LA CORTE DI APPELLO Ha pronunziato la presente ordinanza a scioglimento della riserva formulata all'esito dell'udienza camerale del 26 marzo 2003 sul reclamo proposto in data 13 gennaio 2003, ai sensi dell'art. 119 l.f., da Cangiano Antonella, nata a Benevento il 5 giugno 1954 ed elettivamente domicilia-ta in Napoli, alla via Chiaia n. 216, presso lo studio dell'avv. Angelo Peluso, che la rappresenta e difende in virtu' di procura speciale e nomina a margine del reclamo nei confronti di Giaquinto Angelo, nato a San Gennarello di Ottaviano il 1° dicembre 1946, e della Arredamenti Duegi di Giaquinto Angelo s.a.s., in persona del suo legale rappre-sentante, Angelo Giaquinto, domiciliati in Ottaviano, alla via Cortile Vitani n. 6, nonche' del fallimento della Arredamenti Duegi di Giaquinto Angelo s.a.s. nonche' di Giaquinto Angelo, in persona del curatore, rag. Rosario Chirico, domiciliato in Napoli, al corso Amedeo di Savoia n. 172, avverso il decreto di chiusura del fallimento della Arredamenti Duegi di Giaquinto Angelo s.a.s. e di Giaquinto Angelo emesso, ai sensi dell'art. 118 n. 2 l.f., dal Tribunale di Nola in data 20 novembre/10 dicembre 2002. Motivi della decisione Il reclamo in esame risulta proposto dall'avv. Antonella Cangiano - titolare di un credito prededucibile liquidato dal giudice delegato, ma non integralmente soddisfatto prima che la procedura fallimentare nei confronti della Arredamenti Duegi di Giaquinto Angelo s.a.s. e di Giaquinto Angelo fosse chiusa ai sensi dell'art. 118 n. 2 l.f. e, dun-que, certamente legittimata a proporre siffatta impugnazione - il 13 gennaio 2003 me-diante il deposito nella cancelleria di questa Corte del relativo ricorso, allorche' era gia' scaduto il termine di quindici giorni previsto dall'art. 119, comma 2, l.f. per la sua proposi-zione, che decorre dalla data dell'affissione per estratto alla porta esterna del tribunale del decreto di chiusura del fallimento; affissione che, nella specie, risulta eseguita il 13 dicembre 2002. Andrebbe, pertanto, dichiarato inammissibile poiche' tardivo. Tuttavia, questa Corte sospetta che l'art. 119, comma 2, l.f., nella parte in cui fa decor-rere dalla data dell'affissione per estratto alla porta esterna del tribunale del decreto di chiusura del fallimento il termine di quindici giorni previsto per la proposizione del re-clamo avverso il decreto medesimo, non sia rispettoso degli artt. 3 e 24, secondo comma, Cost. Vero e' che la Corte costituzionale, con la sentenza 27 novembre 1980, n. 153, ha gia' giudicato tale previsione normativa non in contrasto con l'art. 24, secondo comma, Cost., poi-che' giustificata: a) dalla difficolta' di identificare coloro che hanno interesse a proporre reclamo contro il decreto di chiusura del fallimento; b) dall'esigenza di assicurare un'unitaria trattazione e decisione di tutti i reclami eventualmente proposti; c) dalla pos-sibilita' per chi si ritenga pregiudicato dalla chiusura del fallimento disposta per insuffi-cienza di attivo di chiederne la riapertura ai sensi dell'art. 121 l.fall. Ma siffatta conclusione, a maggior ragione se riguardata anche alla stregua dell'art. 3 Cost., non appare convincente e, comunque, adeguata alle piu' recenti pronun-ce della medesima Corte costituzionale in ordine alle forme di propalazione degli atti - e, in particolare, di quelli aventi natura decisoria - previsti dalla legge fallimentare (v. sentt.: 12 novembre 1974, n. 255; 27 novembre 1980, nn. 151 e 152; 2 dicembre 1980, n. 155; 19 novembre 1985, n. 303; 24 marzo 1986, n. 55; 22 aprile 1986, n. 102; 27 giu-gno 1986, n. 156; 16 luglio 1987, n. 273; 26 luglio 1988, n. 881), giacche': 1) la difficolta' di identificare i soggetti che hanno interesse (o, meglio, sono legit-timati) a proporre reclamo contro il decreto di