Ricorso  del Presidente del Consiglio dei ministri rappresentato e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato presso la quale ha il
proprio  domicilio  in  Roma, via dei Portoghesi n. 12, nei confronti
della   Regione   Marche  in  persona  del  Presidente  della  Giunta
regionale,  per  la dichiarazione della illegittimita' costituzionale
del  regolamento  regionale  n. 4  del  15  novembre 2007, recante la
disciplina  delle precedenze tra le cariche pubbliche nelle cerimonie
a carattere locale, pubblicato nel Bollettino ufficiale della Regione
Marche n. 104 del 29 novembre 2007, giusta delibera del Consiglio dei
ministri del 25 gennaio 2008.
   Con   il  regolamento  indicato  in  epigrafe  la  Regione  Marche
definisce  la  disciplina  dell'ordine delle precedenze delle cariche
pubbliche  in  ogni  cerimonia  a  carattere locale che si svolga nel
territorio  regionale  per  iniziativa  della  regione o degli enti o
organi  dipendenti dalla stessa (art. 1); nonche' nelle cerimonie che
si  svolgono  per iniziativa dei comuni e delle province delle Marche
(art. 3).
   Il  regolamento  prevede  che l'ordine delle precedenze sia quello
stabilito  dalla  tabella A allegata al regolamento (art. 2) e che il
d.P.C.m.  in  data  14  aprile  2006,  in materia di cerimoniale e di
precedenza  tra le cariche pubbliche, si applichi solo per quanto non
previsto nel regolamento in questione (art. 4).
   E'  avviso del Governo che con il regolamento indicato in epigrafe
la  Regione Marche abbia invaso la sfera di competenza dello Stato in
materia  di  protocollo  e di precedenze tra le cariche pubbliche che
appartiene  allo  Stato in via assoluta ed esclusiva, come si confida
di dimostrare con l'illustrazione dei seguenti
                             M o t i v i
Violazione dell'art. 117, secondo comma, della Costituzione.
   La  determinazione  dell'ordine  delle  precedenze  tra  le  varie
cariche  pubbliche  di  qualunque  livello rappresenta una delle piu'
antiche  e  tradizionali  prerogative  dello Stato, anche dopo che il
legislatore costituzionale ha provveduto a rimodellare l'attribuzione
della competenza legislativa ripartendola fra lo Stato e le regioni.
   Infatti,  la  lett.  a) del citato articolo 117 attribuisce in via
esclusiva allo Stato la legislazione in materia di «politica estera e
rapporti   internazionali  dello  Stato;  rapporti  dello  Stato  con
l'Unione  europea;  diritto  di  asilo  e  condizione  giuridica  dei
cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea».
   Ne  consegue,  evidentemente,  che  la  disciplina delle relazioni
internazionali   e   diplomatiche   e,  quindi,  il  trattamento  dei
rappresentanti degli Stati esteri, degli organismi comunitari e delle
organizzazioni  internazionali  sono  affidati  in via esclusiva allo
Stato perche' ne garantisca adeguatezza, opportunita' e uniformita'.
   Ritenere  che  la  Regione Marche possa disciplinare attraverso un
regolamento  o  una  legge  regionale la posizione protocollare delle
cariche  straniere e delle rappresentanze diplomatiche anche se nelle
sole  cerimonie e carattere locale viola la previsione costituzionale
perche'  consentirebbe  alla  regione  di incidere significativamente
sugli indirizzi di politica estera e nelle relazioni internazionali e
diplomatiche.   Il   Governo  non  sarebbe  in  grado  di  assicurare
l'uniformita'  di trattamento nel territorio nazionale alle autorita'
estere in visita o ospiti.
   Il  regolamento n. 4 nella parte in cui provvede a disciplinare in
modo difforme da quanto stabilito dal d.P.C.m. in data 14 aprile 2006
la   posizione   protocollare   delle   cariche   straniere  e  delle
rappresentanze diplomatiche viola, quindi, il precetto costituzionale
suindicato.
   La   lett.  c)  dell'art.  117,  secondo  comma,  citato  mira  ad
assicurare  la  medesima  unitarieta'  del  sistema  con  riguardo ai
rapporti con le confessioni religiose.
