Ordinanza
nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 10, comma 3,
della  legge  5  dicembre  2005, n. 251 (Modifiche al codice penale e
alla   legge  26  luglio  1975,  n. 354,  in  materia  di  attenuanti
generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze
di  reato  per  i recidivi, di usura e di prescrizione), promosso con
ordinanza  del  24  febbraio 2006 dal Tribunale ordinario di Perugia,
sezione distaccata di Todi, nel procedimento penale a carico di R.G.,
iscritta  al  n. 290  del  registro ordinanze 2007 e pubblicata nella
Gazzetta   Ufficiale  della  Repubblica  n. 17,  1ª  serie  speciale,
dell'anno 2007.
   Udito  nella  Camera  di consiglio del 13 febbraio 2008 il giudice
relatore Alfonso Quaranta.
   Ritenuto che il Tribunale ordinario di Perugia, sezione distaccata
di  Todi,  ha sollevato questione di legittimita' costituzionale - in
riferimento  all'art.  3  della Costituzione - dell'art. 10, comma 3,
della  legge  5  dicembre  2005, n. 251 (Modifiche al codice penale e
alla   legge  26  luglio  1975,  n. 354,  in  materia  di  attenuanti
generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze
di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione);
     che  il  rimettente  premette,  in  punto  di  fatto,  di essere
chiamato  a giudicare del reato previsto dagli artt. 624 e 625, primo
comma,  n. 4,  del  codice  penale,  da  ritenere  ormai  estinto per
prescrizione   ove  fosse  possibile  applicare,  anche  al  giudizio
principale, la nuova disciplina sui termini di prescrizione del reato
introdotta dall'art. 6 della citata legge n. 251 del 2005;
     che tuttavia, nel caso di specie, la gia' avvenuta dichiarazione
di   apertura   del  dibattimento  (risalente  al  21  ottobre  2004)
impedisce, ai sensi di quanto previsto dal comma 3 dell'art. 10 della
legge   n. 251   del  2005,  l'applicazione  della  lex  mitior  alla
fattispecie oggetto del giudizio principale;
     che  reputa,  tuttavia,  il rimettente che la norma suddetta sia
costituzionalmente  illegittima  per  contrasto  con  l'art. 3 Cost.,
giacche',  sebbene il legislatore sia libero di derogare al principio
di  retroattivita' della norma penale piu' favorevole, esso «non puo'
eludere il principio di eguaglianza»;
     che  tale  evenienza  si sarebbe verificata, invece, nel caso di
specie,  essendo  stato  introdotto  un  regime  transitorio  che  ha
l'effetto  «di  far  dipendere  la  retroattivita'  della  disciplina
favorevole   sopravvenuta   da   fattori  estranei  alla  logica  del
trattamento   sanzionatorio»,  ricollegandola  «alla  evoluzione  del
processo penale ed allo stato in cui esso sia pervenuto»;
     che,  inoltre,  il  legislatore,  nell'attribuire rilievo - come
condizione  ostativa  all'applicazione retroattiva dell'intervento in
mitius  -  all'avvenuta  dichiarazione  di apertura del dibattimento,
risulta   «avere   individuato  come  sintomatico  un  certo  momento
processuale»  che  e',  invece,  «privo  di  qualsiasi rilievo» nella
disciplina delle cause di interruzione della prescrizione.
   Considerato   che  il  Tribunale  ordinario  di  Perugia,  sezione
distaccata   di   Todi,   ha   sollevato  questione  di  legittimita'
costituzionale  -  in  riferimento  all'art.  3  della Costituzione -
dell'art. 10, comma 3, della legge 5 dicembre 2005, n. 251 (Modifiche
al  codice  penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di
attenuanti  generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle
circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione);
     che  il rimettente censura tale norma nella parte in cui prevede
che  l'applicazione  delle piu' favorevoli disposizioni per il reo in
ordine  al  termine  di prescrizione del reato, contenute nell'art. 6
della  medesima  legge  n. 251  del  2005,  sia  limitata,  quanto ai
processi  di  primo  grado,  unicamente a quelli per i quali non «sia
stata dichiarata l'apertura del dibattimento»;
     che, successivamente alle ordinanze di rimessione, questa Corte,
chiamata  a  pronunciarsi su questione analoga a quella in esame, con
la   sentenza   n. 393   del  2006,  ha  dichiarato  l'illegittimita'
costituzionale  del predetto art. 10, comma 3, della legge n. 251 del
2005,  limitatamente alle parole «dei processi gia' pendenti in primo
grado ove vi sia stata la dichiarazione di apertura del dibattimento,
nonche»;
     che,  secondo  la  citata  sentenza,  la  scelta  «compiuta  dal
legislatore - in relazione ai processi di primo grado gia' in corso -
di  subordinare l'efficacia, ratione temporis, della nuova disciplina
sui  termini di prescrizione dei reati (quando piu' favorevole per il
reo)  all'espletamento  dell'incombente  ex art. 492 cod. proc. pen.»
non si conforma «al canone della necessaria ragionevolezza»;
     che,  difatti,  tale  incombente  processuale  non  e' idoneo «a
correlarsi  significativamente  ad  un istituto di carattere generale
come   la   prescrizione,   e  al  complesso  delle  ragioni  che  ne
costituiscono   il   fondamento»,   in   quanto   esso  «non  connota
indefettibilmente   tutti  i  processi  penali  di  primo  grado  (in
particolare  i riti alternativi - e, tra essi, il giudizio abbreviato
-  che  hanno  la  funzione  di  deflazionare  il dibattimento)», ne'
risulta  «incluso  tra  quelli  ai  quali  il legislatore attribuisce
rilevanza ai fini dell'interruzione del decorso della prescrizione ex
art.  160  cod. pen., il quale richiama una serie di atti, tra cui la
sentenza  di  condanna  e  il  decreto  di condanna, oltre altri atti
processuali anteriori»;
     che,  alla luce di tale sopravvenuta decisione, vanno restituiti
gli  atti al giudice rimettente, ai fini di una rinnovata valutazione
sulla  rilevanza  e  non manifesta infondatezza della questione dallo
stesso sollevata.