Ricorso della regione Friuli-Venezia Giulia, in persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore, autorizzato con deliberazione della Giunta regionale n. 17 del 7 gennaio 2008 (doc. 1), rappresentata e difesa - come da procura a margine del presente atto - dall'avv. prof. Giandomenico Falcon di Padova, con domicilio eletto in Roma presso l'Ufficio di rappresentanza della Regione, in piazza Colonna, 355; Contro il Presidente del Consiglio dei ministri per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 5, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2008), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 300 del 28 dicembre 2007 - Supplemento ordinario n. 285, per violazione: degli articoli 48, 49 e 65 della legge cost. n. 1 del 1963; dell'art. 1, comma 4, d.lgs. n. 137/2007; del principio di corrispondenza tra funzioni trasferite e risorse necessarie ad esercitarle nonche' del principio di ragionevolezza, per i profili e nei modi di seguito illustrati. F a t t o Con d.lgs. 31 luglio 2007, n. 137, sono state emanate norme di attuazione dello statuto speciale della regione autonoma Friuli-Venezia Giulia in materia di finanza regionale, ai sensi dell'art. 65 dello statuto speciale. L'art. 1 d.lgs. n. 137/2007 definisce le Modalita' di attribuzione delle quote dei proventi erariali spettanti alla regione. In particolare, il comma 4 stabilisce che «a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge finanziaria statale per l'anno 2008, nell'ambito delle disposizioni che ivi disciplinano la regolazione finanziaria tra lo Stato e la regione, fra le entrate regionali sono comprese, nella misura prevista dall'art. 49, primo comma, n. 1), della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, recante lo statuto speciale della regione Friuli-Venezia Giulia, le ritenute sui redditi da pensione, di cui all'art. 49, comma 2, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, riferite ai soggetti passivi residenti nella medesima regione, ancorche' riscosse fuori del territorio regionale». Tale disposizione era stata assunta, come ricordava lo stesso comma 4 dell'art. 1 del citato decreto legislativo, «in attuazione dell'art. 3, comma 7, del Protocollo d'intesa stipulato tra il Governo e la regione Friuli-Venezia Giulia in data 6 ottobre 2006» (doc. 2). Ed infatti nell'art. 3 del Protocollo d'intesa il Governo e la regione avevano previamente concordato «sull'esigenza di una sostanziale rivisitazione dei rapporti finanziari tra loro in essere» (comma 1) ed esprimevano «la volonta' di istituzionalizzare, nelle forme ritenute piu' opportune... la verifica e la risoluzione di altre anomalie dell'attuale andamento del gettito, come, a mero titolo esemplificativo, quella che fa uscire dal precitato ambito i redditi dei cittadini del territorio regionale nel momento in cui l'emolumento percepito si trasforma da reddito di lavoro in reddito di quiescenza» (comma 7). Dunque, fondandosi sulla disposizione dell'art. 49, comma 1, n. 1 dello statuto speciale, in base alla quale sono devoluti alla regione i sei decimi del gettito dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, riscossi nel territorio della regione stessa, si voleva por fine alla anomalia per la quale le trattenute operate sulle pensioni non erano calcolate fra i proventi erariali di cui all'art. 49, comma 1, n. 1. E l'art. 3, comma 7, del Protocollo d'intesa del 6 ottobre 2006 appena citato si e' concretizzato, sul piano delle norme di attuazione, nell'art. 1, comma 4, del decreto legislativo n. 137/2007, il quale appunto dispone che «fra le entrate regionali sono comprese... le ritenute sui redditi da pensione... riferite ai soggetti passivi residenti nella medesima regione». Tale disciplina e' stata, pero', sostanzialmente disattesa da due disposizioni contenute nell'art. 2, comma 5 della legge n. 244/2007. La prima statuisce che «in sede di prima applicazione, i maggiori introiti a favore del bilancio della regione autonoma Friuli-Venezia Giulia derivanti dall'applicazione del comma 4 dell'art. 1 del decreto legislativo 31 luglio 2007, n. 137, non possono superare, per gli anni 2008 e 2009, rispettivamente gli importi di 20 milioni di euro e di 30 milioni di euro». La seconda disposizione stabilisce