ha pronunciato la seguente
                              Sentenza
nei  giudizi  di  legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 389,
635,  1250,  1251,  1252,  1261,  1267 e 1290 della legge 27 dicembre
2006,  n. 296  (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale  dello  Stato -  legge  finanziaria  2007),  promossi con
ricorsi  delle  Regioni  Veneto  e Lombardia notificati il 23 e il 26
febbraio  2007,  depositati  in  cancelleria  il  1°  e  il  7  marzo
successivi ed iscritti ai nn. 10 e 14 del registro ricorsi 2007.
   Visti  gli  atti  di costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri;
   Udito  nell'udienza  pubblica  del  12  febbraio  2008  il Giudice
relatore Alfonso Quaranta;
   Uditi  gli avvocati Mario Bertolissi e Andrea Manzi per la Regione
Veneto,  Beniamino  Caravita  di  Toritto  per la Regione Lombardia e
l'avvocato  dello  Stato  Massimo  Salvatorelli per il Presidente del
Consiglio dei ministri.
                          Ritenuto in fatto
   1.  -  la  Regione Veneto, con ricorso (iscritto al n. 10 del reg.
ric.  2007) notificato il 23 febbraio 2007 e depositato il successivo
1°  marzo,  ha  promosso,  tra  l'altro,  questione  di  legittimita'
costituzionale  dell'art.  1, commi 389, 635, 1250, 1251, 1252, 1261,
1267  e  1290, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per
la  formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge
finanziaria  2007),  per violazione degli artt. 3, 97, 117, 118 e 119
della Costituzione, nonche' del principio di leale collaborazione tra
Stato  e  Regioni,  come  desumibile, in particolare, dagli artt. 5 e
120,   secondo   comma,  Cost.,  nonche'  dall'art.  11  della  legge
costituzionale  18  ottobre  2001,  n. 3 (Modifiche al titolo V della
parte seconda della Costituzione).
   La  ricorrente  ha  prospettato  specifiche  censure  in  ordine a
ciascuno dei commi impugnati.
   2.  -  L'art. 1, comma 389, della legge n. 296 del 2006 istituisce
un  Fondo,  con  una  dotazione  di  5  milioni  di  euro, «destinato
all'erogazione  di contributi ai gestori di attivita' commerciali per
le  spese  documentate e documentabili sostenute entro il 31 dicembre
2007  per  l'eliminazione  delle  barriere architettoniche nei locali
aperti  al  pubblico»  (detto  termine  e'  stato  poi spostato al 31
dicembre  2008 dall'art. 4 del decreto-legge 31 dicembre 2007 n. 248,
che  reca  «Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e
disposizioni urgenti in materia finanziaria»).
   La  Regione  Veneto  assume  che il contenuto della predetta norma
attiene alla materia servizi sociali, nonche', per alcuni versi, alla
materia commercio.
   Poiche'  entrambi  i  suddetti  ambiti  materiali  rientrano nella
potesta'  legislativa  residuale delle Regioni, lo Stato non potrebbe
istituire   e   disciplinare,  in  questi  settori,  finanziamenti  a
destinazione  vincolata, come la Corte costituzionale, piu' volte, ha
avuto modo di affermare.
   Ne'   il   Fondo   in   esame  potrebbe  essere  qualificato  come
perequativo,   senza   vincoli   di  destinazione,  o  quale  risorsa
aggiuntiva  o  intervento  speciale,  ai sensi dell'art. 119, terzo e
quinto comma, Cost.
   La  Regione  ritiene,  altresi',  che la disposizione non potrebbe
essere  ricondotta alla materia determinazione dei livelli essenziali
delle  prestazioni  concernenti i diritti civili e sociali che devono
essere  garantiti  su  tutto il territorio nazionale, di cui all'art.
117,   secondo  comma,  lettera  m),  Cost.,  rimessa  alla  potesta'
legislativa esclusiva dello Stato.
   A  sostegno  di  tale  deduzione,  la difesa regionale richiama la
sentenza  n. 423  del  2004,  con  la  quale la Corte ha ritenuto che
l'art. 3, comma 116, lettera b), della legge 24 dicembre 2003, n. 350
(Disposizioni  per  la  formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato - legge finanziaria 2004) - nel disporre che l'incremento
della  dotazione  del Fondo nazionale per le politiche sociali doveva
essere  utilizzato  anche  per  la  finalita' dell'abbattimento delle
barriere  architettoniche,  di  cui  alla legge 9 gennaio 1989, n. 13
(Disposizioni  per  favorire  il  superamento  e l'eliminazione delle
barriere  architettoniche  negli  edifici  privati),  -  violasse  la
competenza regionale in materia di servizi sociali.
   La  norma  impugnata,  nel porre precisi vincoli di destinazione a
risorse  economiche  in  materie  di  competenza  regionale, darebbe,
quindi,  luogo  ad  una  lesione  dell'autonomia finanziaria di spesa
delle  Regioni,  e  non sarebbe, dunque, conforme al nuovo modello di
finanza regionale delineato dall'art. 119 della Costituzione.
   A  cio'  conseguirebbe,  secondo  la  Regione, anche la violazione
dell'autonomia   amministrativa  regionale,  come  costituzionalmente
garantita dall'art. 118 Cost.
   3.  -  E' stato, inoltre, oggetto di impugnazione il comma 635 del
citato  art.  1,  il quale prevede che «al fine di dare il necessario
sostegno   alla  funzione  pubblica  svolta  dalle  scuole  paritarie
nell'ambito   del   sistema  nazionale  di  istruzione,  a  decorrere
dall'anno  2007, gli stanziamenti, iscritti nelle unita' previsionale
di  base "Scuole non statali" dello stato di previsione del Ministero
della  pubblica istruzione, sono incrementati complessivamente di 100
milioni   di   euro,   da   destinare  prioritariamente  alle  scuole
dell'infanzia».
   Secondo  la  ricorrente  la  norma  in esame, per il suo contenuto
dettagliato,   inciderebbe,  ledendola,  sulla  competenza  regionale
concorrente in materia di istruzione.
   La   stessa,  nel  contemplare  un  finanziamento  a  destinazione
vincolata  in  una materia, come si e' detto, concorrente, violerebbe
anche  l'art.  118  Cost.  (si cita la sentenza n. 423 del 2004 della
Corte costituzionale che, ad avviso della Regione, avrebbe dichiarato
l'illegittimita' costituzionale di una «norma analoga»).
   In  subordine,  la  Regione  assume che il comma impugnato sarebbe
lesivo  del  principio  di  leale collaborazione, come desumibile, in
particolare,  dagli artt. 5, 120, secondo comma, Cost. e dall'art. 11
della legge cost. n. 3 del 2001.
   4. - I commi 1250, 1251, 1252, 1261 e 1290 dell'art. 1 della legge
n. 296  del  2006  sono  esaminati  e  censurati  unitariamente dalla
Regione Veneto.
   I  commi 1250, 1251 e 1252 prevedono l'incremento del Fondo per le
politiche della famiglia, e stabiliscono l'utilizzazione dello stesso
per determinate finalita', demandando al Ministro delle politiche per
la famiglia di ripartire, con proprio decreto, gli stanziamenti tra i
diversi interventi previsti.
