1997, assumendo che il legislatore del citato decreto legislativo avrebbe ecceduto i limiti della delega, contenuti nella legge n. 52/1996 (Legge comunitaria 1994, mediante il recepimento della Dir. 91/3087CEE), nella parte in cui quest'ultima fa riferimento a quanto previsto nel d.l. n. 143/1991 (conv. in legge n. 197/1991), dove si configurano unicamente fattispecie contravvenzionali, diversamente rispetto a quanto prevede l'art. 5, terzo comma, d.lgs. cit. che, invece, ha introdotto una fattispecie delittuosa. In seconda battuta, la difesa deduce la violazione dell'art. 25 Cost., in quanto la condotta di esercizio abusivo di trasferimento di denaro (c.d. money transfer), oggetto di imputazione (capo a) e sanzionata all'art. 5, terzo comma d.lgs. cit., troverebbe definizione, in concreto, all'art. 4, d.m. Tesoro 6 luglio 1994, e, quindi, nell'ambito di una fonte normativa secondaria, ancorche' legittimata dal d.lgs. n. 385/1993 (TU L.banc). Considerato che la questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 5, terzo comma, d.lgs. n. 153/1997 risulta, sulla base della prospettazione di cui al capo a) dell'imputazione, munita del requisito della rilevanza, atteso che viene contestato a tutti gli imputati l'esercizio di attivita' finanziaria di trasferimento di denaro, in assenza dell'iscrizione nel prescritto elenco degli agenti in attivita' finanziaria, di cui all'art. 3, d.lgs. n. 374/1999, con correlata potenziale applicazione della fattispecie delittuosa prevista dalla norma de qua. In ordine al profilo della non manifesta infondatezza della questione, la conclusione deve essere positiva, come si evidenzia nel prosieguo. A seguito dell'adozione della Dir. 91/308/CEE del 10 giugno 1991 (relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attivita' illecite) il legislatore nazionale ha proceduto a darvi attuazione mediante la legge comunitaria n. 52/1996, contenente - tra l'altro - alcune deleghe legislative ed i limiti cui il legislatore delegato avrebbe dovuto attenersi nell'esercizio delle stesse. In particolare, per quanto rileva in questa sede, l'art. 15, primo comma, lett. c), legge n. 52/1996 - rubricato Riciclaggio dei capitali di provenienza illecita e circolazione trasfrontaliera dei capitali: criteri di delega --, prefigura l'estensione, in sede di decreto legislativo, dell'applicazione delle norme di cui al d.l. n. 143/1991 (conv. in legge n. 197/1991) a quelle attivita' particolarmente suscettibili di utilizzazione a fini di riciclaggio per il fatto di realizzare accumulazione o trasferimenti di ingenti disponibilita' economiche o finanziarie ovvero risultare esposte ad infiltrazioni della criminalita' organizzata. Il secondo comma dell'art. 15, lett. c), legge cit. prevede altresi' che, nelle materie concernenti il trasferimento di denaro contante e di titoli al portatore, nonche' il riciclaggio dei capitali di provenienza illecita, avrebbe potuto procedersi al riordino delle sanzioni amministrative e penali previste nelle leggi richiamate al comma 1, nei limiti massimi ivi contemplati. Cio' premesso, la questione di costituzionalita' si incentra sulla violazione, da parte dell'art. 5, terzo comma, d.lgs. n. 153/1997 (emanato in attuazione della legge n. 52/1996, a sua volta attuativa della Dir.91/308/CEE), dei criteri contenuti all'art. 15, primo comma, lett. c) e secondo comma, legge n. 52/1996, posto che il richiamo al d.l. n. 143/1991 (conv. in legge n. 197/1991) avrebbe dovuto comportare, per il legislatore delegato, solo il potere di estendere, in tutto o in parte, l'applicazione delle disposizioni di cui al cit. d.l. n. 143/1991 a quelle attivita' particolarmente suscettibili di utilizzo a fini di riciclaggio. In sostanza, il legislatore delegato, nel d.lgs. n. 153/1997 avrebbe dovuto limitarsi all'attivita' di integrazione degli elenchi relativi alle tipologie di