IL TRIBUNALE
Ha  pronunciato  la seguente ordinanza nel procedimento penale contro
Mulara Vincenzo ed altri.
                           P r e m e s s o
Con  ordinanza  resa  all'udienza  dell'11  ottobre 2005, provvedendo
sulle  richieste  di  prova  avanzate  dalle  parti,  il Collegio, in
accoglimento  dell'eccezione  di  inutilizzabilita'  sollevata  dalla
difesa, non ammetteva le intercettazioni tra presenti autorizzate con
decreto   n. 156/1997  del  G.i.p.  di  Caltanissetta  emesso  il  27
settembre  1997,  ritenendo che il citato decreto, in quanto privo di
sottoscrizione  del  giudice,  fosse  invalido  e  che,  pertanto, le
operazioni  di  intercettazione  poste  in essere in esecuzione dello
stesso andassero reputate inutilizzabili.
Con  successiva  ordinanza  resa  all'udienza  del 18 ottobre 2006 il
Collegio,  in  diversa  composizione, in accoglimento della richiesta
avanzata dal pubblico ministero, revocava l'ordinanza precedentemente
emessa   in   punto   di   inutilizzabilita'   delle  intercettazioni
autorizzate   con   decreto   del  g.i.p.  privo  di  sottoscrizione,
evidenziando  che  la  disciplina del decreto in esame, quale risulta
dal  combinato  degli  artt.  125  e  267  c.p.p.,  non  annovera  la
sottoscrizione  del  giudice  quale  requisito  a  pena  di  nullita'
dell'atto;  ritenuto,  inoltre,  che tale difetto dell'atto non fosse
riconducibile   ad   alcuna   delle   ipotesi  di  nullita'  generale
disciplinate  dall'art.  178  c.p.p.  e che, pertanto, l'atto andasse
ritenuto  valido, dichiarava utilizzabili le intercettazione con esso
autorizzate.
Successivamente,   i  difensori  degli  imputati  chiedevano  che  il
Collegio   riesaminasse   l'eccezione   di   inutilizzabilita'  delle
intercettazioni  e  sollevavano,  infine,  questione  di legittimita'
costituzionale  dell'art. 267 c.p.p. per violazione degli artt. 2, 3,
15  e 111 Cost., nella parte in cui non prevede la sottoscrizione del
giudice quale requisito a pena di nullita' dell'atto.
Evidenziavano,  in  particolare,  che  la  mancata  previsione  della
sanzione   della   nullita'   del  decreto  di  autorizzazione  delle
intercettazioni privo di sottoscrizione vanifica le garanzie previste
dall'art.  15  Cost.  negli  stessi  termini  in  cui  l'art.  13  le
disciplina con riferimento alla liberta' personale.
A  parita'  di  condizioni  di tutela costituzionale della liberta' e
segretezza   delle  comunicazioni,  da  un  lato,  e  della  liberta'
personale, dall'altro, il minor rigore che caratterizza la disciplina
dell'atto  de  quo  rispetto  a quella prevista dagli artt. 426 e 546
c.p.p.   e  dall'art.  292  c.p.p.  risulterebbe,  dunque,  priva  di
giustificazioni di ordine logico.
                            O s s e r v a
La questione di legittimita' costituzionale sollevata dalle difese si
appalesa rilevante e non manifestamente infondata.
Il  giudizio  di  rilevanza  della  questione discende, invero, dalla
constatazione  della  necessita' di applicare, in sede di delibazione
dell'eccezione di inutilizzabilita' delle intercettazioni - di cui e'
stata  dapprima  negata  e successivamente disposta l'acquisizione al
fascicolo   per   il   dibattimento   -   la   norma   sospettata  di
incostituzionalita',  di  talche'  dalla  decisione  della  questione
stessa  dipende  il  contenuto  della pronuncia che il Collegio si e'
riservato  di  emettere sulle richieste delle parti e, in definitiva,
sull'istruzione del processo.
In  ordine  al giudizio di non manifesta infondatezza della questione
proposta,  richiamate  le  argomentazioni svolte dalla difesa in seno
alla  memoria  depositata  all'udienza  del 14 marzo 2007, ritiene il
Collegio  che  la  disciplina  della  sottoscrizione  del  decreto di
autorizzazione  delle intercettazioni di conversazioni, quale risulta
dall'art. 267 c.p.p., non appaia, prima facie, esente dal sospetto di
legittimita' costituzionale avanzato dalle parti private. Non sfugge,
invero, che nel vigente sistema processualpenalistico i provvedimenti
del  giudice  limitativi  di  liberta'  costituzionalmente  garantite
devono   essere  adottati  per  atto  scritto,  e  che  per  essi  e'
espressamente  prevista,  a  pena  di nullita', la sottoscrizione del
giudice.  Cio'  e'  quanto  prevede,  ad  esempio, l'art. 292 c.p.p.,
dettato  in  materia di ordinanze applicative di misure cautelari sia
coercitive che interdittive.
Al  rigore  che caratterizza la disciplina dell'ordinanza ex art. 292
c.p.p.  non soltanto quando l'atto sia destinato ad incidere sul bene
primario della liberta' personale, ma anche in ipotesi di limitazioni
imposte  a  beni  e  diritti  di  rango meno elevato, come certamente
accade   quando   la   misura   cautelare   applicata   abbia  natura
interdittiva,   appare   ingiustificatamente   ed   irragionevolmente
contrapporsi,  in  materia  di decreti autorizzativi di operazioni di
intercettazione   di  comunicazioni,  la  possibilita',  ammessa  dal
sistema  risultante  dal  testo  degli artt. 125 e 267 c.p.p., che un
atto  idoneo  a comprimere una liberta' costituzionalmente garantita,
la  cui limitazione, proprio in virtu' della tutela costituzionale di
cui  gode,  puo'  avvenire «soltanto per atto motivato dell'autorita'
giudiziaria con le garanzie previste dalla legge», sia adottato senza
la  garanzia  minima,  offerta  appunto  dalla sottoscrizione, che lo
stesso provenga da soggetto investito della funzione giurisdizionale.
Le  considerazioni  che  precedono  inducono  il  Collegio a ritenere
rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 267 c.p.p. per violazione degli artt. 3 e 15
Cost.  ed  a disporre, in conseguenza, la trasmissione degli atti del
processo alla Corte costituzionale;