IL GIUDICE DI PACE
   Ha  pronunciato  la seguente ordinanza nella causa civile di primo
grado,  iscritta  al  n. 793/06 R.G. aff. generali promossa da Tabone
Antonino,   nato  il  17  agosto  1980  in  Agrigento,  residente  in
Misterbianco  contro l'Ufficio territoriale del Governo di Agrigento,
in  persona  di  prefetto  pro-tempore,  domiciliato per la carica in
Agrigento,  piazzale Aldo Moro e il Ministero dell'interno in persona
del Ministro pro-tempore domiciliato presso l'Avvocatura distrettuale
dello  Stato  di  Palermo  via  Alcide  De  Gasperi n. 81, avente per
oggetto: ricorso in opposizione avverso ordinanza di confisca.
                              F a t t o
Con  ricorso  depositato  in  data  17  luglio 2006, il signor Tabone
Antonino  proponeva opposizione avverso l'ordinanza di confisca prot.
n. 7038/S/2006/AREA  III,  emessa  dal  dirigente Area III in data 17
maggio  2006  e  notificata  il  28  giugno 2006, con la quale veniva
disposta la confisca del ciclomotore di sua proprieta' targato 34K8R,
n. telaio 0042138, per i motivi di seguito esposti.
In data 7 settembre 2005, la Polizia Stradale di Agrigento elevava il
verbale  di  contestazione  n. 700000716144  al  sig. Tabone Antonino
perche',  alla guida del ciclomotore di sua proprieta' targato 34K8R,
circolava   senza  indossare  il  casco  protettivo  e,  quindi,  per
violazione  degli  articoli  171,  comma  1 e 213, comma 2-sexies del
c.d.s.,   con  conseguente  verbale  di  sequestro  finalizzato  alla
confisca  del ciclomotore (affidato, in un secondo tempo, in custodia
allo  stesso  Tabone  Antonino),  in  seguito  al quale veniva emessa
l'ordinanza  di confisca. Eccepiva il ricorrente l'illegittimita' sia
del  verbale  di contestazione che del provvedimento di confisca e ne
chiedeva l'annullamento.
Il  giudice  di  pace  con  ordinanza del 17 luglio 2006, ritualmente
notificata  alle  parti,  le  convocava  per l'udienza del 15 gennaio
2007,  disponendo  contestualmente  la  sospensione  provvisoria  del
provvedimento   impugnato. Il  resistente  Ufficio  territoriale  del
Governo  di  Agrigento si costituiva in giudizio il 12 gennaio 2007 e
chiedeva rigettarsi il ricorso perche' infondato.
All'udienza  del  2  aprile  2007  era presente il sig. Tabone Angelo
delegato  dal  ricorrente il quale insisteva in ricorso ed il giudice
di  pace  rinviava all'udienza del 18 giugno 2007 per la precisazione
delle conclusioni. All'udienza fissata, alla presenza del ricorrente,
lo   scrivente   giudice   sollevava  la  questione  di  legittimita'
costituzionale  dell'art. 213, comma 2-sexies del d.lgs. n. 285/1992,
ritenuta  rilevante  e  non  manifestamente infondata  e disponeva il
deposito   a   parte   della   presente   ordinanza,  sospendendo  il
procedimento,   salvo   l'esito  del  giudizio  promosso  alla  Corte
costituzionale.
Nel  caso  di  specie,  l'ordinanza  di  confisca e' un provvedimento
emesso successivamente al verbale di contestazione ed annesso verbale
di  sequestro finalizzato alla confisca del ciclomotore di proprieta'
del ricorrente.
Sulla  legittimita'  della  normativa  de qua (artt. 171 e 213, comma
2-sexies, d.lgs. n. 285/1992) veniva sollevata questione davanti alla
Corte  costituzionale  da  parte di un rilevante numero di giudici di
pace.
In  pendenza di tali questioni, il legislatore interveniva, regolando
la  materia  e modificando la normativa vigente, non prevedendo pero'
alcuna  norma  transitoria  che  regolasse  i procedimenti pendenti e
riguardanti   verbali  di  contestazione  elevati  in  vigenza  della
precedente normativa.
Infatti,  con l'introduzione dei commi 168 e 169 dell'art. 2 del d.l.
