IL TRIBUNALE Vista l'istanza depositata dal difensore dell'interessato; Visto il verbale dell'udienza alla quale questo giudice si e' riservato la decisione; Rilevato che l'istanza, formulata ai sensi dell'art. 669 c.p.p., ha ad oggetto, da un lato, la revoca della sentenza monocratica emessa in data 19 ottobre 2004 dalla sezione quinta penale di questo tribunale (divenuta irrevocabile in data 13 gennaio 2005), e, dall'altro, l'esecuzione della sentenza emessa in data 21 ottobre 2004 da questa sezione distaccata (integralmente confermata dalla Corte d'appello con la sentenza emessa in data 24 novembre 2005, divenuta irrevocabile in data 1 aprile 2006), peraltro con la contestuale concessione all'interessato, «in riforma della sentenza di appello», del beneficio della sospensione condizionale della pena; Rilevato che con la sopra citata sentenza in data 19 ottobre 2004 Lo Iacono Salvatore (nato a Palermo in data 13 ottobre 1972) e' stato dichiarato colpevole del reato di cui all'art. 648 cpv. c.p. e, pertanto, condannato alla pena, condizionalmente sospesa, di mesi 3 di reclusione ed euro 200 di multa; Rilevato che con l'altra citata sentenza -- quella emessa in data 21 ottobre 2004 da questa sezione e integralmente confermata dalla Corte d'appello -- lo stesso Lo Iacono e' stato dichiarato colpevole, in continuazione, dei reati di cui agli artt. 485 e 648 cpv. c.p. e, pertanto, condannato alla pena, non sospesa, di mesi 4 di reclusione ed euro 350 di multa, determinata, previo giudizio di maggiore gravita' del reato di cui all'art. 648 cpv., come segue: mesi 3 di reclusione ed euro 350, aumentati a mesi 4 ed euro 350; Rilevato che la prima sentenza aveva ad oggetto il reato di cui all'art. 648 c.p. «accertato in Palermo il 2 agosto 2000», che Lo Iacono Salvatore era stato accusato di aver commesso perche(,) al fine di trarne profitto(,) acquistava, o comunque riceveva, il certificato ed il contrassegno assicurativo della Compagnia "Levante Norditalia"' relativi all'autovettura Volvo EX, targata TP 316211(,) frutto di contraffazione»; Rilevato che nella motivazione della sentenza in questione si legge che l'accusa -- che nasceva da «un controllo operato dai Carabinieri che il 2 agosto 2000 fermavano un automobilista, identificato per Lo Iacono Salvatore, il quale esibiva un contrassegno assicurativo n. 1294449909 ed un certificato di assicurazione che portava un numero diverso, 12944480, entrambi riportanti il numero di targa della Volvo fermata» -- era fondata perche' «i predetti numeri erano compresi tra quelli appartenenti a stampe di polizze denunciate come smarrite (...) nella denuncia in atti, datata 6 marzo 2000» (cfr. le pagg. 4 e 5 della sentenza in questione); Rilevato che la seconda sentenza aveva tra l'altro ad oggetto il reato di cui agli artt. 61 n. 2 e 648 c.p. accertato «in Camporeale il 2 agosto 2000», che Lo Iacono Salvatore era stato accusato di aver commesso per avere, al fine di procurarsi un profitto e di commettere il reato» di formazione e uso d'atto falso di cui al primo capo d'imputazione, «acquistato o comunque ricevuto un contrassegno ed un certificato di assicurazione della Soc. Levante Norditalia Assicurazioni, compendio del delitto di appropriazione di cosa smarrita commessa ai danni della societa' Italgrafo s.a.s. di Milano»; Rilevato che in questa seconda sentenza l'affermazione della penale responsabilita' dell'imputato e' motivata come segue: «e' emerso che, in data 2 agosto 2000 alle ore 1,00 ca. durante un controllo stradale effettuato dai Carabinieri della Stazione di Camporeale lungo la SS 624 (...) l'imputato veniva fermato alla guida della autovettura Volvo EX tg. TP 316211. A seguito di richiesta da parte dei militari, il Lo Iacono esibiva il certificato di assicurazione ed il relativo contrassegno (...) recante il numero seriale 1294449909, unitamente al contratto di assicurazione con numero seriale 12944480; tali documenti (...) risultavano apparentemente emessi dalla Levante Norditalia Assicurazione S.p.A. per (...) la RCA del veicolo suddetto, ed erano intestati al contraente Lo lacono Salvatore; riscontrata dunque la palese