Ordinanza
nel  giudizio  per  conflitto  di attribuzione tra poteri dello Stato
sorto  a  seguito  del provvedimento in data 31 marzo - 4 aprile 2005
del Collegio per i reati ministeriali presso il Tribunale di Firenze,
con  cui  -  stabilita,  nell'ambito del procedimento penale a carico
dell'allora ministro Altero Matteoli, il quale all'epoca ricopriva la
carica  di  membro della Camera dei deputati, la propria incompetenza
funzionale  a  giudicare  di reati ritenuti non ministeriali - veniva
disposta,  in  forza dell'articolo 2, comma 1, della legge n. 219 del
1989  (Nuove  norme in tema di reati ministeriali e di reati previsti
dall'articolo 90 della Costituzione), la trasmissione degli atti alla
Procura   della  Repubblica  presso  il  Tribunale  competente  senza
l'autorizzazione  della  Camera  dei  deputati e del provvedimento in
data  4  dicembre 2006, con il quale il Tribunale di Livorno, sezione
distaccata  di  Cecina,  ribadiva  l'insussistenza nel caso di specie
dell'obbligo   di   avanzare   richiesta   alla   Camera   competente
dell'autorizzazione  a  procedere  di cui sopra, promosso con ricorso
della  Camera dei deputati depositato in cancelleria il 2 luglio 2007
ed  iscritto  al  n. 9  del registro conflitti tra poteri dello Stato
2007, fase di ammissibilita';
Udito  nella  Camera  di  consiglio  del  12 dicembre 2007 il giudice
relatore Ugo De Siervo;
Ritenuto  che, con ricorso depositato il 2 luglio 2007, la Camera dei
deputati  ha  sollevato  conflitto  di  attribuzione tra poteri dello
Stato  nei  confronti del Collegio per i reati ministeriali presso il
Tribunale di Firenze, in relazione al provvedimento del 31 marzo 2005
con  cui  e'  stata  disposta  la «diretta trasmissione» alla Procura
della   Repubblica   presso   il   tribunale  competente  degli  atti
concernenti  il  procedimento  pendente a carico dell'allora Ministro
Altero  Matteoli,  il  quale  all'epoca ricopriva la carica di membro
della   Camera  dei  deputati,  «senza  che  venisse  preventivamente
richiesta»  alla  Camera medesima l'autorizzazione di cui all'art. 96
della   Costituzione,  nonche'  all'art.  8,  comma  1,  della  legge
costituzionale  16  gennaio  1989, n. 1 (Modifiche degli articoli 96,
134  e  135  della Costituzione e della legge costituzionale 11 marzo
1953,  n. 1,  e  norme  in materia di procedimenti per i reati di cui
all'articolo 96 della Costituzione);
     che,  con il medesimo ricorso, la Camera ha sollevato, altresi',
conflitto  di  attribuzione  tra poteri dello Stato nei confronti del
Tribunale  di  Livorno, sezione distaccata di Cecina, in relazione al
provvedimento  in  data  4  dicembre  2006,  con  cui  sarebbe  stata
ribadita,  nell'ambito  del  medesimo  procedimento  penale,  «la non
operativita' nel caso di specie dell'obbligo di avanzare la richiesta
alla Camera competente dell'autorizzazione a procedere»;
     che,  premette  la ricorrente, nel corso di indagini vertenti su
altri  soggetti,  la  Procura della Repubblica presso il Tribunale di
Genova  ha  ravvisato  un'ipotesi  di  reato  a  carico  del deputato
Matteoli,   all'epoca  Ministro  dell'ambiente,  e  ha  trasmesso  la
relativa notitia criminis
alla  Procura  della  Repubblica  presso  il  Tribunale  di  Firenze,
competente per territorio;
     che,   prosegue   la  Camera  dei  deputati,  la  Procura  della
Repubblica  di  Firenze,  a  propria  volta, ha inoltrato gli atti al
Collegio  per  i  reati  ministeriali  presso il Tribunale di Firenze
istituito  ai  sensi  dell'art. 7 della legge costituzionale n. 1 del
1989 (cosi' detto Tribunale dei ministri);
     che,  all'esito  delle  indagini,  il  Tribunale dei ministri di
Firenze, ritenendo che i fatti per cui si procedeva non fossero stati
commessi    nell'esercizio    delle    funzioni   ministeriali,   con
provvedimento   del   31   marzo   2005,  ha  dichiarato  la  propria
incompetenza funzionale e ha disposto la trasmissione degli atti alla
Procura  della  Repubblica  presso  il  Tribunale  di  Pisa,  perche'
proseguisse il giudizio secondo il rito ordinario, ai sensi dell'art.