   A  sua volta, il comma 1261 del citato art. 1 dispone l'incremento
del   Fondo  per  le  politiche  relative  ai  diritti  e  alle  pari
opportunita',  con  la  previsione della destinazione di una quota al
Fondo  nazionale  contro  la violenza sessuale e di genere. Spetta al
Ministro  per  i  diritti  e  le pari opportunita', di concerto con i
Ministri  della  solidarieta'  sociale, del lavoro e della previdenza
sociale,  della salute e delle politiche per la famiglia, stabilire i
criteri  di  ripartizione  del  Fondo  medesimo;  quest'ultimo dovra'
prevedere  una  quota da destinare all'istituzione di un Osservatorio
nazionale  contro  la  violenza  sessuale  e di genere e una quota da
destinare  al  piano d'azione nazionale contro la violenza sessuale e
di genere.
   Il  comma  1290 stabilisce che l'autorizzazione di spesa di cui al
comma  2  dell'articolo  19  del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223,
convertito,  con  modificazioni,  dalla  legge 4 agosto 2006, n. 248,
relativo  al  Fondo  per  le politiche giovanili, e' integrata di 120
milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009.
   La  Regione ricorda come il suddetto art. 19 ha costituito oggetto
di  impugnazione  dinanzi alla Corte e richiama, altresi', a sostegno
della  lesivita'  dei commi sopra citati, senza tuttavia esplicitarle
nuovamente, le censure svolte in quella sede.
   La  ricorrente assume, infine, che i commi 1251, 1252, 1261 e 1290
devono  essere  riferiti  alla  materia politiche sociali, attribuita
alla  potesta'  legislativa  residuale delle Regioni e che, pertanto,
sarebbero  violate,  oltre la suddetta potesta' legislativa, anche le
relative  autonomia  amministrativa  (art.  118  Cost.)  e  autonomia
finanziaria (art. 119 Cost.) della Regione.
   5.  -  Il  comma  1267  dell'art.  1  della legge n. 296 del 2006,
anch'esso  impugnato, dispone l'istituzione presso il Ministero della
solidarieta'   sociale  del  Fondo  per  l'inclusione  sociale  degli
immigrati,  per  il quale e' stanziata la somma di 50 milioni di euro
per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009.
   Il  Fondo e', altresi', finalizzato alla realizzazione di un piano
per  l'accoglienza  degli  alunni  stranieri,  anche  per favorire il
rapporto   scuola-famiglia,   mediante   l'utilizzo,   per  fini  non
didattici,   di   apposite  figure  professionali  madrelingua  quali
mediatori  culturali.  Anche  in  questo caso, ad avviso della difesa
regionale,   si   verte  nella  materia  politiche  sociali,  con  la
conseguente violazione degli artt. 117, quarto comma, 118 e 119 Cost.
   In subordine, comunque, la Regione osserva che, tenuto conto delle
possibili  interferenze  tra la suddetta materia e le materie diritto
di   asilo   e  condizione  giuridica  dei  cittadini  di  Stati  non
appartenenti  all'Unione europea (art. 117, secondo comma, lettera a)
e  immigrazione (art. 117, secondo comma, lettera b), attribuite alla
potesta'  esclusiva  dello  Stato, vi sarebbe in ogni caso la lesione
del  principio di leale collaborazione, come desumibile dagli artt. 5
e  120,  secondo comma, Cost., nonche' dall'art. 11 della legge cost.
n. 3 del 2001.
   6.  -  Si  e' costituito il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
chiedendo che il ricorso sia dichiarato non fondato.
   In primo luogo, la difesa dello Stato osserva che la previsione di
cui  all'art.  1,  comma  389,  della  legge  n. 296  del 2006 non e'
ascrivibile  alle  materie  servizi  sociali o commercio, quanto alla
materia della determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni
concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su
tutto  il  territorio  nazionale (art. 117, secondo comma, lettera m,
Cost.),  e  ai  diritti  inviolabili  fondamentali,  quali  quelli di
estrinsecazione  della  personalita',  di  solidarieta'  sociale,  di
eguaglianza  sostanziale,  di  liberta'  personale e di circolazione,
garantiti dagli artt. 2, 3, 13 e 16 Cost.
   Sempre  ai diritti fondamentali della persona, di cui agli artt. 2
e 3 Cost., con la conseguente competenza legislativa anche statale ai
sensi  dell'art.  117,  secondo  comma, lettera m), Cost., dovrebbero
essere ricondotti i commi 1250, 1251, 1252, 1261 e 1290.
   L'Avvocatura  dello  Stato, con specifico riguardo al Fondo per le
politiche  relative  ai diritti e alle pari opportunita', rileva come
lo   stesso  serva  ad  ottemperare  agli  impegni  assunti  in  sede
internazionale  alla  luce della piattaforma di azione adottata dalla
IV  Conferenza  mondiale  delle  Nazioni Unite tenutasi a Pechino nel
settembre  1995,  nonche'  all'adeguamento dell'ordinamento nazionale
all'ordinamento comunitario.
   Ad  avviso del resistente, quindi, si e' in presenza di competenze
trasversali  e  di  una  concorrenza  di competenze, alcune esclusive
dello  Stato,  che, dunque, legittimerebbero l'emanazione delle norme
impugnate.
   In  ordine  al  Fondo per l'inclusione sociale degli immigrati, il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  deduce l'estraneita' dello
stesso  alla materia delle politiche sociali, trattandosi, invece, di
disposizione  che  deve  essere riferita in via esclusiva, o comunque
prevalente, alla materia immigrazione, di competenza dello Stato.
   7. - Con ricorso (iscritto al n. 14 del reg. ric. 2007) notificato
il  26  febbraio  2007 e depositato il successivo 7 marzo, la Regione
Lombardia   ha,   anch'essa,  promosso,  tra  l'altro,  questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  commi  389, 1252, 1261 e
1267,  della  legge  n. 296  del  2006, assumendo la violazione degli
artt.   117,   118,   119  Cost.,  nonche'  dei  principio  di  leale
collaborazione  (art. 120 Cost.), di buon andamento (art. 97 Cost.) e
di ragionevolezza (art. 3 Cost.).
   La  Regione  premette  come  tutte  le  norme impugnate evidenzino
l'inesistenza o il carattere del tutto marginale di un coinvolgimento
della  Regione medesima in materie di propria competenza, concorrente
o residuale, con la conseguente violazione degli artt. 117, 118 e 119
Cost.,  oltre che dei principi di buon andamento dell'amministrazione
e di ragionevolezza.
   Cio',  in  particolare  modo,  ove si consideri che la riforma del
Titolo  V  della Costituzione ha determinato una stretta correlazione
tra  gli artt. 117 e 119 Cost, per cui le funzioni pubbliche relative
a  materie  di  competenza regionale debbono essere finanziate con le
risorse alle quali fa riferimento l'art. 119, quarto comma, Cost.
   Anche in ragione delle diverse pronunce della Corte costituzionale
intervenute   in  materia,  e'  del  tutto  evidente,  sottolinea  la
ricorrente,  che  non  risponde  al  novellato  quadro costituzionale
l'istituzione di Fondi statali in materie di competenza regionale.