differmita fra i numeri seriali dei documenti esibiti, i militari provvedevano al sequestro degli stessi», che, come emergeva «dalla denuncia della Italgrafo s.a.s.», facevano parte «di uno stock di numero 1300 contrassegni e relative polizze di assicurazione smarriti (in bianco) dalla stessa societa' in un periodo compreso tra il 12 gennaio 2000 e il 6 marzo 2000» (cfr. la pag. 3 della sentenza in questione); Ritenuto, alla luce di quanto precede, che non puo' nutrirsi alcun serio dubbio sull'identita' tra la ricettazione giudicata dalla prima sentenza e quella giudicata dalla seconda sentenza; Osservato, infatti, che la condotta che e' stata contestata all'imputato nei due processi, e' sostanzialmente la stessa; Ritenuto che tale sostanziale unicita' non venga meno ne' per la diversita' del contestato luogo di accertamento del reato, ne' per la diversita' del contestato reato presupposto; Ritenuto, infatti, che nell'uno e nell'altro processo la condotta incriminata era quella di aver acquistato o ricevuto, al fine di trarne profitto, un certificato e un contrassegno assicurativo di provenienza delittuosa; Ritenuto, pertanto, che Lo Iacono Salvatore e' stato irrevocabilmente condannato due volte per lo stesso fatto; Ritenuto, pertanto, che ricorre il caso previsto e regolato dall'art. 669, comma 6 c.p.p.; Rilevato, ai sensi del comma i del citato art. 669, che in tal caso va da un lato revocata la condanna piu' grave, e dall'altro ordinata l'esecuzione di quella meno grave, da individuare sulla base dei criteri indicati dai commi 3 e 4 del medesimo articolo, a meno che l'interessato si avvalga della facolta' -- espressamente attribuitagli dal comma 2 dello stesso articolo 669 - d'indicare la sentenza che dev'essere eseguita; Ritenuto, in altre parole, che la scelta fatta dall'interessato sia vincolante per il giudice pure nel caso in cui la sentenza indicata non sia quella meno grave ai sensi dei sopra citati commi 3 e 4; Ritenuto, infatti, che la previsione della facolta' di scelta sarebbe, altrimenti, del tutto superflua; Ritenuto, in altre parole, che il legislatore abbia previsto e regolato il caso in cui una data sentenza di condanna, in astratto piu' grave di altra analoga concorrente sentenza, sia in concreto meno grave a giudizio del diretto interessato, cioe' del soggetto che certamente e' meglio in grado di valutare i potenziali effetti dei sovrapposti giudicati che lo riguardano; Rilevato, tornando al caso in esame, che l'interessato si e' avvalso della facolta' di scelta in questione, indicando, quale sentenza da eseguire, quella emessa in data 21 ottobre 2004 da questa sezione, che in astratto e' piu' grave di quella emessa in data 19 ottobre 2004 dalla sezione quinta (da un lato perche', a parita' di reclusione, ha irrogato una multa maggiore; dall'altro perche' non ha concesso il beneficio di cui all'art. 163 c.p.); Ritenuto, come s'e' detto, che la facolta' di scelta non sia sindacabile da parte del giudice; Ritenuto, pertanto, che andra' da un lato revocata la prima sentenza, e dall'altro ordinata l'esecuzione della seconda sentenza; Ritenuto, pertanto, che vada esaminata, l'istanza di concessione del citato beneficio di cui all'art. 163 c.p., negato al condannato sia in primo che in secondo grado; Rilevato che l'esclusione del beneficio risulta espressamente motivata solo nella sentenza di secondo grado, nella quale, infatti, si legge quanto segue: «l'esecuzione della pena non puo' essere sospesa, avendo il giudicando gia' per due volte goduto del beneficio»; Visto il certificato del casellario giudiziale dell'interessato estratto in data 22 novembre 2005, vale a dire appena due giorni prima dell'emissione della sentenza d'appello, che risale, infatti, alla data del 24 novembre 2005; Rilevato che da tale certificato risultano due precedenti, il secondo dei quali e' costituito dalla revocanda sentenza emessa in data 19 ottobre 2004 dalla sezione quinta penale di questo tribunale; Rilevato, pertanto, che la sospensione condizionale della pena disposta da quest'ultima sentenza in relazione alla ricettazione in questione, ha per assurdo impedito la concessione