   Il  regolamento  n. 4,  nella  parte  in cui prevede una posizione
protocollare  distinta  da quella definita dal Governo per le cariche
ecclesiastiche e per le altre figure religiose e del culto incide nei
rapporti  tra lo Stato e le confessioni religiose, non consentendo di
assicurare un trattamento certo ed uniforme.
   La  Costituzione  affida  alla  potesta'  esclusiva dello Stato la
disciplina  degli  organi  dello  Stato in base all'art. 117, secondo
comma,    lett.    f)    e    la    disciplina   dell'ordinamento   e
dell'organizzazione  dello  Stato  e  degli  enti  pubblici nazionali
(lett. g) e degli organi di governo e funzioni fondamentali di comuni
province e citta' metropolitane (lett. p).
   Pertanto,  viola il dettato costituzionale il regolamento indicato
in  epigrafe  che  effettua  unilateralmente  una  parificazione  tra
prefetti,  questori,  presidente  della Corte d'appello e procuratore
generale  della  Repubblica  presso la Corte d'appello e ridisegna la
definizione  protocollare data dal citato d.P.C.m. del 14 aprile 2006
alle  cariche  maggiormente  rappresentative della Repubblica e delle
Autonomie  territoriali  e  locali.  Antepone, infatti, il sindaco in
sede   ai   ministri,   pone  sullo  stesso  piano  vice  ministri  e
sottosegretari   di   Stato   con  assessori  regionali,  equipara  i
parlamentari  nazionali  ed  europei  agli  assessori  e  consiglieri
regionali,   stabilisce  un  ordine  di  precedenza  tra  distinzioni
cavalleresche,  onorifiche  e ricompense del tutto autonomo e diverso
rispetto   a  quello  stabilito  dall'unico  soggetto  competente  al
conferimento.
   La   Corte   costituzionale   ha   riconosciuto  con  la  sentenza
n. 496/1989  che  «soltanto  lo  Stato  e' effettivamente in grado di
disciplinare  l'ordine delle precedenze fra alte cariche e fra queste
e  le  altre istituzioni della Repubblica di vario livello, anche non
costituzionale.  Cosi' come soltanto allo Stato spetta di precisare e
coordinare   le   precedenze   dei  vari  organi  statali  localmente
decentrati,   tenendo  conto  anche  delle  corrispettive  competenze
territoriali  a  livello  interregionale,  regionale,  provinciale  o
locale»;  sottolineando come tale «difficile e delicato coordinamento
di cosi' varie e complesse situazioni non possa e non debba competere
che allo Stato».
   La  materia  del  cerimoniale  e'  per  sua natura generale ed una
regola di protocollo e' tanto piu' valida quanto piu' ampio e' il suo
ambito  di  applicazione  ed,  infatti,  le  piu'  importanti  regole
protocollari hanno valore in tutto il mondo.
   Le  regole  del protocollo per essere riconoscibili ed applicabili
devono essere uniformi sul territorio nazionale e la disciplina delle
precedenze  delle  cariche  pubbliche  presuppone necessariamente una
valutazione  generale  del  rilievo di ogni singola carica nel quadro
giuridico-ordinamentale    dello   Stato,   attuato   attraverso   la
ponderazione  minuziosa della valenza potestuale e rappresentativa di
ciascuna di esse.
   Si  tratta,  quindi,  di una materia da considerare statale per la
sua natura intrinseca.
   La  potesta'  esclusiva  statale  si  caratterizza  proprio per la
presenza  di  elementi  dinamici  che  mantengono allo Stato un ruolo
importante in forza del loro carattere trasversale.
   Inoltre,  se  si  dovesse riconoscere alle regioni o alle province
autonome  il potere di intervenire, in modo non meramente integrativo
delle  regole generali, nella disciplina della materia protocollare e
delle  precedenze  tra  le  cariche  pubbliche si potrebbe facilmente
giungere  all'anomalo  risultato di avere tante distinte sistemazioni
dell'ordine   delle   precedenze  quante  sono  le  stesse  autonomie
territoriali.  Infatti,  nel  regolamento  della  Regione  Marche  si
garantisce  ad  i  soli  insigniti dell'onorificenza di cavaliere del
lavoro  presenti  nella  regione  una  qualificazione ed una dignita'
sociale   che   non  e'  riconosciuta  in  nessun'altro  luogo  della
Repubblica.