impresa interessate al controllo antiriciclaggio di cui alla legge-delega n. 52/1996 - pervenendo anche all'estensione della disciplina di controllo e sanzionatoria di cui al d.l. n. 143/1991 ad ipotesi diverse ed ulteriori rispetto a quelle ricadenti nel suo diretto ambito di operativita' - ma gli sarebbe stata preclusa ogni statuizione che implicasse l'introduzione di un trattamento piu' grave ed incidente rispetto a quello contenuto nel d.l. n. 143/1991 (conv. in legge n. 197/1991). Ancora in attuazione della legge-delega n. 52/1996, il legislatore nazionale ha emanato il d.lgs. n. 374/1999 dove ha previsto, tra le altre, le agenzie in attivita' finanziaria, secondo la previsione dall'art. 106 d.l. n. 385/1993 (T.U. legge banc.) e l'intermediazione finanziaria esercitata mediante l'incasso ed il trasferimento di fondi, condotta contestata a carico degli odierni imputati (c.d. money transfer). Orbene, ad avviso di questo tribunale nessuna violazione dei criteri e principi di cui alla legge-delega n. 52/1996 puo' essere ravvisata con riferimento alla individuazione della condotta incriminata all'art. 5, terzo comma, d.lgs. n. 153/1997: infatti, conformemente ai dettami contenuti all'art. 15, primo comma, lett. c), d.lgs. n. 52/1996, il legislatore delegato ha individuato, da un lato con il d.lgs. n. 374/1999, dall'altro con il d.lgs. n. 153/1997, attivita' suscettibili di utilizzazione a fini di riciclaggio, per il fatto di realizzare l'accumulazione o il trasferimento di ingenti disponibilita' economiche o finanziarie o risultare comunque esposte ad infiltrazioni della criminalita' organizzata. Il legislatore delegante ha infatti conferito al delegato il compito di estendere, in tutto o in parte, le previsioni contenute al d.l. n. 143/1991 (conv. in legge n. 197/1991), attribuendo pertanto al legislatore delegato la facolta' di ampliare l'indicata disciplina anche a quelle attivita' che, pur non essendo in esso direttamente contemplate, potevano essere giudicate meritevoli della medesima normativa, in quanto potenzialmente utilizzabili a fini di riciclaggio. Nulla quaestio, conseguentemente, circa il fatto che la legge delegata (art. 5, terzo comma, d.lgs. n. 153/1997) abbia individuato e sanzionato attivita' diverse ed ulteriori rispetto a quelle previste dal d.l. n. 143/1991. Diversamente deve concludersi per quanto riguarda l'opzione sanzionatoria compiuta dal legislatore delegato. A fronte, infatti, della statuizione, contenuta all'art. 15, secondo comma legge n. 52/1996, dove si prevede che il legislatore delegato avrebbe potuto, nelle materie relative il trasferimento di denaro contante e di titoli al portatore, nonche' al riciclaggio dei capitali di provenienza illecita, procedere al riordino delle sanzioni amministrative e penali previste nelle leggi richiamate al primo comma, nei limiti massimi ivi contemplati (segnatamente, quelle di cui al d.l. n. 143/1991, conv. in legge n. 197/1991), e' invece avvenuto che il legislatore delegato del d.lgs. n. 153/1997 abbia introdotto una fattispecie di reato non gia' contravvenzionale, bensi' di delitto. L'art. 5, terzo comma, d.lgs. n. 153/1997 stabilisce infatti «Chiunque esercita le attivita' individuate dai decreti legislativi emanati ai sensi dell'art 15, primo comma, lett. c) della legge 6 febbraio 1996, n. 52, senza essere iscritto nell'elenco di cui al secondo comma, e' punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni e con la multa da euro 2.065 a euro 10.329». E evidente che, lungi dall'essersi attenuto al principio della legge-delega, ove, rimandando alla disciplina del d.l. n. 143/1991, si faceva riferimento a fattispecie contravvenzionale, - differente, pertanto, quanto a gravita' e disciplina (in proposito, si ricordano le disposizioni di cui agli art. 39 c.p.; art. 157 c.p.; art. 162 c.p.; art. 16 terzo comma c.p.p.) -, il