LA CORTE DI CASSAZIONE
   Ha emesso la seguente ordinanza.
R i t e n u t o
   1.  - Nella  tarda  serata  del  15 maggio 2000 una moto di grossa
cilindrata,  una  Honda  Dominator,  guidata  da Montalbano Raffaele,
procedendo  a  forte  velocita'  in  posizione  di  «impennamento» ed
invadendo  l'opposta  corsia  di  marcia,  andava  a collidere con il
motoveicolo  guidato  da  Trionfo  Renato, che procedeva regolarmente
nella  propria corsia di marcia: in conseguenza dell'urto, il Trionfo
riportava   un  trauma  cranico  facciale,  un  «fracasso  facciale»,
un'ampia  ferita  lacero  contusa  con  lesioni  nervoso  tendinee  e
vascolari  al  ginocchio  sinistro, con frattura del condilo femorale
allo   stesso   lato,   una  sospetta  lesione  ossea  dell'emivitreo
dell'occhio sinistro.
   2.  - Con sentenza del 13 novembre 2002 il giudice monocratico del
Tribunale  di  Napoli  riteneva  il  Montalbano  colpevole  del reato
ascrittogli   (lesioni  personali  colpose  gravissime  commesse  con
violazione  della  disciplina  della  circolazione  stradale)  e,  in
applicazione   del   decreto  legislativo  28  agosto  2000,  n. 274,
istitutivo della competenza penale del giudice di pace in relazione a
tale  reato, applicava la sanzione, prevista al riguardo dall'art. 52
del   citato   decreto   legislativo,  di  30  giorni  di  permanenza
domiciliare,  nei  giorni  di sabato e domenica, con il diniego delle
circostanze attenuanti generiche, oltre alla condanna al risarcimento
dei  danni  in  favore  della  parte  civile, con il pagamento di una
provvisionale nella misura di euro centomila.
   3.   -   Avverso  detta  sentenza  proponeva  appello  l'imputato,
invocando    l'assoluzione    sull'asserito   rilievo   del   mancato
raggiungimento   della   prova   in   ordine  all'effettiva  dinamica
dell'incidente,  con  richiesta  subordiuata di riduzione della pena,
previo  riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, con il
beneficio della sospensione condizionale dell'esecuzione della pena.
   La  sentenza  veniva  altresi'  impugnata  dal  p.m. e dalla parte
civile  che  sollevavano questione di legittimita' costituzionale del
sistema  sanzionatorio  previsto  dagli  articoli  52, 53 e segg. del
decreto  legislativo  n. 274/2000  per  violazione  del  principio di
ragionevolezza   e   proporzionalita'   della  sanzione  penale,  per
violazione   del  diritto  comunitario  e  dei  principi  del  giusto
processo,  con  riferimento  agli  articoli 11,  27, terzo comma, 32,
102,   secondo  comma,  107, terzo comma e 111 della Costituzione; il
difensore di parte civile denunciava altresi' violazione di legge per
inesatta  qualificazione  giuridica  del fatto, dovendo questo, a suo
avviso,  essere  inquadrato  come  reato  di lesioni personali dolose
gravissime  ex  art. 582 c.p., con richiesta di rimessione degli atti
al Tribunale di Napoli.
   4.  -  La  Corte  d'appello di Napoli, con ordinanza del 14 aprile
2004,  riteneva  fondata  la  questione  di  costituzionalita'  degli
articoli  52,  63,  64,  del  decreto  legislativo  n. 274/2000,  con
riferimento  agli  articoli  3,  27  e  32  della  Costituzione,  per
irragionevole  disparita'  di trattamento rispetto alle altre ipotesi
di   lesioni  colpose  per  colpa  professionale  del  medico  e  per
violazioni  di  norme  antinfortunistiche,  parimenti  a  difesa  del
diritto  alla  salute,  tenuto conto della pena prevista da ritenersi
del tutto inadeguata rispetto alla gravita' del fatto.