dello stesso beneficio in relazione al medesimo fatto; Ribadito, infatti, che la Corte d'appello di Palermo ha negato il beneficio in questione non perche' abbia formulato una negativa prognosi sulla futura condotta del reo, bensi' perche' ha rilevato che quest'ultimo aveva gia' riportato due condanne a pena sospesa per un totale di anni 1 mesi 11 di reclusione, come tali ostative alla sospensione dell'ulteriore irrogata pena di mesi 4 di reclusione (di cui 3 per la ricettazione gia' giudicata dalla sentenza in data 19 ottobre 2004); Visto il certificato del casellario giudiziale dell'interessato estratto in data 10 settembre 2007, dal quale risulta che Lo Iacono Salvatore ha riportato -- oltre alla condanna in data 6 luglio 1999 ad anni 1 mesi 8 di reclusione ed euro 2.582,28 di multa, gia' risultante dal primo certificato -- solo ed esclusivamente le due condanne in data 19 e 21 ottobre 2004; Ritenuto che cio' sia sufficiente a formulare, ora per allora, una positiva prognosi sulla condotta del reo, tale da giustificare la concessione del beneficio di cui all'art. 163 c.p. in relazione alla pena di mesi 4 di reclusione ed euro 350 di multa irrogata da questo tribunale con la sentenza in data 21 ottobre 2004, che, come piu' volte s'e' detto, e' stata integralmente confermata dalla Corte d'appello di Palermo in data 24 novembre 2005; Ritenuto, pertanto, che nel caso in esame e' rilevante stabilire se il beneficio in questione possa, o meno, essere concesso dal giudice dell'esecuzione a seguito della revoca - per violazione del divieto del bis in idem - della condanna che per il giudice della cognizione aveva costituito l'unico ostacolo all'applicazione del medesimo beneficio; Rilevato che identica questione si e' gia' posta in relazione all'art. 673 c.p.p., vale a dire nel caso di revoca di condanna per abolitio criminis; Rilevato che il contrasto giurisprudenziale sorto sul punto, e' stato risolto, in senso positivo, da Cass., sez. un., 20 dicembre 2005, n. 4687, Catanzaro; Rilevato, peraltro, che tale positiva soluzione e' stata fondata sullo sviluppo di «tutte le potenzialita' applicative» dell'art. 673 c.p.p., tant'e' che la concedibilita' del beneficio in questione e' stata fatta rientrare tra «i provvedimenti conseguenti» alla revoca della condanna pronunciata per il reato successivamente abrogato, che e' stata infatti qualificata come regola processuale servente rispetto a quella sostanziale di cui all'art. 2, comma 2 c.p., stabilente la cessazione di tutti gli effetti della condanna, ivi compreso, appunto, quello costituito dalla negazione dell'ulteriore concessione della sospensione condizionale della pena; Rilevato che e' stata per contro espressamente esclusa la possibilita' di un'analogica applicazione dell'art. 671, comma 3 c.p.p., ritenuta «precluso(a) dallo sbarramento segnato dall'art. 14 delle disposizioni sulla legge in generale, che vieta di applicare le leggi che fanno eccezione a regole generali oltre i casi in esse considerate(i)»; Rilevato che e' stato infatti ribadito «che -- conformemente all'opinione consolidata della giurisprudenza di legittimita' -- l'immodificabilita' del giudicato corrisponde ad un principio generale dell'ordinamento derogabile solo nei casi previsti dalla legge», tra i quali e' stato quindi annoverato, oltre a quello di cui all'art. 671, comma 3 c.p.p., quello contemplato dal successivo art. 673, in quanto la relativa «sfera precettiva» ha potuto essere adeguata ai principi costituzionali mediante «l'impiego degli usuali mezzi dell'ermeneutica giuridica»; Ribadito che tale adeguamento e' stato reso possibile solo ed esclusivamente dalla presenza, nel citato art. 673, della previsione che attribuisce al giudice dell'esecuzione il potere-dovere di adottare tutti «i provvedimenti conseguenti» alla revoca della condanna emessa per il reato abrogato; Rilevato, infatti, che e' stata categoricamente esclusa la legittimita' di un'analogica applicazione dell'art. 671, comma 3 c.p.p. «in nome dell'interpretazione secundum Constitutionem dell'art. 673»; Ritenuto, pertanto, che il cosiddetto diritto vivente sia nel senso che il beneficio in