Ricorso della Regione Toscana, in persona del Presidente pro tempore, autorizzato con deliberazioni della Giunta regionale n. 99 dell'11 febbraio 2008 e n. 101 del 18 feb-braio 2008, rappresentato e difeso, per mandato in calce al presente atto, dall'avv. Lucia Bora dell'Avvocatura della Regione Toscana, elettivamente domiciliato in Roma, corso Italia n.102, presso lo studio dell'avv. Giovanni Pasquale Mosca; Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'articolo 2, commi 17, 18, 21, 158, lett. c) della legge 24 dicembre 2007, n. 244 recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2008)», per violazione degli articoli 117, 118 e 127 Cost., anche sotto il profilo della violazio-ne della leale collaborazione. Nella Gazzetta Ufficiale n. 300 del 28 dicembre 2007, S.O. e' sta-ta pubblicata la legge finanziaria per l'anno 2008. Le impugnate disposizioni sono lesive delle competenze regionali per i seguenti motivi di D i r i t t o 1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 2, commi 17, 18 e 21 per violazione degli artt. 117, 118 e 127 Cost., anche sotto il profilo della violazione del principio della leale collaborazione. I commi da 16 a 22 dell'art. 2 contengono disposizioni relative al riordino della disciplina delle comunita' mon-tane. In particolare, il comma 16 riduce le risorse del fondo or-dinario (che resta statale) destinate alle comunita' monta-ne; il comma 17 affida alle regioni sei mesi per provve-dere con legge regionale al riordino della disciplina delle comunita' montane in modo da ridurre a regime la spesa corrente per il funzionamento di tali enti per un importo pari almeno ad un terzo del fondo ordinario assegnato nel 2007 all'insieme delle comunita' montane presenti nella regione. Il comma 18 detta i principi cui debbono attenersi le leggi regionali (riduzione delle comunita' montane; riduzione del numero dei componenti degli organi, riduzione delle indennita); il comma 19 fa salvi i benefici e gli interventi speciali per la montagna stabiliti dall'Unione europea e dalle leggi statali e regionali. Il comma 20 detta le conseguenze derivanti dalla eventua-le inadempienza regionale rispetto all'obbligo legislativo previsto dal comma 17: cessano di appartenere alla comu-nita' montana i comuni capoluogo di provincia, i comuni costieri e quelli con popolazione superiore a 20.000 abi-tanti; sono soppresse le comunita' montane in cui piu' del-la meta' dei comuni non sono situati per almeno 1'80% della loro superficie al di sopra di 500 mt di altitudine sopra il livello del mare ovvero non sono comuni situati per almeno il 50% della loro superficie al di sopra di 500 mt di altitudine e nei quali il dislivello tra la quota altimetri-ca inferiore e la superiore non e' minore di 500 mt. (nelle regioni alpine il limite minimo di altitudine ed il dislivello della quota altimetrica e' di 600 mt); sono soppresse le comunita' montane costituite da meno di cinque comuni, salvo le eccezioni giustificate dalla conformazione e dalle caratteristiche del territorio; nelle comunita' montane che restano, gli organi consiliari sono composti in modo da garantire la presenza delle minoranze, fermo restando che ciascun comune non puo' indicare piu' di un membro. Il comma 21 dispone che l'effettivo conseguimento delle riduzioni di spesa derivante dalla legge regionale e' accer-tata entro il 31 luglio 2008 con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze e del Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, sentite le singole regioni interessate; se la legge regionale e' ritenuta inefficace ri-spetto allo scopo si producono, dalla pubblicazione del d.P.C.m., gli effetti di cui al comma 20. Il comma 22 affida alle regioni il compito di disciplinare anche la fase di passaggio per quanto riguarda il trasferi-mento delle risorse umane; fino alla disciplina regionale, i comuni subentrano alle comunita' montane soppresse. Le impugnate disposizioni presentano profili di illegitti-mita' costituzionale. La giurisprudenza costituzionale ha evidenziato che le comunita' montane costituiscono un caso speciale di unione di comuni, «create in vista della