   5.  -  La  Corte costituzionale, con ordinanza n. 187 del 4 maggio
2005,   dichiarava  la  manifesta  inammissibilita'  della  sollevata
questione  di legittimita' costituzionale degli articoli 52, 63 e 64,
del   decreto   legislativo   n. 274/2000,  rilevando  che  la  Corte
rimettente  aveva  censurato  soltanto  gli articoli 52, 63 e 64, che
definiscono le sanzioni applicabili dal giudice di pace e la relativa
disciplina   transitoria;   aveva   omesso,  pero',  di  prendere  in
considerazione  la  norma  di  cui all'art. 4, comma 1, lett. a), del
decreto  legislativo  medesimo  e  «l'avere  omesso  di  prendere  in
considerazione  tale norma avrebbe come conseguenza, ove la questione
venisse  accolta  nei  termini  in cui e' stata formulata, di rendere
privo di sanzione il reato, che rimarrebbe attribuito alla competenza
del  giudice  di pace e non potrebbe quindi esser punito con sanzioni
diverse  da  quelle  stabilite  dall'art.  52 del decreto legislativo
n. 274  del  2000 - neppure  ai sensi dell'art. 2, secondo comma, del
codice  penale  -  ove  si  tratti  di fatti commessi precedentemente
all'entrata  in  vigore  di  tale  decreto» (per come testualmente si
legge nell'ordinanza del Giudice delle leggi).
   La  Corte  costituzionale  rilevava  altresi'  che «il rimettente,
chiedendo  per  il  reato  in  esame  una  pronuncia  che consenta di
ripristinare    il   meccanismo   sanzionatorio   applicabile   prima
dell'entrata  in  vigore  del  decreto  legislativo  n. 274 del 2000,
invoca  nella  sostanza  un intervento additivo e di sistema in malam
partem,  non  consentito  a questa Corte in forza del principio della
riserva   di   legge   in   materia   penale»   (cosi'  letteralmente
nell'ordinanza in argomento).
   6.  - Ripreso il giudizio d'appello, veniva rinnovata la richiesta
di  proposizione  della  questione  di  legittimita'  costituzionale,
estesa  questa  volta  anche  all'art. 4 del decreto istitutivo della
competenza del giudice di pace.
   La  Corte  territoriale  disattendeva la proposta eccezione con le
seguenti  testuali argomentazioni: «data la stretta connessione della
norma  che  definisce  i reati rimessi alla competenza del giudice di
pace con la successiva norma dell'art. 52 dello stesso decreto n. 274
del  2000, che definisce le sanzioni applicabili dal giudice di pace,
costituendo,  secondo il dettame della Corte costituzionale, l'art. 4
"il  necessario  presupposto  dello  specifico  sistema sanzionatorio
operante  per  i  reati  di  competenza  del  giudice  di  pace", una
eventuale   riproposizione   della   questione  di  costituzionalita'
coinvolgente  tale  norma si risolverebbe egualmente in una richiesta
di  intervento  additivo,  non consentito perche' in contrasto con il
principio della riserva di legge in materia penale, per il ripristino
in  malam  partem del sistema sanzionatorio preesistente, prima della
introduzione  della  normativa  sul  giudice  di pace. Il richiamo al
principio  costituzionale  della  riserva  di legge in materia penale
sancito  dall'art.  25  della Costituzione rende superfluo l'esame in
ordine  agli  altri  profili  di  incostituzionalita',  genericamente
segnalati dalla difesa della parte civile con generico riferimento ai
principi  del  diritto  comunitario, espressi dalla indicata sentenza
della  Corte  di  giustizia europea del 21 settembre 1989, a conferma
dei    necessari   caratteri   di   effettivita',   proporzionalita',
dissuasivita'  delle  sanzioni,  ed ai principi del "giusto processo"
deducibili    rispettivamente    dagli    articoli 11   e 111   della
Costituzione».
   7.   -   La   Corte   distrettuale  riteneva  infondato  l'appello
dell'imputato e disattendeva anche la richiesta della difesa di parte
civile  di qualificare il reato come lesioni personali dolose: a tale
ultimo  riguardo, la Corte di merito evidenziava che non erano emersi
elementi  tali  da  indurre a ritenere che il Montalbano - per quanto
sconsiderata,  imprudente ed azzardata fosse stata la sua condotta di
guida,  posta in essere nella riprovevole indifferenza verso l'altrui
incolumita -  avesse  voluto  «scagliare  la  sua  grossa moto contro
qualcuno, cosi' accettando il rischio dell'incidente produttivo delle
lesioni   in  danno  del  malcapitato  trovatosi,  suo  malgrado,  ad
intralciarne   il  suo  spericolato  percorso»  (cosi'  letteralmente
nell'ultima pagina della sentenza della Corte d'appello).