3  ottobre  2006,  n. 262,  cosi'  come  modificato  con  la legge di
conversione  del  26  novembre  2006  n. 286,  sono stati sostituiti,
rispettivamente,  con  il primo, il testo dell'art. 171, comma 3, del
c.d.s. (introducendo in luogo della confisca il fermo del veicolo per
sessanta  giorni),  e  con  l'altro,  il  testo  dell'art. 213, comma
2-sexies  (per il quale e' sempre disposta la confisca del veicolo in
tutti  i  casi in cui un ciclomotore o un veicolo sia stato adoperato
per commettere un reato).
La  Corte  costituzionale,  investita  della  questione,  quindi, con
l'ordinanza   n. 453   del  2006,  restituiva  gli  atti  ai  giudici
rimettenti  perche'  essi  valutassero  la  rilevanza delle questioni
sollevate, a seguito dello jus superveniens.
La  modifica  del  dettato normativo e la citata ordinanza impongono,
infatti,  secondo  la Corte, all'interprete di verificare, in base ai
principi  generali  del  diritto, se, alle violazioni commesse fino a
tutto  il  29 novembre 2006 (data di entrata in vigore della legge di
conversione  del  d.l.  n. 262/2006),  deve  applicarsi  la normativa
precedente   (che  prevedeva  la  confisca  nel  caso  di  violazione
dell'art.  171,  comma  1,  c.d.s.)  oppure  la  nuova normativa (che
prevede il fermo amministrativo del veicolo in luogo della confisca).
Sussistono, quindi, a parere di questo decidente, giustificati motivi
per  ritenere  l'art.  213,  comma 2-sexies, del codice della strada,
introdotto  con legge n. 168/2005 che ha convertito con modificazioni
il d.l. n. 115/2005, viziato da illegittimita' costituzionale sotto i
profili che verranno appresso specificati.
L'art.  23,  terzo  comma,  legge  11  marzo 1953, n. 87 (norme sulla
costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), prevede
che   la   questione  di  legittimita'  costituzionale  possa  essere
sollevata anche d'ufficio dall'autorita' giurisdizionale davanti alla
quale pende il giudizio.
Va,  pertanto,  sollevata  d'ufficio  la  questione  di  legittimita'
costituzionale   della   norma   in   esame,   apparendo   essa   non
manifestamente infondata e rilevante ai fini del decidere.
                   Sulla rilevanza della questione
   Il  collegamento  giuridico  e  non  di  mero  fatto  tra  la  res
giudicanda  e  la  norma  ritenuta  incostituzionale appare del tutto
evidente.
Infatti,  nel  caso  di specie, dovrebbe ritenersi applicabile l'art.
213,  comma  2-sexies  del d.lgs. n. 285/1992, modificato dalla legge
n. 168/2005  (normativa  previgente), in mancanza della previsione di
una  disciplina di transitorieta' nella normativa sopravvenuta (legge
del  26  novembre  2006  n. 286),  dal  momento  che il provvedimento
impugnato  e'  stato  emesso 15 febbraio 2006, sotto la vigenza della
vecchia normativa.
La  nuova  normativa,  in effetti, non sarebbe applicabile neppure in
via  analogica o per interpretazione estensiva, in quanto «In materia
di  illeciti amministrativi, l'adozione dei principi di legalita', di
irretroattivita'  e  di divieto di applicazione analogica, risultanti
dall'art.  1 della legge n. 689/1981, determina l'assoggettamento del
comportamento  considerato alla legge del tempo del suo verificarsi e
la  conseguente  inapplicabilita'  della  disciplina  posteriore piu'
favorevole,  senza che possano trovare applicazione analogica, stante
la  differenza  qualitativa delle situazioni considerate, gli opposti
principi di cui all'art. 2, secondo e terzo comma, del codice penale,
in  tema  di retroattivita' della norma piu' favorevole» (Cass. civ.,
sez. I, 21 giugno 1999, n. 6232).
L'applicazione,  quindi, della precedente normativa comporterebbe non
solo  una  disparita'  di  trattamento  fra  chi  avrebbe commesso la
violazione  di  cui  all'art. 171 c.d.s. anteriormente al 29 novembre
2006  e  coloro,  la  cui condotta, sarebbe invece disciplinata dalla
normativa  vigente, ma altresi' una ingiusta sottrazione di un bene a
fronte di un illecito amministrativo di scarso rilievo.
                  Sulla non manifesta infondatezza
Violazione degli artt. 2, 3 e 27 della Costituzione.