valorizzazione delle zone montane, allo scopo di esercitare, in modo piu' adeguato di quanto non consentirebbe la frammentazione dei comuni montani, "funzioni proprie", "funzioni confe-rite" e funzioni comunali» (sentenza n. 229 del 2001 e sentenza n. 244 del 2005). La disciplina delle comunita' montane, a seguito della ri-forma del Titolo V della Costituzione, rientra nella pote-sta' legislativa residuale delle regioni (sentenze n. 244/2005 e n. 456/2005), per cui «non puo' farsi riferi-mento ai principi fondamentali che sarebbero desumibili dalla legislazione statale e segnatamente dal d.lgs. n. 267/2000». Il comma 17, invece, prevede che le regioni debbano procedere al riordino della disciplina delle comunita' montane con proprie leggi, ad integrazione di quanto pre-visto dall'art. 27 del testo unico di cui al decreto legislati-vo n. 267/2000. Dunque si stabilisce che l'emananda leg-ge regionale sia integrativa di quella statale contenuta nel T.U. degli enti locali del 2000. Ma, come chiarito nelle sentenze costituzionali sopra ri-chiamate, la competenza della regione in materia e' di ti-po residuale e quindi le norme, in particolare gli artt. 27 e 28 di cui al T.U. n. 267/2000 (antecedente alla riforma co-stituzionale), non possono limitare la legislazione regio-nale, ne' rappresentare un principio per la stessa, ne', tanto meno, costituire una cornice da sviluppare ed integrare da parte della legge regionale. Infatti, ai sensi di quanto stabilito dall'art. 117 Cost., la potesta' legislativa residuale deve rispettare la Costituzio-ne, i vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e da-gli obblighi internazionali, ma non ha ulteriori limiti. Pertanto il comma 17 dell'art. 2 della legge in esame si pone in contrasto con l'art. 117 Cost. L'eccepita illegittimita' non e' superata dal fatto che la norma richiama il fine di concorrere agli obiettivi di con-tenimento della spesa pubblica. Ai sensi dell'art. 117, terzo comma e 119 Cost., infatti, la suddetta finalita' va assicu-rata dallo Stato con la predeterminazione dei principi del coordinamento finanziario e tributario. La norma impu-gnata non e' qualificabile come principio di coordinamen-to della finanza pubblica, perche' non possiede, dei princi-pi, la generalita', la struttura e la funzione. Infatti i principi vanno colti ad un livello di maggiore astrattezza rispetto alla regola positivamente stabilita ( sentenza n. 65/2001); la norma contestata invece, applicata in coordinamento con i successivi commi 18 e 21, contiene disposizioni di dettaglio, autoapplicative, incidenti sulla autonomia legi-slativa residuale delle regioni in materia. Inoltre per conseguire l'obiettivo del contenimento della spesa corrente per il funzionamento delle comunita' mon-tane, la norma impone alle regioni unicamente l'adozione dello strumento della legge regionale «di riordino della disciplina delle comunita' montane», limitando cosi' ol-tremodo la potesta' legislativa regionale che dovrebbe, in-vece, essere libera nella determinazione dei mezzi, per raggiungere il risultato stabilito dal legislatore nazionale. Piu' precisamente, posto l'obiettivo del contenimento in una certa misura della spesa corrente per il funzionamento delle comunita' montane, al legislatore regionale si sareb-be dovuta lasciare la discrezionalita' di decidere le modali-ta' con cui ottenere detto risparmio. Le regioni avrebbero potuto trovare anche altre forme, diverse dall'imposto riordino legislativo. Anche la disposizione contenuta nel comma 18 e' incosti-tuzionale. Infatti lo Stato non puo', in materia di compe-tenza residuale delle regioni, stabilire principi per la leg-ge regionale. In particolare non possono essere dettati principi relativi al numero di comunita' montane necessa-rio per l'ottimale svolgimento delle funzioni regionali o per l'adeguato svolgimento delle funzioni comunali (lette-ra a), ne' al numero dei componenti degli organi rappre-sentativi (lett. b) necessari al migliore svolgimento delle funzioni degli enti e alla capacita' di rappresentare i co-muni che ne fanno parte. Il comma 18 in esame assume come dato incontestabile