Ordinanza
nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 37 del decreto
del  Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131 (Approvazione
del   testo   unico   delle  disposizioni  concernenti  l'imposta  di
registro),   promosso   con  ordinanza  del  9  febbraio  2007  dalla
Commissione  tributaria  provinciale  di Latina nel giudizio vertente
tra  Giuseppe  Iozia,  l'Agenzia delle entrate - Ufficio di Latina ed
altri,  iscritta  al  n. 539 del registro ordinanze 2007 e pubblicata
nella  Gazzetta  Ufficiale della Repubblica n. 32, 1ª serie speciale,
dell'anno 2007.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
Udito  nella  Camera  di  consiglio  del  12 dicembre 2007 il giudice
relatore Franco Gallo.
Ritenuto  che, nel corso di un giudizio riguardante l'impugnazione di
una  cartella  di pagamento, la Commissione tributaria provinciale di
Latina,  con  ordinanza depositata il 9 febbraio 2007, ha sollevato -
in  riferimento  agli  artt.  3,  24,  53  e  76 della Costituzione -
questioni  di  legittimita' costituzionale dell'art. 37 del d.P.R. 26
aprile  1986, n. 131 (Approvazione del testo unico delle disposizioni
concernenti  l'imposta di registro), «nella parte in cui sottopone ad
imposta  di  registro gli atti dell'autorita' giudiziaria anche se al
momento  della  registrazione  siano  stati  impugnati o siano ancora
impugnabili»;
     che  il  giudice rimettente premette, in punto di fatto, che: a)
alcuni  contribuenti  avevano  in precedenza proposto ricorso davanti
alla  stessa Commissione tributaria avverso un avviso di liquidazione
dell'imposta  principale  di registro relativa ad una sentenza civile
non  ancora  passata  in  giudicato,  riguardante un trasferimento di
proprieta' immobiliare; b) la Commissione adita aveva rigettato detto
ricorso  rilevando  che,  in forza dell'art. 37 del d.P.R. n. 131 del
1986, l'imposta di registro e' dovuta anche per le sentenze impugnate
o  ancora impugnabili; c) i contribuenti avevano poi proposto ricorso
contro  la  cartella di pagamento emessa in base al menzionato avviso
di  liquidazione deducendo l'illegittimita' della cartella, in quanto
il suddetto avviso non era divenuto definitivo, per non essere ancora
decorsi  i  termini  per  appellare  la  sentenza  della  Commissione
tributaria;  d)  gli stessi contribuenti avevano precisato che presso
la   competente   Corte   d'appello   era  pendente  il  giudizio  di
impugnazione  avverso  la sentenza civile di primo grado assoggettata
ad imposta di registro;
     che  il  rimettente  premette altresi', in punto di diritto, che
nella  fattispecie  portata al suo esame non e' applicabile l'art. 68
del  decreto  legislativo  31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul
processo  tributario  in attuazione della delega al Governo contenuta
nell'art.  30  della  legge  30 dicembre 1991, n. 413), relativo alla
riscossione   frazionata   del   tributo  in  pendenza  del  processo
tributario,  perche'  il  giudizio  principale  riguarda  la  diversa
ipotesi  dell'impugnazione  di una cartella di pagamento dell'imposta
principale  di  registro,  regolata  dall'art.  56  del citato d.P.R.
n. 131  del 1986, ai sensi del quale «Il ricorso del contribuente non
sospende la riscossione» di detta imposta;
     che,  su  tali  premesse,  il giudice a quo afferma che la norma
censurata  - nel disporre che «Gli atti dell'autorita' giudiziaria in
materia  di controversie civili [...] sono soggetti all'imposta anche
se  al  momento  della  registrazione  siano  stati impugnati o siano
ancora  impugnabili, salvo conguaglio o rimborso in base a successiva
sentenza  passata in giudicato» - viola, innanzitutto, l'art. 3 della
Costituzione,   perche':   a)   contrasta   con   il   principio   di
ragionevolezza,  obbligando la parte a registrare un atto giudiziario
le cui enunciazioni non sono definitive e giuridicamente certe, tanto
che  per esso l'art. 8 della parte I della Tariffa allegata al citato
d.P.R.  n. 131  del  1986  «ha  previsto la modifica successiva e poi
ancora   un'altra  modifica  per  il  giudizio  di  legittimita»;  b)
contrasta  con  il  principio  di  uguaglianza,  in quanto, «Mentre a
carico  della  parte  vi  e'  l'obbligo  immediato  sanzionato  dalle
penalita',  l'ufficio  rimborsa solo dopo il passaggio in giudicato e
solo quando la parte ne fa richiesta e quando l'ufficio dispone della
somma»;  c)  crea  una disparita' di trattamento «tra il cittadino in
grado  e  quello non in grado di pagare preventivamente l'imposta che
in caso di ritardo si vede applicare sanzioni ed interessi»;
     che la disposizione denunciata viola altresi', sempre secondo il
rimettente:  a)  l'art.  24  Cost., perche' reintroduce il principio,
espunto dall'ordinamento, del solve et repete
,  in  quanto «esige l'anticipazione dell'imposta su un provvedimento
dell'autorita' giudiziaria prima ancora della sua giuridica certezza,
mantenendo   cosi'   surrettiziamente   una  sorta  di  registrazione
anticipata»,   idonea   a  costituire  un  «impedimento  direttamente
connesso  al  diritto  di  agire  in  giudizio»,  come  dimostrato  a