2  della  legge  5  giugno 1989, n. 219 (Nuove norme in tema di reati
ministeriali   e   di   reati   previsti   dall'articolo   90   della
Costituzione);
     che  la  Procura  della  Repubblica  di  Pisa,  a  sua volta, ha
trasmesso  gli atti alla Procura della Repubblica presso il Tribunale
di  Livorno, ritenuta competente per territorio, la quale ha disposto
la citazione a giudizio del deputato Matteoli per un reato comune;
     che nel corso di tale giudizio, il Tribunale di Livorno, sezione
distaccata di Cecina, con ordinanza del 4 dicembre 2006, ha affermato
di  condividere  la valutazione operata dal Tribunale dei ministri di
Firenze  circa  la  natura  non  ministeriale  del  reato  contestato
all'imputato,  negando  la sussistenza dell'obbligo, da parte di quel
Collegio,  di  investire  del  procedimento  il  competente  ramo del
Parlamento,  anche  nell'ipotesi in cui il reato contestato sia stato
ritenuto privo del carattere ministeriale;
     che,  ad  avviso  della Camera dei deputati, detti provvedimenti
del  Tribunale  dei  ministri  di  Firenze e del Tribunale di Livorno
sarebbero lesivi delle proprie attribuzioni costituzionali;
     che  tale  lesione  deriverebbe  dall'applicazione  dell'art. 2,
comma  1, della legge n. 219 del 1989, il quale stabilisce - a parere
della  ricorrente  in modo costituzionalmente illegittimo - che se il
fatto  per  cui  si procede integra un reato diverso da quelli di cui
all'art.  96 Cost., il tribunale dei ministri dispone la trasmissione
degli atti all'autorita' giudiziaria, «senza prescrivere che anche in
detta   ipotesi  si  debba  comunque  richiedere  l'autorizzazione  a
procedere alla Camera competente»;
     che,  secondo  la  ricorrente,  non  sarebbe  discutibile ne' la
propria  legittimazione  a  sollevare  il conflitto, ne' quella delle
Autorita' giudiziarie a resistervi;
     che ricorrerebbe parimenti il requisito oggettivo del conflitto,
«attesa  l'incostituzionalita'  dell'art.  2,  comma  1,  della legge
n. 219   del   1989   per  violazione  delle  disposizioni  di  rango
costituzionale  che attribuiscono alla Camera competenze in materia»,
anche  nell'ipotesi  in  cui il tribunale dei ministri escluda che il
reato sia stato commesso nell'esercizio delle funzioni ministeriali;
     che  la  Camera  dei  deputati  avrebbe  interesse a proporre il
ricorso,  dal  momento  che  la  prosecuzione del procedimento penale
avrebbe  leso  la  prerogativa  di  cui  essa era titolare al momento
«dell'omissivo comportamento dell'Autorita' giudiziaria»;
     che  irrilevante,  ai  fini  della permanenza di tale interesse,
sarebbe  il  successivo  mutamento  della  Camera di appartenenza del
Ministro Matteoli - eletto, nelle more del giudizio penale, al Senato
della  Repubblica  -, dal momento che l'art. 96 Cost. radicherebbe la
competenza   in   capo   all'organo   che  ne  disponeva  al  momento
dell'esercizio delle funzioni ministeriali da parte dell'imputato;
     che,  in ogni caso, il procedimento in esame avrebbe preso avvio
nel corso della precedente legislatura, quando l'ex ministro Matteoli
ricopriva anche la carica di deputato;
     che,  pertanto,  essendo  la  Camera dei deputati il soggetto in
capo  al  quale  la  lesione  si  e'  consumata, essa sarebbe l'unica
legittimata a dolersene;
     che, secondo la ricorrente, competerebbe a questa Corte decidere
il  conflitto,  dopo avere sollevato innanzi a se' in via incidentale
la pregiudiziale questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2
della  legge  n. 219  del  1989,  di  cui  i  provvedimenti impugnati
sarebbero fedele applicazione;
     che,   infatti,   l'art.   96  della  Costituzione  e  la  legge