legislatore delegato abbia contravvenuto limiti e criteri di cui alla legge n. 52/1996. Conseguentemente, deve riscontrasi l'avvenuto superamento, ad opera del legislatore delegato nel d.lgs. n. 153/1997, dei criteri e limiti previsti dalla normativa di riferimento legittimante l'emanazione del decreto, con l'introduzione di una fattispecie di delitto in cui vengono comminate, congiuntamente, reclusione e multa, ben piu' grave, quindi, rispetto alle sanzioni previste dal d.l. n. 143/1991 (conv. in legge n. 197/1991), costituente -- per il Governo -- soglia massima vincolante (stante il rinvio di cui all'art. 15, primo comma, lett. c), legge n. 52/1996) nel definire la gravita' delle misure da applicarsi alle nuove fattispecie oggetto di trattamento sanzionatorio, in forza della operazione di estensione a nuove condotte parimenti offensive in materia di trasferimento di denaro della disciplina contenuta al d.l. n. 143/1991 (conv. in legge n. 197/1991). Con riferimento al secondo profilo di incostituzionalita' sollevato dalla difesa, consistente nell'asserita violazione dell'art. 25 Cost., la questione appare invece manifestamente infondata. L'art. 5, terzo comma, d.lgs. n. 153/1997 ha introdotto la norma sanzionatoria relativa all'esercizio abusivo delle attivita' individuate dai decreti legislativi emanati ai sensi dell'art. 15, primo comma, lett. c), legge-delega, in difetto di iscrizione nell'elenco di cui al secondo comma. A seguito del successivo d.lgs. n. 374/1999 e' stata disposta l'applicazione del decreto-legge n. 143/1991 (conv. in legge n. 197/1991) alla agenzia in attivita' finanziaria prevista all'art. 106, d.lgs. n. 385/1993 (T.U. legge banc.), dove si rimanda alla disciplina di grado secondario, in effetti intervenuta con d.m. Tesoro 6 luglio 1994. Il legislatore delegato, nel momento in cui, con il d.lgs. n. 153/1997 (accanto al d.lgs. n. 374/1999 il quale estende ulteriormente le norme antiriciclaggio sulla base della legge-delega n. 52/1996), ha esteso ed ampliato la disciplina gia' contenuta al d.l. n. 143/1991 (conv. in legge n. 197/1991), per quanto riguarda la nozione di agenzia in attivita' finanziaria si e' riferito all'art. 106, d.lgs. n. 385/1993 e alla previsione secondaria attuativa, emanata con d.m. Tesoro 6 luglio 1994. Assume la difesa che, a seguito del descritto rinvio, sarebbe stato violato il principio di riserva di legge in materia penale di cui all'art. 25 Cost., a causa dell'individuazione, ad opera di una fonte secondaria (regolamento ministeriale) di uno degli elementi costitutivi la fattispecie penale. Ad avviso del tribunale il legislatore si e' limitato a richiamare il gia' esistente - in quanto cronologicamente anteriore - contenuto del d.m. 6 luglio 1994 nella parte in cui gia' prevedeva l'attivita' di intermediazione finanziaria mediante l'incasso ed il trasferimento di fondi, e cosi' pervenendo a sanzionare penalmente tale condotta, ove svolta in difetto della preventiva iscrizione nel prescritto elenco. In altre parole, il legislatore del d.lgs. n. 153/1997, nel sanzionare penalmente alcune condotte, ha, tra esse, contemplato anche l'attivita' di intermediazione finanziaria mediante incasso e trasferimento fondi, di cui al combinato disposto tra d.lgs. n. 385/1993 ed il d.m. Tesoro 6 luglio 1994, prendendo atto dell'esistenza, nel nostro ordinamento, di tale attivita' che, ove effettuata in assenza dell'iscrizione all'albo, avrebbe dovuto essere sanzionata penalmente. In proposito, non puo' quindi ritenersi violato il principio di riserva di legge, cogente in materia penale, ove il legislatore faccia, da un lato, riferimento ad una nozione e dato esistente nell'ordinamento al momento della emanazione della nonna penale, dall'altro, ove la norma di rango secondario fornisca solo una descrizione puntuale e dettagliata dell'elemento costitutivo della fattispecie.