   8.  - Con specifico riguardo all'art. 1, comma 389, della suddetta
legge   finanziaria,   si   rileva   la   mancanza   di  qualsivoglia
coinvolgimento  delle  Regioni  e comunque, da un lato l'operativita'
della  norma  nell'ambito  dell'assistenza  e  dei  servizi  sociali,
ricadente  tra  le  materie  di  competenza  residuale delle Regioni;
dall'altro,   l'impossibilita'   di  considerare  il  Fondo  come  un
intervento speciale di solidarieta'.
   9. - In ordine all'art. 1, comma 1252, la Regione osserva che, pur
vertendosi   nella   materia   politiche   sociali,  attribuita  alla
competenza legislativa della Regione, non sono previsti meccanismi di
partecipazione  di quest'ultima. La ricorrente ritiene che, in attesa
dell'attuazione  dell'art. 119 Cost., «non vi e' alternativa - se non
quella    della   dichiarazione   di   illegittimita'   "secca"   del
finanziamento  -  al  coinvolgimento delle Regioni nella gestione del
Fondo tramite un meccanismo di "intesa forte"».
   10.  -  La  lesione  del principio di leale collaborazione, tenuto
conto  dell'ambito  materiale  in  cui operano le norme impugnate, e'
prospettata  anche  in  ordine  all'art.  1,  comma 1261, la' dove si
consideri   il  ruolo  delle  Regioni  nella  promozione  delle  pari
opportunita',  anche in ragione dei compiti alle stesse assegnati dal
decreto  legislativo  11  aprile  2006,  n. 198  (Codice  delle  pari
opportunita' tra uomo e donna, a norma dell'articolo 6 della legge 28
novembre 2005, n. 246), che rendono necessarie procedure concertative
e  di coordinamento delle politiche adottate a livello centrale con i
soggetti regionali.
   11.  - Anche l'art. 1, comma 1267, secondo la prospettazione della
Regione  Lombardia,  non  riserverebbe  nessuno  spazio  a  forme  di
partecipazione e collaborazione nella determinazione degli interventi
in un settore in cui le Regioni hanno indubbia competenza.
   Quanto  previsto  dall'art.  117,  secondo  comma, lettera b), che
attribuisce  allo  Stato  la  potesta'  legislativa  esclusiva  nella
materia  dell'immigrazione,  infatti, non puo' non tenere conto delle
competenze  regionali che si possono desumere dal decreto legislativo
25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la
disciplina   dell'immigrazione   e   norme   sulla  condizione  dello
straniero)  e,  in  particolare,  dall'art.  2-bis e dall'art. 42. Il
primo  articolo  richiamato prevede che faccia parte del Comitato per
il  coordinamento  ed  il  monitoraggio  anche  il  Presidente di una
Regione  o  di una Provincia autonoma, designato dalla Conferenza dei
Presidenti  delle Regioni e delle Province autonome. L'art. 42, a sua
volta,  stabilisce  che lo Stato, le Regioni, le Province e i Comuni,
nell'ambito  delle  proprie  competenze,  favoriscano  una  serie  di
attivita'  volte,  tra  l'altro, alla diffusione di ogni informazione
utile   al   positivo  inserimento  degli  stranieri  nella  societa'
italiana.
   12.  -  Si e' costituito il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
chiedendo  il  rigetto  del  ricorso  e  prospettando  argomentazioni
difensive  analoghe  a  quelle prospettate in ordine all'impugnazione
dei  medesimi commi dell'art. 1 della legge n. 296 del 2006, promossa
dalla Regione Veneto con il ricorso n. 10 del 2007.
   13.  -  In  data  29 gennaio 2008, la Regione Veneto ha depositato
memoria  con  la  quale,  nel ribadire le difese svolte, ha osservato
quanto di seguito, in sintesi, riportato.
   La   ricorrente  prospetta  alcune  osservazioni  in  ordine  alla
sentenza  n. 453  del  2007  -  che  ha  dichiarato  inammissibile la
questione   di   legittimita'   costituzionale   dell'art.   19   del
decreto-legge n. 223 del 2006 - e rileva che la stessa, in uno con la
sentenza  n. 141  del  2007, avrebbe innovato la giurisprudenza della
Corte  costituzionale  in  ordine  alla  impugnazione delle norme che
istituiscono  Fondi  a destinazione vincolata in materie rimesse alla
potesta'  legislativa  concorrente  dello  Stato  e  delle Regioni, o
residuale delle Regioni.
   Secondo  la  citata  pronuncia, deduce la Regione, le disposizioni
normative  statali  che  istituiscono Fondi vincolati, limitandosi ad
indicare  mere  finalita'  di  intervento  nei  settori di rispettiva
competenza,  non  ledono  le competenze regionali, poiche' la lesione
puo'  «derivare non gia' dall'enunciazione del proposito di destinare
risorse per finalita' indicate in modo cosi' ampio e generico, bensi'
(eventualmente)   dalle   norme   nelle   quali   quel  proposito  si
concretizza,  sia  per  entita'  delle  risorse  sia per modalita' di
intervento  sia, ancora, per le materie direttamente e indirettamente
implicate da tali interventi».
   Ad avviso della difesa regionale, tale orientamento contrasterebbe
con  la  precedente giurisprudenza costituzionale in materia di Fondi
vincolati, gia' richiamata nel ricorso introduttivo.
   Sul punto si osserva, altresi', che il termine di cui all'art. 127
Cost.,  necessariamente,  determina l'impugnazione di una norma anche
prima che la stessa abbia avuto attuazione.
   Passando  all'esame  delle  singole  disposizioni  censurate,  nel
controdedurre  alle prospettazioni difensive dell'Avvocatura generale
dello  Stato,  la  Regione  espone alcune osservazioni in relazione a
ciascuna di esse.
   L'art.  1,  comma 389, non determinerebbe alcun livello essenziale
di  prestazione,  ma  si limiterebbe a prevedere somme a destinazione
vincolata.
   L'art.  1,  comma 635, a sua volta, non potrebbe essere ricondotto
nell'ambito delle norme generali dell'istruzione.
   In ordine ai commi 1250, 1251 e 1252, 1261, 1290 del medesimo art.
1,  in  considerazione della relazione degli stessi con l'art. 19 del
decreto-legge  n. 223 del 2006, la Regione basa la propria difesa sul
contenuto  della  sentenza  n. 453  del  2007,  osservando come detta
decisione   dovrebbe  determinare  una  pronuncia  di  illegittimita'
costituzionale delle norme impugnate.
   Il  comma  1267  dell'art.  1, infine, atterrebbe all'ambito delle
politiche sociali e non alla materia immigrazione.
   14.  -  Anche  la  Regione  Lombardia, in data 30 gennaio 2008, ha
depositato memoria con la quale ha dedotto quanto segue.
   La ricorrente, con riguardo al Fondo di cui all'art. 1, comma 389,
della  legge 296 del 2006, deduce, in particolare, come non sia stato
ancora  adottato  il  decreto  per  l'attribuzione dei contributi, ed
anzi, che il termine previsto dalla norma sia slittato al 31 dicembre
2008 per effetto del decreto-legge n. 248 del 2007.
   In merito al Fondo di cui al comma 1252 dell'art. 1, la ricorrente
deduce  che  alla  ripartizione  del  Fondo  si  e' provveduto con il
decreto  del  Ministro  delle politiche per la famiglia 2 luglio 2007
(Ripartizione  degli  stanziamenti  del  Fondo delle politiche per la
famiglia,  ai  sensi  dell'articolo  1,  comma  1252,  della legge 27
dicembre  2006, n. 296), vista l'intesa sancita in sede di Conferenza
unificata.