costituzionale   n. 1   del  1989  imporrebbero  di  investire  della
richiesta   di  autorizzazione  a  procedere  la  Camera  competente,
quand'anche  si  reputi comune il reato per il quale si procede, allo
scopo  di  consentirle  l'apprezzamento di tale qualita' dell'ipotesi
criminosa,   e   di   esperire   l'eventuale   ricorso   alla   Corte
costituzionale  tramite  conflitto di attribuzione, per difendere, in
caso di conclusione contraria, le proprie prerogative;
     che la Corte costituzionale potrebbe esimersi dal sollevare tale
questione  di  legittimita'  costituzionale, solo ove intendesse dare
all'art.  2 della legge n. 219 del 1989 un'interpretazione conforme a
Costituzione,  ritenendo  che esso disciplini la procedura successiva
all'intervento della Camera nel caso in cui questa abbia declinato la
propria  competenza  per mancanza del requisito della ministerialita'
del reato;
     che, nel caso in cui, invece, la disposizione fosse interpretata
nel  senso  di  legittimare  una  archiviazione,  stante il carattere
comune   del   reato,   antecedente   alla  fase  parlamentare,  essa
contrasterebbe  con  il  combinato  disposto degli artt. 96 Cost. e 8
della  legge  cost.  n. 1  del  1989, il quale delineerebbe una netta
alternativa  tra  archiviazione  che  conclude  la procedura e per la
quale  non  vi e' trasmissione degli atti alla Camera, e prosecuzione
del  giudizio penale, in relazione alla quale la trasmissione sarebbe
sempre necessaria;
     che  cio'  sarebbe  confermato  dal  fatto  per  cui,  ai  sensi
dell'art.  8,  comma  4,  della 1egge cost. n. 1 del 1989, in caso di
archiviazione  il  Procuratore  della Repubblica da' comunicazione al
Presidente   del   competente   ramo   del  Parlamento  dell'avvenuta
archiviazione:   tale   previsione   denoterebbe   la   volonta'  del
legislatore  di  rendere  edotta la Camera competente che la mancanza
della   richiesta   di   autorizzazione   a   procedere   e'   dovuta
esclusivamente  al  fatto  che  il  procedimento  penale a carico del
ministro non e' destinato a proseguire;
     che,  secondo  la  ricorrente,  le  disposizioni  costituzionali
attribuirebbero infatti alla Camera competente il potere di esprimere
una  autonoma  valutazione  in  ordine  al carattere ministeriale del
reato  e,  se  del  caso,  in  ordine alla sussistenza delle esimenti
indicate nell'art. 9 della legge cost. n. 1 del 1989;
     che,  a  ritenere  diversamente, si ammetterebbe che l'autorita'
giudiziaria  possa paralizzare discrezionalmente le prerogative delle
Camere  in  relazione  ai  reati  ministeriali, aggirando, attraverso
l'archiviazione   per   difetto  di  ministerialita'  del  reato,  la
competenza prevista dall'art. 96 Cost.;
     che,   pertanto,  la  Camera  dei  deputati  chiede  alla  Corte
costituzionale, previa autorimessione della questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 2 della legge n. 219 del 1989, di dichiarare
che  «non  spetta  al Tribunale dei ministri di Firenze trasferire al
Giudice  penale ordinario, competente per territorio, il procedimento
instaurato  ai  sensi  dell'art. 96 Cost., senza aver prima richiesto
l'autorizzazione   camerale  e,  comunque,  senza  avere  previamente
trasmesso alla Camera dei deputati gli atti del procedimento medesimo
in modo da consentirle di valutare la sussistenza dei presupposti per
l'attivazione  della  guarentigia», e di dichiarare parimenti che non
spetta  al  Tribunale  di  Livorno,  sezione distaccata di Cecina, di
proseguire  il  giudizio senza chiedere l'autorizzazione a procedere,
con   conseguente   annullamento  dei  provvedimenti  giurisdizionali
adottati.