che «a partire dall'anno 2010 i maggiori introiti, rispetto all'importo riconosciuto per l'anno 2009, acquisiti alle casse regionali in applicazione del citato comma 4 dell'art. 1 del decreto legislativo n. 137 del 2007 sono riconosciuti solo con contestuale attribuzione di funzioni dallo Stato alla medesima regione autonoma». In questo modo, la legge finanziaria ha sostanzialmente modificato la norma di attuazione, riducendo e condizionando i benefici derivanti da essa e arrecando cosi' una lesione alle prerogative costituzionali della regione Friuli-Venezia Giulia, mediante una fonte che invece per vincolo costituzionale e' tenuta al rispetto delle norme di attuazione. L'art. 2, comma 5, risulta dunque illegittimo per le seguenti ragioni di D i r i t t o 1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 5, prima parte. Come sopra esposto, l'art. 1, comma 4, d.lgs. n. 137/2007 ha esteso la base imponibile della compartecipazione statutaria regionale ai proventi erariali, ricomprendendovi i redditi da pensione con decorrenza dall'entrata in vigore della legge finanziaria per il 2008. La legge finanziaria n. 244/2007, tuttavia, con la prima parte dell'art. 2, comma 5, limita a 20 e a 30 milioni di euro i maggiori introiti derivanti, nel 2008 e nel 2009, dall'applicazione dell'art. 1, comma 4, d.lgs. n. 137/2007 a favore del bilancio del Friuli-Venezia Giulia. Tale previsione e' notevolmente penalizzante per la finanza regionale, dato che il trasferimento complessivamente spettante ai sensi dell'art. 1, comma 4, d.lgs. n. 137/2007 dovrebbe risultare, secondo quanto risulta alla regione, di circa 125 milioni di euro all'anno. Cosi' facendo, pero', la legge statale altera la disciplina risultante dalle norme di attuazione, violando l'autonomia finanziaria della regione, cioe' gli artt. 48 e 49 dello statuto, come attuati dall'art. 1, comma 4, d.lgs. n. 137/2007. In particolare, la norma impugnata incide sull'art. 49, comma 1, n. 1 (in combinato disposto con la norma di attuazione) perche' l'«imposta sul reddito delle persone fisiche» comprende le ritenute sui redditi da pensione, mentre l'art. 2, comma 5, legge n. 244/2007 sottrae alla regione gran parte di queste entrate. Una volta accertato che risulta violata la norma di attuazione, ne consegue automaticamente l'illegittimita' costituzionale della disposizione di legge ordinaria violatrice: non ci sono dubbi, infatti, sull'idoneita' delle norme di attuazione ad essere utilizzate come parametro del giudizio di costituzionalita' (v., ad es., le sentt. 263/2005 e 287/2005). Negli stessi termini, e contemporaneamente, la norma impugnata viola l'art. 65 dello statuto, che affida ad una particolare fonte (i decreti legislativi di attuazione dello Statuto) il compito di dettare le norme di attuazione dello statuto speciale. Come noto, tali fonti dispongono di una competenza separata e riservata e di forza prevalente rispetto alla legge ordinaria, che non puo' alterare la disciplina da esse stabilita. Questo principio e' pacifico ed e' stato piu' volte ribadito dalla giurisprudenza costituzionale. Ad es., nella sent. n. 51/2006 si precisa che «le norme di attuazione degli statuti speciali possiedono un sicuro ruolo interpretativo ed integrativo delle stesse espressioni statutarie che delimitano le sfere di competenza delle regioni ad autonomia speciale e non possono essere modificate che mediante atti adottati con il procedimento appositamente previsto negli statuti, prevalendo in tal modo sugli atti legislativi ordinari (secondo quanto ha piu' volte affermato questa Corte)» (punto 5 del Diritto). Nello stesso senso si possono poi vedere altresi' le sentenze n. 249/2005, n. 406 e n. 341 del 2001, n. 520/2000, n. 213 e n. 137 del 1998, n. 237 del 1983 e n. 180 del 1980. Benche' l'illegittimita' costituzionale della disposizione risulti gia' dalle censure ora illustrate, puo' anche essere sottolineato che la competenza delle norme di attuazione per integrare e specificare la disciplina finanziaria dello Statuto risponde al piu' generale principio di leale collaborazione, in quanto tutto il regime dei rapporti finanziari fra Stato e regioni speciali e' dominato dal principio dell'accordo. Cosi', ad es., la sent. n. 82 del 2007 ha riconosciuto che «la previsione normativa del metodo dell'accordo tra le regioni a statuto speciale e il Ministero dell'economia e delle finanze, per la determinazione delle spese correnti e in conto capitale, nonche' dei relativi pagamenti, deve considerarsi un'espressione» della «speciale autonomia in materia finanziaria di cui godono le predette regioni, in forza dei loro statuti» (punto 6 del Diritto); e nella sent. n. 353 del 2004 la Corte ha affermato che il metodo dell'accordo (sempre per la determinazione delle spese), introdotto per la prima volta dalla legge finanziaria per il 1998 e riprodotto in tutte le leggi finanziarie successivamente adottate, deve essere tendenzialmente preferito ad altri, dato che «la necessita' di un accordo tra lo Stato e gli enti ad autonomia speciale nasce dall'esigenza di rispettare l'autonomia finanziaria di questi ultimi». L'importanza del principio di collaborazione in materia finanziaria e' stato sancito anche con riferimento specifico all'applicazione dell'art. 49 dello statuto Friuli-Venezia Giulia. La sent. n. 39 del 1984, dopo aver preso atto che l'art. 10 d.P.R. n. 114/1965 (recante norme di attuazione dello statuto speciale Friuli-Venezia Giulia in materia di finanza regionale) dispone che alla determinazione delle somme spettanti alla regione per le quote fisse di proventi erariali indicate nell'art. 49 dello statuto «sara' provveduto con decreto del Ministro per le finanze di concerto con il Ministro per il tesoro, di intesa con il Presidente della Giunta regionale», e dopo aver riconosciuto che «l'intesa col Presidente della regione informa come principio generale il contenuto del d.P.R. 23 gennaio 1965 n. 114», ha annullato un atto ministeriale che aveva unilateralmente modificato l'elenco delle imposte ai fini dell'art. 49 dello statuto, precisando che «il legislatore statale ben potrebbe intervenire, se lo ritenesse opportuno, nell'ambito della sua specifica competenza in materia: ma dovrebbe farlo, comunque, dopo aver sentito la regione (art. 65 statuto Friuli-Venezia Giulia) e avendo i poteri per mettere ordine nella complessa vicenda senza turbare i delicati rapporti coll'Ente regione». Pertinente e' anche il richiamo alla sent. n. 98 del 2000, che ha giudicato di alcune norme legislative statali che disponevano la riserva a favore dell'erario delle entrate derivanti da altre disposizioni e che erano contestate per violazione dello statuto siciliano e delle relative norme di attuazione. La Corte ha riconosciuto l'esistenza del «principio... di leale cooperazione fra Stato e regione, che domina le relazioni fra i livelli di governo la' dove si verifichino, come in queste ipotesi accade, interferenze fra le rispettive sfere e i rispettivi ambiti finanziari», e ha sottolineato che «sono espressioni significative di tale esigenza le norme di attuazione di altri statuti speciali, le quali, a tal proposito, contemplano procedimenti cui sono chiamate a partecipare le regioni», richiamando - fra gli altri - il d.P.R. n. 114/1965, recante «Norme di attuazione dello statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia, in materia di finanza regionale». La Corte ha, dunque, statuito che le norme impugnate dovevano prevedere «procedimenti non unilaterali, ma che contemplino una partecipazione della regione direttamente interessata». Anche sotto questo profilo vi e' dunque una violazione. Nel caso che ci occupa, tuttavia, l'invocazione del principio di leale collaborazione non e' necessaria, perche' l'art. 2, comma 5, legge n. 244/2007, modificando con legge ordinaria l'assetto dei rapporti finanziari fra Stato e regione, ha violato una specifica norma di attuazione (e, dunque, l'art. 65, statuto Friuli-Venezia Giulia, oltre che l'art. 49, statuto Friuli-Venezia Giulia): ricordare l'importanza di esso nei rapporti finanziari Stato-regioni speciali, pero', serve per sottolineare la gravita' della lesione arrecata dalla norma impugnata, che ha disatteso non solo una norma di attuazione specifica ma anche il principio generale che - come si e' visto - domina la materia in questione. 