contrario  dalla  previsione, nello stesso d.P.R. n. 131 del 1986, di
alcune  agevolazioni,  tra cui «la registrazione a debito (art. 59)»;
b)  l'art.  53 della Costituzione, perche' «il principio di capacita'
contributiva  al momento dell'utilizzo dell'atto stesso» e' vulnerato
dalla  «manifesta  illogicita'  di  pretendere  l'imposta prima della
definitivita' in concreto dell'atto», cioe' prima della realizzazione
del   presupposto   del   tributo  di  registro,  consistente  «nella
conclusione   di   un   negozio  produttivo  di  determinati  effetti
giuridici»; c) l'art. 76 della Costituzione (parametro, peraltro, non
esplicitamente  indicato),  perche'  crea  un «impedimento fiscale al
diritto  dei  cittadini di agire in giudizio per la tutela dei propri
diritti  ed interessi legittimi», ponendosi cosi' in contrasto con il
divieto  di  prevedere  simili  impedimenti  stabilito  dall'art.  7,
secondo  comma,  numero 7, della legge di delegazione 9 ottobre 1971,
n. 825 (Delega legislativa al Governo della Repubblica per la riforma
tributaria),  costituente  «fonte  normativa primaria, sia del d.P.R.
n. 634 del 1972 sia del t.u. approvato con il d.P.R. n. 131/1986»;
     che,   quanto   alla   rilevanza,   la   Commissione  tributaria
provinciale  osserva che «nel caso in esame il pagamento dell'imposta
deriva  dall'obbligo  stabilito  dall'art.  37 [del d.P.R. n. 131 del
1986],  mentre  l'applicazione  dell'art. 56 [dello stesso d.P.R.] e'
solo  una  conseguenza»,  cosi'  che,  in  applicazione  della  norma
denunciata, il ricorso «dovrebbe essere respinto»;
     che  il  Presidente  del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  e'  intervenuto nel
giudizio  di  legittimita'  costituzionale  ed ha chiesto dichiararsi
l'inammissibilita'   o  la  manifesta  infondatezza  delle  sollevate
questioni;
     che    la    difesa    erariale,    a   sostegno   dell'eccepita
inammissibilita',  osserva  che il giudice rimettente avrebbe dovuto:
a)  «precisare [...] se vi siano effettivamente i presupposti per una
decisione  nel merito, al cui fine verrebbe in rilievo l'applicazione
della norma contestata, o se piuttosto non vi siano i presupposti per
definire  il  giudizio  con  una  sentenza  di  inammissibilita'  del
ricorso,  conseguente  alla  mancata denuncia di vizi propri relativi
alla cartella di pagamento, diversi da quelli proposti avverso l'atto
di   liquidazione  gia'  impugnato  e  confermato  dalla  Commissione
tributaria»;   b)   ricollegare   le   proposte  censure  alle  norme
costituzionali asseritamente violate;
     che,   nel   merito,   con   riguardo   alla  dedotta  manifesta
infondatezza, la medesima difesa erariale afferma che la disposizione
denunciata  non  viola gli evocati parametri costituzionali, perche':
a)  valgono,  in proposito, le stesse ragioni indicate nelle sentenze
della  Corte  costituzionale  n. 198  del 1976 e n. 203 del 1988, con
riguardo  a  questioni  analoghe; b) oggetto dell'imposta di registro
e',  nella  specie,  una sentenza civile avente efficacia esecutiva e
non,   come   invece   erroneamente   ritenuto   dal  rimettente,  le
«enunciazioni»   contenute   in   detta  sentenza;  c)  la  capacita'
contributiva  del  contribuente  e' rispettata dalla possibilita' del
conguaglio  d'imposta  o  della  restituzione  del tributo, a seguito
della intervenuta definitivita' dell'atto giudiziario civile soggetto
a  registrazione;  d)  «il legislatore ha salvaguardato le situazioni
particolari  in  presenza  delle  quali  la  registrazione  si  possa
effettuare  a  debito»;  e)  l'intervento  manipolativo richiesto dal
giudice  a  quo  si sostanzierebbe in un ampliamento del novero delle
deroghe all'obbligo di versamento dell'imposta; f) detta disposizione
non reintroduce un caso di solve et repete
fiscale,  dal  momento  che  nella  fattispecie  l'appello avverso la
sentenza  civile  di  primo  grado  non  e' condizionato al pagamento
dell'imposta  di registro sulla medesima sentenza ed anzi e' stato di
fatto  proposto;  g)  la  medesima  disposizione non pone difficolta'
all'esercizio  del  diritto  di  difesa  ne' disconosce il diritto al
rimborso del tributo, ove ne ricorrano i presupposti; h) non sussiste
disparita'  di trattamento tra il cittadino che e' in grado di pagare
l'imposta  e quello che non lo e', stante, da un lato, la previsione,
in  alcune  ipotesi,  del  beneficio  della registrazione a debito e,
dall'altro,  l'applicazione  - anche  per  le  spese di registrazione
della  sentenza  -  della regola della soccombenza in giudizio; i) si
verte,  comunque,  in  un  ambito  «rimesso alla discrezionalita' del
legislatore»,    senza    che   sia   stato   superato   «il   limite
dell'arbitrarieta'   e  dell'irragionevolezza»;  l)  «costituisce  un
impedimento vietato dalla legge delega sopra richiamata non qualsiasi
onere  che  faccia  carico  a  chi  agisca  o resista in giudizio, ma
soltanto   un   vero   e   proprio  ostacolo  frapposto  alla  valida
instaurazione  del  rapporto  processuale  ed  al  riconoscimento del
diritto o dell'interesse legittimo fatto valere in giudizio», ipotesi
questa che non ricorre nella specie.