   8.  -  Ha  proposto ricorso per Cassazione il Procuratore generale
della  Repubblica  presso  la  Corte  d'appello di' Napoli, deducendo
violazione   di   legge   e   vizio   motivazionale  in  ordine  alla
qualificazione  del  fatto,  reiterando  in  proposito  la tesi della
configurabilita'  del  reato di cui all'art. 582 c. p. caratterizzato
dal  dolo  eventuale  e  riproponendo  la  questione  di legittimita'
costituzionale  nei  termini  gia'  sottoposti  al vaglio della Corte
territoriale  dopo  l'ordinanza  di  manifesta inammissibilita' della
questione stessa pronunciata dalla Corte costituzionale.
                             Considerato
   9.  - Il Collegio, valutate le argomentazioni in diritto poste dal
ricorrente  p.g., ritiene rilevante e non manifestamente infondata la
questione stessa.
   Appare  opportuno in primo luogo delimitare il tema che si intende
sottoporre all'attenzione della Corte costituzionale.
   Nella   concreta   fattispecie  si'  e'  proceduto  a  carico  del
Montalbano  per  il  reato  di  lesioni  personali colpose gravissime
commesso,  secondo la contestazione, in Napoli il 15 maggio 2000, con
violazione  delle  norme  relative alla disciplina della circolazione
stradale.
   Per  tale  fatto il Montalbano e' stato condannato alla pena della
permanenza    domiciliare    - in    applicazione   del   trattamento
sanzionatorio  previsto  dal  decreto  legislativo  n. 274  del  2000
istitutivo  della  competenza  del giudice di pace - per la durata di
giorni  trenta (da scontare il sabato e la domenica) con sentenza del
tribunale di Napoli confermata dalla Corte d'appello di quella citta'
con la sentenza oggetto del presente ricorso.
   Nell'attribuire  al  giudice di pace la competenza a giudicare dei
reati di lesioni personali colpose perseguibili a querela di parte (e
quindi  nel  rendere  applicabile il relativo sistema sanzionatorio),
l'art.  4  del  citato  decreto  legislativo  esclude  le fattispecie
«connesse   alla  colpa  professionale»  ed  i  fatti  commessi  «con
violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro,
o  relative  all'igiene  del  lavoro,  o  che abbiano determinato una
malattia   professionale  quando,  nei  casi  anzidetti,  derivi  una
malattia  della durata superiore a venti giorni», e non anche i fatti
commessi   con   violazione   delle   norme  sulla  disciplina  della
circolazione stradale.
   9.1.  - Cio'  posto,  va, anzi tutto, affermata la rilevanza della
sollevata  questione  nel  presente  procedimento,  per  la  concreta
influenza  della  decisione  del  giudice  delle  leggi ai fini della
sanzione applicabile nei confronti dell'imputato.
   Il   procuratore   generale   nel   suo  ricorso  ha  sottolineato
l'eccezionale  gravita' della condotta del Montalbano - guida di moto
ad elevata velocita', con invasione dell'opposta corsia di marcia, in
posizione  di  «impennamento»  (posizione, questa, non determinata da
alcun  imprevisto  accidente,  come  precisato  dalla Corte di merito
nell'impugnata   sentenza;   e   quindi   volontariamente  assunta  e
mantenuta) -  sottoponendo,  sul  punto, al vaglio di questa Corte la
tesi della configurabilita' del reato di lesioni personali volontarie
(nella   forma   del   dolo  eventuale)  non  condivisa  dalla  Corte
territoriale; ed ha altresi' evidenziato, per un verso, le devastanti
conseguenze  fisiche  e  psicologiche  cagionate alla vittima, e, per
altro  verso,  l'estrema  mitezza della pena irrogabile per un evento
dannoso   di   tale   entita',   in   applicazione   del  trattamento
sanzionatorio    di    cui    alle    disposizioni    sospettate   di
incostituzionalita', nel caso in cui questa Corte ritenesse infondata
la  censura  concernente  l'elemento  psicologico  ravvisabile  nella
condotta  del  Montalbano.  Donde,  come  detto,  la  rilevanza della
dedotta  questione,  per  l'evidente  incidenza della decisione della
Corte costituzionale nel presente giudizio.