   Tuttavia,  cio'  non  priverebbe  di  fondamento  la  questione di
costituzionalita',  in  quanto la norma in questione, affidando ad un
provvedimento   unilaterale  del  Ministro  delle  politiche  per  la
famiglia  la ripartizione degli stanziamenti del Fondo, nulla dispone
in  ordine alla necessita' di assicurare, attraverso un meccanismo di
«intesa forte», il necessario coinvolgimento delle Regioni.
   Esaminando il comma 1261, la Regione rileva che, analogamente, non
e'  previsto  alcun coinvolgimento delle Regioni nella gestione degli
stanziamenti,  con  grave  lesione  del  generale  principio di leale
collaborazione.  E'  richiamato, altresi', l'art. 117, settimo comma,
Cost.,  che  attribuisce alle leggi regionali il compito di rimuovere
ogni  ostacolo  alla  piena  parita' degli uomini e delle donne nella
vita  sociale,  culturale  ed  economica,  nonche'  di  promuovere la
parita' di accesso alle cariche elettive.
   Infine,  rispetto  all'art.  1,  comma  1267,  la difesa regionale
rileva come l'art. 2, comma 536, della legge 24 dicembre 2007, n. 244
(Disposizioni  per  la  formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello  Stato  - legge finanziaria 2008), ha incrementato il Fondo per
l'inclusione  sociale degli immigrati in misura di 50 milioni di euro
per l'anno 2008.
   La norma impugnata, come gia' dedotto nel ricorso introduttivo del
giudizio  di costituzionalita', appare illegittima in quanto, benche'
si verta in materia di competenza regionale, non prevede alcuna forma
di partecipazione delle Regioni.
   Da  ultimo la Regione richiama la sentenza n. 156 del 2006, con la
quale la Corte costituzionale ha affermato che misure di sostegno per
i  minori  stranieri non accompagnati, avendo ad oggetto un'attivita'
di assistenza, rientrano nelle attribuzioni regionali.
                       Considerato in diritto
   1.  -  Con  ricorso notificato il 23 febbraio 2007 e depositato il
successivo  1°  marzo,  la  Regione  Veneto  ha promosso, insieme con
altre,  questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi
389,  635,  1250,  1251,  1252,  1261,  1267  e  1290, della legge 27
dicembre  2006,  n. 296  (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale  e  pluriennale  dello  Stato.  Legge  finanziaria 2007), per
violazione  degli  artt.  3,  97,  117, 118 e 119 della Costituzione,
nonche'  del  principio  di  leale collaborazione tra Stato e Regioni
come  desumibile, in particolare, dagli artt. 5 e 120, secondo comma,
Cost. e dall'art. 11 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3
(Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione).
   La Regione Lombardia, con ricorso notificato il 26 febbraio 2007 e
depositato  il  successivo  7 marzo, ha, invece, impugnato soltanto i
commi  389,  1252,  1261  e  1267  dello  stesso art. 1, deducendo la
violazione  degli artt. 117, 118 e 119 Cost., nonche' dei principi di
leale  collaborazione  (art.  120  Cost.), di buon andamento (art. 97
Cost.) e di ragionevolezza (art. 3 Cost.).
   1.1. - Preliminarmente, riservata a separate pronunce la decisione
delle altre questioni di legittimita' costituzionale promosse con gli
indicati ricorsi, aventi ad oggetto distinte norme contenute in altri
commi  del  medesimo  art.  1 della citata legge finanziaria, si deve
disporre  la  riunione, ai fini di un'unica trattazione e di un'unica
pronuncia,  dei  due giudizi, in ragione della analogia esistente tra
le censure formulate.
   2.  -  Le disposizioni impugnate prevedono l'erogazione di risorse
finanziarie   per   l'espletamento   di  compiti  che  le  ricorrenti
considerano afferenti ad ambiti materiali di pertinenza regionale.
   2.1.  - Ai fini della disamina delle questioni prospettate, appare
opportuno  illustrare, in via preliminare, il contenuto delle singole
norme censurate.
   Il  comma  389  del  citato  art.  1,  allo  scopo di «incentivare
l'abbattimento   delle   barriere   architettoniche   negli  esercizi
commerciali»,  prevede  la  istituzione  presso  il  Ministero  dello
sviluppo economico di un Fondo con una dotazione di 5 milioni di euro
«destinato  all'erogazione  di  contributi  ai  gestori  di attivita'
commerciali  per le spese documentate e documentabili sostenute entro
il 31 dicembre 2007 per l'eliminazione delle barriere architettoniche
nei  locali  aperti al pubblico». Tale scadenza e' stata prorogata al
31  dicembre  2008  dall'art.  4  del decreto-legge 31 dicembre 2007,
n. 248  (Proroga  di  termini  previsti da disposizioni legislative e
disposizioni urgenti in materia finanziaria).
   La norma stabilisce, inoltre, che entro settanta giorni dalla data
di  entrata in vigore della stessa legge «il Ministro dell'economia e
delle  finanze, con proprio decreto, adottato d'intesa con i Ministri
dello  sviluppo  economico  e  della  solidarieta' sociale, definisce
modalita',  limiti e criteri per l'attribuzione dei contributi di cui
al presente comma».
   Il  successivo  comma  635  prevede, a sua volta, che, «al fine di
dare  il  necessario  sostegno  alla  funzione  pubblica svolta dalle
scuole  paritarie  nell'ambito del sistema nazionale di istruzione, a
decorrere  dall'anno  2007,  gli  stanziamenti, iscritti nelle unita'
previsionali di base Scuole non statali dello stato di previsione del
Ministero    della    pubblica    istruzione,    sono    incrementati
complessivamente    di    100   milioni   di   euro,   da   destinare
prioritariamente alle scuole dell'infanzia».
   I  commi  1250, 1251 e 1252, da un lato, incrementano il Fondo per
le  politiche  della  famiglia  di  cui  all'art.  19,  comma  1, del
decreto-legge  4  luglio  2006,  n. 223  (Disposizioni urgenti per il
rilancio   economico   e   sociale,   per   il   contenimento   e  la
razionalizzazione della spesa pubblica, nonche' interventi in materia
di  entrate  e  di  contrasto  all'evasione fiscale), convertito, con
modificazioni,   dalla  legge  4  agosto  2006,  n. 248;  dall'altro,
stabiliscono  le finalita' e le modalita' di ripartizione delle somme
stanziate.
   Il  comma  1261  prevede che il Fondo per le politiche relative ai
diritti  e  alle  pari opportunita', di cui all'articolo 19, comma 3,
del  citato  decreto-legge  n. 223  del  2006  «e' incrementato di 40
milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, di cui una
quota  per  ciascuno  degli  anni  2007, 2008 e 2009, da destinare al
Fondo nazionale contro la violenza sessuale e di genere». La medesima
disposizione stabilisce, inoltre, che «il Ministro per i diritti e le
pari  opportunita',  con  decreto  emanato di concerto con i Ministri
della  solidarieta'  sociale,  del lavoro e della previdenza sociale,
della  salute e delle politiche per la famiglia, stabilisce i criteri
di  ripartizione  del  Fondo, che dovra' prevedere una quota parte da
destinare  all'istituzione  di  un  Osservatorio  nazionale contro la
violenza sessuale e di genere e una quota parte da destinare al piano
d'azione nazionale contro la violenza sessuale e di genere».