Violazione dell'art. 118 della Costituzione.
Violazione  del  principio  di  leale  collaborazione  ai sensi degli
articoli 117 e 118 della Costituzione.
   Il  quadro  normativo  di riferimento sinora delineato, come si e'
detto,  non  e'  scalfito  ne'  mutato  per effetto della riforma del
titolo V della Costituzione.
   L'art.   118,   primo   comma,   nel   disporre  che  le  funzioni
amministrative  sono  attribuite ai comuni salvo che, per assicurarne
l'esercizio    unitario,   siano   conferite   a   province,   citta'
metropolitane,   Regioni   e   Stato,  sulla  base  dei  principi  di
sussidiarieta',  differenziazione  ed  adeguatezza,  contiene  i  due
concetti  chiave  dai  quali  deriva  l'attribuzione allo Stato della
disciplina  in  materia  quali, appunto, «la finalita' dell'esercizio
unitario»  ed  il  «principio  di sussidiarieta». Lo Stato e' l'unico
soggetto  in  grado  di  adeguatamente  ed  opportunamente  dosare ed
apprezzare   il   confronto   e  l'intreccio  dei  poteri  statali  e
costituzionali con quelli regionali e locali, con le autorita' estere
e   con   i   rappresentanti   degli  organismi  comunitari  e  delle
organizzazioni internazionali.
   Va  sottolineato  che  proprio  per  soddisfare  la  necessita' di
contemperare  gli  interessi  statali e gli interessi regionali nella
consistenza  delineata  dall'art.  117  della  Costituzione  e' stata
prevista   la   partecipazione   delle  regioni  al  procedimento  di
formazione,  discussione ed emanazione del decreto del Presidente del
Consiglio dei ministri emanato in data 14 aprile 2006.
   La  Regione  Marche,  nel procedere a disciplinare la materia gia'
oggetto  di  trattazione  unitaria  nel citato d.P.C.m. del 2006 - al
procedimento  di  emanazione del quale ha preso parte - ha violato il
principio  di  leale  collaborazione,  non  solo  con  riferimento al
contenuto  degli articoli 1, 2 e 4 del regolamento n. 4, ma anche con
riferimento all'articolo 3, disposizione con la quale, prevedendo che
comuni  e province disciplinino l'organizzazione degli eventi e delle
cerimonie  secondo  i  propri  ordinamenti,  sulla  base dei principi
previsti   dal   (solo)   regolamento   in   questione,  finisce  per
«autorizzare» gli enti locali a disattendere il d.P.C.m. del 2006, al
quale attribuisce una sorta di valenza «residuale» (art. 4).
   La  disciplina  generale  della materia protocollare contenuta nel
citato  d.P.C.m.  e'  stata adottata sulla base di un testo elaborato
con  il  continuo  apporto  di  un  tavolo tecnico Governo, regioni e
consigli  regionali  e  sul  testo da approvare e' intervenuta a piu'
riprese  anche  la  Conferenza  dei  Presidenti  dell'Assemblea e dei
Consigli regionali e delle Province autonome di Trento e di Bolzano.
   Attraverso la partecipazione regionale, lo studio dell'ordinamento
giuridico-costituzionale  vigente  e  la  ricerca  della  definizione
protocollare  conforme  all'ordinamento stesso, mediante il raffronto
dogmatico  e  tecnico  delle diverse prospettazioni provenienti dalle
amministrazioni  statali,  territoriali  ed autonome, si e' prevenuti
all'elaborazione  di  un  testo  che  sotto  ogni  profilo - non solo
rispetto  alla risalente circolare della Presidenza del Consiglio dei
ministri  del  1950  -  ma  anche  rispetto  al panorama protocollare
internazionale,  rappresenta  una  novita' assoluta per completezza e
per aderenza al nuovo assetto dell'ordinamento, anche con riferimento
alle istanze provenienti dalle autonomie regionali e locali.
   La  Regione  Marche, invece, non ha mai dato alcuna notizia ne' in
ordine  all'avvio  dei  lavori  per l'adozione del regolamento ne' in
ordine all'adozione del regolamento stesso.