   9.2. - Ritiene poi il Collegio altresi' sussistente il presupposto
della  non  manifesta infondatezza della questione, per le ragioni di
seguito indicate.
   Avuto  riguardo allo specifico sistema sanzionatorio stabilito per
i  reati  attribuiti  dall'art. 4 del decreto legislativo n. 274/2000
alla  competenza  del giudice di pace, si ravvisa la violazione degli
artt. 3, 27, comma terzo, e 32 della Costituzione posto che:
     a)  al  reato  di  lesioni colpose commesso con violazione delle
norme  sulla  disciplina della circolazione stradale sono applicabili
le  sanzioni previste dall'art. 52 del decreto legislativo n. 274 del
2000  per  i  reati  attribuiti  alla competenza del giudice di pace,
mentre  ai reati di lesioni connesse a colpa professionale o commessi
con  violazione  delle  norme  per la prevenzione degli infortuni sul
lavoro  o  che  abbiano  determinato  una malattia professionale, che
continuano  ad  essere attribuiti alla competenza del tribunale, sono
applicabili le sanzioni previste dal codice penale;
     b)  siffatta distinzione di competenza tra il giudice di pace ed
il  tribunale  comporta,  dunque, una diversificazione di trattamento
sanzionatorio  che  appare  del  tutto  irragionevole, trattandosi di
condotte  che  offendono il medesimo bene (l'integrita' fisica) e che
possono  provocare danni quanto meno di pari gravita', e non assicura
in  egual  misura  la  tutela  del diritto alla salute (art. 32 della
Costituzione) essendo stata prevista per le lesioni personali colpose
commesse  con  violazione  della  normativa  sulla  disciplina  della
circolazione  stradale,  rispetto  alle  altre fattispecie di lesioni
colpose  sottratte alla competenza del giudice di pace, una pena che,
in quanto non adeguata alla gravita' del fatto, viene anche meno alle
sue funzioni di dissuasione e rieducazione;
     c)  il  legislatore, nel diversificare fattispecie criminose che
hanno per oggetto la tutela dello stesso bene giuridico (quello della
salute)  determina  dunque  una disparita' di trattamento (violazione
dell'art.  3  della  Costituzione),  quanto  alla  diversa  entita' e
qualita' della pena, nei confronti di eventi dannosi, per la persona,
di  pari  gravita'  e  riconducibili  a  condotte  poste in essere da
soggetti  parimenti titolari di una posizione di garanzia: ed invero,
cosi' come il medico o il datore di lavoro, anche il conducente di un
veicolo   riveste   una  posizione  di  garanzia  essendo  tenuto  ad
osservare,  oltreche'  specifiche norme, anche i principi generali di
prudenza,  perizia  e diligenza per la tutela del bene della pubblica
incolumita', proprio in considerazione della intrinseca pericolosita'
del mezzo da lui condotto.
   Detta  sperequazione  normativa  tra fattispecie omogenee presenta
all'evidenza  aspetti  e  dimensioni  tali da non potersi considerare
sorretta  da  alcuna ragionevole giustificazione, posto che anche per
le   lesioni   riconducibili   a  violazione  della  normativa  sulla
disciplina della circolazione stradale il bene tutelato e' pur sempre
quello della salute, come negli altri due casi.
   In   relazione   a   tale  opzione  normativa,  puo'  fondatamente
affermarsi  che  la  soglia  della  manifesta  irragionevolezza,  che
costituisce  il limite della discrezionalita' del legislatore, appare
senz'altro superata.
   9.3.  -  Alcune  considerazioni si impongono ora in relazione alla
natura  ed  alla  portata  dell'intervento della Corte costituzionale
sollecitato  dal Collegio con la presente ordinanza. La Corte stessa,
invero,  con  la citata ordinanza di manifesta inammissibilita' della
questione sollevata una prima volta dalla Corte di appello di Napoli,
non  ha mancato di accennare agli interventi additivi e di sistema in
malam  partem  non  consentiti al giudice costituzionale in forza del
principio della riserva di legge in materia penale.