che in ogni regione vi sia un numero eccessivo di comu-nita' montane, prescindendo dai processi di riordino che negli anni sono stati attuati, nonche' dal fatto che le comu-nita' montane esistenti corrispondano o meno all'ottimale organizzazione associativa dei comuni. La disposizione viola pertanto l'art. 117, quarto comma Cost. e quindi la potesta' legislativa residuale delle regio-ni relativa sia ai profili ordinamentali delle comunita' montane, sia alla competenza ad organizzare il territorio in modo adeguato per l'ottimale esercizio delle funzioni regionali e comunali. Ulteriore conferma dell'esposta illegittimita' della disposi-zione si ricava dai «principi» indicati alla lettera a) del comma in esame. In essi e' insita una notevole ambiguita', perche' non e' chiara la direzione che gli indicatori dovreb-bero assumere. In particolare, cosa vale: la maggiore o la minore dimensione demografica? Il maggiore o il minore indice di vecchiaia? Il maggiore o il minore reddito? La maggiore o la minore acclivita'? Anche se si ritiene implicita questa indicazione e quindi si ammette l'esistenza delle sole comunita' montane che rappresentano una situazione di disagio sociale, economi-co e territoriale, resta il fatto che la legge statale non ha titolo legittimante per costringere le regioni a costituire enti aggregativi solo in determinate situazioni, quando l'esigenza e' di avere enti in grado di esercitare in modo adeguato le funzioni (si pensi alle funzioni in agricoltura, nella forestazione, nella bonifica, che le comunita' monta-ne svolgono efficacemente in base alla legislazione regio-nale in Toscana). Cio' conferma, come sopra rilevato, che l'eccepita inva-sione di competenza nella sfera della potesta' regionale in-veste il decisivo profilo dell'autonomia delle regioni ad organizzare l'esercizio delle funzioni, nelle materie di propria competenza, attuando i principi costituzionali di sussidiarieta', adeguatezza e differenziazione sanciti dall'art. 118 Cost.: viene dunque limitato il ruolo della regione quale «centro propulsore e di coordinamento dell'intero sistema delle autonomie locali», sancito dalla Corte costituzionale gia' con la sentenza n.343/1991. Dunque la disposizione impugnata viola, per l'esposto profilo, anche l'art. 118 Cost. Incostituzionale e' inoltre la disposizione contenuta nel comma 21 perche' prevede che il d.P.C.m. possa deter-minare la cessazione dell'efficacia della legge regionale ritenuta inidonea a raggiungere la prevista riduzione della spesa, applicandosi gli effetti di cui al comma 20. In tal modo si equipara l'ipotesi di inadempimento regio-nale nell'adozione ed approvazione della legge regionale, a quella in cui la regione abbia invece approvato la pro-pria legge, ma questa sia ritenuta dallo Stato inefficace rispetto allo scopo del contenimento della spesa. Tale previsione contrasta con l'autonomia legislativa re-gionale in materia di comunita' montane e configura un controllo di merito sulla legge regionale non previsto da alcuna norma costituzionale e incompatibile con il siste-ma delineato dall'art. 127 Cost. Pertanto e' fondata l'eccezione di incostituzionalita' per violazione degli artt. 117 e 127 Cost. Vero e' che la norma prevede che sia sentita la regione nel procedimento in parola, ma tale coinvolgimento re-gionale appare del tutto insufficiente in rapporto all'incisivita' dell'effetto previsto (cioe' la vanificazione della legge regionale). Infatti, in applicazione del principio di leale collaborazione, sarebbe stato quanto meno ne-cessario prevedere un procedimento articolato di contrad-dittorio Stato-Regione, volto a verificare la portata, gli ef-fetti della legge regionale, le motivazioni addotte dallo Stato, al fine di pervenire ad un'intesa. Infatti la giurisprudenza costituzionale ha rilevato che l'intervento statale, ove interferisca con materie costitu-zionalmente garantite alle regioni, deve essere discipli-nato con la previsione di attivita' concertative e di coordi-namento orizzontale, ovverosia le intese, che devono es-sere condotte in base la principio di lealta'. L'intesa rappresenta, precisamente, lo strumento