Considerato  che  la  Commissione  tributaria  provinciale  di Latina
dubita,  in riferimento agli artt. 3, 24, 53 e 76 della Costituzione,
della  legittimita'  dell'art.  37  del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131
(Approvazione   del   testo   unico  delle  disposizioni  concernenti
l'imposta  di  registro), «nella parte in cui sottopone ad imposta di
registro  gli  atti  dell'autorita'  giudiziaria  anche se al momento
della   registrazione   siano   stati   impugnati   o   siano  ancora
impugnabili»;
     che, ad avviso del giudice rimettente, la disposizione censurata
viola  l'art.  3  Cost., perche', obbligando la parte a registrare un
atto  giudiziario  le cui enunciazioni non sono definitive, contrasta
con  il principio di ragionevolezza e crea al contempo una disparita'
di  trattamento  sia «tra il cittadino in grado e quello non in grado
di  pagare  preventivamente l'imposta», sia tra la parte del giudizio
civile,   che  deve  versare  immediatamente  l'imposta  medesima,  e
l'amministrazione  finanziaria,  che  procede  al  rimborso di quanto
versato solo al passaggio in giudicato della sentenza;
     che,  sempre  secondo  il rimettente, la disposizione denunciata
viola  altresi': a) l'art. 24 della Costituzione, perche' reintroduce
il principio del solve et repete
tributario;  b)  l'art.  53  della  Costituzione,  perche'  lede  «il
principio   di   capacita'   contributiva»  imponendo  il  versamento
dell'imposta prima che venga definitivamente in essere il presupposto
del  tributo di registro; c) l'art. 76 della Costituzione (parametro,
peraltro,  non  esplicitamente  indicato),  perche', contrariamente a
quanto  previsto  dalla  legge di delegazione, crea un impedimento al
diritto  dei  cittadini di agire in giudizio per la tutela dei propri
diritti ed interessi legittimi;
     che  la questione e' manifestamente inammissibile per difetto di
rilevanza nel giudizio a quo;
     che  tale  giudizio,  in  quanto  relativo  ad  una  cartella di
pagamento   per  un'imposta  principale  di  registro  liquidata  con
separato  avviso  notificato  al  contribuente, puo' avere ad oggetto
solo  i  vizi  propri della cartella medesima, ai sensi dell'art. 19,
comma   3,   del   decreto   legislativo  31  dicembre  1992,  n. 546
(Disposizioni  sul  processo tributario in attuazione della delega al
Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413);
     che  nello  stesso giudizio vengono, invece, sollevate questioni
di   legittimita'   costituzionale   di   una   disposizione   che  -
nell'assoggettare  all'imposta  di  registro le sentenze civili anche
non  passate  in  giudicato -  puo'  trovare  applicazione  solo  con
riguardo  all'atto  di  imposizione  presupposto  da tale cartella, e
cioe'  all'avviso  di  liquidazione  oggetto  di altro giudizio, gia'
instaurato e deciso dalla medesima Commissione tributaria rimettente;
     che,  non  essendo applicabile la norma censurata nel giudizio a
quo,  deve  dichiararsi la manifesta inammissibilita' delle questioni
prospettate (ex plurimis
,  ordinanze n. 225 del 2007 e n. 145 del 2006); e cio' a prescindere
dalla  considerazione che la norma censurata non ostacola l'esercizio
del  diritto di difesa, perche' non limita o condiziona in alcun modo
l'impugnazione  di  atti  dell'autorita'  giudiziaria,  e  che questa
Corte,  con  la sentenza n. 198 del 1976 e con l'ordinanza n. 203 del
1988,  ha  espressamente affermato, con riguardo a casi analoghi, che
la   tassazione  di  un  atto  soggetto  a  registrazione,  anche  se
costituito da sentenza suscettibile di gravame, non contrasta con gli
artt. 3 e 53 Cost.
Visti  gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87,
e  9,  comma  2,  delle  norme integrative per i giudizi davanti alla
Corte costituzionale.