La   sanzione  amministrativa  disposta  con  l'articolo  213,  comma
2-sexies  della  legge  n. 168/2005  e'  in  palese contrasto con gli
articoli  3  e  27  della  Costituzione,  per  aperta  violazione del
principio  di ragionevolezza e proporzionalita' della sanzione per la
disparita'  di  trattamento  tra le violazioni al c.d.s. commesse dai
ciclomotori  e  quelle (che in alcuni casi coincidono) commesse dagli
autoveicoli e per il principio della personalita'.
L'articolo  3  della  Costituzione, infatti, statuisce al comma 1 che
«Tutti  i cittadini hanno pari dignita' sociale e sono eguali davanti
alla  legge,  senza  distinzione  di  sesso,  di razza, di lingua, di
religione, di opinioni politiche e di condizioni personali e sociali»
e,  di  conseguenza,  sancisce  al  comma  2  che:  «E' compito della
Repubblica  rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che,
limitando  di  fatto  la  liberta'  e  l'eguaglianza  dei  cittadini,
impediscono  il  pieno  sviluppo  della  persona  umana e l'effettiva
partecipazione  di  tutti  i  lavoratori all'organizzazione politica,
economica e sociale del Paese».
Premesso, infatti, che l'articolo 20 della legge n. 689/1981 ai commi
3  e  4  ha  introdotto  il  concetto  della  confisca amministrativa
dichiarandola  facoltativa  od  obbligatoria  a  seconda  delle varie
ipotesi,  lo  scrivente  giudice  ritiene che il contenuto afflittivo
della  disposizione  impugnata risieda piu' nella sanzione accessoria
disposta  che in quella principale della violazione commessa per cui,
anche  sotto  questo  diverso profilo, risulterebbe violato il citato
articolo  3  della  Costituzione  per  l'incongruita' tra la sanzione
pecuniaria  principale fissata in misura modesta, cui corrisponde, al
contrario,  una  sanzione accessoria notevolmente penalizzante per il
cittadino.
La  violazione dell'art. 3 della Costituzione sussiste, altresi', per
la  evidente  sproporzione  tra violazione e sanzione amministrativa,
dal  momento  che  la  violazione  della norma (mancato uso del casco
protettivo)  non  costituisce  una  infrazione di forte pericolosita'
sociale,  non  essendo assimilabile a contravvenzioni quali l'uso del
mezzo  per  commettere  un  reato,  sicuramente di maggiore rilevanza
sotto  il  profilo  della  pericolosita'  sociale,  per  le  quali e'
prevista  la  medesima  sanzione  della confisca del motoveicolo, con
relative  conseguenze,  per  di  piu', anche economiche, in quanto il
valore   del   ciclomotore   o   del   motoveicolo  confiscato  varia
notevolmente,  integrando  la  pena pecuniaria e la sottrazione della
proprieta'  (confisca)  in  modo  irrazionale e diverso rispetto alla
medesima violazione.
A  fronte  di violazioni identiche e/o analoghe, inoltre, la norma in
commento  commina  la sanzione accessoria della confisca obbligatoria
del  solo  mezzo  laddove  la  violazione sia commessa utilizzando un
ciclomotore  o un motoveicolo e non anche ne confronti del conducente
di  altri  veicoli,  rispetto  alla  medesima  ratio  di salvaguardia
dell'integrita'  fisica  e  del  cittadino.  Si  pensi ad esempio, al
conducente   di   un'autovettura  che  non  allaccia  le  cinture  di
sicurezza,  ovvero  utilizza  apparecchi  cellulari  mentre  guida o,
ancora,  circola  in  senso  di  marcia  vietato,  oppure  attraversa
un'intersezione  regolata  da  semaforo con lanterna proiettante luce
rossa  e  persino  nel  caso  di  guida  sotto  l'effetto di sostanze
alcoliche o psicotrope.
E del tutto evidente, alla luce di quanto sopra, come il disposto che
questo  giudice  ritiene incostituzionale si presti a tale censura in
quanto   l'art.  3  della  Costituzione  prevede  che  compito  della
Repubblica   e'  rimuovere,  non  gia'  creare,  ostacoli  di  ordine
economico   e   sociale   che,  limitando  di  fatto  la  liberta'  e
l'uguaglianza  dei  cittadini,  impediscano  il  pieno sviluppo della
persona umana.
L'adita  Corte  costituzionale  infatti,  con  le  proprie  ordinanze
n. 58/1999  e  n. 297/1998,  con  la  sentenza  n. 313/1995  e quella
n. 144/2001,  ha  sempre  confermato  il  principio per il quale «uno
scrutinio  che direttamente investa il merito delle scelte sanzionate
dal  legislatore  e' possibile solo ove l'opzione normativa contrasti
in  modo manifesto con il canone della ragionevolezza, vale a dire si
appalesi,  in  concreto,  come  espressione  di un uso distorto della
discrezionalita».