   Il   comma   1267  istituisce,  poi,  presso  il  Ministero  della
solidarieta'  sociale,  un  Fondo,  a cui e' assegnata la somma di 50
milioni   di  euro  per  ciascuno  degli  anni  2007,  2008  e  2009,
finalizzato  a «favorire l'inclusione sociale dei migranti e dei loro
familiari». Tale Fondo persegue, altresi', lo scopo di realizzare «un
piano per l'accoglienza degli alunni stranieri, anche per favorire il
rapporto  scuola-famiglia, mediante l'utilizzo per fini non didattici
di   apposite   figure   professionali  madrelingua  quali  mediatori
culturali».
   Infine,  il  comma  1290  dispone l'integrazione di 120 milioni di
euro,  per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, dell'autorizzazione
di  spesa di cui al comma 2 dell'articolo 19 del decreto-legge n. 223
del 2006.
   3.  -  Come  emerge  dalla  lettura  delle disposizioni censurate,
questa  Corte  e'  chiamata nuovamente a pronunciarsi su questioni di
legittimita' costituzionale relative all'istituzione di Fondi statali
e ai vincoli di destinazione di risorse finanziarie.
   Al   riguardo,   deve   essere  ricordato  che  la  giurisprudenza
costituzionale  ha  piu'  volte  sottolineato  come, nella perdurante
mancata   attuazione   dell'art.   119   della   Costituzione,   tale
disposizione  pone  comunque  precisi  limiti  al legislatore statale
nella  disciplina  delle  modalita'  di  finanziamento delle funzioni
spettanti  al  sistema delle autonomie. Non sono, infatti, consentiti
finanziamenti  a  destinazione  vincolata  in  materie  di competenza
regionale   residuale   ovvero   concorrente,   in   quanto  cio'  si
risolverebbe  in  uno strumento indiretto, ma pervasivo, di ingerenza
dello  Stato nell'esercizio delle funzioni delle Regioni e degli enti
locali,  nonche'  di  sovrapposizione  di  politiche  e  di indirizzi
governati  centralmente  a quelli legittimamente decisi dalle Regioni
negli  ambiti  materiali  di  propria competenza (sentenza n. 423 del
2004;  nello  stesso  senso,  tra  le altre, sentenze nn. 77 e 51 del
2005). La Corte ha, inoltre, puntualizzato che le funzioni attribuite
alle  Regioni  «ricomprendono  pure  la possibilita' di erogazione di
contributi finanziari a soggetti privati, dal momento che in numerose
materie  di  competenza  regionale  le politiche pubbliche consistono
appunto  nella  determinazione  di  incentivi  economici  ai  diversi
soggetti  che  vi  operano  e nella disciplina delle modalita' per la
loro   erogazione»   (sentenza   n. 423  del  2004,  punto  7.6.  del
Considerato in diritto).
   E'  necessario,  inoltre,  aggiungere  che  la disciplina di Fondi
vincolati,  che  ha  normalmente  anche  un contenuto dettagliato, in
ambiti  materiali  di  pertinenza regionale si pone pure in contrasto
con  il  sistema  di  riparto  delle  competenze  normative delineato
dall'art. 117 della Costituzione.
   4.  -  Chiarito  cio',  prima  di analizzare le specifiche censure
formulate  dalle  Regioni ricorrenti, devono essere prese in esame le
argomentazioni  addotte  dalla  Avvocatura  generale  dello  Stato  a
sostegno   della   competenza   statale  alla  adozione  delle  norme
impugnate.
   Innanzitutto, non puo' ritenersi fondato il rilievo secondo cui le
suddette  norme  rinverrebbero  un  autonomo titolo di legittimazione
nella  competenza  statale  in  materia di determinazione dei livelli
essenziali  delle  prestazioni concernenti i diritti civili e sociali
che  devono  essere  garantiti su tutto il territorio nazionale (art.
117, secondo comma, lettera m, Cost.). Questa Corte ha, infatti, piu'
volte  avuto  modo  di  affermare che l'attribuzione allo Stato della
competenza  esclusiva  e  trasversale di cui alla citata disposizione
costituzionale   si  riferisce  alla  determinazione  degli  standard
strutturali   e   qualitativi  di  prestazioni  che,  concernendo  il
soddisfacimento di diritti civili e sociali, devono essere garantiti,
con  carattere  di  genericita',  a  tutti gli aventi diritto (tra le
tante,  le  sentenze  n. 387 del 2007 e n. 248 del 2006). Le norme in
esame,  invece,  non  determinando  alcun  livello di prestazione, ma
prevedendo  soltanto  meri  finanziamenti  di  spesa,  non potrebbero
giammai  rinvenire la propria legittimazione nel titolo di competenza
in  esame  (sentenza n. 423 del 2004, punto 7.3.1. del Considerato in
diritto).
   Allo  stesso  modo, non puo' ritenersi pertinente il rilievo della
difesa   dello   Stato   secondo   cui   le  disposizioni  censurate,
contemplando  diritti  fondamentali  ex  artt.  2,  3, 13 e 16 Cost.,
sarebbero,  per  cio'  stesso,  riconducibili  ad ambiti materiali di
spettanza  statale. I suddetti diritti, di natura costituzionale, non
rappresentano,  infatti,  una  materia  in  senso  tecnico, come tale
riconducibile  ad  una  specifica  competenza  dello  Stato  o  delle
Regioni,  ma  costituiscono  situazioni  soggettive  le quali possono
eventualmente  inerire ad ambiti materiali contemplati dall'art. 117,
nei commi secondo, terzo e quarto, della Costituzione.
   Infine,  privo  di  pregio  e'  l'assunto dell'Avvocatura generale
dello  Stato  secondo  cui  sussisterebbero obblighi internazionali e
comunitari  che  imporrebbero  una  diretta  attuazione  degli stessi
soltanto  da  parte  del  legislatore  statale.  A  prescindere dalla
effettiva  esistenza  di  siffatti  obblighi,  sul  punto  e' agevole
osservare  come  le Regioni abbiano comunque il potere/dovere di dare
attuazione,  nell'ambito  delle proprie competenze legislative, siano
esse  di  natura  concorrente  o  residuale, a disposizioni di natura
internazionale  o  a  norme  dell'ordinamento  comunitario (art. 117,
quinto  comma, Cost.). Ne', d'altra parte, la prospettata esigenza di
uniformita'  della  disciplina  sull'intero territorio nazionale puo'
essere  richiamata  come esclusiva fonte di legittimazione statale al
di  fuori  dei  meccanismi della sussidiarieta', che nella specie non
sono stati neppure invocati.
   4.1.  -  Cosi'  individuato  l'ambito  delle  questioni sottoposte
all'esame  di  questa Corte, devono essere preliminarmente dichiarate
inammissibili  le  censure  di  violazione  degli artt. 3 e 97 Cost.,
proposte da entrambe le ricorrenti. Sul punto, infatti, i ricorsi non
soltanto   presentano   un  contenuto  generico,  ma  prospettano  la
violazione di parametri costituzionali che non afferiscono al riparto
delle  competenze tra Stato e Regioni, ne' ridondano nella lesione di
competenze  di queste ultime (tra le altre, sentenze n. 116 del 2006;
n. 383 del 2005; nn. 287, 196, e 4 del 2004; n. 274 del 2003).
