IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento nei confronti di Pasotti Sergio, nato il 10 gennaio 1967, residente a Bovezzo (Brescia), via Cesare Battisti n. 41, e difeso di fiducia dall'avv. Gianfranco Abate del Foro di Brescia; sottoposto ad indagine per i delitti di cui all'art. 609-bis c.p. e 527 c.p., commessi in Rezzato (Brescia) il 5 ottobre 2006. Nel procedimento sopra indicato il Pubblico ministero, notificato l'avviso di conclusione delle indagini preliminari ex art. 415-bis c.p.p., ha assunto l'interrogatorio dell'indagato, come da lui sollecitato. Ha poi richiesto al giudice di procedere, mediante incidente probatorio, a ricognizione personale dello stesso da parte della persona offesa, ritenendo che il tempo necessario per giungere al dibattimento potrebbe pregiudicarne i ricordi «per immagine». La richiesta non e' stata formulata «nel corso delle indagini preliminari», secondo quanto disposto dall'art. 392 c.p.p., ne' nella fase dell'udienza preliminare, come consentito dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 77 del 1994. Essa dovrebbe quindi essere dichiarata inammissibile. Si prospetta allora, per il tempo che intercorre fra la conclusione delle indagini preliminari e la richiesta di rinvio a giudizio, quella stessa «interruzione nell'acquisibilita' di prove non rinviabili» che la citata sentenza della Corte costituzionale ha ritenuto «priva di ogni ragionevole giustificazione e lesiva del diritto delle parti alla prova e, quindi, dei diritti di azione e di difesa». E' certo vero che, nel procedere alla ricognizione del contenuto normativo della disposizione da applicare, il giudice deve essere guidato dalla preminente esigenza del rispetto dei principi costituzionali, ed e' quindi tenuto ad adottare, tra le varie possibili letture, quella ritenuta aderente al parametro costituzionale. Troppo chiara e' pero' la lettera dell'art. 392 c.p.p. («nel corso delle indagini Preliminari»): tanto che procedere con incidente probatorio dopo la chiusura delle indagini significherebbe oltrepassare i confini dell'attivita' interpretativa. Nel caso di specie e' quindi insorta, anche a seguito della dilatazione dei tempi processuali derivante dall'esercizio, da parte dell'indagato, delle facolta' previste dall' art. 415-bis c.p.p., una situazione di non differibilita' al dibattimento di una prova soggetta ad una inevitabile perdita di genuinita'. L'anticipata assunzione della stessa si appalesa indispensabile per garantire l'effettivita' del diritto delle parti alla prova, e l'impossibilita' di provvedervi e' priva di ogni ragionevole giustificazione. Devono quindi ritenersi violati gli art. 3 e 24 della Costituzione.