di realiz-zazione del principio di leale cooperazione che - per giu-risprudenza ormai consolidata - si impone in tutti i casi in cui vi sia connessione, intersezione o reciproca incisione tra attribuzioni costituzionali spettanti a soggetti diversi. E l'intesa consiste in una «paritaria codeterminazione del contenuto dell'atto», senza che questa possa in alcun mo-do essere declassata a «mera attivita' consultiva non vinco-lante» ( sentenze n. 27/2004; n. 339/2005). La regione ricorrente, dunque, contesta in radice la con-formita' a Costituzione della disposizione in esame, perche' - a fronte di esigenze di contenimento della spesa - lo Stato, come gia' rilevato, dovra' agire nei limiti dei principi del coordinamento finanziario. Ma, in denegata ipotesi, ove fosse ritenuto giustificabile il potere previsto in capo allo Stato dalla contestata disposi-zione, la norma resta parimenti incostituzionale perche' non introduce alcuna intesa con le amministrazioni regio-nali, finalizzata alla valutazione del conseguimento delle riduzioni di spesa da parte della legge regionale, e cio' an-che se l'effetto previsto e' la vanificazione di una legge regolarmente approvata dal Consiglio regionale, nell'esercizio di una potesta' legislativa residuale, con una evidente incidenza rilevante sull'autonomia delle rRegioni costituzionalmente garantita. 2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 158, lett. c) per violazione degli artt. 117 e 118 Cost. - Vio-lazione del principio della leale collaborazione. L'impugnata disposizione si inserisce tra le norme che di-sciplinano gli impianti di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili. In particolare viene modificato ed inte-grato l'art. 12 del decreto legislativo n. 387/2000, prevedendosi (comma 158, lett. a), che la costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili sono soggetti ad autorizzazione rilasciata dalla regione ovvero dalle «Province delegate»; lo stesso comma 158 alla lettera c) va ancora ad integrare la legge relativa agli impianti energetici alimentati da fonti rinno-vabili, stabilendo che per gli impianti offshore l'autorizzazione sia rilasciata dal ministero dei trasporti, sentiti il Ministero dello sviluppo economico ed il Mini-stero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con le modalita' di cui al comma 4, previa concessione d'uso del demanio marittimo da parte della competente autorita' marittima. Dunque tale lett. c) pone un'eccezione per gli impianti offshore (ad es. impianti eolici offshore), per i quali la competenza autorizzatoria e' attribuita allo Stato e non gia' alla regione. Non si contesta tale attrazione di competenza che si giu-stifica in base al principio di sussidiarieta' ai sensi dell'art. 118 Cost. Tuttavia, per tutti gli impianti energetici per i quali la competenza autorizzatoria sia statale, e' prevista l'intesa con la regione (art. 1, comma 26 della legge n. 239/2004 per gli elettrodotti della rete energetica nazionale; art. 8, comma primo della legge n. 340/2000 per i gassificatori, anche offshore). Cio' in conformita' con quanto stabilito dalla Corte costi-tuzionale nella sentenza n. 6/2004 ove e' stato affermato che la materia dell'energia vede un intreccio di competen-ze tra Stato e regioni, per cui il giusto equilibrio delle stesse e' dato dall'allocazione delle funzioni in capo allo Stato, da esercitarsi d'intesa con le regioni, intesa avente il carattere «forte», proprio perche' deve garantire il bilan-ciamento tra i diversi livelli di competenze, tutte costitu-zionalmente garantite. Appare dunque incostituzionale la mancata previsione dell'intesa con la regione nel caso di autorizzazione per gli impianti offshore alimentati da fonti rinnovabili; la procedura del comma 4 richiamata dalla norma vede la regione partecipare alla Conferenza dei servizi, con un ruolo e forza esattamente identici a quelli degli altri enti partecipanti alla stessa e questo non appare coerente con l'assetto costituzionale delle competenze. Quindi la norma viola gli artt. 117 e 118 Cost., anche sotto il profilo di violazione del principio della leale collabo-razione.