   Altresi'  inammissibile e' la prospettata violazione del principio
di leale collaborazione, con riferimento al parametro di cui all'art.
11 della legge costituzionale n. 3 del 2001.
   Tale  norma, al secondo comma, demanda ai regolamenti parlamentari
di prevedere la partecipazione di rappresentanti delle Regioni, delle
Province  e  degli  enti  locali alla Commissione parlamentare per le
questioni  regionali,  affinche'  la  stessa  esprima  un  parere  su
progetti  di  leggi  riguardanti  materie  «di  cui  al  terzo  comma
dell'articolo 117 e all'articolo 119 della Costituzione».
   Il  metodo  collaborativo, prefigurato da detta norma, da un lato,
non  e'  allo  stato  utilizzabile  in mancanza dell'emanazione della
suindicata  fonte  regolativa  (sentenza  n. 6 del 2004), dall'altro,
avrebbe comunque uno spazio di applicazione limitato, non riguardando
tutti gli ambiti materiali di pertinenza regionale.
   5.  -  Passando al merito delle censure proposte dalle ricorrenti,
con  riferimento  ai parametri costituzionali di cui agli artt. 117 e
119  Cost.,  deve essere, innanzi tutto, esaminata quella concernente
il comma 389.
   La questione e' fondata.
   Tale  norma  prevede, come si e' gia' sottolineato, la istituzione
di  un  Fondo,  con  una  dotazione  di 5 milioni di euro, «destinato
all'erogazione di contributi ai gestori di attivita' commerciali» per
l'eliminazione  delle  barriere  architettoniche nei locali aperti al
pubblico.
   Questione  analoga a quella oggetto del presente giudizio e' stata
gia'  esaminata  con  la sentenza n. 423 del 2004, che ha scrutinato,
tra l'altro, l'art. 3, comma 116, lettera b), della legge 24 dicembre
2003,  n. 350  (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2004).
   Detta  disposizione  stabiliva  che  il  disposto incremento della
dotazione del Fondo nazionale per le politiche sociali dovesse essere
utilizzato   per   la   finalita'  dell'abbattimento  delle  barriere
architettoniche di cui alla legge 9 gennaio 1989, n. 13 (Disposizioni
per   favorire   il   superamento  e  l'eliminazione  delle  barriere
architettoniche negli edifici privati).
   In tale occasione la Corte ha ritenuto che la citata disposizione,
ponendo  precisi  vincoli  di  destinazione nella materia dei servizi
sociali,  violasse  gli  artt.  117  e  119  della Costituzione. Tale
materia   identifica,  infatti,  tutte  le  attivita'  relative  alla
predisposizione  ed  erogazione di servizi, gratuiti e a pagamento, o
di  prestazioni  economiche  destinate  a  rimuovere  e  superare  le
situazioni  di bisogno e di difficolta' che la persona umana incontra
nel  corso  della  sua  vita,  escluse soltanto quelle assicurate dal
sistema   previdenziale   e   da  quello  sanitario,  nonche'  quelle
assicurate  in  sede  di  amministrazione  della giustizia (art. 128,
comma  2,  del  decreto  legislativo  31  marzo 1998, n. 112, recante
«Conferimento  di  funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle
regioni  e  agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15
marzo 1997, n. 59»; sentenza n. 287 del 2004).
   Le  suddette  conclusioni  devono  essere ribadite con riguardo al
comma oggetto della impugnazione ora in esame.
   Poiche'  anche  in  questo  caso  il  legislatore ha perseguito la
finalita'  di  tutelare le persone diversamente abili che si trovino,
in  quanto  tali,  in una situazione di «bisogno e di difficolta», il
contenuto  della  norma impugnata deve essere ricondotto alla materia
dei servizi sociali.
   Da  cio'  consegue  che  il  comma  in  questione,  prevedendo  un
finanziamento  vincolato  in una materia di spettanza residuale delle
Regioni,  viola  l'autonomia finanziaria e legislativa regionale. Ne'
e'  idonea  ad  escludere il suddetto contrasto la circostanza che le
somme stanziate (per le relative spese sostenute entro il 31 dicembre
2008)  sono  attribuite  direttamente  a soggetti privati, in quanto,
come  questa  Corte  ha  gia'  chiarito,  le funzioni attribuite alle
Regioni   «ricomprendono   pure  la  possibilita'  di  erogazione  di
contributi finanziari a soggetti privati» (citata sentenza n. 423 del
2004, punto 7.6. del Considerato in diritto).
   Pertanto,  la  disposizione  censurata si pone in contrasto con il
riparto  delle  competenze  legislative,  nonche'  con  il sistema di
autonomia  finanziaria delle Regioni, quali configurati dalla riforma
del Titolo V.
   6.  -  Le ricorrenti hanno, altresi', impugnato il comma 635 della
medesima  legge n. 296 del 2006, il quale dispone un incremento degli
stanziamenti  iscritti  nelle unita' previsionali di base «Scuole non
statali» del Ministero della pubblica istruzione, «al fine di dare il
necessario  sostegno  alla  funzione  pubblica  svolta  dalle  scuole
paritarie nell'ambito del sistema nazionale di istruzione».
   Anche tale questione e' fondata.
   Sul  punto, questa Corte ha gia' avuto modo di sottolineare che il
settore  dei  contributi relativi alle scuole paritarie «incide sulla
materia  della  istruzione  attribuita  alla  competenza  legislativa
concorrente  (art.  117,  terzo comma, della Costituzione)» (sentenza
n. 423  del  2004,  punto  8.2.  del  Considerato in diritto). Con la
sentenza  citata  si e', inoltre, sottolineato come, gia' prima della
riforma  del  Titolo  V,  l'art. 138, comma 1, lettera e), del d.lgs.
n. 112   del   1998   avesse   conferito  alle  Regioni  le  funzioni
amministrative  relative ai «contributi alle scuole non statali», nel
cui  ambito  devono  essere  ricomprese  anche  le  scuole paritarie.
Consegue  da  cio'  che  sarebbe  «implausibile  che  il  legislatore
costituzionale  abbia voluto spogliare le Regioni di una funzione che
era gia' ad esse conferita» nella forma della competenza delegata dal
citato  art.  138 (stessa sentenza n. 423 del 2004, che richiama, sul
punto, la sentenza n. 13 del 2004).
   Da  quanto  esposto  discende  che  la  norma,  nella parte in cui
prevede   un  finanziamento  vincolato  in  un  ambito  materiale  di
spettanza  regionale,  si pone in contrasto con gli artt. 117, quarto
comma,   e  119  della  Costituzione.  La  natura  delle  prestazioni
contemplate  dalla  norma  censurata,  le  quali ineriscono a diritti
fondamentali  dei  destinatari,  impone,  pero',  che  si  garantisca
continuita'  nella  erogazione delle risorse finanziarie. Ne consegue
che  devono  rimanere  «salvi  gli eventuali procedimenti di spesa in
corso,  anche se non esauriti» (cosi' anche la citata sentenza n. 423
del 2004).