Proprio  per  il  contrasto palese con il principio di ragionevolezza
l'adita Corte costituzionale, con sentenza n. 110/1996, ha dichiarato
l'illegittimita'   costituzionale  dell'articolo  134,  comma  2  del
c.d.s., che prevedeva la sanzione amministrativa della confisca di un
veicolo  solo  perche'  era  scaduta  la  carta di circolazione dello
stesso  (fattispecie analoga a quella per cui oggi e' processo) e con
la  recentissima  sentenza  n. 27/2005 ha dichiarato incostituzionale
l'articolo 126-bis comma 2 del c.d.s. sulla decurtazione dei punti al
proprietario del veicolo.
Il legislatore, invece, nel promulgare la legge n. 168/2005 non ha in
alcun  modo  tenuto conto dell'auspicio espresso piu' volte all'adita
Corte  costituzionale  dalla  estrema  necessita'  di «rimodellare il
sistema della confisca stabilendo alcuni canoni essenziali al fine di
evitare  che  l'applicazione giudiziale della sanzione amministrativa
accessoria  produca disparita' di trattamento» (Corte costituzionale,
sentenze n. 349/1997 e n. 435/1997).
Anche sotto tale profilo la norma e' censurabile.
Nei  rapporti, infatti, con la p.a., non e' in alcun modo ammissibile
una  disparita' di trattamento tra chi conduce una moto o ciclomotore
e  chi  guida un autoveicolo; tra chi non indossa il casco protettivo
alla  guida della moto e chi non indossa la cintura di sicurezza alla
guida  dell'autovettura,  e, soprattutto, in presenza di violazioni e
trasgressioni  relative  agli  stessi  articoli  del  c.d.s.,  con il
risultato  finale  evidente  che,  nel  caso  di  uso del veicolo per
commettere  un  reato, la privazione della disponibilita' del veicolo
avra'  luogo  solo  se  esso avra' due e non quattro ruote. Peraltro,
anche  sotto  il profilo della ragionevolezza, va rilevata un'ipotesi
di  incostituzionalita'  dell'art.  213,  comma 2-sexies codice della
strada   in  relazione  all'art.  3  Cost.  per  quanto  concerne  la
violazione del principio di uguaglianza.
La   Corte   costituzionale  ha  da  tempo  riconosciuto  la  propria
competenza  a sindacare la «ragionevolezza» di disposizioni normative
che  ledono il principio di uguaglianza, anche quando la legge, senza
un ragionevole motivo, faccia un trattamento diverso ai cittadini che
si  trovano  in  situazione  uguale (Corte costituzionale 29 dicembre
1972,  n. 200),  posto  che un trattamento differenziato puo' trovare
legittima  applicazione  solo  ove  vi  siano  ragionevoli motivi che
giustifichino tale trattamento differenziato.
Nel  caso  di  specie,  l'art.  213,  comma 2-sexies del codice della
strada  (come  modificato  dalla legge n. 168/2005) non ha introdotto
ne'   alcuna   giustificata  innovazione  ne',  tantomeno,  legittimi
trattamenti   differenziati,   tant'e'   che,   successivamente,   il
legislatore   e'   dovuto  intervenire  modificando  la  normativa  e
trasformando   il   sequestro  finalizzato  alla  confisca  in  fermo
amministrativo.
Violazione degli artt. 24 e 111 della Costituzione.
L'art.  24 Cost. prevede che: «Tutti possono agire in giudizio per la
tutela  dei  propri  diritti  ed  interessi  legittimi.  La difesa e'
diritto  inviolabile  in ogni stato e grado del procedimento», mentre
la  normativa  soggetta  a  censura si sottrae a qualsivoglia giudice
terzo   ai   fini   della   comminatoria   della  sanzione  ancorche'
amministrativa, di una gravita' economica tale da superare, in alcune
ipotesi,  l'entita'  delle  sanzioni  pecuniarie previste dalle leggi
penali, ponendo su un piano di assoluta disparita' le parti, rispetto
al dettato di cui all'art. 111 Cost.
E noto,    infatti,   che   nel   nostro   ordinamento,   la   tutela
giurisdizionale  e'  il solo principio, costituzionalmente garantito,
nel rispetto della separazione dei poteri.