chiusura del fallimento non e' ne' assoluta ne' tale da fornire un esaustivo fondamento razionale alla previsione normativa in que-stione, giacche' nel novero dei soggetti legittimati a proporre reclamo contro il decreto di chiusura del fallimento rientrano certamente i creditori che, prima del medesimo decre-to, abbiano proposto una domanda di ammissione al passivo (non definitivamente riget-tata e che non siano stati integralmente soddisfatti) ed i cc.dd. creditori della massa o in prededuzione (non integralmente soddisfatti) le cui ragioni di credito trovino titolo in incarichi conferiti dall'ufficio fallimentare, i quali possono essere agevolmente identifi-cati sulla base degli atti della procedura e non si vede perche' mai, a causa della difficol-ta', non a loro addebitabile, di identificare i creditori che non si siano ancora fatti avanti, debbano essere costretti a visitare con frequenza quindicinale il tribunale per tutta la durata della procedura fallimentare onde evitare di veder questa chiusa illegittimamente in loro pregiudizio ed a loro insaputa (cfr. Corte cost., 27 novembre 1980, n. 151, che, a proposito della previsione dell'art. 18, comma 1, l.f., che faceva decorrere il termine per proporre opposizione avverso la sentenza dichiarativa del fallimento dalla data dell'affissione di questa per estratto alla porta esterna del tribunale, afferma che «la inidentificabilita' . degli altri interessati, se legittima la scelta del legislatore nei limiti in cui ricorre la ripetuta inconoscibilita', non somministra utile supporto al dettato norma-tivo nell'ipotesi del debitore, talche' ben puo' concludersi che la individuazione del dies a quo nell'affissione dell'estratto della sentenza e, per quel che concerne l'opposizione del debitore, priva di razionale fondamento»); 2) l'esigenza di un'unitaria e rapida trattazione e decisione di tutti i reclami even-tualmente proposti contro il decreto di chiusura del fallimento, oltre a non poter giustifi-care il vulnus che la previsione normativa in questione infligge al diritto di difesa dei soggetti legittimati al reclamo agevolmente identificabili, puo' essere adeguatamente assicurata - e contemperata con il diritto di difesa costituzionalmente garantito di detti soggetti - anche facendo decorrere il termine per la proposizione del reclamo per i legit-timati a tale impugnazione non identificabili dall'affissione alla porta esterna del tribu-nale e per quelli invece identificabili dalla ricezione della comunicazione dell'estratto del decreto di chiusura del fallimento, se si considera che, a norma del comb. disp. degli artt. 17 e 119 l.f., sia l'affissione che la comunicazione in questione devono essere effet-tuate non oltre il giorno successivo alla data del decreto medesimo al fallito; 3) la riapertura del fallimento e' possibile nei soli casi in cui il fallimento sia stato chiuso ai sensi dei numeri 3 e 4 dell'art. 118 l.f. e nel patrimonio del fallito esistano at-tivita' tali da renderla utile o il fallito offra garanzia di pagare il 10% dei creditori, vecchi e nuovi, e non e' in grado di evitare ai vecchi creditori non integralmente soddisfatti il concorso con i nuovi creditori, sicche' non e' idonea a compensare gli svantaggi derivanti ai vecchi creditori da un'ingiusta chiusura del fallimento, soprattutto allorche', come nella specie, questa sia stata disposta ai sensi del n. 2 dell'art. 118 l.f. Ne' potrebbe contro queste considerazioni obiettarsi che il decreto di chiusura del fallimento deve essere comunicato solo al fallito ed al curatore e, dunque, non anche ai creditori, siano o meno questi agevolmente identificabili sulla base degli atti della pro-cedura. Quest'affermazione, invero, benche' frequente in dottrina, e' priva di qualsiasi fon-damento