   Giova  innanzi  tutto sottolineare che la stessa Corte ha, in piu'
occasioni,  ammesso il sindacato di costituzionalita', anche in malam
partem,  delle  c.d. norme penali di favore ossia di quelle norme che
stabiliscono,  per  determinati  soggetti  o  ipotesi, un trattamento
penalistico  piu' favorevole di quanto risulterebbe dall'applicazione
di norme generali o comuni.
   E  di  tale  orientamento  -  compiutamente enunciato per la prima
volta  nella  sentenza  n. 148  del 1983 - la Corte costituzionale ha
fatto  ripetute  applicazioni  (sentenze  n. 167  e  n. 194 del 1993;
n. 124  del  1990; n. 826 del 1988), anche in rapporto a questioni di
costituzionalita',  del tutto analoghe a quella in argomento, dirette
a  conseguire una modifica peggiorativa del trattamento sanzionatorio
di  determinate  figure  di  reato  (sentenza  n. 25  del  1994;  v.,
altresi', le ordinanze n. 95 del 2004 e n. 433 del 1998, con le quali
la  Corte  ha  scrutinato  direttamente  nel  merito questioni di tal
fatta).
   In  epoca  recente,  un intervento in tal senso si e' avuto con la
sentenza  (n.  394 del 2006) con la quale la Corte costituzionale, in
materia   di   reati   elettorali,   ha  dichiarato  l'illegittimita'
costituzionale  dell'art. 100, terzo comma, del d.P.R. 30 marzo 1957,
n. 361  (Approvazione  del  testo unico delle leggi recanti norme per
l'elezione  della Camera dei deputati), come sostituito dall'art. 1 ,
comma 1,  lettera  a),  della  legge  2  marzo  2004, n. 61 (Norme in
materia  di reati elettorali) e dell'art. 90, terzo comma, del d.P.R.
16 maggio 1960, n. 570 (Testo unico delle leggi per la composizione e
la  elezione  degli  organi  delle  Amministrazioni  comunali),  come
sostituito  dall'art. 1, comma 2, lettera a), numero 1), della citata
legge  n. 61 del 2004: nella circostanza e' stato precisato che dette
disposizioni  risultano  caratterizzate  dalle  connotazioni  tipiche
delle   norme   penali   di   favore,   posto  che,  per  il  tramite
dell'applicazione  del  principio  di specialita', di cui all'art. 15
c.p.,  sottraggono  dall'ambito  applicativo  di  norme  piu'  ampie,
compresenti  nell'ordinamento,  talune  fattispecie, allo scopo e con
l'effetto    di   riservare   loro   un   trattamento   sanzionatorio
(sensibilmente)  piu'  mite  di  quello  altrimenti stabilito da tali
norme.
   E nel rilevare i profili di incostituzionalita' delle disposizioni
di  legge  censurate,  il  Giudice  delle leggi ha significativamente
sottolineato «l'ineludibile esigenza di evitare la creazione di "zone
franche"  dell'ordinamento  (cosi'  la  sentenza  n. 148  del  1983),
sottratte  al  controllo  di  costituzionalita',  entro  le  quali il
legislatore  potrebbe  di  fatto  operare  svincolato da ogni regola,
stante   l'assenza   d'uno  strumento  che  permetta  alla  Corte  di
riaffermare   il   primato   della  Costituzione  sulla  legislazione
ordinaria»;  ulteriormente  precisando  che «qualora alla preclusione
dello scrutinio di costituzionalita' in malam partem fosse attribuito
carattere  assoluto,  si  determinerebbe,  in effetti, una situazione
palesemente  incongrua:  venendosi a riconoscere, in sostanza, che il
legislatore  e'  tenuto  a  rispettare  i  precetti costituzionali se
effettua  scelte  di aggravamento del trattamento penale, mentre puo'
violarli  senza  conseguenze,  quando  dalle  sue  opzioni  derivi un
trattamento piu' favorevole».