   7.  -  I  commi  1250,  1251  e  1252 del medesimo art. 1 - la cui
analisi deve essere svolta congiuntamente - disciplinano le finalita'
di  impiego  degli  stanziamenti  del  Fondo  per  le politiche della
famiglia, prevedendo, altresi', un incremento dello stesso.
   Tale  Fondo  e'  stato  istituito  con  l'art.  19,  comma  1, del
decreto-legge n. 223 del 2006, il quale ha previsto che esso e' volto
«a  promuovere  e realizzare interventi per la tutela della famiglia,
in  tutte  le  sue  componenti  e le sue problematiche generazionali,
nonche' per supportare l'Osservatorio nazionale sulla famiglia».
   Questa  Corte,  con la sentenza n. 453 del 2007, ha escluso che il
citato  art.  19  sia in contrasto con l'art. 119 della Costituzione,
atteso  che  le  disposizioni  in  esso  contenute,  limitandosi  «ad
indicare  mere  finalita'  di  intervento  nei  settori di rispettiva
competenza», non possono ritenersi idonee a ledere sfere di spettanza
regionale,  «potendo  la  lesione derivare non gia' dall'enunciazione
del  proposito  di  destinare  risorse per finalita' indicate in modo
cosi'  ampio  e  generico,  bensi'  (eventualmente) dalle norme nelle
quali  quel  proposito  si concretizza, sia per entita' delle risorse
sia   per  modalita'  di  intervento  sia,  ancora,  per  le  materie
direttamente  e  indirettamente implicate da tali interventi» (citata
sentenza  n. 453 del 2007 che richiama, sul punto, la sentenza n. 141
del 2007).
   Orbene,  questo  postulato non puo' essere utilizzato de plano per
la risoluzione della questione che ha investito i commi ora in esame,
in  quanto con essi il legislatore ha inteso proprio concretizzare il
generico proposito enunciato nelle norme istitutive del Fondo.
   Innanzitutto,  deve  rilevarsi  come  la  finalita'  complessiva e
unitaria  che  si  e'  inteso perseguire con i commi qui esaminati si
sostanzia  nella previsione di interventi di politica sociale volti a
rimuovere o superare le situazioni di bisogno o di difficolta' che la
persona  incontra  nel corso della sua vita. Ne consegue che le norme
impugnate,   sotto  questo  aspetto,  sono  riconducibili  all'ambito
materiale dei servizi sociali di spettanza regionale.
   Tuttavia,  deve  rilevarsi  come nelle norme stesse siano presenti
ulteriori  specifiche  finalita', che possono essere ricondotte anche
ad ambiti materiali di competenza esclusiva dello Stato.
   Sotto tale profilo, viene in rilievo, innanzitutto, il riferimento
contenuto   nelle   suindicate   disposizioni  all'istituzione  e  al
finanziamento   dell'Osservatorio   nazionale,   la  cui  disciplina,
attenendo  alle  modalita'  organizzative  della  struttura in esame,
rientra  nella  competenza legislativa esclusiva dello Stato ai sensi
dell'art. 117, secondo comma, lettera g), Cost.
   Sono, invece, riconducili sia alla materia dell'ordinamento civile
che  a  quella  dell'organizzazione  amministrativa dello Stato (art.
117,  secondo  comma,  lettere  l)  e g), Cost.), le disposizioni che
prevedono  la  finalizzazione  dei  finanziamenti  al  sostegno delle
adozioni  internazionali  e  a garanzia del pieno funzionamento della
relativa Commissione.
   Per  quanto  attiene,  infine,  alla  previsione volta a sostenere
l'attivita'  dell'Osservatorio  per  il  contrasto  della pedofilia e
della  pornografia  minorile  di cui all'art. 17 della legge 3 agosto
1998, n. 269 (Norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della
pornografia,  del  turismo  sessuale  in danno di minori, quali nuove
forme di riduzione in schiavitu), deve ritenersi che - trattandosi di
misure finalizzate a prevenire la commissione di gravi fatti di reato
-  esse  rinvengano  una  specifica  legittimazione  nella competenza
legislativa  esclusiva dello Stato nella materia dell'ordine pubblico
e  sicurezza,  nonche'  in  quella dell'ordinamento penale (art. 117,
secondo comma, lettere h e l, Cost.).
   7.1.  -  Dall'analisi del contenuto complessivo delle disposizioni
censurate  risulta,  pertanto,  come  la  relativa normativa si trovi
all'incrocio  di  materie attribuite dalla Costituzione alla potesta'
legislativa  statale  e  regionale,  senza  che  sia individuabile un
ambito  materiale  che possa considerarsi nettamente prevalente sugli
altri. E in ipotesi di tal genere, secondo la giurisprudenza costante
di  questa Corte, la concorrenza di competenze, in assenza di criteri
contemplati  in Costituzione e avendo riguardo alla natura unitaria e
indivisa  del Fondo in esame, giustifica l'applicazione del principio
di  leale collaborazione (sentenze nn. 201, 24 del 2007; nn. 234 e 50
del  2005), che deve, in ogni caso, permeare di se' i rapporti tra lo
Stato e il sistema delle autonomie.
   La natura degli interessi implicati impone, nella specie, che tale
principio si concretizzi nella previsione dello strumento dell'intesa
con  la  Conferenza  unificata,  che, peraltro, e' stata prevista dal
legislatore  con  la  legge  ora  in  esame  solo  per  l'attuazione,
comprensiva  anche della fase di ripartizione delle suddette risorse,
delle  finalita'  contemplate  dal  comma  1251; mentre il meccanismo
dell'intesa  deve operare con riferimento anche a quanto disposto dal
comma 1250.
   Ne'  appare  sufficiente,  per  escludere la lesivita' delle norme
impugnate, che, di fatto, il Ministro delle politiche per la famiglia
abbia  disposto,  con  decreto  del 2 luglio 2007 (Ripartizione degli
stanziamenti  del  Fondo  delle  politiche  per la famiglia, ai sensi
dell'articolo  1,  comma 1252, della legge 27 dicembre 2006, n. 296),
la ripartizione degli stanziamenti del Fondo in esame d'intesa con la
Conferenza  unificata, per un duplice, concorrente, ordine di motivi:
innanzitutto, il fatto che il suddetto decreto ministeriale sia stato
adottato  previa  intesa  con la richiamata Conferenza unificata, non
incide  in  alcun  modo  sul  contenuto precettivo delle disposizioni
censurate,  che  tale  meccanismo non prevedono; in secondo luogo, lo
stesso  decreto  ha  una  valenza temporalmente limitata al solo anno
2007,  mentre  le  norme  impugnate  proiettano la loro efficacia sul
triennio 2007-2009.
   Ne  consegue  che  il  comma  1252, il quale detta le modalita' di
distribuzione   degli  stanziamenti  di  cui  ai  due  commi  che  lo
precedono,  deve  essere  dichiarato  costituzionalmente  illegittimo
nella  parte  in  cui  non  contiene,  dopo  le  parole  «con proprio
decreto»,   le   parole  «da  adottare  d'intesa  con  la  Conferenza
unificata»  di  cui  all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto
1997,  n. 281  (Definizione  ed  ampliamento delle attribuzioni della
Conferenza  permanente  per  i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie
ed  i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei
comuni, con la Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali).