2) Illegittimita' dell'art. 2, comma 5, seconda parte. L'art. 2, comma 5, seconda parte della legge finanziaria n. 244 del 2007 stabilisce che «a partire dall'anno 2010 i maggiori introiti, rispetto all'importo riconosciuto per l'anno 2009, acquisiti alle casse regionali in applicazione del citato comma 4 dell'art. 1 del decreto legislativo n. 137 del 2007 sono riconosciuti solo con contestuale attribuzione di funzioni dallo Stato alla medesima regione autonoma». Dunque, mentre la prima norma contenuta nell'art. 2, comma 5, limita quantitativamente, anche se per i soli anni 2008 e 2009, le somme da trasferire alla regione, questa seconda norma e' una norma a regime, che, senza porre una limitazione quantitativa a priori, tuttavia stabilmente pone una condizione al riconoscimento a favore della Regione Friuli-Venezia Giulia degli importi derivanti dall'applicazione dell'art. 1, comma 4, d.lgs. n. 137/2007, per la parte in cui essi superano i 30 milioni di euro. Precisamente, tale condizione consiste nella «contestuale attribuzione di funzioni dallo Stato alla medesima regione autonoma». Si tratta di una condizione che non ha alcuna ragion d'essere sul piano sostanziale (sul quale semmai si dovrebbero far valere le sempre maggiori competenze che la regione e' venuta nel tempo via via acquisendo, senza maggiori entrate), e che contraddice frontalmente l'attribuzione chiara ed incondizionata fatta dalla norma di attuazione sopra citata. Dunque, gli introiti previsti a favore della regione, senza condizioni e senza vincolo di destinazione, da una norma di attuazione dell'art. 49, statuto Friuli-Venezia Giulia sono sottoposti da una legge ordinaria alla condizione che alla Regione siano attribuite nuove funzioni. Pare chiaro che, in questo modo, l'art. 2, comma 5, vanifica sostanzialmente la norma di attuazione, perche' o la regione sara' privata dell'importo superiore ai 30 milioni (se non saranno attribuite funzioni) o si vedra' addossate nuove funzioni, che assorbiranno il vantaggio derivante dall'art. 1, comma 4, d.lgs. n. 137/2007. L'art. 2, comma 5, seconda parte, dunque, viola la norma di attuazione e, in questo modo, viola anche l'art. 49, statuto Friuli-Venezia Giulia (da essa attuato) e l'art. 65, statuto Friuli-Venezia Giulia, per le ragioni gia' esposte nel punto 1. Naturalmente, dato il maggior impatto di questa seconda norma - che e' «a regime» e dunque destinata a disciplinare in modo stabile le relazioni finanziarie tra lo Stato e la regione Friuli-Venezia Giulia - la violazione di tali disposizioni, e del principio collaborativo illustrato nel punto 1, risulta ancora piu' grave. Inoltre, l'art. 2, comma 5, seconda parte viola il principio di corrispondenza tra funzioni trasferite e risorse necessarie ad esercitarle, risultante dall'art. 119, quarto comma, Cost. Infatti, l'art. 1, comma 4, d.lgs. n. 137/2007 aveva superato l'anomalia che caratterizzava l'applicazione dell'art. 49, n. 1, statuto Friuli-Venezia Giulia, garantendo la corretta compartecipazione della regione ai proventi erariali. L'art. 2, comma 5, legge n. 244/2007 vincola illegittimamente la destinazione delle maggiori entrate, destinandole a finanziare ulteriori funzioni attribuite dallo Stato alla regione. In questo modo, pero', la legge statale cerca di legittimare un'attribuzione di nuove funzioni alla regione indipendente dall'erogazione delle relative risorse, perche' le risorse necessarie allo svolgimento delle nuove funzioni provengono da quelle gia' presenti nel bilancio regionale e frutto della compartecipazione di cui all'art. 49. In pratica, se si considerasse legittima la norma impugnata, lo Stato potrebbe attribuire nuove funzioni senza dare le risorse necessarie ma semplicemente prescrivendo di usare le risorse attribuite alla regione a fini generali dallo statuto speciale. Da cio' deriva la violazione del principio di corrispondenza tra funzioni trasferite e risorse necessarie ad esercitarle. Al tempo stesso, inoltre, risulta violato anche il principio di ragionevolezza, per la distorsione operata dalla norma impugnata nei rapporti finanziari fra Stato e regione speciale, con la «deviazione» della destinazione di entrate statutariamente previste: e la violazione del principio di ragionevolezza si riflette nella lesione dell'autonomia finanziaria regionale, dato che la regione si vedrebbe costretta a finanziare le nuove funzioni con le risorse ad essa assegnate a fini generali.