esame e' concedibile in sede esecutiva solo laddove tale concessione sia espressamente o implicitamente prevista da una norma di legge, come rispettivamente accade negli artt. 671, comma 3 e 673, comma 1 c.p.p.; Osservato che la concessione della sospensione condizionale della pena richiede, ai sensi dell'art. 164, comma 1 c.p., un giudizio prognostico sulla condotta del reo, che deve fondarsi sulle «circostanze indicate nell'art. 133» c.p.; Ritenuto, pertanto, che la formulazione di tale giudizio richieda, a sua volta, la valutazione delle risultanze processuali riguardanti il reato alla cui pena il beneficio si riferisce; Ritenuto, pertanto, che il giudizio in esame non possa che essere ordinariamente rimesso al giudice della cognizione, vale a dire al giudice che ha accertato e dichiarato la responsabilita' di un soggetto in ordine al reato alla cui pena il beneficio va, o meno, applicato; ritenuto, pertanto, che non puo' che essere condiviso l'orientamento giurisprudenziale che ha risolto l'evidenziato contrasto, secondo il quale, come s'e' detto, la sospensione condizionale della pena puo' essere concessa in sede esecutiva solo laddove tale concessione sia espressamente o implicitamente prevista da una norma di legge; rilevato che una siffatta previsione non si rinviene nell'art. 669 c.p.p., nel quale, infatti, e' sic et simpliciter prevista la revoca di una delle due sentenze di condanna passate in giudicato nei confronti della stessa persona per il medesimo fatto; Ritenuto, pertanto, che non via sia spazio alcuno per un'interpretazione estensiva e costituzionalmente orientata del suddetto art. 669; ritenuto, in altre parole, che tale articolo non preveda affatto che la revoca di una delle due condanne sia accompagnata dalla concessione, rispetto all'altra, del beneficio in esame, nemmeno quando -- come nel caso in esame -- tale beneficio sia stato negato solo ed esclusivamente a causa dell'esistenza della condanna poi revocata; Ritenuto, infatti, che a tale risultato potrebbe arrivarsi solo tramite la vietata applicazione analogica delle norme eccezionalmente contenute nei sopra citati artt. 671, comma 3 e 673, comma 1; Ritenuta l'irragionevolezza della conseguente disparita' di trattamento tra i casi regolati da tali articoli e quello regolato dal precedente art. 669; Ritenuto, infatti, che pare manifestamente illogico un sistema processuale che permetta la concessione in sede esecutiva del beneficio in questione nel caso di revoca -- per abolitio criminis -- della condanna che aveva impedito la concessione di tale beneficio rispetto ad altra condanna, e non permetta invece tale concessione nel caso di revoca -- per violazione del divieto del bis in idem -- di analoga condanna; Rilevato, infatti, che nell'uno e nell'altro caso la negazione del beneficio e' stata determinata solo ed esclusivamente dall'esistenza di una condanna poi revocata, che solo nel secondo caso, pero', continuerebbe a produrre il descritto e pregiudizievole effetto impediente; Ritenuto che l'irrazionalita' di una siffatta disparita' di trattamento sia vieppiu' dimostrata dall'esame del caso in oggetto, nel quale, infatti, la concessione del beneficio sarebbe preclusa dalla revocata condanna per il medesimo fatto, la quale, pero', aveva applicato tale beneficio alla pena irrogata proprio per tale fatto; Ritenuto, pertanto, che non sia manifestamente infondata, in relazione all'art. 3 Cost., la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 669 c.p.p., nella parte in cui tale articolo non prevede che il giudice dell'esecuzione possa concedere la sospensione condizionale della pena in relazione a una sentenza nella quale -- come nel caso in esame -- l'applicazione di tale beneficio sia stata negata solo ed esclusivamente a causa dell'esistenza di una precedente condanna poi revocata per violazione del divieto del bis in idem; Ritenuto che la prospettata questione sia rilevante nel caso in esame, in relazione al quale va infatti ribadito che l'interessato pare meritevole della concessione del beneficio, ora come ora, invece, preclusa dall'unica plausibile interpretazione dell'art. 669 c.p.p.;