   8. - Il comma 1261 prevede, da un lato, l'incremento del Fondo per
le  politiche  relative  ai  diritti  e alle pari opportunita' di cui
all'art.  19, comma 3, del decreto-legge n. 223 del 2006, dall'altro,
stabilisce  che  una  quota debba essere destinata al Fondo nazionale
contro  la  violenza  sessuale e di genere. Nel prosieguo, tale norma
demanda al Ministro per i diritti e le pari opportunita' di stabilire
con  decreto  le  modalita'  di  ripartizione  delle relative risorse
finanziarie,  «che  dovra'  prevedere  una  quota  parte da destinare
all'istituzione  di  un  Osservatorio  nazionale  contro  la violenza
sessuale e di genere e una quota parte da destinare al piano d'azione
nazionale contro la violenza sessuale e di genere».
   In  via  preliminare, appare opportuno sottolineare che il comma 3
del  citato  art. 19 - istitutivo del Fondo per le politiche relative
ai  diritti  e alle pari opportunita' - e' stato anch'esso scrutinato
da  questa  Corte  e  che,  con la sentenza n. 453 del 2007, e' stata
ritenuta   la   insussistenza,  in  ragione  del  generico  contenuto
precettivo  della  norma, ivi censurata, della lesione della sfera di
autonomia regionale.
   Allo  stesso  modo,  la  disposizione  ora  in  esame,  prevedendo
soltanto un incremento del Fondo per le politiche relative ai diritti
e  alle  pari opportunita', si sottrae alle censure delle ricorrenti,
in  quanto  non  e',  allo  stato,  idonea  a  incidere in alcun modo
sull'autonomia  finanziaria  delle Regioni (sentenza n. 423 del 2004,
punto 9. del Considerato in diritto).
   Nella  parte  in  cui  la  norma, invece, destina risorse al Fondo
nazionale  contro  la  violenza  sessuale  e di genere, essa, essendo
finalizzata  ad  assicurare la prevenzione e repressione di reati, e'
riconducile   sia   all'ambito   materiale   dell'ordine  pubblico  e
sicurezza,  sia a quello dell'ordinamento penale, attribuiti entrambi
alla  competenza  legislativa  esclusiva  statale  (art. 117, secondo
comma,  lettere  h e l, Cost.). Nondimeno, perseguendo il legislatore
anche  l'obiettivo  di  proteggere  le  vittime  dei  predetti  fatti
delittuosi,   attraverso   apposite   misure   di  carattere  sociale
contenute,  in  particolare,  nel «piano d'azione nazionale contro la
violenza  sessuale  e di genere», deve ritenersi sussistente anche la
competenza delle Regioni in materia di servizi sociali.
   Non potendo comporsi il concorso di competenze statali e regionali
mediante  l'applicazione  del principio di prevalenza, ne consegue la
necessita'  che debbano essere previste forme di leale collaborazione
che,  nelle  specie,  avendo riguardo agli interessi implicati e alla
peculiare  rilevanza di quelli connessi agli ambiti materiali rimessi
alla  potesta'  legislativa  esclusiva  dello  Stato,  possono  dirsi
adeguatamente  attuate  mediante  la  previa  acquisizione del parere
della  Conferenza  unificata  in  sede  di  adozione  del  decreto di
fissazione  dei  criteri  di ripartizione del Fondo. Da cio' consegue
che  il  comma  in  esame  deve  essere dichiarato costituzionalmente
illegittimo  nella  parte  in cui non prevede che il suddetto decreto
sia   emanato   previa   acquisizione  del  parere  della  Conferenza
unificata.
   9.  -  Il  comma 1267 istituisce un Fondo per l'inclusione sociale
degli immigrati, e finalizza lo stesso alla realizzazione di un piano
per  l'accoglienza  degli  alunni  stranieri,  anche  per favorire il
rapporto  scuolaâ€'famiglia,  attraverso  «l'utilizzo  per  fini  non
didattici   di   apposite   figure  professionali  madrelingua  quali
mediatori culturali».
   La questione e' fondata.
   Il  legislatore  ha  inteso  perseguire,  come risulta anche dalla
stessa  denominazione  del  Fondo,  una  chiara finalita' di politica
sociale,  prevedendo  uno stanziamento di risorse finanziarie al fine
di assicurare l'adozione delle suddette misure di assistenza.
   Ne  consegue  che  la norma in esame, non prevedendo un intervento
pubblico  connesso  alla programmazione dei flussi di ingresso ovvero
al  soggiorno  degli  stranieri nel territorio nazionale, non rientra
nella   competenza   legislativa  esclusiva  statale  in  materia  di
immigrazione, ma inerisce ad ambiti materiali regionali, quali quelli
dei  servizi  sociali  e  dell'istruzione  (sentenza n. 300 del 2005,
nonche',  sia  pure  con  riferimento  ad  una  fattispecie  diversa,
sentenza  n. 156  del 2006). Del resto, lo stesso legislatore statale
ha   attribuito  alle  Regioni  il  compito  di  adottare  misure  di
«integrazione sociale» nell'ambito «delle proprie competenze» secondo
quanto  previsto dall'art. 42 del decreto legislativo 25 luglio 1998,
n. 286,  recante  «Testo  unico  delle  disposizioni  concernenti  la
disciplina   dell'immigrazione   e   norme   sulla  condizione  dello
straniero».
   D'altronde,  non  e' senza significato che la direttiva emanata in
data  9  agosto  2007  dal  Ministro  della  solidarieta' sociale, di
concerto  con  il  Ministro  per  i  diritti  e le pari opportunita',
individui, «in ordine alle modalita' di utilizzo del suddetto Fondo»,
gli  obiettivi  e  le  linee  guida  generali,  nonche'  le priorita'
finanziabili, in aree di intervento di specifica attinenza ai servizi
sociali.
   Deve, pertanto, essere dichiarata la illegittimita' costituzionale
della norma impugnata per violazione degli artt. 117, quarto comma, e
119 Cost.
   Anche  in  questo caso, cosi' come si e' gia' rilevato a proposito
dei  finanziamenti  a  favore  delle scuole paritarie (punto 6), deve
ritenersi  che  la natura sociale delle provvidenze erogate, le quali
ineriscono  a  diritti  fondamentali,  richiede che si garantisca, in
ossequio   ai   principi  di  solidarieta'  sociale,  continuita'  di
erogazione,  con conseguente salvezza degli eventuali procedimenti di
spesa  in  corso,  anche  se non esauriti (sentenze n. 423 del 2004 e
n. 370 del 2003).
   10.  - Infine, il comma 1290 prevede che l'autorizzazione di spesa
di  cui  al comma 2 dell'art. 19 del decreto-legge n. 223 del 2006 e'
integrata di 120 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e
2009.
   La questione e' inammissibile.
   La  Corte,  con  la piu' volte citata sentenza n. 453 del 2007, ha
ritenuto  che il suddetto art. 19, comma 2 - istitutivo del Fondo per
le  politiche  giovanili - per il suo contenuto precettivo, del tutto
generico,   non   sia   idoneo   a   ledere   gli  evocati  parametri
costituzionali.
   Alla  stessa  conclusione  deve pervenirsi per quanto attiene alla
norma  ora censurata, atteso che essa, limitandosi a disporre un mero
incremento del Fondo, nella misura ivi stabilita, non e' suscettibile
di  violare,  allo  stato,  l'autonomia normativa e finanziaria delle
Regioni.