normativo, giacche' l'art. 119, comma 1, l.f. si limita a stabilire che il decreto di chiusura del fallimento deve essere «pubblicato nelle forme prescritte nell'articolo 17», cioe' nelle stesse forme previste per la sentenza dichiarativa del fallimento, e, a sua volta, l'art. 17 l.f. prevede che la sentenza dichiarativa del fallimento sia, per estratto, oggetto di diverse formalita' di propalazione, alcune delle quali, cioe' l'affissione alla porta ester-na del tribunale, l'iscrizione nel registro delle imprese e nel registro dei falliti e nel ca-sellario giudiziale, destinate alla collettivita' indifferenziata, altre, cioe' la comunicazione, a norma dell'articolo 136 del codice di procedura civile, al debitore, al curatore ed a ciascun creditore richiedente e la comunicazione al pubblico ministero, destinate a de-terminati soggetti, evidentemente scelti dal legislatore nell'indeterminabile novero di quelli interessati all'apertura della procedura fallimentare non gia' perche' legittimati a proporre opposizione avverso detta sentenza, posto che il curatore, i creditori richiedenti ed il pubblico ministero sono privi di tale legittimazione, bensi' in quanto gli unici age-volmente ed immediatamente identificabili. Il che, mutatis mutandis, induce a ritenere che il decreto di chiusura del fallimento, in forza del rinvio dell'art. 119, comma 1, all'art. 17 1.f., debba essere, per estratto: 1) affisso alla porta esterna del tribunale; 2) comunicato all'ufficio del registro delle imprese ai fini della sua iscrizione in tale registro; 3) comunicato alla cancelleria del tribunale nella cui giurisdizione e' nato il fallito persona fisica o fu costituita la societa' fallita ai fini della sua iscrizione nel registro dei falliti; 4) iscritto nel casellario giudiziale; 5) comunicato al pubblico ministero; 6) comunicato, nelle forme previste dall'art. 136 c.p.c., a tutti i soggetti interessa-ti alla chiusura della procedura fallimentare che possono essere agevolmente identificati sulla base degli atti di tale procedura e, dunque, oltre che al curatore ed al fallito, a tutti i creditori che, prima del decreto, abbiano presentato una domanda di ammissione al pas-sivo che non sia stata definitivamente rigettata e non siano stati integralmente soddisfatti ed a tutti i cc.dd. creditori della massa o in prededuzione non integralmente soddisfatti le cui ragioni trovino titolo in incarichi conferiti dall'ufficio fallimentare e che, pertanto, non hanno bisogno di far valere i propri crediti nelle forme di cui agli artt. 92 e ss. l.f., non essendovi alcuna ragionevole giustificazione per escludere questi creditori dal nove-ro dei soggetti cui va inviata detta comunicazione. Insomma, pare a questa Corte che sia rilevante nel caso di specie - in cui il decreto di chiusura reclamato non risulta esser mai stato comunicato a norma dell'art. 136 c.p.c. alla reclamante, che ne ha preso visione per la prima volta il 7 gennaio 2003 - e non manifestamente infondata, con riguardo agli artt. 3 e 24, secondo comma, Cost., la questione di costituzionalita' dell'art. 119, comma 2, l.f., nella parte in cui prevede che il termine di quin-dici giorni per proporre reclamo avverso il decreto di chiusura del fallimento decorre, per i soggetti legittimati a tale impugnazione agevolmente identificabili sulla base degli atti della procedura fallimentare, dalla data dell'affissione alla porta esterna del tribuna-le, anziche' dalla data della comunicazione dell'estratto del medesimo decreto che a tali soggetti deve essere inviata a norma del comb. disp. degli artt. 119, comma 2, e 17, comma 1, l.f. e 136 c.p.c. Gli atti vanno, pertanto, rimessi alla Corte costituzionale ai fini della risoluzione dell'incidente di costituzionalita' e, nelle more, il presente procedimento va sospeso.