Considerato  che  in  questa fase del giudizio, a norma dell'art. 37,
terzo  e  quarto  comma,  della  legge 11 marzo 1953, n. 87, la Corte
costituzionale e' chiamata a delibare senza contraddittorio in ordine
all'ammissibilita'  del  conflitto  di attribuzione, sotto il profilo
della  sussistenza  della «materia di un conflitto la cui risoluzione
spetti alla sua competenza»;
     che,   quanto  alla  sussistenza  dei  requisiti  soggettivi,  e
impregiudicata  ogni  ulteriore  e diversa valutazione, la Camera dei
deputati  e'  legittimata a sollevare conflitto, al fine di difendere
le  attribuzioni  che  le  spettano  ai  sensi dell'articolo 96 della
Costituzione (sentenza n. 403 e ordinanza n. 217 del 1994);
     che  la  legittimazione  a  resistere  nel presente conflitto va
parimenti  riconosciuta in capo al Tribunale dei ministri di Firenze,
in  quanto esclusivo titolare delle attribuzioni previste dall'art. 8
della  legge  costituzionale  16  gennaio 1989, n. 1 (Modifiche degli
articoli   96,   134   e   135   della  Costituzione  e  della  legge
costituzionale 11 marzo 1953, n. 1 e norme in materia di procedimenti
per  i  reati  di  cui  all'articolo 96 della Costituzione) (sentenza
n. 403 e ordinanza n. 217 del 1994);
     che  e'  ugualmente  legittimato  a  resistere  il  Tribunale di
Livorno,  sezione  distaccata  di  Cecina,  quale organo competente a
dichiarare  definitivamente, nel procedimento di cui e' investito, la
volonta'  del  potere  cui  appartiene,  in ragione dell'esercizio di
funzioni  giurisdizionali  svolte in posizione di piena indipendenza,
costituzionalmente garantita (da ultimo, sentenza n. 290 del 2007);
     che,  con  riguardo  ai  presupposti  oggettivi,  il  ricorso e'
indirizzato  a  garanzia di una sfera di attribuzioni costituzionali,
desumibili,  secondo  la  prospettazione  della  Camera dei deputati,
dall'art. 96 Cost. e dalla legge costituzionale n. 1 del 1989;
     che questa preliminare valutazione, adottata prima facie
ed   in   assenza  di  contraddittorio,  lascia  impregiudicata  ogni
ulteriore    e   diversa   determinazione   concernente   la   stessa
ammissibilita'  del ricorso, avuto riguardo, fra l'altro, alla natura
degli  atti  asseritamente  lesivi  e  alla  sussistenza di un'idonea
«materia di conflitto»;
     che,  ai sensi dell'art. 37, quarto comma, della legge n. 87 del
1953,  va disposta la notificazione anche al Senato della Repubblica,
stante  l'identita'  della  posizione costituzionale dei due rami del
Parlamento  in  relazione  alle  questioni  di  principio da trattare
(sentenze  n. 263 del 2003 e n. 7 del 1996; ordinanze n. 178 del 2001
e n. 470 del 1995).