   Ne'  le  argomentazioni  poste da questo Collegio a sostegno della
questione  di  costituzionalita'  sollevata con la presente ordinanza
sembrano  trovare  ostacolo  nel principio della retroattivita' della
legge  piu'  favorevole, valendo al riguardo le considerazioni svolte
dalla   stessa  Corte  costituzionale  che,  con  la  sentenza  sopra
richiamata,  cosi'  testualmente  si  e'  espressa:  «il principio di
retroattivita'  della  norma  penale  piu'  favorevole  in  tanto  e'
destinato  a  trovare  applicazione,  in quanto la norma sopravvenuta
sia, di per se', costituzionalmente legittima. Il nuovo apprezzamento
del  disvalore  del  fatto,  successivamente operato dal legislatore,
puo'   giustificare -   in   chiave   di   tutela  del  principio  di
eguaglianza - l'estensione a ritroso del trattamento piu' favorevole,
a chi ha commesso il fatto violando scientemente la norma penale piu'
severa,  solo a condizione che quella nuova valutazione non contrasti
essa  stessa  con  i  precetti della Costituzione. La lex mitior deve
risultare in altre parole validamente emanata: non soltanto sul piano
formale  della regolarita' del procedimento dell'atto legislativo che
l'ha  introdotta,  e,  in  generale, della disciplina delle fonti; ma
anche  sul  piano  sostanziale del rispetto dei valori espressi dalle
norme   costituzionali.   Un   sindacato   sul  merito  delle  scelte
legislative  e'  possibile  solo  ove esse trasmodino nella manifesta
irragionevolezza   o   nell'arbitrio,  come  avviene  allorquando  la
sperequazione  normativa  tra  fattispecie  omogenee assuma aspetti e
dimensioni  tali  da  non  potersi  considerare  sorretta  da  alcuna
ragionevole giustificazione».
   Orbene,  sulla  scorta  di  tutto  quanto  fin qui detto, evidenti
risultano  le analogie tra la questione sollevata da questo Collegio,
e quella esaminata, e decisa nei termini sopra ricordati, dalla Corte
costituzionale  con  la  citata  sentenza  n. 394  del  2006 alle cui
diffuse, lucide e penetranti argomentazioni si rimanda.
   9.4. - Ricordando e ribadendo quanto gia' in precedenza precisato,
in ordine alla non manifesta infondatezza della questione ed alla sua
rilevanza   nel   presente   procedimento,   si   ritiene  opportuno,
conclusivamente,   sottolineare   ancora   una   volta   gli  aspetti
cronologici  della vicenda, che ancor piu' giustificano e legittimano
il  richiamo  alla  pronuncia  di  incostituzionalita'  di  cui  alla
sentenza n. 394 del 2006.
   Nel  caso  di specie il fatto-reato e' avvenuto il 15 maggio 2000,
mentre il decreto legislativo sulla competenza del giudice di pace e'
del  28 agosto 2000 ed e' entrato in vigore il 2 gennaio 2002: dunque
il  fatto  addebitato  al  Montalbano  e'  da  considerarsi pregresso
rispetto  all'entrata  in  vigore del decreto legislativo n. 274/2000
che,  con  la determinazione della competenza del giudice di pace, ha
modificato  la  parte  sanzionatoria di molteplici reati ivi compreso
quello  delle  lesioni  colpose  commesso  con violazione delle norme
sulla circolazione stradale.
   Ne   deriva  che  la  declaratoria  di  incostituzionalita'  degli
articoli  gia'  all'inizio  richiamati,  e specificamente indicati in
dispositivo,  determinando  l'applicazione  della sanzione previgente
alla  legge,  non costituirebbe una interpretazione additiva in malam
partem  della  norma  sulla  competenza  del  giudice  di  pace,  non
violandosi  ne'  il  principio  di  irretroattivita'  ne'  quello  di
colpevolezza.
   Ed   anche  al  riguardo  risulta  illuminante,  ed  assolutamente
pertinente  alla  concreta fattispecie, quanto e' dato leggere ancora
nella  sentenza  n. 394/06: «... il principio di retroattivita' della
norma  piu'  favorevole  non ha alcun collegamento con la liberta' di
autodeterminazione  individuale,  per  l'ovvia  ragione che, nel caso
considerato, la lex mitior sopravviene alla commissione del fatto, al
quale  l'autore  si  era  liberamente  autodeterminato sulla base del
pregresso (e per lui meno favorevole) panorama normativo».